Messina, Nebrodi: 94 arrestati, cui 48 in carcere e 46 ai domiciliari, sequestrate 151 imprese, conti correnti e rapporti finanziari. Truffa da 10 milioni.
Con l’Operazione “Nebrodi”, su ordinanza di custodia cautelare richiesta dalla locale Procura della Repubblica-Didia guidata dal Piemme Maurizio De Lucia, ed emessa dal Giudice delle Indagini Preliminari Salvatore Mastroeni del Tribunale di Messina, i Carabinieri del Ros, del Comando Provinciale di Messina e del Comando Tutela Agroalimentare, ed i Finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Messina, coadiuvati dai militari dei Comandi Provinciali di Palermo, Catania, Enna e Caltanissetta, hanno arrestato 94 persone. Azzerati i clan mafiosi dei Batanesi e dei Bontempo Scavo. Gli indagati sono in tutto 194. Gli arrestati sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione mafiosa, concorso esterno in associazione mafiosa, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, estorsione, trasferimento fraudolento di valori, falso ideologico commesso da pubblico ufficiale e truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche.
Con l’Operazione “Nebrodi”, su ordinanza di custodia cautelare emessa dal Giudice delle Indagini Preliminari Salvatore Mastroeni del Tribunale di Messina, richiesta dalla locale Procura della Repubblica-Dda guidata dal Pm Maurizio De Lucia, i Carabinieri del Ros, del Comando Provinciale di Messina e del Comando Tutela Agroalimentare, ed i Finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Messina, coadiuvati dai militari dei Comandi Provinciali di Palermo, Catania, Enna e Caltanissetta, hanno arrestato 94 persone. Il provvedimento di custodiale delle 94 persone ha portato 48 soggetti in carcere e 46 agli arresti domiciliari, oltre al sequestro di n. 151 imprese, conti correnti, rapporti finanziari e vari cespiti. Azzerati i clan mafiosi dei Batanesi e dei Bontempo Scavo. Gli indagati sono in tutto 194.
Gli arrestati sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione mafiosa, concorso esterno in associazione mafiosa, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, estorsione, trasferimento fraudolento di valori, falso ideologico commesso da pubblico ufficiale e truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche. Tra i destinatari del provvedimento, anche imprenditori, pubblici amministratori e un notaio.
Reati ricostruiti da due indagini della Dda di Messina, affidate al Gico della Guardia di finanzia di Messina, al Ros di Messina e al Nac dei Carabinieri di Salerno. L’indagine dei Ros si è concentrata sulla famiglia dei Batanesi (nome di una delle 72 contrade di Tortorici) e dei Bontempo Scavo, capeggiata da Aurelio Salvatore Faranda che negli anni da Tortorici ha esteso i suoi interessi nel Calatino. Gruppi mafiosi operativi sui Nebrodi e con rapporti con Cosa nostra palermitana, con le famiglie catanesi e della provincia ennese. Intercettazioni, perquisizioni, indagini documentali: così è emerso come i clan infliggessero estorsioni finalizzate ad accaparrarsi terreni per potere accedere ai contributi comunitari. Così hanno reperito ingenti contributi comunitari concessi dall’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (Agea) diventata nel tempo la principale attività per tutta l’organizzazione mafiosa presente nel territorio.
I clan storici di Tortorici avevano fiutato l’affare milionario e grazie all’aiuto di un notaio compiacente e di funzionari dei Centri Commerciali Agricoli (CCA) che istruiscono le pratiche per l’accesso ai contributi europei per l’agricoltura, hanno incassato fiumi di denaro. I due clan, invece di farsi la guerra, si sono alleati, spartendosi virtualmente gli appezzamenti di terreno, in larghissime aree della Sicilia ed anche al di fuori dalla regione, necessari per le richieste di sovvenzioni. A segnalare gli appezzamenti utili spesso erano i dipendenti dei CCA che avevano accesso alle banche dati. La disponibilità dei terreni da indicare era ottenuta o imponendo ai proprietari reali di stipulare falsi contratti di affitto con prestanomi dei mafiosi o attraverso atti notarili falsi. Sulla base della finta disponibilità delle particelle, veniva istruita da funzionari complici la pratica per richiedere le somme che poi venivano accreditate al richiedente prestanome dei boss spesso su conti esteri.
“Ciò – scrive il Gip Mastroeni che ha disposto gli arresti su richiesta della Dda di Messina – con gravissimo inquinamento dell’economia legale, e con la privazione di ingenti risorse pubbliche per gli operatori onesti“.
“La percezione fraudolenta delle somme – continua il Gip – era possibile grazie all’apporto compiacente di colletti bianchi, collaboratori dell’A.G.E.A., un notaio, responsabili dei centri C.A.A., che avevano il know-how necessario per procurare l’infiltrazione della criminalità mafiosa nei gangli vitali di tali meccanismi di erogazione di spesa pubblica e che conoscevano i limiti del sistema dei controlli“.
