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Castellammare di Stabia

Il coraggio di sfidare il populismo

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POPULISMO – La chiusura del Brennero era nell’aria. Il voto di domenica e le affermazioni intransigenti del primo arrivato, Norbert Hofer, hanno accelerato una dinamica già in moto. Hofer è in ballottaggio; fermare l’immigrazione è il suo cavallo di battaglia. Il Brennero è vittima della retorica sulla chiusura delle rotte mediterranee. Anche se i passaggi di migranti attraverso la frontiera austro-italiana non sono lontanamente paragonabili alla piena proveniente dai Balcani dello scorso anno, almeno per ora, l’Austria mette le mani avanti.

Nel calcio come in politica il tempismo è tutto. Si temeva che con l’estate si aprisse la rotta italiana. Roma e Bruxelles si trovano messe di fronte al fatto compiuto ben prima. Bruxelles per ora tace. L’Italia vede ignorate o respinte al mittente le sue più che fondate rimostranze. Hofer, che parla come già fosse Presidente, si è spinto fino a liquidare la revisione della regola di Dublino che la Commissione Ue sta timidamente portando avanti. Il paese dove arrivano i rifugiati, ha detto, se li deve tenere. Tanto peggio per l’Italia (o per la Grecia o la Spagna): hanno firmato l’accordo di Dublino – dovevano pensarci prima.

Se la brutalità del linguaggio stupisce dobbiamo abituarci. Questo è, purtroppo, il nuovo lessico politico in Europa (e non solo). E’ la comunicativa con cui i ribelli anti-sistema riescono a stimolare gli istinti peggiori che ribollono nel continente. Non bisogna andare troppo lontano; risuona ogni giorno anche in Parlamento. I politici tradizionali, come Angela Merkel, vengono messi sulla difensiva. Ancora peggio è l’impermeabilità a critiche e obiezioni. L’Italia aveva chiesto a Vienna di ripensarci. L’Austria ha risposto tirando dritta per la propria strada. Né fa intravedere spazi per un ravvedimento in extremis.

Diritto e Giustizia in Polonia o Erdogan in Turchia si comportano alla stessa maniera, ignorando contrappesi istituzionali e vincoli internazionali. I populisti si fanno forti del consenso, in parte nazionale in parte trasversale, per buttare alle ortiche il principio dei «checks and balances» al potere dell’esecutivo. L’America sta conoscendo simili pulsioni ma almeno ha il baluardo di una Costituzione oltre duecentennale di lapidaria semplicità. L’Europa è più vulnerabile.

Il Brennero torna così ad essere una frontiera. Senza consultare chi è dall’altra parte, l’Austria reintroduce il filtro ai transiti. Avrebbe potuto ammantarlo della temporaneità ed emergenza previste da Schengen. Non sembra farlo. Alla prevaricazione, l’Italia ha finora risposto con la reazione pavloviana di cercare l’aiuto dell’Ue. Bruxelles tace. Tace anche Berlino. Forse per impotenza; forse in Germania Merkel non ha più sufficiente capitale politico da spendere sull’apertura di tutte le frontiere. Anche per lei è fondamentale che, chiusa la rotta balcanica, non se ne apra un’altra dall’Italia.

Dall’Ue possiamo aspettarci qualche voce amica, ma non saranno le benintenzionate dichiarazioni di Juncker o del Parlamento europeo a far breccia a Vienna, tanto meno con un futuro Presidente del Partito della Libertà. Mantenere la pressione a Bruxelles è importante, ma l’Italia deve anche affrontare risolutamente Vienna faccia a faccia. Questa è una controversia bilaterale seria con un paese vicino, legato all’Italia da una fitta rete d’interessi e d’interdipendenze. Il Brennero taglia a metà il Tirolo, separa quello austriaco dall’Alto Adige. La chiusura è anche un torto agli altoatesini italiani. Può diventare la prima vera crisi di politica estera di Matteo Renzi, senza sponde cui appoggiarsi.

Fare la voce grossa a suon di dichiarazioni è un esercizio sterile. Può solo aiutare la campagna elettorale di Hofer. Qualsiasi attacco italiano non fa che portare acqua al suo mulino. Quello che serve è una forte azione diplomatica nei confronti di Vienna e in altre capitali. All’Austria va fatto presente, con fermezza ma senza isterismi, l’inaccettabilità di misure unilaterali sul confine dei due paesi e le possibili contromisure italiane – che vanno studiate. Con calma e senza twitter. Abbiamo sicuramente leve da usare. Alla Germania va detto che la connivenza con l’Austria non fa che rinviare il problema. Agli altri partners che la chiusura unilaterale di un confine è uno strumento d’isolamento che può ritorcersi contro chiunque.

A questa diplomazia, riservata, incisiva, essenziale, non eravamo più abituati, almeno in Europa. Non è bella. Non cerca il consenso solo la composizione degli interessi. Ma nell’Europa dei populismi e delle crisi torna a contare e dobbiamo sapercene servire. L’Ue non ci toglierà le castagne dal fuoco se non ci aiuteremo da soli.

vivicentro.it-editoriale / lastampa / Il coraggio di sfidare il populismo STEFANO STEFANINI

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