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Castellammare di Stabia

Operazione ‘Iddu’: ventuno persone arrestate dai Carabinieri tra Catania, Milano e Lecce

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‘‘Iddu’ e ‘Idda’ arrestati nell’operazione dal Comando provinciale dei CC di Catania, erano marito e moglie e comandavano il territorio.

Una imponente operazione – denominata “Iddu” –  si è svolta nel territorio di Giarre in Provincia di Catania ad opera dei Carabinieri del Comando provinciale di Catania che hanno eseguito anche nella province di Milano e Lecce, un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal Gip del Tribunale della città etnea, nei confronti di 21 persone, indagate, a vario titolo, per associazione mafiosa, traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, estorsione e lesioni pluriaggravate, con l’aggravante del metodo mafioso.

L’indagine ha consentito di delineare la posizione apicale di Benedetto La Motta, 62 anni, referente per la zona di Riposto della famiglia di Cosa Nostra catanese dei Santapaola-Ercolano, nonché quella dei suoi più fedeli collaboratori tra i quali il 76enne Antonino Marano, noto come il ‘killer’ delle carceri.

Sono in tutto ventidue le persone raggiunte da un provvedimento cautelare nell’ambito dell’Inchiesta ‘Iddu’. Per 14 persone è stata disposta la custodia cautelare nelle case circondariali di Catania, Siracusa, Messina, Caltanissetta, Milano e Lecce, per sette invece il provvedimento è stato notificato già in carcere, mentre un’altra persona si trova all’estero e sono state avviate le procedure per l’estradizione.

Gli indagati sono Giovanni Bonaccorso, inteso “u ciasco”, 46 anni di Riposto; Abedelmajid Boualloucha, inteso “macido” 21 anni di Giarre; Giuseppe Campo, “fantino”, 46 anni di Riposto, Ornella Cartia, 68 anni di Castigione di Sicilia; Paolo Castorina, “spiddo”, 37 anni di Giarre; Giancarlo Leonardo Cucè, “Leo”, 42 anni di Catania; Benedetto La Motta, inteso “Benito”, “Iddu”, “patrozzo” e “zio”, 62 anni di Riposto (già detenuto); Graziano Leotta, 52 anni di Riposto; Cateno Mancuso, inteso “tano u ciuffo”, 39 anni di Riposto; Massimiliano Mancuso, inteso “Massimo o Massimitto”, 25 anni di Giarre; Antonino Marano, inteso “u vecchio” o “zu Nino”, 76 anni di Mascali; Salvatore Marletta, inteso “Turi di Palagonia”, 47 anni di Palagonia (già detenuto); Grazia Messina intesa “Iddra” o “patrozza” o “la zia”, 58 anni di Riposto; Davide Patanè, inteso “zappitta”, 28 anni di Giarre; Salvatore Patanè, inteso “zappa-zappitta”, 49 anni di Giarre; Liborio Previti, inteso “u tignusu”, catanese di 39 anni (già detenuto); Giovanni Russo, inteso “u grossu”, 31 anni di Acireale (già detenuto ai domiciliari); Andrea Sapienza inteso “Andrea mito”, 46 anni di Giarre (già detenuto); Agatino Tuccio inteso “Tino Catino”, 54 anni di Giarre (già detenuto) e Gaetano Zammataro inteso “fasola”, 33 anni di Catania.

Lo spaccio di coca, marijuana e hashish era uno dei business più fruttuosi che consentiva di realizzare ingenti guadagni, persino di diverse migliaia di euro al giorno, ma anche di fidelizzare i pusher e i nuovi associati garantendo loro uno “stipendio”, compreso il mantenimento della famiglia qualora – malauguratamente – fossero finiti in carcere. Nel corso dell’operazione i Carabinieri della compagnia di Giarre hanno sequestrato 210 chili di marijuana, 320 grammi di coca e 40 grammi di hashis nonché hanno scovato una piantagione composta da 170 piante di canapa indiana e la somma in contanti di oltre 4mila euro.

