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el nostro editoriale vi raccontiamo della sconfitta del Napoli, quella con il Real Madrid, nel secondo turno del Champions League che ha evidenziato un buono stato di forma dei partenopei che vengono puniti oltremodo nel risultato.
Ci sono sconfitte che riescono a strappare un sorriso pur nell’amarezza del risultato finale. Sono quelle che maturano al termine di partite generose, che spesso si concludono infelicemente per un’inezia, un particolare o semplicemente un colpo di fortuna. Come il pallone scagliato dal piede destro di Federico Valverde, che sbatte contro la schiena di Alex Meret e si tramuta nel 3-2 finale che dà al Real Madrid la vittoria e al Napoli la beffa.
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Ci sono sconfitte che riescono a fornire iniezioni di fiducia e scariche di adrenalina nonostante si ritorni a casa con un pugno di mosche. Napoli-Real Madrid di stasera, per gli azzurri, deve essere gioco o forza una di queste.
Perché il Napoli ha retto, sofferto e lottato. Senza però mai abbassare la testa, nemmeno nei momenti di massima pressione madrilena, che avrebbero potuto schiantare una squadra disunita o poco attenta.
Lo ha fatto con coraggio, passione e qualità.
Editoriale Napoli – Real Madrid: Il racconto della gara
Gara che ha vissuto di momenti alterni. Pronti via ed è il Real a comandare le operazioni e a voler imporre la propria identità galattica. La squadra di Ancelotti palleggia con la pazienza e la serenità tipiche di chi si sente forte ed ha tutto il diritto di autoproclamarsi tale.
Di palle goal nitide se ne vedono poche, ma di situazioni potenzialmente pericolose ne sorgono una dietro l’altra. Pare sornione, l’equipazo fondato da Santiago Bernabeu. In realtà aspetta solo il momento giusto per colpire. Senza centravanti, la manovra si snoda dai centrali di difesa fino agli interni di centrocampo, nell’attesa dei movimenti in the box senza palla di uno straordinario Bellingham, coadiuvato dalla mobilità e l’imprevedibilità di Vinicius e Rodrygo su tutti. La fotografia di una squadra che gioca senza centravanti di ruolo e si esalta nei movimenti continuati tra le linee dei propri uomini di maggiore estro.
Tuttavia, nelle retrovie, il Real non pare imperforabile nei singoli, per quanto riesca a regger bene botta di reparto. Le palle da fermo, per Rudiger e Nacho, sono sempre un momento di tensione.
E il Napoli la sblocca così, con la zuccata imperiosa di Leo Ostigard dopo che il pallone era ballonzolato sulla traversa, colpita da Natan.
Gli ospiti non si scompongono. Basta un nulla, nient’altro che un banale errore in appoggio di Di Lorenzo ( assai nuovo a queste imprecisioni) per azionare il duo Bellingham-Vinicius: è 1-1
Il Napoli vacilla, probabilmente si frastorna per la frustrazione. E i Galacticos è come se fiutassero la paura nell’aria: approfittano del momento propizio e infilano il sorpasso con una gran percussione di Bellingham, che si inserisce a fari spenti, non trova opposizioni decise e fa 2-1.
Risultato con cui si conclude la prima frazione.
Sembra un pugile pronto ad andare al tappeto, il Napoli di Garcia. Invece sfodera un secondo tempo con los huevos, direbbero dalle parti della Chueca.
Il check, l’attesa, la decisione. Zielinski sul dischetto, ancora lui a prendersi la responsabilità. Ancora lui ad infilare nella rete un pallone pesantissimo. E’ 2-2, Napoli ancora a galla.
Seguono 20 minuti in cui l’inerzia della partita torna a colorarsi di fortissime tinte azzurre. Palleggio in sicurezza, proposte, intensità.
Poi un episodio mortifero, un destro da lontano, una traiettoria perfida. Quella che si spegne alle spalle di Alex Meret, in un frammento di sfiga pura.
Poco male e su la testa: perché il Napoli avrebbe potuto sfilacciarsi anche lì e invece, con disciplina, consapevolezza e un cuore grande così, costringe il Real a chiudersi nella propria trequarti come una provinciale qualsiasi della serie A di una volta.
Editoriale Napoli – Real Madrid: Le considerazioni finali sulla partita
E poco importa se alla fine il risultato non cambierà più: questa è e rimane una sconfitta che deve farci onore.
Perché contro i galacticos del plurititolato Ancelotti in difesa c’erano due ragazzotti acerbi. Uno, norvegese, che salta come un colosso, eppure è alto “solo” 1.82 cm. Uno che l’hanno scorso il campo l’ha visto col binocolo, che si è ritrovato titolare per necessità e sta guidando con grande carattere la retrovia dei Campioni d’Italia.
L’altro che fino a una decina di giorni fa sembrava poco più che una barzelletta e invece si sta dimostrando difensore pratico, attento e rognoso.
Perché questa squadra, insieme al suo allenatore, si stava buttando via fino alla vittoria di Braga. Doveva finì con 3 punti in tasca e centinaia di bruttezze sparse a cui mettere una toppa.
Poi, questa squadra, insieme al suo allenatore, ha capito probabilmente che sprecare il talento è un peccato capitale e che serviva parlarsi, confrontarsi, chiarire.
Ed è tornata bella, raggiante, spavalda. Come quando ha creduto di poter rimontare il Real Madrid anche dopo che la palla, calciata dal piede destro di Federico Valverde, ha benedetto la propria traiettoria sulla schiena di Alex Meret.
Non è per tutti e non è scontato.
E’ roba per chi vuol ritrovare il recente splendore e soprattutto non ha più voglia di buttarsi via.
Su la testa, Napoli.
E tanti complimenti a te.
Parlare di tattica pura o di errori tecnici, in una notte come questa, lascerebbe il tempo che trova.
Vedere il Real Madrid difendere la vittoria, come avrebbe fatto la Reggina di Mazzarri quasi vent’anni fa, è la medaglia di consolazione che cuciamo sul petto e da cui ripartiamo con la fiducia e la speranza di essere tornati grandi.