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Castellammare di Stabia

Chiusa dalla Polizia una casa di prostituzione. La normativa e la giurisprudenza

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Chiusa un’altra casa di prostituzione a Messina. All’inizio del mese era stato scoperto un altro appartamento usato per appuntamenti .

Un’altra casa d’appuntamenti in centro a Messina, stavolta tra le vie Tommaso Cannizzaro e Carlo Botta, è stata scoperta nel corso di un controllo notturno della Polizia Municipale, con la sezione di Polizia Giudiziaria. Denunciate due donne e un uomo, che esercitavano l’attività, mentre sono in corso accertamenti nei confronti del proprietario di casa.

Nei primi giorni di ottobre gli agenti delle Volanti, nell’ambito di servizi finalizzati alle attività di controllo del territorio, in collaborazione con il personale della Polizia Municipale sezione Annona, avevano denunciato un cittadino di nazionalità rumena per agevolazione della prostituzione. L’uomo si trovava all’interno di un appartamento sottoposto a controllo, poi rivelatosi essere una casa d’appuntamenti. Al momento delle verifiche, insieme alla persona denunciata, era presente una donna, anch’essa di origine rumena che sembrava essere, verosimilmente, colei che esercita l’attività di prostituzione all’interno dell’abitazione. Appurato il tipo di rapporto che intercorreva tra i due e denunciato l’uomo, i poliziotti hanno effettuato ulteriori accertamenti per verificare che fosse il proprietario dell’immobile. Le verifiche esperite hanno permesso di risalire al proprietario e di accertare che lo stesso aveva dato l’immobile in comodato d’uso a un primo locatario che, a sua volta, aveva sublocato l’appartamento alla cittadina di nazionalità rumena.

La normativa in materia di prostituzione prevede che è reato dare in affitto a una prostituta. La questione è stata decisa più volte dalla Cassazione che, anche con una recente sentenza, ha fatto il punto della situazione (Cassazione sentenza n. 4571/18 del 31.01.2018). Fermo restando che anche le prostitute hanno diritto a un tetto sotto cui vivere e che, non potendolo acquistare, dovranno per forza andare in affitto da qualche parte, il tutto è comprendere quando dall’attività del meretricio il padrone di casa ne trae un utile – nel qual caso egli commetterebbe reato – e quando invece no. Ecco perché, se ci si chiede se è reato dare in affitto a una prostituta, la risposta non può essere secca ma dipende da caso a caso. In linea di massima infatti il reato di favoreggiamento della prostituzione non si configura per il semplice fatto di dare in locazione un immobile ad una prostituta, ciò anche se il locatore sia a conoscenza che la conduttrice, oltre che utilizzarlo come abitazione, vi eserciterà l’attività di prostituzione; il reato scatta se il locatore aiuta la prostituta nella sua attività o ne trae un utile economico.

Di fatto in Italia, la prostituzione sarebbe legale, così come lecito sarebbe andare a prostitute. Chi viene trovato con una escort in auto non rischia nulla a meno che non stia commettendo atti osceni in luogo pubblico (nel qual caso il comportamento, che non è più reato da un paio di anni, sarà sanzionato con una multa solo se la coppia non ha avuto l’accortezza di oscurare i finestrini e di immettersi in una zona non aperta al traffico. I reati collegati alla prostituzione sono di solito due: il favoreggiamento della prostituzione e lo sfruttamento della prostituzione. Il primo è quello di chi agevola la prostituzione, procurando favorevoli condizioni per l’esercizio della stessa: è il caso di chi, ad esempio, predispone un sito internet facendo foto alle escort, inserendo annunci pubblicitari e promuovendo gli incontri. Invece lo sfruttamento della prostituzione si ha quando un terzo trae vantaggi economici dall’attività della prostituta (non a caso si parla, a riguardo, dello «sfruttatore»). Favoreggiamento e sfruttamento sono due reati che possono concorrere, cioè possono essere posti dallo stesso soggetto contemporaneamente.

