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Editoriale: Il Napoli sbanca il Bentegodi, Hellas battuto per 3-1. Occhio ai facili entusiasmi. Ora serve calma e gesso

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n questo nostro editoriale vi raccontiamo il 3-1 con cui il Napoli si sbarazza dell’Hellas Verona, dopo una prestazione senz’altro positiva per almeno un’ora buona.

Tornare alla vittoria per i partenopei era fondamentale, farlo con una prova convincente un quid pluris che restituisce risposte da non sottovalutare.

In primis: la stagione non è ancora compromessa.

In secundis: la qualità di cui dispone questa rosa è talmente ampia – specialmente se parametrata alle rivali italiane – che ci sono ancora tempo e presupposti tecnici per costruire un’altra annata importante. Stop.

Il consiglio vivido – a società, allenatore, una certa parte di stampa e una certa parte di tifoseria – è quello di bere un thè caldo e rimanere con i piedi ben impiantati a terra.

Servirà il verdetto supremo del campo, nel medio-lungo periodo, per emettere giudizi più approfonditi ed evitare soprattutto di riscivolare nel tunnel della depressione e del disfattismo.

Una cosa è certa: questo Napoli è forte.

Un altro aspetto pure pare ancora confermato: gli acciacchi permangono e la guarigione non può certo dirsi ancora compiuta.

La dimostrazione di questo assunto è quanto successo in campo dal goal di Lazovic in avanti: ritornano di moda la superficialità, l’approssimazione, l’insicurezza e le fragilità di vario genere.

La gara raccontata nel nostro editoriale su Verona – Napoli

Stavolta serve un Meret in formato campione d’Italia per scongiurare il pericolo che l’Hellas possa davvero tornare in partita e gli interventi di Alex – risolutivi e impattanti – riescono per fortuna del Napoli nell’intento.

Ma se tentennante è stata la parte di gara successiva alla rete dei padroni di casa, è pur vero che segnali di brillantezza s’erano visti fino a quel momento.

Rrahmani e Natan erano ben riusciti, con efficaci marcature preventive, a limitare l’ariete Duric, fulcro della strategia offensiva veronese.

Cajuste, titolare per l’indisponibilità di Anguissa, non ha fatto certo rimpiangere il camerunense ( soprattutto quello visto nei tempi recenti).

E se i sempreverdi Mario Rui, Di Lorenzo, Lobotka, Zielinski e Kvara ormai non sono più una sorpresa per nessuno. La scelta di premiare Raspadori come punta – in sostituzione dell’infortunato Osimhen – ha sortito una delle note più convincenti di questo pomeriggio veneto.

Giacomino s’è dato un gran da fare. L’attaccante ha agito senza mai dare punti di riferimento e perciò disorientando a più riprese gli imponenti ma statici difensori dell’Hellas.

Un falso nueve – che pur si considera un nueve a tutti gli effetti – che ha ricordato a tratti ( pur precisando di non voler certo fare alcun paragone tecnico tra i due giocatori) l’interpretazione del ruolo che assunse Dries Mertens allorquando dovette cucirsi addosso una seconda vita calcistica, nell’ormai lontano 2016.

Dovesse confermarsi il trend nelle partite a seguire ( e di tempo a disposizione ce ne sarà, vista la portata del problema muscolare di Osimhen), il Napoli potrebbe ritrovarsi una soluzione offensiva in più, con buona pace del pur sempre affidabile Cholito Simeone.

Nota di merito conclusiva per un’altra prestazione di livello di Politano. Matteo merita una menzione particolare per l’impatto qualitativo e la disponibilità in termini di minuti giocati che sta garantendo al gruppo finora.

Parola ad Aurelio de Laurentiis

E ora, Aurelio, resta col ditino fermo e abbi la saggezza di aspettare prima di giungere a tweet o ulteriori dichiarazioni compromettenti. Perché i responsabili di campo avranno pur tutte le loro oggettive colpe, ma la gestione societaria finora non è stata al livello della squadra Campione d’Italia in carica. In mancanza di soluzioni illuminanti, il silenzio resta tra le migliori opzioni.

Rudi Garcia

E Garcia? No, Rudy. Non mi sono certo dimenticato di te. Ma a dirla tutta, la tua ultima conferenza pre-gara non mi è piaciuta per niente. Per il bene del Napoli, che per i veri appassionati a questi colori resta sempre il supremo interesse da salvaguardare, per ora preferisco tacere.

Poi, se ve ne saranno i presupposti, ne parlerò a tempo debito.

Editoriale Verona – Napoli: ci vuole tempo

Tempo. Un vocabolo attorno al quale gira tutto il senso di questo pezzo.

Perché è il tempo la keyword e il leitmotiv di tutta la riflessione.

L’aspetto del tempo. Quello che, ci auguriamo, possa servirti per pensare e magari fare autocritica, che non è mai segno di debolezza, semmai al contrario fulvida dimostrazione di intelligenza.

Ci vuole tempo. Quello che servirà a noi per capire se il nostro Napoli ha ritrovato almeno parte della propria identità o ci siamo illusi di nuovo. Perché, non ce ne volere, ma l’andamento ondivago di questo inizio di stagione – considerando ciò che è successo dentro e fuori dal terreno di gioco – ci lascia più di qualche dubbio.

Tempo. Quello stesso attraverso il quale dovrai accettare di passare per guadagnarti la stima di tecnico e condottiero. L’uomo, l’abbiamo preso in simpatia sin da subito per il coraggio di affrontare una sfida con cui altri hanno avuto paura solo a confrontarsi.

L’allenatore, ci sia consentito, è ancora in debito di dimostrazioni.


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