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Castellammare di Stabia

Corbo: “Callejon e Higuain mandano alla Juve da Roma due cartoline del Napoli”

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omplimenti all’arbitro Irrati. Così si fermano i monotoni cori di tifosi senza fantasia. Complimenti anche a Sky: non si accorge dei cori di sottofondo all’Olimpico, perde tempo a cercare confronti vani tra giocatori di Napoli lontani, bisogna aspettare il giornalista Condò per sapere che a Torino si è vista una Juve stanca. Se confronto c’è, mi sembra questo. Il Napoli vince con forza 2-0 sulla Lazio, la Juve in casa non travolge certo il Genoa, solo 1-0. Ma è troppo presto. L’umiltà astuta di Sarri è intelligenza.

Giro l’articolo appena scritto per Repubblica Napoli agli amici del Graffio. Sarà l’imprevista fama di Sarri. Una temeraria vanità suscita negli allenatori che incrociano questo fantastico un raptus tattico. Come dire: guardate me, so far giocare moderno come e più di lui. Nell’inganno è caduto pure un compassato viandante del campionato italiano. Pioli non si è fermato neanche dinanzi al segnale rosso di sei infortunati e tre squalificati. Ha osato ancora di più sognando il tracollo della capolista a Roma. Figurarsi, il Napoli non si spaventa, non si lascia condizionare neanche dai cori del raffinato pubblico laziale nello stadio vietato ai napoletani: cantano tutti, che carini. Né si piega all’ipocrita conformismo dei colleghi non udenti l’arbitro: il 37enne avvocato Massimiliano Irrati, toscano di Lamporecchio. Ferma il gioco, minacciando di sospendere la partita. Un arbitro, finalmente. Pioli rischia oltre misura. Ma i sogni non hanno prezzo. Ci prova. Intorno a Klose raccoglie un caparbio quintetto. Il suo disegno ha due scopi. Bloccare le fonti di gioco e sfondare la difesa del Napoli entrando da sinistra. Sposta infatti ma solo all’inizio Candreva in direzione del difensore più vulnerabile, Maggio che subentra a Hysaj. Tenta di bloccare i piedi sapienti di Hamsik e Jorginho, abbinando Parolo al capitano del Napoli, sposta poi Onazi da vertice basso del 4-1-4-1 su Jorginho. C’è anche Klose, prima punta, a far velo. Ci si mette pure Lulic: rincorre Callejon, al rimorchio di Candreva. Già, è quella la corsia che la Lazio ritiene favorevole. Un controllo così serrato impone di spostare molto in avanti anche la linea difensiva. La prima parte incoraggia la Lazio a rischiare: gli ingranaggi del Napoli sembrano ossidati. L’euforia è un vento perfido che spinge la Lazio alla rovina: attacca compatta, raccolta in trenta metri. L’ottimismo è fatale, perché la Lazio non valuta i pericoli. Vanno letti invece nei lanci lunghi di Kolubaly per scavalcare la muraglia avanzata di Pioli. Quei lanci improvvisi e in verticale sfumano spesso in fuorigioco, intanto ribaltano gli equilibri. Ma saranno determinanti. Proprio sul filo del fuorigioco, un millimetro in meno ed uno in più, il Napoli trova la chiave. E la usa con geometrie limpide. Koulibaly e Albiol controllano Klose e i suoi compagni d’avventura, la linea mediana resiste, non c’è Allan per cercare la profondità, ma si industriano i soliti. Insigne sulla sinistra salta sul suo motorino e scorrazza su almeno 50 metri con una vitalità e tecnica che fanno arrossire il Ct Conte in tribuna, Higuain osserva e scatta come nelle emozionanti albe di caccia, per il suo 23esimo gol Callejon lo serve da sinistra spiazzando Konko. La Lazio è ancora punita perché non può giocare con una linea difensiva così alta, se ha giocatori statuari, quindi lenti e facili da piantare negli scatti lunghi. Il delizioso cinismo di Insigne indovina a occhi chiusi il taglio per Callejon che sempre sul filo del fuorigioco si tuffa alle spalle della statuaria difesa laziale per mandare alla Juventus da Roma la seconda cartolina del Napoli. Appuntamento a Torino, sabato 13.

Antonio Corbo-larepubblica.it

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