Secondo una prima analisi dei dati sui seggi fatta da YouTrend, alla Camera la maggioranza resta un rebus mentre al Senato le larghe intese governano.
Alla Camera la maggioranza è un rebus. Ma al Senato le larghe intese governano
Prima analisi di YouTrend sui seggi: l’accordo Pd-Forza Italia oltre 300 deputati. Il centrodestra da solo si ferma a quota 290, niente da fare per l’asse M5S-Lega
Le regole
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rima di addentrarsi a ragionare sui rapporti di forza nella prossima legislatura, conviene fare un passo indietro. Il Rosatellum – la legge elettorale con cui si va a votare il 4 marzo – funziona così: la maggior parte dei seggi di Camera e Senato saranno ripartiti tra i partiti con meccanismo proporzionale. Eppure è nei collegi uninominali che passerà la differenza tra una vittoria e una sconfitta. In questi collegi (che assegneranno poco più di un terzo dei seggi totali di entrambi i rami del Parlamento) chi prende un solo voto in più degli avversari conquista la poltrona in Parlamento.
Le mappe
Lo strumento per provare a capire che cosa succederà dopo il 4 marzo è l’algoritmo di YouTrend, che assieme alla società Reti ha creato il sito rosatellum.info, piattaforma con tutti i dati elettorali e socio-economici dei collegi. I colori delle mappe che pubblichiamo qui a fianco mostrano qual è la coalizione favorita nei collegi della Camera e in quelli del Senato: il colore più intenso indica un vantaggio netto (superiore al 10%); la tonalità intermedia fotografa una forchetta tra il 5 e il 9,99%; la gradazione più tenue, infine, mostra uno scarto inferiore ai cinque punti percentuali. Secondo il calcolatore – che proietta le attuali intenzioni di voto nazionali e regionali nei vari collegi basandosi sulla distribuzione delle elezioni passate – se gli attuali equilibri saranno confermati dalle urne, nessuna alleanza sarà in grado di garantire la governabilità.
Metterci la faccia
L’obiezione è lecita: la scelta nei collegi uninominali dipende dalla caratura dei candidati che si giocheranno la poltrona. «Si vota la persona, non il partito», ripetono i politologi. È vero solo in parte. Un sondaggio di qualche giorno fa realizzato da Tecnè fotografa una fedeltà inaspettata da parte dell’elettorato nei confronti della coalizione: anche se il candidato del collegio uninominale fosse persona «molto sgradita», quasi sei su dieci affermano di essere disposti a votarlo comunque. Mentre solo uno su quattro sostiene che voterebbe per il candidato di un altro partito.
Alleanze “secondo natura”
La fotografia dell’Italia che potrebbe uscire dalle urne del 4 marzo è un monocolore blu al Nord, dove i candidati di Forza Italia e Lega viaggiano con vantaggi rassicuranti. Il centrodestra è favorito anche al Sud, soprattutto in Campania. Il Pd è competitivo solo nelle regioni rosse, oltre che in alcuni collegi metropolitani e in Trentino-Alto Adige grazie all’alleanza con la Südtiroler Volkspartei. I grillini sono favoriti nei collegi della Sardegna e potrebbero conquistare anche qualche seggio in Sicilia e nelle città simbolo del Movimento 5 Stelle: Roma, Torino, Genova.
Il centrodestra rimane quindi largamente in testa come coalizione e secondo l’elaborazione potrebbe portarsi a casa oltre il 60% dei collegi uninominali in palio: alla Camera ben 143 seggi contro i 49 del centrosinistra e i 40 del Movimento 5 Stelle. Basteranno per governare? La risposta, almeno per ora, è no. Sommando i seggi conquistati nei collegi plurinominali del proporzionale il conteggio si ferma a 290: significa che alla coalizione di Berlusconi e Salvini mancherebbero comunque 25 seggi per acciuffare la maggioranza assoluta. Nessuna chance per la potenziale alleanza a sinistra tra Pd e Liberi e Uguali: il totale dei deputati sarebbe di 179.
Alleanze “contro natura”
Anche per i grillini la via che porta al governo è a dir poco in salita: il soccorso di Grasso sarebbe numericamente esiguo (26 deputati), ma pure un’alleanza post elettorale con la Lega sarebbe destinata a rimanere minoritaria (254 seggi in totale). Perfino sommando a quest’ultima i deputati di Fratelli d’Italia, l’improbabile raggruppamento trasversale di stampo anti-europeista si fermerebbe a quota 294.
Ecco perché, a un mese dal voto, lo scenario più gettonato resta il “Renzusconi”. Al Senato i numeri ci sono già: qui – sempre secondo l’elaborazione di YouTrend – l’ipotesi larghe intese potrebbe contare su 155 senatori, appena tre in meno dei 158 necessari a formare una maggioranza. E i voti mancanti potrebbe essere agilmente pescati tra i parlamentari eletti all’estero (sei in totale), dove centrodestra e centrosinistra sono favoriti rispetto al M5S.
vivicentro.it/POLITICA
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