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CATANIA: Teatro Massimo Belllini scongiurata la chiusura?

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CATANIA: Teatro Massimo Belllini scongiurata la chiusura?

I catanesi sono legatissimi al loro Teatro, tanto che lo chiamano il “Massimo”. Cioè il teatro per antonomasia,  dove si va ad ascoltare la Musica importante, quella d’opera ma anche quella sinfonica ed il balletto. È il tempio catanese dell’Arte, dove le tre Arti sorelle, Poesia, Musica e Danza, dispensano le loro grazie agli amanti ed agli amatori del bel canto e della bella musica. Anche dal punto di vista architettonico è un edificio di grande valore in un pregiato stile neobarocco, con la facciata di un bel colore ambrato che lo rende unico nel suo genere. La platea, spaziosissima, possiede quattro ordini di palchi più il loggione degli “intenditori” autentici, quelli che decretano il successo di una esibizione o la fischiano senza pietà e riguardi per nessuno. Sono fatti così quelli della “piccionaia”, non fanno sconti ma sono generosi con chi merita, fino ad essere sfegatati. Merito di un’acustica pregiata, capace di far arrivare nitida ogni singola  nota in ogni settore del catino teatrale.

Purtroppo sono decenni ormai che il “Massimo”, vive di vita stentata dal punto di vista economico finanziario. I lavoratori, gli amministrativi, le maestranze varie, gli orchestrali ed i coristi sono a corto di stipendio e temono per il loro futuro occupazionale. Mentre, al contempo, sono i primi ad essere dispiaciuti, non solo della perdita del lavoro, ma anche dello spegnersi del faro di cultura musicale di prim’ordine che tutti loro contribuiscono ad animare e vivificare perché irraggi la luce che i suoni recano all’animo umano.

Dal punto di vista istituzionale la vicenda non è affatto lineare. La crisi arrivata al suo acme in questi giorni viene da lontano, ormai. Nel 1986 con legge della Regione Siciliana, il Bellini diventa Ente Autonomo Regionale; nel 2002 viene trasformato in Fondazione; nel 2007 viene riportato ancora ad Ente Autonomo Regionale. Roba da far venire le vertigini a chiunque con una simile altalena istituzionale, alla ricerca di non si sa quale quadratura del cerchio. Ne sono scaturiti anni di gestione sciatta e disordinata, oltre che inconcludente.

I risultati in queste ultime settimane sono sotto gli occhi di tutti: non ci sono fondi sufficienti e si rischia la chiusura, i lavoratori a casa ed i catanesi senza musica del loro amato teatro. “Non lasciamo che la culla dell’Arte ne diventi la tomba”, scrivono i manifestanti su uno striscione rivolto al Presidente della regione Nello Musumeci. Gli attestati pubblici e plateali di solidarietà e vicinanza sono, intanto, piovuti da ogni dove, soprattutto da enti lirici italiani e stranieri: la Scala di Milano, la Fenice di Venezia, la Fondazione Arena di Verona, il San Carlo di Napoli oltre a tanti singoli artisti che si sono mobilitati girando video di sgomento e di sostegno al Bellini catanese.

La Commissaria Straordinaria Daniela Lo Cascio di concerto con l’assessore regionale allo Spettacolo, Manlio Messina, sono riusciti a tamponare la situazione per chiudere la programmazione per l’anno 2019 in corso, garantendo il ripristino di erogazione dei fondi regionali. Il Massimo, i lavoratori ed i catanesi possono tirare un sospiro di sollievo. Momentaneo. Si momentaneo e transitorio. In attesa di vedere chi sarà nominato Direttore Artistico e chi Sovrintendente. Da queste due nomine, quando ci saranno, si potrà capire se la politica considera ancora la cultura un suo terreno di caccia da cui trarre prebende, ed in questo caso il Massimo rischia di diventare “minimo”, oppure apparirà all’orizzonte la speranza di un futuro serio in grado di poter fare programmazione (anche per l’imminente anno 2020) di ampio respiro e di alto prestigio culturale, come il Teatro della patria del Bellini merita.

In quest’ultimo, sperabile caso, vorrà dire che la politica finalmente avrà mollato la presa sulla Cultura, lasciando che essa spieghi liberamente le vele nel mare dell’arte e che diventi volano di sviluppo artistico, culturale e, perché no, anche economico, considerando l’indotto che l’attrattiva culturale, in senso lato,  riesce sempre a generare.

Speriamo che siano rose… e che ne crescano una grande siepe. Possibilmente con poche spine. È chiedere troppo per la “nostra” Catania?

Carmelo TOSCANO

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