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A Cressa gli ultimi ombrellai

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Cressa, paesino dell’Alto Novarese, sono ancora all’opera due veri mastri ombrellai. Nel loro laboratorio fanno tutto a mano, dall’assemblaggio iniziale alla rifinitura dei particolari. Per un ombrello semplice ci vuole circa un’ora di lavoro e il costo parte da 35 euro.

Il paese dove vivono gli ultimi mastri ombrellai BEATRICE ARCHESSO
Nel Novarese un laboratorio che fa ancora tutto a mano
CRESSA (NOVARA) – Mary Poppins qui avrebbe difficoltà a scegliere l’ombrello giusto: colorato di foulard o in pizzo, impreziosito con i manici più originali o coordinato col cappello. A Cressa, paesino dell’Alto Novarese, sono ancora all’opera due veri mastri ombrellai. Si tratta di un mestiere pressoché sparito, schiacciato dalla concorrenza a basso costo. Ma quelli che arrivano dall’estero sono ombrelli prodotti in serie, tutti uguali. A Cressa invece si lavora ancora a mano, dall’assemblaggio iniziale alla rifinitura dei particolari.

Il laboratorio è al piano terra di una villetta defilata in via dei Partigiani. Nessuna indicazione, l’atelier è d’altri tempi. Colette Della Vedova, 54 anni, l’«ombrellaia», realizza pezzi unici a mano e solo con stoffe italiane. L’aiuta Giovanni Girelli, 78 anni e uno spirito da ragazzino. Lui assembla il «ragno», la struttura interna (generalmente in ferro, ma può essere anche di legno) che lei riveste d’arte.

Giovanni e Colette si sono ritagliati mondi in stanze diverse. Lui opera tra manici di ogni tipo – rivestiti di pelle, sughero, plastica, stoffa, castagno, bambù e dalle forme più varie – e tra bulloni e «balene» (le bacchette che formano il ragno). Una volta montato lo scheletro – servono circa 15 minuti – si passa nella stanza di Colette, che immersa tra bobine d’ogni colore e macchine da cucire manipola le stoffe. Per un ombrello semplice ci vuole circa un’ora di lavoro e il costo parte da 35 euro, ma si arriva anche a cento con materiali pregiati ed elaborazioni artistiche. È tutto made in Italy, le stoffe arrivano dalla Tessitura di Borgomanero e dalla Mariani di Seregno.

Qui rivive l’atmosfera di «Les Parapluies de Cherbourg» con Catherine Deneuve. Gli ombrelli possono avere come aste anche bastoni da passeggio e quindi impugnature di ogni tipo: incurvate, a pomello, di ferro e via in infinite soluzioni. «Realizziamo il prodotto da zero – racconta Della Vedova -, dunque possiamo utilizzare qualsiasi tessuto, anche di abbigliamento. Ci sono modelli creati con foulard di un metro quadro, oppure facciamo stampare fantasie su stoffe neutre. C’è chi ci porta la sua stoffa e noi non diciamo di no, facciamo un ombrello su misura».

«Sono tutti figli unici di madre vedova – Girelli definisce con amore i suoi ombrelli -, pezzi introvabili. Ad esempio la differenza con i cinesi si nota sulla punta: i nostri sono rifiniti».

L’attività di ombrellai in via dei Partigiani è iniziata 32 anni fa e da Cressa sono passati anche marchi come Moschino e Paul&Shark. Il legame dell’Alto Piemonte con gli ombrelli è evidente soprattutto a Gignese, in provincia di Verbania: nel 1939 aprì il Museo del parasole, realtà quasi unica, col tempo ricompresa nell’Ecomuseo del Lago d’Orta e del Mottarone. Sono esposti oltre mille pezzi fra ombrelli, parasole e impugnature. All’interno si trova anche la storia degli ombrellai del Vergante e del Mottarone, artigiani itineranti dell’Ottocento dotati di un gergo segreto (il «Tarùsc») per trasmettere i trucchi del mestiere ad amici e parenti, senza essere compresi dai concorrenti. Insomma, una forma di dazio d’altri tempi.

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