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Banca d’Italia e Banca Etruria. Visco e i dialoghi con le procure

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Le rivelazioni sulle richieste di aiuto per Banca Etruria investono anche la quiete di via Nazionale, dove la Banca d’Italia prepara l’assemblea annuale, l’ultima che dovrebbe tenere il governatore Ignazio Visco. Il suo mandato scade il 3 novembre e il Pd di Matteo Renzi non sembra intenzionato a proporre un suo rinnovo, scrive Marco Zatterin.

Visco pronto a svelare i dialoghi con le procure

Così Bankitalia difende l’onore e la continuità

Il caso Etruria, il governo, Matteo Renzi e il futuro della Banca d’Italia. Tutto si tiene, in questi giorni di polemiche e il rumore dei nuovi retroscena sul commissariamento dell’istituto toscano – con il coinvolgimento presunto di più elementi della squadra dell’ex premier nel tentativo di evitarne il tracollo – rompe anche la quiete di via Nazionale, dove tutti gli uomini del governatore preparano l’assemblea dei partecipanti di fine mese. «Finali» per definizione, le considerazioni di Ignazio Visco potrebbero essere “finali” davvero, visto che il mandato scade il 3 novembre e la sua conferma, per usare un eufemismo, non è la soluzione favorita dal segretario del Pd appena rieletto, probabile mossiere nel palio di Palazzo Koch. Il leader fiorentino vorrebbe un ribaltone, ma il banchiere napoletano non intende rinunciare alla difesa. Con la tranquillità di sempre, mentre scrive il discorso del 31, ragiona anche su come salvare la poltrona e l’anima della sua istituzione.

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a href="http://www.lastampa.it/2017/05/12/economia/dopo-due-anni-arezzo-tornata-al-centro-dellagenda-politica-bg2ntPjTj4BJUH8lkjoCvI/pagina.html" shape="rect">DOMANDE E RISPOSTE – Dopo due anni Arezzo è tornata al centro dell’agenda politica

Renzi risulta soprattutto imputare a Visco di aver mostrato una limitata sintonia rispetto alle esigenze della politica nella gestione della crisi bancaria. Bankitalia gli è parsa poco attiva nell’evitare lo sconquasso delle quattro banche. Nei dintorni di Palazzo Chigi avrebbero voluto un governatore disposto a sporcarsi un poco di più le mani, cosa che non hanno visto accadere.

Chi ha seguito da vicino le manovre nella “war room“ della Banca d’Italia attribuisce buona parte dei dissidi agli effetti, non capiti da tutti allo stesso modo, della rivoluzione normativa scatenata nel luglio del 2013 dalla Commissione Ue e dalla sua Banking Communication, scritta con l’input degli stati membri che poi l’hanno apportata. La conseguenza più immediata della strategia è stata l’assunzione dal dicembre 2014 da parte della Bce del ruolo di vigilante delle banche sistemiche dell’Unione, quindi anche di tutte le altre.

Nel nuovo contesto, la Banca d’Italia ha perso una parte consistente delle sue prerogative di garante. Ma, si fa notare dalle parti di via Nazionale, questo non ha limitato l’operato della vigilanza. La corrispondenza fra Roma e le istanze europee sulle quattro banche finite in alto mare risulta essere stata abbondante. Non solo. Quello che via Nazionale non ha mai comunicato ufficialmente, ma che è emerso in tempo reale informalmente dal fronte degli inquirenti, è che segnalazioni di allerta sono partite anche alla volta delle procure interessate, a cominciare da quella di Arezzo. I magistrati sapevano e hanno agito di conseguenza. Per chiudere il cerchio, pure il pubblico era informato dei pericoli: nei bollettini dell’ex istituto di emissione il rischio che i crediti deteriorati diventassero un problema è stato menzionato ripetutamente. Nessuna ragione di sorpresa, dunque.

Visco e la sua squadra si sentono con la coscienza a posto. E vogliono che si sappia. L’occasione potrebbe essere l’avvio dei lavori della Commissione parlamentare di inchiesta sulle quattro banche che decolla il 24 maggio. Il governatore sarebbe pronto a raccontare dei contatti ufficiali con Bruxelles e Francoforte, come delle segnalazioni comunicate alle procure. Potrebbe ricordare che toccava alla Consob garantire la trasparenza e la correttezza degli emittenti (banche comprese), dunque dei bond subordinati rivelatisi tossici. Infine potrebbe sfidare la Commissione Ue che ha sorpreso tutti a Roma impedendo l’intervento diretto del fondo interbancario per la tutela dei depositi a in modo da agevolare la messa delle quattro disastrate banche sul mercato.

Il governatore giocherà la carta della trasparenza in una partita fortemente politica e dai toni che si faranno via-via più accesi. Renzi starebbe facendo pressione su Paolo Gentiloni perché la soluzione del rinnovo sia esterna, circostanza che ha già scatenato l’inevitabile totonomine che coinvolge – in ordine di quotazione dei bookmaker – Ignazio Angeloni (Bce) e Andrea Enria (Eba), ma gira anche il nome di Lorenzo Bini Smaghi (ex Bce, ora a Société Générale). Ma l’ipotesi di un ribaltone da fuori non convince tutti.

Si raccoglie il racconto secondo cui il presidente Sergio Mattarella concederebbe le sue preferenze ad una soluzione di continuità. Oltretutto, si fa notare, il primo degli italiani riterrebbe che cambiare contemporaneamente i vertici di Consob (l’addio di Giuseppe Vegas è più scontato di quello di Totti) e Banca d’Italia potrebbe introdurre troppi elementi nuovi di criticità. Un simile orientamento potrebbe favorire una permanenza di Visco. O, in alternativa, accendere le polveri di due candidati interni, il direttore generale Salvatore Rossi o il vice Fabio Panetta. Nomi tutti buoni e tutti no, in questo momento. Salvo colpi di scena, la corsa è ancora maledettamente lunga.

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lastampa/Visco pronto a svelare i dialoghi con le procure MARCO ZATTERIN

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