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Castellammare di Stabia

Aggressioni con l’acido, il giudice dice no a Levato

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Levato non sarà interrogata contro Boettcher. Secondo il magistrato “non è necessario” sentirla di nuovo come testimone nel processo. La richiesta era della difesa della ragazza: “Adesso ha completato il suo allontanamento dall’ex compagno”. Anche il pm aveva detto no

Levato, processo Boettcher. Il Tribunale di Milano non ammette un nuovo interrogatorio di Martina Levato, come chiesto dai suoi difensori con un’istanza. “Non è necessario”, ha spiegato Elena Bernante, presidente dell’XI sezione penale, in apertura dell’udienza destinata agli interventi dei legali di parte civile nel processo contro Alexander Boettcher, compagno della Levato, accusato di avere compiuto assieme a lei aggressioni con acido nel novembre 2014. Per gli stessi episodi Martina Levato è già stata condannata in primo grado a 16 anni con rito abbreviato. Levato e Boettcher inoltre sono stati condannato a 14 anni, sempre in primo grado, per l’aggressione a Pietro Barbini del 28 dicembre 2014. Fu in quell’occasione che entrambi furono arreestati e da allora sono detenuti al carcere di San Vittore.

L

evato, tramite la sua legale Alessandra Guarini, aveva chiesto di potere essere nuovamente interrogata nel processo contro Boettcher “per dire finalmente la verità sul ruolo dell’imputato nelle aggressioni”. Fino a ora, nei processi  Levato aveva difeso il proprio compagno, assumendosi la responsabilità delle aggressioni e sostenendo di averle compiute con il solo aiuto del complice Andrea Magnani. Ma in carcere la ragazza avrebbe sviluppato una “nuova consapevolezza di sè e dei reali ruoli nelle aggressioni”, come dice l’avvocato Guarini. Levato, da mesi in psicoterapia, ha sospeso i colloqui in carcere con Boettcher e a detta del suo legale “sarebbe pronta a fornire nei suoi confronti nuove prove e nuove accuse”. Potrà farlo solo nei processi d’appello, che cominceranno in aprile. L’annuncio da parte del giudice Bernante di non volere più sentire Levato (il processo contro Boettcher si avvicina ormai alla fine) ha scatenato la polemica fra il pm Marcello Musso e Michele Andreano, uno dei difensori di Boettcher.

“La difesa di Levato e forse anche il pm Musso in questo processo hanno influenzato l’opinione pubblica per metter in cattiva luce il mio assistito”, ha detto Andreano. “Ma come si permette, quello che lei dice è una vergogna”, ha replicato Musso, che peraltro aveva dato parere “assolutamente contrario” all’eventuale nuovo interrogatorio di Levato, ritenendo che “la ragazza fin qui sempre manipolato la verità”.

Risolta la questione della richiesta di interrogatorio da parte di Levato, il processo è proseguito con l’intervento dell’avvocato Paolo Tosoni, legale di parte civile che rappresenta nel processo Giuliano Carparelli, che il 15 novembre 2014 fu aggredito sotto casa propria e riuscì a schivare il lancio di acido. “L’acido fra tutte le armi è la più vile e subdola – ha detto Tosoni – non serve per spaventare, o come deterrente. Serve solo a produrre il maggior danno possibile, a rovinare per sempre la vita delle persone”. Dopo Tosoni, dovranno intervenire gli avvocati Andrea Orabona e Benedetta Maggioni, legali di Stefano Savi, sfregiato il 2 novembre 2015 per uno scambio di persona. Secondo la tesi della Procura, infatti, Levato e Boettcher lo colpirono scambiandolo con Carparelli, con cui la stessa Levato aveva avuto un incontro sessuale. Secondo l’accusa, lo scopo di Alexander e Martina nel lanciare acido era proprio quello di “cancellare l’identità” dei giovani con cui la ragazza aveva avuto rapporti per “purificarla” in vista della maternità.

Quello in corso di fronte all’XI sezione penale contro Boettcher è l’ultimo processo di primo grado per le aggressioni con acido del 2014. E si avvia a conclusione: la decisione del Collegio per Boettcher potrebbe arrivare già in un paio di udienze. Resta invece aperto presso il Tribunale per i minorenni il procedimento per l’adottabilità del figlio di Levato e Boettcher, nato il 15 agosto 2015, quando entrambi erano già detenuti. Oggi il piccolo vive in una comunità protetta, affidato ai servizi sociali del Comune. Il giudice minorile potrà decidere se affidarlo ai genitori naturali, ai nonni o a una famiglia esterna, dichiarandolo così adottabile. Decisiva sarà la consulenza tecnica degli psichiatri nominati dal Tribunale, che hanno choesto più tempo per consegnare la loro relazione, il cui deposito era inizialmente previsto per metà aprile.

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