Casi Sea Watch 3 e Nave Diciotti: ogni giorno ha la sua, e se non ce l’ha la si inventa perché è sempre valido l’assunto del “parlatene male, parlatene bene, ma parlatene” perché senza il polverone delle chiacchiere non solo noi non abbiamo senso d’esistere ma si vedrebbe anche che “il re è nudo”, questo appare essere la stella polare dei gialloverde. Ed allora, leggermente assopita la vicenda di Nave Diciotti (tornata però in auge per la richiesta di rinvio a giudizio per Salvini) ecco che il governo italiano ha dato il via a un nuovo scontro diplomatico per cui, dopo i recenti attacchi alla Francia per “il Franco delle colonie”, questa volta è toccato all’Olanda.
E che ce li perdiamo i Paesi Bassi? Questo sembrano essersi chiesti Salvini e la sua ombra, Di Maio, ed allora detto fatto!
P
unti Chiave Articolo
- Domanda al cervellotico Di Maio:
- Ridicolo!
- Al di là della contrapposizione politica tra governi, cerchiamo allora di capire se in effetti esista qualche obbligo giuridico del Paese di bandiera di una nave che abbia salvato dei migranti in mare.
- Che la nave battente bandiera olandese sia di una Ong, e non ad esempio un mercantile di passaggio – che è comunque tenuto a salvare i naufraghi alla stessa maniera – non è rilevante.
- Conclusione:
- Ciò premesso, passo a riportare la nota della Presidenza del Consiglio in merito alla Sea Watch 3 e, a seguire, analizzarla e ulteriormente puntualizzare secondo leggi (non chiacchiere)
- Questa la tesi ed il polverone che la Presidenza del consiglio solleva passando, come sempre, da palo in frasca e piegando le norme a comodo suo.
- Queste le chiacchiere per il popolino ed i suoi armenti ma poi ….
- ARTICOLO 10
- ARTICOLO 11
- E questo è. Tutto il resto è fuffa usata unicamente come arma di distrazione di massa.
Il ministro dell’Interno e vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini, ci fa graziosamente sapere, con uno dei suoi comunicati su Facebook, di aver inviato, il 25 gennaio, una lettera al governo olandese chiedendo, tra le altre cose, di
“predisporre, con urgenza, gli adempimenti relativi all’organizzazione della presa in carico e del trasferimento in territorio olandese dei 47 migranti a bordo della nave olandese Sea Watch”.
Come da prassi, ormai divenuta consuetudine (rispetto dovuto al capobranco), poche ore prima, anche l’altro vicepresidente del Consiglio, nonché ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio – nella sua tafazziana opera versus il M5S, che sta distruggendo – aveva espresso una posizione simile, e chiamava in causa Amsterdam per l’accoglienza dei migranti salvati nel Mediterraneo dalla nave Sea Watch (nave gestita da una Ong tedesca ma battente bandiera olandese). E questo in virtù della sua farlocca visione in base alla quale, battendo la nave bandiera olandese, i migranti sarebbero sbarcati in territorio olandese per cui, nel codice Salvini-Di Maio, è l’Olanda che deve farsene carico. Sic!
Domanda al cervellotico Di Maio:
e se fossero stati soccorsi da una Nave Cinese, Giapponese, Americana, Australiana o altra nazione, come dovrebbero procedere le cose? Le persone salvate ed aiutate a salire a bordo dovrebbero essere mandate in Cina, Giappone, America, Australia o quella che sarebbe?
Ridicolo!
Chiaramente, per bocca del segretario di Stato per l’Asilo e le migrazioni Mark Harbers, il governo olandese ha risposto picche affermando – logicamente e correttamente – che Amsterdam “non è responsabile per la Sea Watch”.
Al di là della contrapposizione politica tra governi, cerchiamo allora di capire se in effetti esista qualche obbligo giuridico del Paese di bandiera di una nave che abbia salvato dei migranti in mare.
In base al diritto internazionale del mare, al diritto internazionale sui rifugiati e al Regolamento di Dublino, i migranti salvati nel Mediterraneo – da navi Ong, vascelli militari o mercantili, non cambia – devono essere accompagnati e sbarcati nel porto sicuro più vicino ed il porto sicuro più vicino alla costa libica per i richiedenti asilo, non potendo considerare tali la Libia stessa, la Tunisia e gli altri Stati della costa africana del Mediterraneo, è l’Italia.
Che la nave battente bandiera olandese sia di una Ong, e non ad esempio un mercantile di passaggio – che è comunque tenuto a salvare i naufraghi alla stessa maniera – non è rilevante.
Inoltre, solo successivamente il Paese di sbarco sarà chiamato a esaminare le domande di asilo dal momento che non sarebbe legittimo che le domande di asilo venissero esaminate a bordo della nave, come chiarito dal caso Hirsi, e non sarebbe legittimo trattenere dei potenziali rifugiati su una nave per le settimane necessarie a compiere il percorso fino all’Australia.
Conclusione:
i “naufraghi” devono comunque essere sbarcati nel porto sicuro più vicino al luogo di salvataggio e qui, solo successivamente, verrebbero poi esaminate le richieste di asilo. Questo secondo leggi nazionali ed internazionali; nonché coscienza per la situazione specifica.
Ciò premesso, passo a riportare la nota della Presidenza del Consiglio in merito alla Sea Watch 3 e, a seguire, analizzarla e ulteriormente puntualizzare secondo leggi (non chiacchiere)
Il caso Sea Watch 3 – scrive la Presidenza del Consiglio – è adesso all’attenzione della Corte europea dei diritti dell’uomo, attivata dal comandante della nave e dal capo missione.
