Un nuovo caso di odio razziale, questa volta con protagonista un funzionario dell’Asl: avrebbe respinto un italo-senegalese urlandogli “Vai via, questo non è l’ufficio del veterinario”
Mentre Salvini e Di Maio ripetono in coro che in Italia non c’è una escalation di crimini legati all’odio razziale, arriva il dodicesimo caso in un mese e mezzo, a poche ore dal triste episodio ai danni dell’atleta Daisy Osakue. Ibrahima Diop, la malcapitata vittima di questa discriminazione, ha 39 anni ed è nato in Senegal. Vive in Italia dal 2000. Ha trovato lavoro a Roseto, in Abruzzo, si è perfettamente integrato nella cittadina, ha pure trovato moglie, un’italiana, e ha ottenuto la cittadinanza. “Un esempio di perfetta integrazione” dicono gli amici abruzzesi. In diciott’anni non ha mai ricevuto offese, né tantomeno minacce: “Certo, ogni tanto qualche battutaccia, ma niente di grave” racconta.
Fino a qualche giorno fa, quando è andato all’ufficio della Asl per delle semplici informazioni. “Dovevo rinnovare il libretto sanitario, volevo sapere soltanto quali fossero i documenti da portare agli uffici dell’azienda sanitaria locale.
A questa semplice richiesta un’ impiegato dell’Asl avrebbe iniziato ad insultarlo al grido: “Che vuoi? Vattene. Questo non è l’ufficio del veterinario…”.
Ibrahima ci è rimasto malissimo, ne ha parlato a casa e alla fine ha deciso di sporgere denuncia: “Mai come in quel momento mi sono sentito umiliato, è giusto che chi ha sbagliato paghi”. E così è andato al comando dei carabinieri e ha raccontato tutto e la sua storia è stata subito ripresa e rilanciata su Twitter da diversi utenti. Tantissimi attestati di solidarietà, qualche commento becero come sempre, ma subito rintuzzato da altri post.
Ibrahima non conosce il nome dell’uomo che lo ha insultato: “Avrà avuto 50-60 anni, alto, capelli grigi, occhiali”. Gli altri dettagli li ha rivelati ai carabinieri che stanno effettuando le indagini per risalire all’autore delle offese razziste. Che non solo avrà guai penali ma, probabilmente, rischia pure di perdere il lavoro
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