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Anac: appalti ma se la P.A. è digitalizzata

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L’attuale presidente dell’ANAC (Autorità Nazionale Anticorruzione), l’avvocato Giuseppe Busia, nella sua Relazione annuale al Parlamento ha evidenziato che i “222 miliardi che l’Unione europea affida all’Italia, per il Pnrr Anac: appalti ma se la P.A. è digitalizzatapongono “una sfida anche per il rispetto della legalità e della correttezza amministrativa” e che le riforme in corso devono deve essere utilizzata come una irripetibile occasione, per creare nella società efficaci anticorpi non solo contro la corruzione, il malaffare e gli obiettivi della criminalità organizzata, ma anche contro la logica del piccolo favore, della mortificazione del merito e della preposizione dell’interesse individuale a quello collettivo”.

La presentazione della predetta relazione è stata introdotta da Ettore Rosato (vicepresidente della Camera dei deputati dal 29 marzo 2018 e coordinatore nazionale di Italia Viva dal 30 settembre ) che ha affermato come il tema della corruzione sia diventato centrale nell’attività delle pubbliche amministrazioni e vede l’Anac come perno centrale che sarà ancora maggiore nella fase di attuazione del Pnrr.

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Nella relazione dell’Anac si denuncia che “In assenza di un disegno unitario, si sono stratificate diverse procedure d’urgenza e derogatorie” ciò ha sì velocizzato gli affidamenti, ma ha anche avuto “ricadute negative sulla concorrenza e sulla selezione delle migliori offerte” sollevando dubbi anche di compatibilità con l’ordinamento europeo.

Questo proliferare di affidamenti diretti è stata una conseguenza del decreto Semplificazioni, approvato in emergenza Covid con lo scopo di far procedere i progetti di sviluppo nonostante la pandemia. Infatti le procedure aperte indette nel 2021 sono state circa il 18,5 per cento delle procedure totali e di queste il 74 per cento sono state procedure negoziate senza pubblicazione del bando e all’affidamento diretto.

Anac: appalti ma se la P.A. è digitalizzata

Considerando tutti gli affidamenti sopra i 40 mila euro, infatti, il totale arriva a 199,4 miliardi. Dati significativi, che confermano la crescita degli appalti, in ripresa dal 2018, con i due decreti legge Semplificazione che hanno avuto un forte impatto sui contratti pubblici, proprio grazie alle deroghe temporanee applicate al Codice degli appalti. Sul tema delle deroghe però l’Anac fa squillare un campanello d’allarme.

Anac: appalti ma se la P.A. è digitalizzata

Tra le riforme in cantiere, quelle legate alla disciplina dei contratti sono “un prerequisito” per il “corretto ed efficace utilizzo” dei fondi. È un dato di fatto purtroppo – esplicita il presidente Busia – che “la continuità amministrativa non supera i cicli politici”. Le disfunzioni della burocrazia pubblica, è noto, sono terreno di coltura per sperperi, disfunzioni, ma anche corruzione e illegalità.

“Tra le cause di inefficienza e spreco vi è senza dubbio la scarsa professionalità ed esperienza di molte delle strutture deputate agli acquisti pubblici” – spiega l’avvocato Busia – e la loro frammentazione in un numero spropositato di stazioni acquirenti: oltre 39 mila quelle registrate nella nostra banca dati”.

Ora, però, l’Anac avverte che bisogna tornare alla normalità in quanto procedere senza appalti significa velocizzare, ma anche esporsi al rischio di opacità nelle operazioni e di infiltrazioni criminali, oltre che limitare la concorrenza.

L’ANAC SOTTOLINEA L’URGENZA CHE LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE VENGA TUTTA DIGITALIZZATA

D’altra parte evidenza ancora l’Autorità anticorruzione, il pressing di Bruxelles sul Governo italiano è continuo non solo sulla qualificazione e riduzione delle stazioni appaltanti ma anche sulla digitalizzazione del sistema. Il salto definitivo verso il digitale dovrà trovare il suo fulcro nella Banca Dati Nazionale dei Contratti Pubblici che costituisce un modello per gli altri paesi dell’Unione europea.

Anac: appalti ma se la P.A. è digitalizzata

Il presidente Busia ha pure toccato il tema della riforma del codice degli appalti che è “un prerequisito per la realizzazione degli interventi del Pnrr”, sottolineando che ‘l’Autorità ha chiesto che venisse inserito nel disegno di legge delega un criterio per favorire la partecipazione alle gare delle piccole e medie imprese poiché spesso le gare sono aggiudicate a grosse aziende che poi subappaltano alle più minute.

L’OPINIONE

In queste nostre pagine giornalistiche abbiamo da sempre scritto che la corruzione, nel sistema pubblico-politico, appare di tutta evidenza sempre meno perseguibile per legge, stante lampanti norme e conseguenti sentenze che ne depenalizzano gli effetti, tanto che il termine ormai da usare sarebbe “corruzione legalizzatasi” dagli scranni più alti fino all’ultimo sgabello, nessuna categoria e livello indenne.

Pertanto ben vengano le relazioni e le linee guide dell’Anac. Forse uno degli ultimi (relativi) baluardi rimasti alla diffusa quando mistificata corruzione.

Tuttavia, a nostro rinnovato avviso, manca sempre il principale tassello in questa nostrana cosiddetta Democrazia Repubblicana, Civile e Occidentale: la costituzionale partecipazione efficace, snella e non costosa, del cittadino alla gestione e controllo della Cosa pubblica.

Non c’è uno strumento normativo che consenta al cittadino di evidenziare le notorie, innumerevoli e dissimulate storture, favoritismi, spartizioni, mercimonio, scambio di voto sociale, familismo, clientelismo e manciugghia che costituiscono il reale stipendio nella Pubblica amministrazione mentre la remunerazione si è trasformata in un sussidio mensile.

In due nostri articoli, uno del 2019 e l’altro del 2021 (tra i vari che abbiamo scritto) sono indicati sommariamente degli elementi per ricondurre alla liceità la base socio-politica-amministrativa italiana attraverso delle norme che permettano al cittadino di essere partecipe alla gestione e controllo della (sua) Cosa pubblica, specialmente locale e comprensoriale. Iniziare dalla base vorrebbe dire poter raddrizzare anche la “testa”.

Fino ad oggi infatti, sembra prevalere, da destra a sinistra e nelle Istituzioni, un’arcaica interiore subcultura arrogante e sprezzante, sicché il cittadino viene visto unicamente come un bue anellabile, oppure veicolabile o ancora abbindolabile, buono solo per mettere una palese invalida X ad ogni elezione e soprattutto per dare latte, carni e pelli, così da mantenere il sistematico sistema pubblico-politico.

In un tale ambiente, le mafie native e d’importazione non possono che proliferare e rigenerarsi poiché, a detta di tutti, dispongono di ingenti capitali con cui comprare parecchi e tanto più se avvezzi.

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