C
ome sassi sui binari, due parole rischiano di far deragliare il campionato. La lotta per lo scudetto non sarà più la stessa. Vi partecipano, discreditato, un allenatore non ricco ma emergente con superiori difficoltà a difendere il primato. Un altro, strapagato ma deluso, con risultati inferiori al suo ingaggio e agli investimenti provocati, ora riabilitato dalle offese ricevute. Quelle due parole: “finocchio” e “frocio”. Lo squallido battibecco di martedì sera apre una lunga battaglia legale: la giustizia sportiva che teme da un giorno all’altro bufere giudiziarie e la stessa Federcalcio di Tavecchio, Lotito e Galliani non sembrano in grado di chiudere la vicenda con equilibrio. Dietro Sarri e Mancini, ci sono Napoli e Inter, la prima e la terza, ma anche la seconda concorrente. Si chiama Juve. Nessuno si è reso conto di che cosa hanno davvero innescato un allenatore rozzo ed uno sensibile o astuto, nell’anno degli Europei. Torneo internazionale che potrebbe già sorprendersi per un Ct imputato di frode sportiva. Anche le nuove dichiarazioni del tecnico interista, ancora più dure, rafforzano il fronte napoletano del dubbio: è cominciata una strategia per debilitare la squadra più brillante del campionato? Ecco perché doveva essere meglio tutelata dalla società. Se Sarri ha avuto un imperdonabile deficit di stile, era opportuno censurarlo, multarlo, ma anche collaborare a chiarire i rapporti con Mancini. Il silenzio di De Laurentiis aggrava la posizione del club e del suo allenatore. Già martedì Sarri fu lanciato tra le televisioni senza rete di protezione: era uomo distrutto, appena respinto da Mancini che aveva rifiutato le scuse. Come poteva difendersi, atterrito e stralunato? Sragionava. «Ho detto finocchio, mica democristiano ». Si è reso conto di quanto gli accadeva intorno, e quale dirigente più lucido gliel’ha fatto capire? Se Sarri è stato prima rozzo poi malaccorto, la società mostra tutta la sua fragilità. In città i tifosi ascoltano solo i commenti di un sereno giurista come Eduardo Chiacchio. Tutto il resto, è stato il caos del web. Figurarsi. Ora, il nuovo calvario. Giampaolo Tosel darà la prima decisione. Giudica le frasi lesive o discriminatorie, quindi razziste? Logica la prima ipotesi. Mancini non è gay, nessuno l’ha mai pensato. Un insulto nella sottocultura che ancora affligge carceri, caserme e calcio. Nessuna discriminazione. Altro aspetto da valutare: il battibecco è avvenuto in privato, non può considerarsi luogo pubblico lo stadio se nessuno al di fuori del “quarto uomo” ha sentito. Si pone un più rilevante quesito. Chi subisce ingiurie può attivare da solo una gogna mediatica, urlare in tv quanto accaduto? Sono già incalcolabili i danni di immagine allo stesso Sarri. Altro che squalifica. Non doveva Mancini riferire quelle ingiurie solo agli inquirenti federali nel doveroso riserbo di un tesserato? Non ha consegnato Sarri, ma tutto il calcio italiano allo stupore di chi legge, ascolta e sorridde.
Antonio Corbo-La Repubblica
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