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CRITICI I DATI SULL’ESUBERO DEL SETTORE BANCARIO – PREVISTI ULTERIORI TAGLI CON I NUOVI PIANI

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(di Virginia Murru)

Il resoconto delle contrazioni dei posti di lavoro nel settore bancario non è incoraggiante, ad esprimere allarme è il sindacato più rappresentativo della categoria, ossia la Fabi, l’organizzazione che esprime anche la più incisiva forza contrattuale. Purtroppo in questo ambito sono i numeri a parlare, più che le parole: a partire dal 2000 ad oggi, si sono persi circa cinquantamila posti di lavoro, non è cosa da poco. Ma i piani industriali delle 15 maggiori banche italiane, prevedono ulteriori esuberi, contabilizzati nei cosiddetti ‘costi fissi’, di cui i dipendenti rappresentano l’onere maggiore. Per questo sono attualmente allo studio strategie volte a contrarre ulteriormente il personale, attraverso fusioni e aggregazioni che dovrebbero ridurre il passivo di questa voce in bilancio. Il leader della Fabi, Lando Maria Sileoni, tuttavia, mette le mani avanti, a tutela dell’occupazione dei lavoratori bancari, sostenendo che non vi sarebbe più spazio di manovra da parte degli istituti di credito, che già pesantemente sono intervenuti per ridimensionare i loro quadri nel corso degli ultimi quindici anni. E poi ci sarebbe la legge Fornero, che ha già stretto una morsa intorno alla possibilità di ulteriori tagli e previsioni di esuberi, e pertanto, al di là degli accordi già presi in merito con il sindacato di categoria, non ci potrebbero stare altre riduzioni.

Dal 2009 al 2014 si sono persi quasi 28 mila posti di lavoro, con la Lombardia, che da sola ne ha perso oltre 7 mila, seguono il Piemonte e la Toscana, le regioni più penalizzate dall’ascia del ridimensionamento dei dipendenti. Secondo le stime della Fabi, e considerando gli ultimi piani industriali delle banche, ci sarebbero, entro il 2018, ancora esuberi per circa 23 mila posti.. Non sono numeri che parlano di sviluppo, e in queste strategie, oltre alla crisi economica in atto,  ci sono anche da considerare i nuovi assetti del sistema bancario, la digitalizzazione, che ha portato ad aumentare considerevolmente il numero delle ‘vittime’. La prospettiva resta preoccupante, e nonostante i fondi di tutela dei lavoratori del settore (finanziamento fondo esuberi), la riduzione del personale resta la sola via percorribile per evitare problemi ancora più gravi all’interno degli istituti stessi. La Fabi si oppone anche alla possibilità del pensionamento anticipato, sostenendo che va recuperata la fiducia sulla clientela, attraverso una forma di business più dinamica e rivolta alle iniziative economiche in atto.

La crisi dell’occupazione nel settore, si svolge in un’atmosfera di  polemica relativa al salvataggio degli istituti di credito, e le manovre del nostro governo atte a riportare in piedi alcune aziende di credito fallite (Banca delle Marche, Etruria, Cariferrara e Chieti). Il nostro paese deve in ogni caso fare i conti anche con le direttive dell’Unione Europea, e in particolare con il rigore delle norme emanate dalla BCE, che la legislazione interna dei paesi membri ha il dovere di recepire e applicare. Il ‘bail-in’ è entrato in vigore il primo gennaio di quest’anno..

In Sardegna scompare un istituto di credito praticamente storico, la Banca popolare di Sassari, fondata intorno al 1880, i 54 sportelli presenti in tutta la regione passeranno sotto il controllo del Banco di Sardegna, che a sua volta fa parte del gruppo Banca popolare dell’Emilia Romagna, Bper,   che  detiene il 51% del suo capitale. Anche le insegne della Popolare di Sassari saranno un ricordo legato al passato. La Bper è una delle più solide banche italiane, il cui marchio è quotato in borsa a Milano. Il nuovo piano industriale della Bper prevede un pacchetto di esuberi sul quale il sindacato di categoria, la First, e la Cisl regionale, non concordano. Si lotta per evitare il peggio, ma le decisioni sembrano prese, e nel volgere di un triennio, in Sardegna potrebbero cambiare tante cose. Del resto si vive in un continuo clima di provvisorietà, queste sono le carte del terzo millennio, che si presenta denso di sconvolgimenti e incertezza un po’ ovunque.

In Sardegna, su un totale di esuberi previsti dai nuovi piani industriali esaminati dalla Fabi, pari a 570 unità, circa 250 dovrebbero riguardare le riduzioni programmate dal gruppo Bper nei due istituti sardi.

La Banca Popolare di Sassari svolgerà in futuro funzioni di ’consumer’, ossia di credito al consumo, e perderà quella di ‘retail’, cioè di servizio pubblico. Nonostante si voglia fare passare l’iniziativa come occasione di ‘crescita e arricchimento’, e i posti di lavoro, in definitiva, dovrebbero essere in parte salvaguardati, i sindacati e gli stessi dipendenti, non esprimono certo entusiasmo.

D’altronde il gruppo Bper non ha deciso solo la sorte del ‘marchio’ della Popolare di Sassari, è intervenuta anche in altre regioni, come la Campania; il nuovo piano di esuberi, per consolidare e favorire il rilancio dell’istituto, prevede una riduzione dei lavoratori che vanno oltre le mille unità.

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