Economia siciliana in ginocchio a causa della pandemia. Sono dati impietosi quelli diffusi dalla Banca d’Italia. Ma già prima era in crisi.
span style="font-size: 14pt;">È stato pubblicato oggi da parte della Banca d’Italia l’aggiornamento congiunturale della Sicilia
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Nei primi nove mesi del 2020 l’economia regionale ha risentito delle conseguenze della crisi pandemica e delle misure di contenimento del contagio. In particolare, i ricavi delle imprese si sono ridotti, in misura molto intensa per una quota rilevante degli operatori, e i risultati reddituali attesi per l’esercizio corrente sono nettamente peggiori rispetto a quelli dell’anno scorso.
Dopo la drastica contrazione avvenuta in concomitanza con il lockdown, nei mesi estivi l’attività delle imprese ha registrato un recupero solo parziale: ad agosto i ricavi risultavano ancora inferiori rispetto a dodici mesi prima per quasi la metà delle aziende, erano superiori per circa un’impresa su cinque. Il clima di diffusa incertezza condiziona le aspettative a breve termine, con una prevalenza di attese di ulteriore riduzione del fatturato, in particolare nel settore dei servizi; anche le decisioni di investimento delle imprese prefigurano una spesa in calo rispetto al 2019.
Nei primi tre trimestri del 2020 il terziario privato non finanziario ha registrato un andamento peggiore rispetto all’industria; il settore agricolo e quello chimico hanno beneficiato nel primo semestre di un incremento delle vendite all’estero, in controtendenza rispetto al complesso dell’export regionale.
Sul mercato del lavoro siciliano le ripercussioni dell’emergenza sanitaria sono state rilevanti soprattutto nel secondo trimestre del 2020. La riduzione dell’occupazione ha interessato in particolare le donne, gli autonomi e chi lavorava con contratto a tempo determinato; il blocco dei licenziamenti e il ricorso alla Cassa integrazione guadagni hanno attenuato l’impatto sull’occupazione permanente. Nel corso del primo semestre la forte riduzione di assunzioni con contratto a termine ha pesato sulla marcata flessione delle attivazioni nette di posizioni di lavoro dipendente nel settore privato.
Dopo la riduzione registrata nei mesi primaverili, dalla fine di giugno i prestiti all’economia siciliana hanno ripreso a espandersi. La variazione dei finanziamenti alle imprese è tornata positiva, per effetto della maggiore domanda e di condizioni di offerta particolarmente distese; il credito alle famiglie, che negli ultimi anni era cresciuto a ritmi sostenuti, ha rallentato repentinamente. Gli effetti della crisi non si sono al momento riflessi sulla qualità del credito erogato alla clientela siciliana: il flusso dei nuovi crediti deteriorati in rapporto al totale dei prestiti è diminuito, ma l’indicatore rimane tra i più elevati nel confronto con le altre regioni italiane. I depositi bancari detenuti dalle famiglie e dalle imprese sono aumentati.
Tuttavia,
Già nel giugno del 2017 la Commissione di studio sul disavanzo regionale di quell’anno, nominata dall’allora assessore all’Economia Alessandro Baccei facente parte della Giunta di centrosinistra del Presidente Rosario Crocetta, aveva consegnato una relazione che confermava quanto fosse grave la situazione finanziaria: «Il tema dei disavanzi e della loro copertura assume estrema importanza in quanto sottrae risorse al finanziamento delle spese di sviluppo e di funzionamento di un ente pubblico – si leggeva nel documento – I disavanzi vanno esaminati non solo a consuntivo ma anche in una visione prospettica per le refluenze che avranno sulle future generazioni».
E quale fosse il peso per le future generazioni lo spiegavano gli esperti e l’elenco delle cifre che mostravano una situazione più grave di quella nota «Non può non rappresentarsi l’elevato importo che dovrà essere coperto nei futuri esercizi fino al 2048, in base agli attuali piani di copertura pari a 8,368 miliardi. Aggiungendo a tale importo l’ammontare dei disavanzi generati negli esercizi precedenti al 2018, già iscritti in bilancio (4,092 miliardi), si perviene a un totale dei disavanzi a carico della Regione pari a 12,460 miliardi». Poi gli esperti fanno un altro calcolo: «Ove all’importo di 8,368 miliardi per disavanzi a carico degli esercizi 2018 e seguenti, si volesse aggiungere l’ammontare del debito residuo per mutui e prestiti obbligazionari determinato alla fine dell’esercizio 2017, pari a 5,287 miliardi (al netto delle anticipazioni di liquidità), si perverrebbe a un totale complessivo di oneri a carico degli esercizi successivi al 2017, pari a 13,655 miliardi che graverebbe pesantemente sulle future generazioni».
Nel settembre 2019 risultava un decennale disavanzo complessivo della Regione siciliana – secondo quanto riferito dagli stessi esponenti del Governo di centrodestra del Presidente Nello Musumeci – di 7,3 miliardi, di cui 6,286 miliardi erano già stati spalmati in gran parte nei bilanci dei prossimi trent’anni. Il Presidente Musumeci individuava la causa nel precedente governo guidato da Rosario Crocetta: «Questa vicenda finanziaria non si può iscrivere al mio governo. Nessuno può dire io non c’entro, riguarda i governi degli ultimi trent’anni, centrodestra e centrosinistra. Se nel 2015 avesse fatto il proprio dovere spalmando l’intero disavanzo in trent’anni noi oggi non avremmo ulteriormente appesantito il bilancio della Regione». Va detto che anche la Maggioranza parlamentare del Governo Musumeci di centrodestra è anch’essa in politica da anni.
Cioè, non ci si lamentava che i precedenti Governi siciliani anche di centrodestra come pure di centrosinistra, avevano creato una voragine finanziaria nelle casse regionali, bensì che non avevano ancora scaricato questi debiti sulle generazioni dei prossimi trent’anni, costringendo adesso a farlo alla Giunta del Presidente Musumeci.
Alla fine del 2019 le casse della Regione Siciliana erano già vuote tanto che la Corte dei conti sul rendiconto della Regione ha lanciato un allarme nella pre-adunanza.
All’inizio di quest’anno 2020, prima che scoppiasse la pandemia, un dossier “La finanza territoriale – Rapporto 2019”, diffuso da Sr-M (Studi e ricerche per il Mezzogiorno), indicava che la regione Sicilia nel 2018 soffriva di un debito nelle amministrazioni locali di circa 6 miliardi di euro (pari al 7% degli 85 miliardi di debito delle amministrazioni locali delle venti regioni italiane) e pesava su ogni siciliano per 1.190 euro.
L’opinione.
La Sicilia da decenni è, sotto gli occhi di chi può e vuole vedere, per Costituzione, Statuto speciale, Norme affastellate e Giurisprudenza evidentemente miope o compiacente, nelle mani di una trasversale classe: politico-istituzionale-giuridica-burocratica-professionale-sindacale-imprenditoriale e rispettive pletore di codazzi della cosiddetta società civile, che domina per legge incontrastata e incontrastabile. Guarda caso, parallelamente fa altrettanto la criminalità organizzata. Ora in questo 2020 la pandemia del nuovo coronavirus Sar-Cov-2 ha causato un aggravamento della situazione economica dell’Isola. Ma la Sicilia era notoriamente quanto dissimulato, malata da tanti anni, poiché ammorbata da legittimate varie consorterie: locali, metropolitane, regionali e nazionali. Come se ne esce ?
Nell’immagine di copertina la sede della Banca d’Italia a Palermo.
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