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ALIMENTI – Con la tecnologia piatti più sani e sicuri

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LIMENTI – Cibi e veleni. Come possiamo difenderci? Ci sono molte questioni coinvolte nell’ultimo allarme che arriva dalla Coldiretti su una serie di alimenti importati, che presentano dosi altissime di inquinanti e prodotti chimici proibiti.

Ci sono questioni politiche, per esempio di gestione della nostra filiera produttiva, ma ce ne sono anche di tipo scientifico-tecnologico. E su queste ultime credo che sia necessario riflettere. Qui i margini di manovra sono vasti.

Abbiamo già molti strumenti per scongiurare i veleni nel piatto. E altri potranno arrivare, se investiremo di più in ricerca e sperimentazione. Mi riferisco, prima di tutto, alle tecnologie diagnostiche. In gergo si chiamano «point of care». Si tratta dell’high-tech dei sensori, per esempio: permettono già oggi sistemi di controllo e di analisi delle condizioni e dell’origine dei cibi. Ci rivelano la loro composizione a livelli di grande precisione. Sono tecnologie flessibili, che si possono portare fuori dai tradizionali laboratori e che dovremmo valorizzare: si dovrebbero installare nei luoghi di produzione e distribuzione, molto prima, quindi, che i cibi arrivano nei negozi e nei supermarket. Addirittura si possono mettere nel packaging stesso.

E’ necessario, poi, puntare anche su altre tecnologie, ancora in parte futuribili, ma tutt’altro che fantascientifiche, e che permettano un nuovo tipo di approccio: lo chiamerei agricoltura di precisione, sul modello sempre più popolare della medicina di precisione. Molte coltivazioni, oggi, soffrono infatti di una sorta di «overdose» di trattamenti, dagli anticrittogamici ai funghicidi. Perché, invece, non sviluppare robot-contadini, che 24 ore 24, nei campi, monitorano frutta e verdura e, grazie alla loro intelligenza artificiale, sanno quale pianta irrorare e quale no? Sarebbe un modo di fare prevenzione «smart», in nome sia dell’ambiente sia della salute.

Non dimentichiamo poi il ciclo dell’acqua, ciclo fondamentale per qualunque coltivazione. Anche in questo caso siamo di fronte a un problema tecnologico di trattamenti e controlli, dalla depurazione alla distribuzione. Anche in questo settore si può fare molto in nome della salute.

Assemblando, quindi, tecnologie esistenti e altre in via sviluppo, e altre ancora a uno stadio ancora di prototipo, è ipotizzabile riuscire a creare una filiera di produzione intelligente, dai campi fino alla distribuzione, in cui gli alimenti sono attentamente monitorati, in ogni stadio. Resta, tuttavia, un problema a monte: siamo davvero sicuri di dover importare basilico dal Vietnam? Il primo strumento di prevenzione dev’essere una politica del cibo di tipo nuovo. Senza sprechi e scarti. Valorizzando (e non lo facciamo ancora abbastanza) i cibi made in Italy. Perché tutto questo si realizzi, tuttavia, è necessario un grande impegno della società, che concepisca visioni di sviluppo scientifico e tecnologico sostenibili centrate sull’uomo e sull’ambiente. Si tratta di un circolo virtuoso con benefici diffusi. Queste nuove tecnologie, inoltre, potrebbero guidare una nuova rivoluzione manifatturiera, creando materiali a bassissimo impatto ambientale, senza ulteriori aggravi per il Pianeta in termini di risorse e inquinamento. Anzi. Potrebbe essere il primo passo per un’inversione di tendenza.

Questo futuro è all’orizzonte e, con ogni probabilità, lo vedremo già nella seconda metà del secolo. Non è più un problema tecnologico. D’ora in avanti sarà determinante la volontà politica di realizzare una nuova idea di società.

vivicentro.it-editoriale / lastampa / Con la tecnologia piatti più sani e sicuri ROBERTO CINGOLANI *

*Direttore scientifico dell’Istituto Italiano di Tecnologia

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