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FUORIUSCITI: riflessioni tra Don Luigi Sturzo e Gaetano Salvemini

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Fuoriusciti: Don Luigi Sturzo e Gaetano Salvemini, entrambi in esilio a New York a causa della persecuzione fascista, discutono fra di loro spaziando da temi contingenti a questioni più universali come la dialettica tra fede e coscienza.

FUORIUSCITI: riflessioni tra Don Luigi Sturzo e Gaetano Salvemini

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o spettacolo si basa sugli scambi epistolari avvenuti fra Don Luigi Sturzo e Gaetano Salvemini, ed è nato grazie al lavoro di rielaborazione e riproposizione in stile drammaturgica di Giovanni Grasso (Consigliere della Presidenza della Repubblica, già autore ed attore) ed al rapporto con il Centro Teatrale di Torino.

Diretto da Piero Maccarinelli, lo spettacolo debutterà martedì 14 gennaio, rimanendo in scena fino a domenica 19, presso il Teatro Mina Mezzadri di Brescia, ore 20.30 (domenica 19 alle ore 15.30).

Il rapporto epistolare fra i due grandi personaggi politici, nasconde un dibattito che va oltre le personalità dei singoli interlocutori, ma che apre necessariamente a riflessioni storico politiche, di carattere generale.

Da una parte la tradizione liberale-socialista rappresentata da Gaetano Salvemini, si confronta con quella cattolico democratica incarnata da Don Sturzo. Due personaggi protagonisti di un’epoca passata che parlano dell’oggi, ma con un linguaggio di politica alto e di qualità, fondato su una grande base etica comune.

Fra i due interlocutori, infatti, c’è una grande passione comune caratterizzata delle medesime basi etiche e dall’antifascismo, ma che tuttavia tende a differenziarsi per le particolari visioni politiche. Un esempio può essere la visione che entrambi hanno rispetto ai Patti Lateranensi. Una questione che per Gaetano Salvemini rappresentava un grande aiuto al fascismo, vede dall’altro lato Don Sturzo d’accordo solo in parte nel giudizio sul concordato fra Stato e Chiesa.

Posizioni distinte dovute alla diversa tradizione culturale di appartenenza, diversità evidenziata da Salvemini nel compiere la distinzione fra il cattolicesimo clericale e quello democratico, al quale apparterrebbe fra gli altri lo stesso Don Sturzo.

Sono due personaggi scomodi, anche per gli stessi loro compagni, che credono molto in quello che fanno.

Don Sturzo ad esempio non si permetterebbe mai di tenere una linea in contrasto con la tradizione cattolica di appartenenza, ma comunque fu costretto all’esilio. Dall’altra parte, Salvemini non ha una sua Chiesa, non essendo lui Comunista, ma di matrice liberale.

Don Sturzo dimostrava avere una grandissima sensibil ità ed attenzione per ciò che accade nella società civile, ed è in quest’ottica che modulò il proprio modo di agire. Avvalendosi dei teatri parrocchiali, che normalmente erano utilizzati non per trasmettere temi scomodi e divisivi, introdusse testi drammaturgici che si riferiscono alla società civile.

Come il dramma in cinque atti “la Mafia”, che trattava della lotta di potere fra esponenti di clan mafiosi,che è senza dubbio indicativo di come egli avesse una grande capacità di osservazione ed analisi dei fenomeni sociali.

Si tratta di testi di elevata qualità, con un linguaggio politico alto che affronta temi complessi, che per essere interpretati hanno bisogno di attori che siano in grado di incarnare con umiltà e coraggio le parole dei protagonisti dense di etica, come se fossero proprie; non limitandosi al mero sfoggio di citazioni.

Viene escluso dalla discussione, salvo fugaci cenni, il comunismo, che rappresentava all’epoca una seconda “Chiesa” contrapposta a quella Cristiana.

Ad interpretare le due figure chiave dell’antifascismo italiano sono due attori di grandissima esperienza e talento: Luigi Diberti e Antonello Fassari, rispettivamente nei ruoli di Salvemini e di Don Sturzo. Con loro sul palcoscenico anche Guia Jelo, nei panni della padrona di casa Sturzo, emigrata italo-americana.

FUORIUSCITI: riflessioni tra Don Luigi Sturzo e Gaetano Salvemini / Tan Koroglu / Redazione Lombardia

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