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lla partita della verità il Napoli arriva carico di rimorsi, con gli occhi lucidi di rabbia e le gambe molli ma solo all’inizio. La Fiorentina lo sorprende subito: al contrario di Juve e Milan, Sousa capovolge il tema tattico. Vuole che sia la Fiorentina a giocare in spensierata ampiezza, piuttosto che a non far giocare il Napoli. Non infastidisce i migliori, ma semina tranelli proprio nei punti che ritiene più deboli. Finché ha forza, quindi per un’ora scarsa, vince i contrasti a centrocampo, per estendersi a destra, scelta come base operativa. Sousa chiede una dimostrazione di forza, perché sanno tutti che il Napoli ha un congegno micidiale sulla sua sinistra, quindi concentra il gioco sullo stesso versante. Ed il Napoli subisce nel primo tempo il possesso palla della Fiorentina, concede il ritmo più alto e il dominio del gioco. Una partita intensamente vissuta che poggia sull’1-1, i gol iniziali. Prima la Fiorentina crea un muro verticale che protegge su corner Alonso, il più alto che gira di testa in rete. Lo stesso difensore, travolto dall’insolito successo, si distrae rinviando morbido verso Higuain. Accusato dal presidente di essere in sovrappeso, smaltisce d’incanto offesa e chili con un cinico colpo da bowling. Esauriti i convenevoli, comincia la sfida. La Fiorentina (ma solo nel primo tempo) prevale senza sfondare. Traversa e palo non modificano il punteggio. C’è qualche disagio per il Napoli: per un mulinello viola sulla destra. Roncaglia rimane fermo, ove mai dovesse affacciarsi Insigne. Ma Insigne è troppo generoso, rientra, raddoppia sullo spagnolo Tello, che dialoga con Matia Fernandez che gli si avvicina. Sono brividi per la catena di sinistra del Napoli, balbetta Hamsik che non costruisce e non tampona, quasi come lui Ghoulam. La Fiorentina insiste: manda Borja Valero sul controlato, ottenendo l’ampiezza. Ne deriva una difesa slabbrata: il Napoli è vulnerabile anche a destra, dove Allan rivela tutti i suoi affanni, è in crisi al punto da disorientare anche Hysaj. Che non siano questi i rapporti di forza lo dimostrano però gli allenatori nella ripresa. Sousa si agita e cerca soluzioni, ritirando Mati Fernandez ormai spento per Bernardeschi. Sarri è più tranquillo, ritrova la serenità osservando gli squilibri della Fiorentina che stanca si scompone, perde coesione, apre finalmente quei varchi che il Napoli cercava, e che sa sfruttare, Napoli che spende sul campo anche quello che non ha. Ha ancora Hamsik opaco, ma non lo cambia. Vede Hysay sbandare, ma lo lascia dentro, e fa bene. Ci pensano altri a tentare il grande colpo, fino a sfiorarlo. Ed è tutto chiaro. Stavolta si apprezza la dignità di una squadra, non fresca, ma ancora aggrappata al sogno scudetto. Le rimangono anima e cuore, e scommette anche quelli per vincere i contrasti al centro e volare in avanti. Ritirato Callejon, Sarri infila per attaccare meglio l’altro scattista esterno Mertens, che deve coesistere ancora con Insigne, ma stavolta i due danno il massimo, non si elidono, anzi invitano tutto il Napoli a ballare tra quel che resta della Fiorentina. Visto il Napoli nel finale, quel carattere, quel rifiuto della resa, i tre punti dalla Juve sembrano un gradino basso, così basso da risalire in un attimo.
antonio corbo – la repubblica
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