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Castellammare di Stabia

Consensi sulla super procura finanziaria

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Le banche e il governo approvano la richiesta avanzata dal vicepresidente del Csm Giovanni Legnini in un’intervista a La Stampa di creare una super procura per indagare in modo efficace sulle crisi bancarie. Il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, sottolinea: “La situazione è sotto controllo. La Bce può intervenire anche nelle banche più piccole”.

“D’accordo con il Csm. Sì alla super procura che indaga sulle banche”

Il presidente dell’Abi Patuelli: la Bce può fare controlli negli istituti più piccoli

ROMA – Antonio Patuelli ha una memoria di ferro. Per ogni domanda cita date e fatti. Agricoltore, giornalista, presidente della Cassa di Risparmio di Ravenna, da quasi cinque anni guida l’Associazione delle banche. Il suo è un sì convinto alla proposta avanzata dal vicepresidente del Csm Legnini riguardo all’istituzione di sezione specializzate nelle procure per indagare sui reati bancari.

span class="nero">Patuelli, lei dice spesso che le banche italiane sono solide. Eppure nonostante undici salvataggi i guai non sembrano finiti: Carige, Credito Valtellinese e Popolare di Bari non godono di buona salute. Dobbiamo preoccuparci?

«Non ho accesso ai flusso di vigilanza ma noto che le autorità non hanno dato alcun segnale pubblico, smentendo l’esistenza di piani B. Per cui ritengo che la situazione sia sotto controllo. E poi occorre distinguere fra patologia e fisiologia: mi rallegro di quanto dichiarato dall’amministratore delegato di Carige Fiorentino a proposito dell’autosalvataggio della banca»

Non crede che gli istituti – tutti quanti – debbano procedere più velocemente con lo smaltimento dei crediti deteriorati come chiede la vigilanza Ue? 

«Stanno già facendo un lavoro enorme. In soli otto mesi le sofferenze nette si sono ridotte di un quarto».

Il vicepresidente del Csm Giovanni Legnini propone di introdurre sezioni specializzate dei tribunali per evitare casi come quelli delle popolari vicentine. È d’accordo?

«Sì. Durante i lavori della commissione di inchiesta è emerso che la Banca d’Italia ha fatto molte e tempestive segnalazioni all’Autorità giudiziaria. In alcuni casi i procedimenti sono stati rapidi, in altri casi meno».

Sta dicendo che mancano i magistrati preparati sulla materia, è così?

«Non è solo un problema di specializzazione dei tribunali. La materia finanziaria è già di per sé complicata. Dalla fine del 2014, ovvero dalla nascita dell’Unione bancaria, è diventata ancora più complessa. In alcuni casi non è nemmeno chiaro quali siano le norme che prevalgono».

Dunque? 

«Da un lato occorre fare quel che dice Legnini. Dall’altra ci vogliono testi unici europei di diritto bancario, finanziario, fallimentare e penale dell’economia. Avremmo una maggiore certezza giuridica».

Abbiamo trovato una cosa su cui è d’accordo con i tedeschi. Il numero uno della Bundesbank Jens Weidmann dice che è la prima cosa da fare per rafforzare l’Unione. 

«Che questa sia la strada giusta lo dico da anni».

Lei è fra coloro i quali credono che il nervosismo di questi giorni sui titoli bancari sia stato causato dalle nuove linee guida della vigilanza unica sui crediti dubbi?

«L’Addendum di San Francesco (è del 4 ottobre, ndr) non ha contribuito a rasserenare gli animi. La situazione si è normalizzata dopo l’intervento della Commissione e le parole della presidente della vigilanza europea Nouy il 9 di fronte al Parlamento di Strasburgo (quando ha fatto una parziale marcia indietro su tempi e modalità entro i quali dare copertura patrimoniale ai crediti dubbi, ndr). Speriamo che dopo la fine delle consultazioni pubbliche a dicembre si ponga fine a questo continuo terremoto normativo».

Però i problemi c’erano prima e restano dopo le richieste Bce. L’ammontare dei cosiddetti «non performing loan» delle grandi banche è ancora alto, e c’è da capire cosa accade in quelle minori, su cui non c’è visibilità. Non ci vorrebbe uno stress test della Banca d’Italia su queste ultime come in Germania? 

«Temo a molti non sia chiaro che il sistema delle banche centrali è uno, e che se la vigilanza europea vuole avocare a sé i controlli su uno qualsiasi degli istituti dell’Unione lo può fare in ogni momento».

Che intende dire? 

«Non esistono zone grigie di cui Francoforte non ha controllo se non attraverso le banche centrali nazionali. Se la vigilanza unica ha una preoccupazione specifica, ha i poteri per farvi fronte. Se non interviene, devo dedurre che non sono preoccupati».

Lei vive a Ravenna, a due passi da San Marino. Lì la situazione delle banche è grave: dimissioni a catena dei vigilanti, buchi di bilancio a ripetizione. Che accade?

«San Marino dovrebbe entrare nell’Unione e trasformarsi nel Lussemburgo del Sud Europa. Le conseguenze dell’isolamento che si sono scelti sono queste».

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