S
i combatte anche in mare: il contrammiraglio Alberto Maffeis, capo dell’operazione Mare Sicuro, racconta a Mariano Alberto Vignali: “Abbiamo arrestato 900 scafisti e sventato tre tentati sequestri”. A guidare la resistenza di Sirte, la roccaforte dell’Is in Libia, c’è un gruppo di tunisini. Il loro capo si chiama Moez Fezzani, primula nera jihadista e superlatitante ricercato dai servizi italiani, l’uomo che avrebbe dovuto tenere insieme la resistenza a Sirte e i piani per portare il terrore in Italia.
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Maffeis: “Navi, sottomarini e corpi speciali: così combattiamo trafficanti e jihadisti”
Che tipo di attività portate avanti?
«Mare Sicuro è un intervento che nasce a seguito della crisi libica ed è un dispositivo aeronavale tutto italiano, il maggiore presente oggi in questa tratta del Mediterraneo, che si occupa di garantire la sorveglianza marittima ed il ripristino dell’uso legittimo del mare, con baricentro nelle acque prospicienti la Libia. Siamo di contrasto alle organizzazioni criminali dedite ai traffici illeciti, attuiamo sorveglianza verso le formazioni jihadiste, contro rischi di infiltrazione del terrorismo, e facciamo raccolta di informazioni. Ma non solo: garantiamo la sicurezza delle unità mercantili o di soccorso italiane in zona, comprese le piattaforme e tutta la rete delle fonti strategiche energetiche; lo stesso per le rotte commerciali e le navi mercantili, fra cui la flotta di pescherecci che è una della maggiori al mondo. Vi è una media di 20 pescherecci italiani presenti in aree a rischio, quali quella a nord di Misurata e a nord di Bengasi».
Cinque navi, sommergibili spia, fucilieri ed incursori, elicotteri e apparecchiature ultra moderne per la sorveglianza, la sua è una flotta da combattimento a tutti gli effetti. Chi sono le minacce e come le affrontate?
«Noi proteggiamo le vie di comunicazione contro quelle che sono attività illegali, ad esempio gli scafisti, e tutte le minacce armate che possono essere presenti, dai jihadisti a gruppi dediti alla pirateria. Per fare questo abbiamo una simile struttura. Possiamo individuare di notte o di giorno, senza essere visti grazie alle apparecchiature che abbiamo su queste unità navali, una persona armata su di un battello o renderci conto che un mercantile ha qualcosa di poco chiaro, così interveniamo».
Quali sono i rischi principali?
«Il lavoro più rischioso è quello di salire a bordo per una verifica, per questo i nostri team ispettivi sono protetti da una squadra di pronto impiego. Ad ogni mercantile o battello sospetto chiediamo di fare un controllo: se sono italiani non ci sono problemi, è un nostro diritto, se ci viene negato allora ci insospettiamo e chiediamo allo stato di bandiera, ovvero quello in cui il cargo è registrato, l’ok per intervenire».
E come avviene l’intervento?
«Prima si manda sempre un elicottero con personale armato che va in avanscoperta, quindi dopo questo primo passaggio via mare vanno dei mezzi veloci. Un team di assalto sale a bordo e se tutto è tranquillo poi salgono gli ispettori, ovviamente sempre protetti. Non sappiamo cosa può esserci o cosa può accadere. Siamo pronti a qualunque situazione ed a qualunque reazione».
Qual è il bilancio della missione?
«Abbiamo arrestato 900 scafisti, ed effettuato 59 abbordaggi di controllo, oltre a un peschereccio liberato, tre tentativi di sequestro sventati, oltre a decine di migliaia di vite salvate».
Quanti sono i migranti soccorsi?
«Io sono al comando dal 17 giugno ed in questo periodo siamo arrivati a 20 mila persone. Solo in un giorno abbiamo soccorso 3000 migranti; non è la nostra attività diretta, ma siamo qui e quando c’è da intervenire per salvare qualcuno noi ci siamo».
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