L’Italia ritiene che la giurisdizione, nel caso di specie, appartenga all’Olanda, in quanto paese di bandiera della nave che ha effettuato il salvataggio in acque internazionali. Pertanto domani l’Italia depositerà una memoria davanti alla Corte, con la quale farà valere la giurisdizione olandese, contestando la propria legittimazione passiva. In altri termini, affermerà che non è l’Italia a dover rispondere di questo caso, alla luce del diritto nazionale e internazionale.
Si conferma la temeraria condotta della Sea Watch che, in condizioni di mare mosso, anziché trovare riparo sulla costa tunisina distante circa 40 miglia, universalmente considerata porto sicuro, si è avventurata in una traversata di centinaia di miglia mettendo a rischio l’incolumità dei migranti a bordo.
In ogni caso già da ora l’Italia si rende disponibile, una volta riconosciuta la giurisdizione olandese, a offrire un corridoio umanitario al fine di consentire un trasferimento dei migranti verso l’Olanda.
Nel frattempo, abbiamo offerto la nostra totale disponibilità per assistenza in caso di richiesta, mettendo a disposizione due motovedette della Guarda Costiera e una della Guardia di Finanza, che sono nei pressi pronte a intervenire.
Abbiamo già fornito e siamo disponibili a fornire generi di conforto e la necessaria assistenza sanitaria, fermo restando che al momento ci è stato comunicato che a bordo è presente un team medico di fiducia.
Rimane un quesito finale: l’obiettivo dell’azione della Sea Watch era salvare i naufraghi e offrire loro un pronto riparo nel primo porto sicuro (Tunisia) oppure creare un caso internazionale richiamando l’attenzione dei mass media?
Questa la tesi ed il polverone che la Presidenza del consiglio solleva passando, come sempre, da palo in frasca e piegando le norme a comodo suo.
Lo (ri) fa nel “quesito finale” dove cerca di piegare la situazione volgendola a sua giustificazione affermando e chiedendo, surrettiziamente:
l’obiettivo dell’azione della Sea Watch era salvare i naufraghi e offrire loro un pronto riparo nel primo porto sicuro (Tunisia) oppure creare un caso internazionale richiamando l’attenzione dei mass media?
Orbene, premesso che comunque e a prescindere, se la casa brucia prima si interviene e si mettono in salvo TUTTE le persone presenti e poi quanto possibile. Solo dopo magari ci si pone le tante possibili domande, ci si ragiona e magari si arriva a trovare una risposta seria e comprovata. Questo sì che può essere definito un procedimento corretto. Il resto è solo fuffa e disquisire tanto per.
Premesso anche che, se uno è delinquente, se c’è chi ruba e uccide, se c’è chi truffa ecc ecc, questo non dà diritto a chiunque altro di agire allo stesso modo ne lo giustifica. Delinquente, ladro, assassino gli uni, altrettanto gli altri (o l’altro)
Premesso che Salvini, da Capitan Fracassa è già precipitosamente tornato ad essere quello che è per cui, dall’atteggiamento di sfida a tutti e tutti e al dichiarare, petto in fuori e mascella al vento, che per lui la denuncia era una medaglia e che avrebbe rinunciato allo scudo parlamentare dell’immunità per affrontare un processo nel quale sarebbero stati sbugiardati e svergognati tutti i suoi accusatori.
Queste le chiacchiere per il popolino ed i suoi armenti ma poi ….
Poi eccolo qui a dichiarare tutto il contrario per cui, non solo invoca lo scudo dell’immunità parlamentare (leggi l’intervento integrale sul Corriere della Sera) ma, addirittura, pone già avanti tutte le possibili minacce di crollo del Governo già solo con l’eventuale concessione a processarlo e questo, mi spiace per lui, per i Leghisti seri ed ancor più per i pentastellati (meno per Di Maio che continua a consumarsi la lingua a furia di leccarlo e, peggio ancora, per Toninelli, il ministro fantasma che mostra di aver paura anche dell’ombra di Salvini), da ragione ancora una volta all’analisi della rivista Cuore sui poltitici:
Premesso quanto sopra annoto che, stando proprio al nocciolo della sua surrettizia domanda, per le Convenzioni Internazionali – e per le condizioni date – un “porto sicuro” NON è automaticamente e necessariamente quello più vicino ma un porto dove la nave, ed i suoi passeggeri, possono trovare degna e sicura accoglienza il che esclude, e non solo “perché così mi va” ma proprio perché chiaramente segnalato e codificato dagli standard del diritto internazionale, e la Libia non è compresa tra gli stati con «approdo sicuro» per cui è logico assumere che qualsiasi suo porto non può essere indicato come «porto sicuro».
Per chiudere questo triste e vergognoso dimenarsi dei gialloverde ricordo anche che queste “possibili situazioni” sono codificate nell’art. 117 dela Costituzione (Parte II, Ordinamento della Repubblica, Titolo V) e negli articoli 10 ed 11 della Costituzione:
ARTICOLO 10
L’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute.
La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali.
Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge.
Non è ammessa l’estradizione dello straniero per reati politici [cfr. art. 26].)
ARTICOLO 11
L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.
e nelle relative leggi di ratifica delle Convenzioni internazionali che hanno rango normativo superiore alle disposizioni amministrative emanate da un ministro o ad un codice di condotta privo di basi legali.
Lascia un commento