La Cassazione si è pure orientata affermando che l’attività di meretricio genererebbe “redditi diversi” (art. 67 co. 1 lett. l) del TUIR) ed esattamente “redditi derivanti da attività di lavoro autonomo non esercitate abitualmente” oppure “dalla assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere” (Cass. Sent. 4.11.2016, n. 22413; 27.7.2016, n. 15596; 13.5.2011, n. 10578; 1.10.2010, n. 20528). Il presupposto del ragionamento è che vendere prestazioni sessuali per denaro non è attività di per sé illecita.

Di recente tuttavia, con la sentenza n. 141/2019, la Corte Costituzionale si è occupata di prostituzione. La Consulta però non è d’accordo e, anche se ammette che quella delle escort per il diritto europeo si configura come un’attività economica di scambio di servizi e che secondo la giurisprudenza italiana sarebbe persino soggetta ad imposizione fiscale, quella della prostituzione, resterebbe un’attività contraria all’ordine pubblico e il rapporto che lega il cliente alla prostituta darebbe luogo ad un accordo.  nullo per illiceità della causa che comporta l’impossibilità di ottenere l’esecuzione per giudiziale delle prestazioni, per ambo le parti. In sostanza se ci si accorda con una escort per ottenere una certa prestazione sessuale per una determinata somma, una volta che è stato “stipulato” questo contratto, poiché esso è nullo per illiceità dell’oggetto, la escort non è giuridicamente obbligata ad eseguirlo, quindi il cliente non può rivolgersi al giudice perché venga eseguito. Inoltre, se il cliente non paga spontaneamente, la escort non può rivolgersi al giudice per ottenere il pagamento della sua prestazione. Pertanto la prostituzione per la Consulta è illecita.

Il Consiglio di Stato va su questa riga: “sebbene l’esercizio della prostituzione non costituisca di per sé reato, non costituisce comune fonte lecita di guadagno, in quanto contraria al buon costume e, in quanto tale, nemmeno tutelabile in sede giurisdizionale, essendo nulli gli accordi raggiunti al riguardo (art. 1343 e 2035 c.c.)” (C.St. 8474/2010). In generale, la giurisprudenza amministrativa, trattando il caso di rilascio, rinnovo o revoca del permesso di soggiorno, ha affermato più volte che il fatto di avere proventi certi, derivanti dall’esercizio del mestiere più antico del mondo non è titolo idoneo ad ottenere o mantenere un permesso di soggiorno perché è un’attività sostanzialmente illecita e contraria al buon costume.

La Corte di Giustizia Europea invece con la sentenza 20.11.2001, in causa C-268/99, ha affermato dichiaratamente che “la prostituzione costituisce una prestazione di servizi retribuita la quale rientra nella nozione di attività economiche”.

Insomma, come al solito in Italia, l’accidia, l’inconcludenza se non anche l’assenza cronica della annosa Politica, quindi rispettivi Governi e Parlamenti, viene surrogata da una Giurisprudenza non univoca e giuridicamente discrezionale, con la conseguenza che il cittadino non sa mai preventivamente ed in modo certo cosa sia forzosamente giusto oppure errato.

L’opinione.

Da queste pagine ci si è spesso occupati di prostituzione. Qui alcuni articoli dell’ultimo anno: “30 Gennaio 2019 I Carabinieri di Messina hanno sgominato un’associazione dedita alla tratta di essere umani”, “23 Aprile 2019 Feste hard in cambio di voti, due condanne”, “6 Maggio 2019 In crescendo i casi di HIV in Sicilia rispetto alla Nazione. Si normi la prostituzione”, “15 Settembre 2019 Regolarizzare e superare il tempo dell’ipocrisia”.

Si ritiene che sarebbe ora di chiuderla con l’ipocrisia, regolarizzando la prostituzione, ne guadagnerebbe il fisco, la sanità e la legalità, così togliendola dalle grinfie della delinquenza e criminalità organizzata, nonché dai giochi del potere pappone. Contestualmente tutelando chi la prostituzione non la vuole vicino alle scuole se non peggio innanzi, oppure nel condominio o nella porta accanto.

A

dduso Sebastiano

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