L’opera dell’artista, tra i maggiori del panorama contemporaneo mondiale, si ispira al mito del pensatore agrigentino che venne risucchiato dall’Etna
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n’opera che ripercorre una leggenda dal sapore antico dove letteratura, cultura e natura si mescolano armoniosamente alle spalle della “ribollente montagna” per dare forma alla sintesi perfetta della prima edizione del Radicepura Garden Festival. In anteprima mondiale sabato 21 ottobre, alle 17.00, verrà inaugurato “Il sogno di Empedocle”, l’istallazione che porta la firma di Emilio Isgrò. Una scultura concettuale, immersa tra i profumi di limoni e arance, appositamente realizzata per celebrare l’evento siciliano, di respiro internazionale, dedicato al garden design e all’architettura del paesaggio del Mediterraneo. Una manifestazione unica in Italia, ideata da Mario Faro e promossa dalla Fondazione Radicepura, che ha visto per sei mesi a Giarre – nel territorio di Catania – un’intensa rassegna di installazioni vegetali, di giardini a firma dei paesaggisti tra più conosciuti al mondo, mostre artistiche, percorsi culturali, workshop, eventi ed esposizioni collaterali.
Fonte di ispirazione del progetto del maestro Isgrò è il mito di Empedocle, filosofo e scienziato agrigentino che fu risucchiato dal cratere dell’Etna mentre studiava le sue emissioni gassose. Qualche giorno dopo, il vulcano eruttò, con il fuoco e la lava, uno dei sandali bronzei che il pensatore calzava abitualmente. Quello stesso sandalo sarà protagonista dell’opera, su un monoblocco di pietra creato da Isgrò, dove tre giganteschi semi di limone in pietra lavica – assieme a lapilli e schegge nere – saranno dispersi in un profumato giardino di limoni. Accanto a ogni seme, tre scritte miste tra italiano, siciliano e inglese che faranno da sfondo a quel “sapere che ci aiuti finalmente a vedere”: “Iu Semi di Limuni fui sputato in questo dish da Empedocle d’Agrigento”, per proseguire con il seme eruttato dallo scrittore Giovanni Verga, e chiudere il cerchio con lo sputo lavico del drammaturgo Luigi Pirandello. «Così anche la lava – ha sottolineato l’artista – diventa terra fertile in una postmodernità globalizzata in cui la natura rischia di sganciarsi per sempre dalla cultura generando disastri e tragedie».
Con l’idea di “gettare un seme” per il futuro, la scultura rimarrà in esposizione permanente negli spazi di Radicepura, a pochi metri dal Palazzo della Fondazione. Nata dal genio di uno degli artisti contemporanei più importanti al mondo, l’opera è il simbolo massimo dell’importante investimento culturale da parte di Radicepura, nel e per il territorio etneo e siciliano.
BIO EMILIO ISGRÒ
Artista concettuale e pittore – ma anche poeta, scrittore, drammaturgo e regista – Emilio Isgrò (Barcellona di Sicilia, 1937) è uno dei nomi dell’arte italiana più conosciuti e prestigiosi a livello internazionale. Isgrò ha dato vita a un’opera tra le più rivoluzionarie e originali nell’ambito delle cosiddette seconde Avanguardie degli anni Sessanta, che gli ha valso diverse partecipazioni alla Biennale di Venezia (1972, 1978, 1986, 1993) e il primo premio alla Biennale di San Paolo (1977), oltre che ad altre importanti rassegne al MoMA di New York nel 1992 e alla Fondazione Peggy Guggenheim di Venezia nel 1994, e le antologiche al Museo Pecci di Prato nel 2008 e alla Galleria Nazionale di Arte Moderna nel 2013. Come scultore, nel 1998, ha ideato e realizzato un Seme d’arancia per la sua città natale, collocato davanti all’ex stazione, punto di partenza dei corrieri di arance verso il Nord Italia e l’Europa negli anni delle esportazioni.
Recentemente l’artista, per il Pecci di Prato, è stato ideatore e protagonista di un progetto in tre tempi dal titolo Maledetti toscani, benedetti italiani che lo ha visto interpretare Curzio Malaparte sul palcoscenico del Teatro Metastasio di Prato, cancellare undici illustri toscani per una mostra al Museo di Palazzo Pretorio e realizzare un video d’artista dal titolo Le api di Lipari. Iniziatore delle “cancellature” di testi, applicate su enciclopedie, manoscritti, libri, mappe e anche su pellicole cinematografiche, Isgrò ha fatto di questa pratica il perno di tutta la sua ricerca, in una sorta di rilettura a rovescio e di reinterpretazione del linguaggio che da verbale si tramuta, attraverso calibrate manipolazioni, in linguaggio visuale. “La cancellatura” dice l’artista “non è una banale negazione ma piuttosto l’affermazione di nuovi significati: è la trasformazione di un segno negativo in gesto positivo”.
Artista dell’Anno di Radio3 per il 2014, Emilio Isgrò dal 1956 a oggi vive e lavora a Milano, salvo una parentesi a Venezia (1960-1967) come responsabile delle pagine culturali del Gazzettino. Nel maggio del 2014 Firenze ha accolto alla Galleria degli Uffizi il suo autoritratto del 1971 Dichiaro di non essere Emilio Isgrò e Milano la sua Grande cancellatura per Giovanni Testori, un’opera ambientale nella piazza Gino Valle del nuovo quartiere Portello. Per Expo Milano 2015 ha creato una scultura in marmo di sette metri d’altezza, che a breve troverà una sua collocazione nel cuore della città.
Nel 2016 la sua città di adozione, Milano, gli rende omaggio con un progetto su tre sedi: Palazzo Reale, Gallerie d’Italia, Casa del Manzoni. Nel 2017 Isgrò debutta a Londra e Parigi con due mostre retrospettive presso le sedi della Galleria Tornabuoni.
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