Care, creatività, tecnologia e formazione saranno i quattro pilastri della comunicazione dopo il Coronavirus.
U
n’ emergenza sanitaria di dimensioni globali ha costretto prima di tutto la comunità scientifica a fare informazione muovendosi tra panico, fake news, allarmismo e messaggi contrastanti.
I professionisti della comunicazione sono davanti ad una nuova grande sfida e hanno poco tempo per:
– orientarsi e preparare nuove strategie
– imparare ad utilizzare nuovi strumenti.
I messaggi della “nuova” comunicazione devono prima di tutto assistere e proteggere. La “care-communication” che deve saper trasmettere continuità in un mondo che si troverà completamente cambiato. La diffidenza reciproca e la distanza sociale che ci accompagneranno ancora a lungo avranno bisogno di essere corredate da messaggi rassicuranti che dovranno farci sentire meno in pericolo e, comunque meno soli.
I tempi del dilagare della pandemia sono stati rapidissimi e il ruolo del comunicatore è delicato perché deve scrivere in un modo in cui, per ovvie ragioni, non è pienamente competente. E qui scatta la creatività che ha sempre un peso e può contribuire ad aumentare conoscenze e fiducia, ma può essere anche vettrice di confusione e sfiducia. È chiaro che non siamo di fronte a un problema di comunicazione, ma di gestione del rischio e scrittura di un nuovo paradigma di futuro che passa attraverso le parole dette o i video-messaggi diffusi girati da casa.
Sarà fondamentale mirare al consenso perché saranno necessari continui aggiornamenti che dovranno fornire nuove risposte. Risultati che saranno raggiunti solo grazie all’utilizzo di tecnologie che ci aiuteranno ad essere in contatto costante anche da lontano. Di fatto i social, ma tutti i sistemi per la condivisione di file e le piattaforme complesse di dati, si sono rivelati cruciali nel consentirci una parvenza di quotidianità che altrimenti avremmo perso sentendoci ancora più persi nello sgomento.
Siamo precipitati in una crisi in cui la comunicazione scientifica-istituzionale ha funzionato a scoppio alternato, con fughe di notizie, con informazioni fornite in ordine sparso che, amplificate, hanno creato continue fratture. In questo senso ne usciremo, empiricamente o tramite formazione specifica, molto più competenti e in grado di fare domande e trovare risposte che terranno conto di paradigmi che, nonostante in continua evoluzione, possono essere improvvisamente sconvolti e ribaltati completamente facendo vacillare ogni tipo di certezza.
La costruzione di competenze di comunicazione può contribuire all’identificazione dei bisogni informativi e alla definizione delle priorità customizzate per le single realtà perché non c’è solo la necessità di consolidare le conoscenze, ma anche di rafforzare la capacità della società nel suo insieme di affrontare emergenze come il covid-19 senza panico e senza pesanti ripercussioni, anche economiche.
Ciascuno nel suo ruolo dovrà essere coinvolto per contribuire ad una alfabetizzazione nella costruzione del mondo dopo il Coronavirus e i bravi comunicatori saranno, ancora una volta, nodali.
E’ necessario nella comunicazione dopo il Coronavirus approfittare dello smartworking per trovare nuovi paradigmi e disegnare un futuro in cui, avendo tutti i mezzi a disposizione, possiamo parlare e far parlare come fa lo sguardo dell’essere umano come ho ricordato in un mio post su linkedin.
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