Le piazze di spaccio, tra Giarre e Riposto, erano presidiate e operative 24 ore al giorno con i pusher organizzati in maniera sistemica su diversi turni. Vi era poi una catena di uomini adibiti invece al “taglio” della roba, al confezionamento e alla sua distribuzione ai venditori al dettaglio. In un caso i militari hanno documentato il recupero, da parte degli affiliati, di un carico di droga che era stato gettato in mare. Una prima nave, infatti, aveva trasportato diverse scatole di stupefacente e poi, in mare, era avvenuto un primo passaggio a una imbarcazione più piccola che avrebbe poi condotto la “merce” all’associazione di La Motta. Ma probabilmente qualcosa è andato storto e il carico era stato gettato in mare ed era stato recuperato in un secondo momento, ma l’occhio delle telecamere dei Carabinieri appostati ha ripreso tutte le operazioni.

L’operazione ha un nome eloquente Iddu” ed è l’appellativo che tutti i sodali dell’organizzazione criminale utilizzavano per chiamare il capo indiscusso, il boss Benedetto La Motta, 62 anni e un lungo pedigree mafioso alle spalle. Era lui, infatti, il punto di riferimento dei Santapaola Ercolano sul territorio e “iddu” aveva organizzato una rete di spaccio e di estorsioni molto forte e che era sopravvissuta al suo arresto.

La Motta era stato arrestato nel dicembre del 2017 ma la sua famiglia ha continuato a comandare nella zona. Infatti a “iddu” è subentrata, con uguale importanza criminale, “idda” cioè la moglie Grazia Messina che ha tenuto le redini del clan sino alla scarcerazione successiva del marito avvenuta nel giugno del 2018.

La Messina non solo riceveva i proventi delle estorsioni ma ha dato prova di essere una leader di polso. Infatti in occasione di una rapina subita da un negozio “protetto” dal clan – perché pagava il pizzo – la donna aveva dato mandato di raggiungere il ladro e di dargli una “lezione” che si è tradotta con un pestaggio.

Non solo droga, estorsioni e violenza ma anche omicidi. Ed è l’uccisione del giovane Dario Chiappone, avvenuta nel 2016 a Riposto, che viene contestata a Benedetto La Motta e Paolo Censabella, quest’ultimo 62enne di Mascali, accusati di concorso in omicidio con l’aggravante di aver agito con premeditazione e crudeltà. Per il medesimo delitto era stato già arrestato nel dicembre del 2019 Antonino Marano, 75enne di Riposto detto il killer delle carceri, e nello specifico erano state trovate delle sue impronte sul luogo del delitto.

Per l’uccisione del giovane era stato spiccato un decreto di fermo per Salvatore Di Mauro, ancora oggi irreperibile, e Agatino Tuccio: entrambi furono poi condannati uno a 23 anni e l’altro all’ergastolo. Tuccio era in stretti legami con Marano e vista la contiguità con “iddu” sarebbe state proprio La Motta a ordinare – per volontà di Censabella – l’omidicio di Dario Chiappone.

Censabella, infatti, era titolare di un negozio di liquori, vini e bevande ed era il compagno di una donna, socia dell’attività, che aveva poi intessuto una relazione sentimentale proprio con Chiappone: da qui l’idea folle dell’omicidio per eliminare il “rivale”, assassinio i cui autori sarebbero ora stati definitivamente accertati.

Sono state lunghe e complesse le indagini portate avanti dai Carabinieri della Compagnia di Giarre, dal 2017 al 2019. Come racconta il capitano Fabrizio Rosati gli appartenenti alla cosca “erano molto attenti e percepivano ogni cambiamento sul territorio, anche lo spostamento di una cabina elettrica o qualsiasi altro segnale” e quindi “si insospettivano facilmente”.

span style="font-size: 14pt;">L’operazione dei Carabinieri si inserisce nell’ambito di una precisa attività di contrasto avviata dall’Arma d’intesa con la Dda della Procura di Catania nei confronti della famiglia di Cosa Nostra catanese Santapaola-Ercolano sia nel capoluogo che in provincia, attraverso l’impiego delle componenti investigative altamente specializzate per il contrasto alle infiltrazioni del sodalizio nel settore delle attività economiche per la disarticolazione di gruppi mafiosi

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Adduso Sebastiano

arrestati nell’operazione dal Comando provinciale dei Carabinieri

operazione 

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