“La mafia – aggiunge il Gip di Messina Salvatore Mastroeni – è una specie di classe sociale, contrastabile ma non eliminabile come categoria, nonostante decine e decine di operazioni e processi. Un riscatto completo, la liberazione del territorio, difficilmente sarà ottenuta solo con l’intervento giudiziario. Le misure non arrestano un mondo rassegnato alla deriva mafiosa, una sventura per mafiosi e famiglie“.
“Il riscatto di intere popolazioni – prosegue il Giudice per le Indagini Preliminari nella ordinanza di custodia cautelare di oltre 1700 pagine – richiederà di più. Quando la mafia si incunea, altera il mercato, depreda risorse, il contrasto penale si impone. Ma il dato penale diventa insufficiente quando non si trovano strutture che portano ricchezza alla gente e al territorio e anzi arriva la sensazione tragica di ulteriore impoverimento“.
“criminalità che ingurgita profitti milionari – scrive ancora il Gip – Profitti che spariscono e niente lasciano alla gente“.
“L’operazione contro la mafia dei Nebrodi è un ulteriore passo avanti dello Stato nella lotta alle mafie“ ha commentato il Presidente della Commissione nazionale Antimafia Nicola Morra dei Cinque Stelle “Un sincero ringraziamento e un grande plauso, per un’indagine che vede coinvolte oltre un centinaio di persone. I numeri sono impressionanti, come la capacità di infiltrazione e di depredazione dei fondi europei. Da oggi anche nei Nebrodi si respira aria di libertà grazie alla dedizione delle donne e degli uomini dello Stato”.
Chiamata anche “mafia dei pascoli”, dei tortoriciani si conoscevano la capacità sanguinaria e le doti di tiratori già dagli anni ’80, quando sui Nebrodi esplose una guerra tra clan. Una guerra sanguinaria alla quale parteciperà anche Cosa nostra che invierà soldati da Palermo per sostenere il gruppo amico, e che terminerà solo dopo il febbraio del 1992, cioè dopo l’esplosione al commissariato di Tortorici, fatto saltare in aria da una carica di tritolo mentre quasi contemporaneamente a Sant’ Agata di Militello un bidone di benzina bruciava il negozio di ferramenta di Calogero Cordici, che aveva dato vita da consigliere comunale alla prima associazione antiracket sul territorio. Una mafia interessata negli anni ’80 agli appalti sul raddoppio ferroviario, per poi lasciare il passo agli interessi sull’eolico.
A partire dal 2013, i clan hanno intascato oltre 10 milioni di euro con il coinvolgimento di oltre 150 imprese agricole (società cooperative o ditte individuali), tutte direttamente o indirettamente riconducibili alle due famiglie mafiose. Tutto realizzato grazie alla compiacenza di ex collaboratori Agea, un notaio, numerosi responsabili dei Centri di assistenza agricola.
Mentre dal 2012 gli appetiti mafiosi si sono concentrati sui campi agricoli e i contributi europei. Appetiti già frenati dal protocollo Antoci che bloccò molte delle ditte titolari di terreni, perché imponeva la certificazione antimafia. Per i Magistrati “emerge un contesto di significazione probatoria e chiavi di lettura dell’attentato Antoci che si è posto in contrasto con gli interessi della mafia”. Il riferimento è all’agguato a Giuseppe Antoci (la notte tra il 17 e il 18 maggio del 2016) sulla cui matrice mafiosa erano state sollevate dubbi e perplessità da parte della Commissione Regionale Sicilia Antimafia presieduta dal deputato Claudio Fava.
Tra gli arrestati anche il sindaco Emanuele Galati Sardo di Tortorici, piccolo comune del messinese. È stata la Guardia di Finanza di Messina ad arrestarlo. Sardo, 39 anni è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Secondo l’accusa, Galati Sardo era considerato a “disposizione dell’organizzazione mafiosa per la commissione di una serie di truffe” e “aveva rapporti diretti con il boss Aurelio Faranda”, dicono gli investigatori delle Fiamme gialle. Il trentanovenne Emanuele Galati Sardo era stato eletto lo scorso giugno supportato dalla lista “Uniti per cambiare Tortorici”. Emanuele Galati Sardo, che ha totalizzato 1460 voti. secondo quanto emerge dalle indagini, “inseriva, a favore dei beneficiari stessi, false attestazioni di conduzione dei terreni all’insaputa dei proprietari, procurando agli indagati e alle società loro riferibili illeciti profitti a danno dell’Agea e dell’Unione Europea”.
L’opinione.
D
estra, sinistra, centro, lega, cinque stelle, altri, sopra e sotto, leggete le parole del Gip di Messina evidenziate in rosso, sempreché potete e volete capire.
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