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Castellammare di Stabia

BRESCIA: la “Storia” di Morante in scena al teatro Santa Chiara

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RESCIA: la “Storia” di Elsa Morante va in scena al teatro Santa Chiara, con ritmo drammatico marziale.

Il capolavoro di Elsa Morante del 1974 non ha perso nulla della sua drammatica attualità nel rappresentare la tragedia della guerra e le sue dolorose conseguenze sulla vita delle persone comuni, che, indifese, sono costretti a subire l’oltraggio dei lutti e delle devastazioni immani.
E la resa teatrale, contrariamente al consueto, non ha tolto nulla al testo anzi è riuscito ad esaltarlo e vivificarlo con l’azione scenica, in un sapente dosaggio nella scelta dei testi (tratti con scrupolo filologico tutti dal romanzo), dei movimenti scenici, in un dinamismo di faretti e di luci che ti cattura e ti guida.

La storia della dimessa ed impacciata Ida (Aida, Iduzza) si snoda in funzione della vicenda esistenziale dei due figli: Nino, esuberante e travolgente, mentre Useppe è sognatore e poeta della vita. Le loro vite impatteranno con il frullatore della grande Storia, restandone travolti nel corpo e nell’animo. La Morante ha un occhio di umana comprensione per ognuno dei personaggi che affollano la scena della vicenda, nessuno è giudicata “nemico”, neanche l’inesperto giovane Gunther, autore di uno stupro. Anche lui, a sua volta, vittima di una violenza subita: lo
sradicamento dalla sua famiglia e dalla vita, non ancora neanche ventenne. La rappresentazione del dramma avviene in due atti, il primo frenetico e martellante nell’esaltazione militaresca dell’anteguerra ed il secondo elegiaco del dopoguerra, nel tentativo di tornare ad una serenità domestica, dopo le paure ed i terrori della immane distruzione. Serenità che non verrà affatto ritrovata, ma che, anzi, si tramuterà in tragedia esistenziale che porta a morte Ida ed i suoi adorati figli.

Attori di La StoriaL’ottimo Alberto Onofrietti ha dato vita ad un Nino di una vitalità inesauribile, prodigandosi in dialoghi che si susseguono ritmati, frenetici incalzanti. Padrone della scena, recitazione puntuale e disinvolta, anche nei dialoghi in cui interpreta due personaggi in contemporanea, cambiando registro linguistico ed emozionale.

Bravo il giovanissimo Francesco Sferrazza Papa, che ci ha reso un Useppe palpitante di poesia ed umanità, spontanee e naturali. Immagine di una umanità bambina che guarda l’universo con la meraviglia della poesia che la vita suggerisce. Recitazione consumata nel farsi bambino nelle varie fasi dello sviluppo, sia nel linguaggio sia nella gestualità, mai artificiosa. Sempre fluida e convincente, anche quando affronta, anche lui, l’interpretazione di un doppio personaggio.

Franca Penone, nel doppio ruolo di Ida e di voce narrante, è stata ineccepibile, misurata, sempre convincente. Anche nei rari momenti in cui il suo personaggio ha potuto dar sfogo alla sua vitalità, per il resto sempre costretto alla mortificazione ed alla moderazione socio-economica.

Le luci curate da Gianluca Breda e Giacomo Brambilla hanno contribuito non poco a dinamizzare l’azione scenica e a creare i necessari stacchi spazio-temporali. Menzione a partte merita Mimosa Campironi, per il sapiente cordinameto di luci e suoni che ha contribuito non poco a sottolineare ed esaltare la drammaticità di certi spaccati scenici.

Inappuntabile la regia di Fausto Cabra, che può a buon diritto ritenersi soddisfatto della efficacissima resa dello spettacolo realizzato e di essere riuscito a suscitare in ogni spettatore un sicuro potenziale lettore del romanzo della Morante. Soprattutto in questo periodo della storia italiana, in cui nella nostra società si agitano pulsioni che richiamano aspetti similari alle vicende narrate.

Sala gremita all’inverosimile. Pubblico delle grandi occasioni, attento, composto e generoso nel tributare consensi ed applausi. Meritatissimi. Una pioggia battente ha impedito agli spettatori di uscire subito in strada e l’atrio del teatro è stato l’occasione per scambiarsi impressioni e commenti, che abbiamo colto essere tutti lusinghieri e positivi.

Spettacolo da consigliare e da vedere nuovamente, senza pericolo di annoiarsi.

Carmelo TOSCANO

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