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‘Cosa nostra’ società per azioni (con politica, istituzioni e comunità)

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‘Cosa Nostra’ S.p.A. Il patto economico tra criminalità organizzata e colletti bianchi. Un libro di Sebastiano Ardita, un Magistrato italiano.

span style="font-size: 18pt;">“Che dietro l’antimafia si muova la mafia è raro ma possibile”, scrive il Consigliere e Presidente della Prima Commissione del Csm, Sebastiano Ardita nel suo nuovo libro “Cosa Nostra S.p.A.” e che sarà presentato anche giorno 28 a Catania alle ore 16:00 alla libreria Mondadori Bookstore

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“Cosa nostra S.p.A.”: Dopo le stragi del 1992, Cosa nostra ha cambiato pelle. È scesa a patti con la politica lasciandosi alle spalle la stagione del sangue e delle morti eccellenti. E così ha riorganizzato le proprie fila. Niente più omicidi ma ricerca di nuove relazioni. Nasce così “Cosa nostra S.p.A.”, una grande impresa che incrocia il suo enorme fatturato con gli interessi dei colletti bianchi che governano multinazionali, enti e istituzioni pubbliche. Un sodalizio che si fonda in modo sistemico su corruzione e collusione e contro il quale sono sempre meno efficaci gli strumenti di contrasto legislativi.

Sebastiano Ardita è un Magistrato italiano. Entrato in Magistratura all’età di 25 anni, ha iniziato come sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catania, divenendo poi componente della Direzione Distrettuale Antimafia, ove si è occupato di criminalità organizzata di tipo mafioso, di inchieste per reati contro la pubblica amministrazione e di infiltrazioni mafiose nei pubblici appalti e forniture. Come consulente della Commissione parlamentare antimafia della XIII Legislatura ha redatto il documento relativo all’indagine sulla mafia a Catania. È stato direttore generale dell’ufficio detenuti, responsabile dell’attuazione del regime 41bis. Attualmente è procuratore della Repubblica aggiunto presso il Tribunale di Messina.

Nel libro si racconta che non si spara più, la mafia non si manifesta più all’esterno con la violenza delle armi ma stringe relazioni con le imprese e la politica, incrocia il suo fatturato con gli interessi dei colletti bianchi a capo di multinazionali ed enti pubblici, una mafia nascosta che nascosta in realtà non è. C’è anche una parte dedicata all’antimafia, quell’antimafia che da “ghetto” si è trasformata in lobby.

L’opinione.

Circa trent’anni addietro, da piccolo imprenditore, mi sono improvvisamente ritrovato a subire pressioni politiche dall’allora corrente andreottiana regionale affinché votassi un noto eurodeputato poi ucciso dalla mafia. Per miei principi e anche ingenuamente poiché ritenevo che lo Stato fosse quello del ‘Giudice Falcone’, denunciai i fatti anche pubblicamente. Da qual momento è stata solo una discesa all’inferno. Nel ’91 e ’92 subii anche quattro attentati definiti “di matrice mafiosa”. In tanti decenni non riuscii a capire in cosa fossi precipitato. Un mio avvocato, oggi purtroppo scomparso, docente di diritto, mi ripeteva spesso che non gli era mai capitato di vedere nelle aule di Tribunale tanti politici avversi quando c’erano giudizi che mi riguardavano come azienda. Sorvolo su tantissime altre vicissitudini e vado all’eloquente punto. Dieci anni dopo gli attentati mi ritrovai una sentenza che li collocava come avvenuti nel 1995 poiché ciò risultata dalle “indagini esperite”. Fu inutile anche il ricorso in Cassazione che, prima di entrare in ospedale per essere operato e chemiotrattato, incaricai due avvocati di presentare. Cinque anni dopo mi pervenne anche una sanzione di cinquecento euro per avere sostanzialmente fatto un ricorso temerario. Malgrado mi stessi solo finanziariamente dissanguando del tutto e nonostante fossi in condizioni psico-fisiche provate dalla malattia, cercai vanamente di insistere nelle aule di Tribunale con lo scopo di riportare la verità storica e cercare di scoprire cosa mi fosse accaduto. Poi ho abbandonato tutto per mancanza di soldi e anche disgustato dalla Giustizia italiana. Solo qualche anno addietro, quando è divenuta notoria l’esistenza in Sicilia del “sistema montante” (qui un mio esplicativo articolo “La Regione Siciliana ha un contratto con un condannato per corruzione”) ho compreso in quale calderone ero finito nei decenni passati. Ero stato solo un “birillo” come tanti altri che, per il “sistema” italiano e siciliano, si può oppressivamente rimuovere e assimilare, anche forzosamente, quando e come si vuole. L’anno scorso ho fatto presente la vicenda alla neo Commissione Nazionale Antimafia affinché non accadesse pure ad altri, ma non ho saputo nulla. Anche negli anni precedenti, quando non riuscivo a comprendere che cosa mi stesse succedendo, avevo scritto a tutte le Autorità, ma altrettanto nessuno, mi risulta, ha fatto accertamenti e tanto meno mi ha mai sentito, seppure l’Autorità poteva sapere, in quanto bastava anche solo chiedere come mai si decretasse il contrario dei fatti.

Con questo vorrei opinare che, se anche la mafia, come pure l’annoso quanto risaputo opaco sistema pubblico-politico-giuridico-burocratico-professionale-imprenditoriale-associativo e della cosiddetta società civile, continuano ad essere sparsi e diffusi in questa Penisola e specialmente in Sicilia, è perché, almeno per chi può e vuole vedere, c’è anche qualcosa di subdolo nelle leggi, nella giurisprudenza e nelle istituzioni, quindi in buona parte nello Stato, però di fatto, situazioni da decenni intoccabili, innominabili, inamovibili e che si valutano tra di loro.

Ci vorrebbe con onestà intellettuale un generale e sano dibattito pubblico, con un’analisi dell’Italia quanto meno degli ultimi trent’anni. Ci farebbe a tanti, nessuno indenne, solo bene, poiché accettarsi e gradualmente rivedersi, può solo migliorare la persona ma come pure una collettività e persino una Nazione. Però, di tutta evidenza, si rivela da sempre arduo e difficile se non anche impossibile farlo in questa Italia, a detta di tutti, trasversalmente ipocrita e culturalmente dissimulatrice, da destra a sinistra, sopra e sotto.

Complimenti da cittadino al Dr. Ardita per quello che coraggiosamente scrive. Seppure lui comunque può farlo, poiché è un Magistrato. Un cittadino comune sarebbe spazzato via come una pagliuzza dal costituzionale “sistema” italiano (e siciliano), ad avviso di chiunque c’è passato, mentalmente arrogante e assoggettante. Come se ne esce ?

Adduso Sebastiano

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