Una ragazzina di Pordenone si getta dal balcone lasciando una lettera di scuse ai genitori e una di accuse ai compagni di scuola: adesso sarete contenti. Eviterei di lanciarmi in prediche contro i tempi moderni. I bulli e gli ipersensibili non sono nati con i telefonini. Durante l’adolescenza è sempre esistito il desiderio delle menti più fragili di essere accettate dal branco conformista che l’arroganza del numero rende forte e appetibile. E chi si sente respinto da persone che in fondo disprezza (l’animo umano è contraddittorio) si rifugia nella solitudine o nella malattia, meditando gesti estremi che in qualche caso compie davvero, nell’illusione di lasciare in eredità almeno un rimorso.
L
’adolescenza rimane un pianeta esclusivo con cui gli adulti, che pure l’hanno attraversata, non riescono a rientrare in contatto. Meno che mai se i genitori dividono l’attenzione dei figli con molti altri stimoli, gli insegnanti vengono delegittimati come educatori dai genitori stessi e i presidi preferiscono tacere le storie di sopraffazione per non fare perdere reputazione e di conseguenza iscritti al proprio istituto. Ma una ricetta definitiva non esiste. Il bisogno di accettazione e riconoscimento appartiene alle angosce dell’uomo da quando ancora i nostri progenitori si dondolavano sui rami. Una cosa è sicura: essere rifiutati dal branco non è una colpa e può diventare persino una medaglia. Di solito lo si capisce da vecchi. Alla ragazzina di Pordenone, che nonostante le ferite non morirà , auguro di capirlo un po’ prima.
*lastampa
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