Quello che va in scena è un braccio di ferro tra banche di sistema ma non solo: è un classico della finanza, una sfida tra laici e cattolici, tra francesi e italiani che adesso apre nuovi scenari e rende contendibili le Assicurazioni. L’indiscrezione di una possibile scalata da parte di Intesa Sanpaolo su Generali fa scattare la mossa difensiva di Mediobanca che blinda Trieste comprando il 3% dell’istituto rivale.
La sfida fra le banche di sistema che rende contendibili le assicurazioni
Torna un classico della finanza: laici contro cattolici, Francia contro Italia
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chieramenti confusi, dicevamo. Calandosi dal macro al micro, c’è da registrare italiani contro francesi, IntesaSanpaolo contro Mediobanca, l’ad di Intesa Carlo Messina contro il suo omologo di piazzetta Cuccia, Alberto Nagel. Sullo sfondo c’è il ruolo di Allianz, colosso assicurativo le cui mire su Generali erano già circolate poco prima di Natale. E ci sono i 500 miliardi di asset che le Generali hanno in pancia. Per capire perché a Trieste ci sia in queste ore la stessa atmosfera che c’è in un allevamento di tacchini a ridosso del giorno del Ringraziamento, serve ricordare quello che diceva un signore (francese, giustappunto) che il Leone lo conosceva bene.
Antoine Bernheim, scomparso nel 2012 dopo aver esercitato la sua influenza tra Italia e Francia per più di mezzo secolo, delle Generali è stato a lungo presidente. Nella sua biografia non autorizzata scritta da Pierre de Gasquet nel 2011, Bernheim definiva Mediobanca, che di Trieste ha il 13%, «il pappone delle Generali». Certo, nella definizione del vecchio banchiere francese c’era tutta l’acrimonia di un avvicendamento al vertice della compagnia (con Cesare Geronzi) che aveva vissuto come una defenestrazione ordita proprio da piazzetta Cuccia. Il fatto è che le Generali per anni hanno rappresentato proprio questo: soldi, mentre il potere era altrove. Mentre strategie e operazioni di sistema – con le relative contropartite – venivano decise altrove, a Trieste c’erano i soldi. Tanti e sicuri, ben gestiti, solidi, dai quali attingere nel momento del bisogno. C’è da fare una operazione di sistema per «difendere» Telecom Italia? Le Generali ci sono. C’è da salvare Alitalia? Ci sono le Generali. C’è da comprare Btp per evitare drastiche oscillazioni dello spread? Chi meglio delle Generali.
Ovvio che la prospettiva di perdere questo ben di dio faccia tremare più di un palazzo, a Milano come a Roma. Preoccupazioni diverse: a Roma si teme di perdere questo patrimonio formale e sostanziale. E ancora una volta di perderlo contro i francesi, dato che il primo candidato al suo acquisto è la compagnia francese Axa. Sarebbe l’ennesimo shopping transalpino in Italia, dopo la sfilza di marchi del lusso, la rete tlc di Telecom o l’assalto alla tv di Mediaset. Una offensiva che al di là di ogni considerazione sarebbe causa d’imbarazzo per qualunque governo, anche il più liberale. In più, in questo caso ci sono i soldi, per operazioni di sistema. Proprio il ruolo di banca di sistema sembra essere la posta in gioco nell’altra battaglia, quella tra Intesa e Mediobanca.
Il fatto è che a guardare Intesa e Generali si fa fatica a vederli come una cosa unica. Lo scetticismo tra gli analisti di Borsa ieri era palpabile. Tra l’altro, c’è da registrare che Intesa Sanpaolo Assicura, il braccio assicurativo della banca, è diventata negli anni e in silenzio la seconda compagnia italiana nel ramo Vita. Prendere un pezzo, grande o piccolo, del suo principale concorrente causerebbe più di un problema di antitrust. L’ad Messina è da tempo che dice di voler crescere nelle assicurazioni. Ma un conto è fare un’acquisizione, altro conto è comprare le Generali. L’ultimo pezzo è il dualismo tra Messina e Nagel. I due si erano già affrontati per il controllo di Rcs, con Intesa che ha appoggiato l’offerta di Cairo con consulenza e risorse finanziarie mentre Mediobanca è stata regista di una controfferta risultata sconfitta. D’altro canto, la contromossa di Generali con l’acquisto dei diritti di voto di Intesa per neutralizzare l’avversario è nata, secondo varie fonti, proprio in piazzetta Cuccia. Dove il nervosismo, tra domenica e lunedì, era più che palpabile.
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