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Lula attacca, nel caos il Brasile nella morsa della crisi. DANIELE MASTROGIACOMO *

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Lula attacca, nel caos il Brasile nella morsa della crisi. DANIELE MASTROGIACOMO *

Cordone di polizia intorno alla sede del Partito dei Lavoratori mentre si susseguono le manifestazioni. Accuse di corruzione per il carismatico ex-presidente e controaccuse di tentativo di golpe. E lui dice: “Ho 70 anni ma me ne sento 30 nella mente e 20 nel fisico”

SAN PAOLO – Come un leone ferito e umiliato, Luiz Iniacio Lula da Silva tira fuori gli artigli e reagisce sfoderando l’enfasi dei vecchi tempi. La battaglia di venerdì pomeriggio, davanti alla sede del Partito dei lavoratori, non si è ancora spenta. Chiusi da un cordone di poliziotti sul marciapiede di fronte sostano 250 militanti e sostenitori. Indossano le camicie rosse che hanno usato in decine di manifestazioni. Sventolano le bandiere del partito che garriscono alle folate del vento caldo di fine estate. Qualcuno ha affisso sulla porta principale uno striscione: “Lula è il più onesto in questo paese”.

C’è aria di mobilitazione. L’incursione della polizia nella casa dell’ex presidente socialista è vista come l’ultimo segnale di un’offensiva che dura da almeno due anni. Molti si sentono in dovere di vigilare, quasi fossimo davanti ad un tentativo di golpe. In realtà, la maggioranza dei brasiliani, almeno qui a San Paolo, guarda con distacco a una vicenda su cui pochi sembrano avere dubbi. La corruzione, nel sistema Petrobras, ha inferto il colpo decisivo ad un’economia in affanno. I dati fanno paura. Le conseguenze si sentono nella vita di tutti i giorni. Prezzi più cari, pochi acquisti, licenziamenti, crescita bloccata. Le scritte dei banner che scorrono sui cartelloni luminosi delle strade, nei centri commerciali, persino negli schermi dentro gli ascensori, mischiano annunci pubblicitari al calo (3,8 per cento) del Pil, al crollo (6,2) della produzione industriale, al tonfo (1,8) del settore agricolo. Dati che non si registravano dal 2005. Le case automobilistiche annunciano il taglio di altri 500 mila posti di lavoro. L’inflazione torna a mordere, come i tassi di interesse che restano elevati.

Lula segue con ansia la grande crisi provocata dal crollo del prezzo delle materie prime. Ma vede all’orizzonte le elezioni del 2018. E’ tentato di candidarsi. Anzi: approfitta di un incontro con i sindacati dei bancari per annunciare ufficialmente la sua discesa in campo. Per la prima volta dopo tanto tempo parla a braccio. Lascia i fogli degli appunti su una sedia, afferra il microfono e si lancia nella sua arringa. Per 28 minuti torna il Lula dei vecchi tempi. Quelli che lo portarono al vertice del Partito dei lavoratori, che facevano accorrere milioni di simpatizzanti ai comizi, che gli hanno aperto la strada verso la presidenza. Che lo hanno eletto e poi sostenuto negli anni (2003-2010) in cui ha guidato il Brasile verso uno sviluppo sorprendente. Con la crescita costante dell’8 per cento, l’ingresso nei Brics: un faro di una nuova via possibile, alternativa al liberalismo imperante e al chavismo populista.

L’ex presidente attacca, non si difende. Punta il dito sulla polizia e sulla magistratura. Non accenna mai all’opposizione, quel centrodestra che neanche considera. E’ furioso. La voce trema quando ricorda quello che è successo. “Sono stato umiliato”, dice. Lo ripeterà più volte. Non replica alle accuse che gli vengono mosse. Usa tutto il carisma che ancora possiede. Ricorda la sua difficile infanzia, i lavori umili, la fuga dalla favela in cui era cresciuto. Si sofferma sul primo lavoro in fabbrica, sulla suo impegno da sindacalista. “Abbiamo lottato”, urla ancora con rabbia, “fondato un partito, raccolto milioni di consensi, contribuito alla democrazia, vinto le elezioni, eletto un presidente”. Poi, con orgoglio, agita il pugno e si esalta: “Sono stato il migliore a governare questo paese”. Il viso è rosso, gocce di sudore gli bagnano la barba. I bancari lo sorreggono con un lungo applauso. Lui alza la mano, ringrazia, vuole proseguire. “Ora”, dice con voce squillante, “la gente umile può camminare a testa alta e può permettersi di mangiare una fetta di manzo”. Ma le accuse lo rincorrono. Pesano quei sospetti sui beni che i magistrati considerano conseguenze di tangenti. La casa a Guaruja, un trilocale che il vecchio leader ha acquistato ad un prezzo di favore. Fa parte di un elenco che scorre implacabile sugli stessi banner di siti web e tv. La barca comprata da sua moglie (“pagata pochissimo”, ripete), la fattoria di campagna (“E’ di un amico e spesso mi invita”). Il contributo di 200 mila dollari all’Istituto Lula. “Ci ha consentito di fare una conferenza e di spiegare a milioni di persone che l’energia era un bene di tutti”, precisa. Queste cose, aggiunge, le ho dette più volte alla magistratura. Avrei potuto ripeterle anche questa volta. Invece, “hanno messo in piedi un vero spettacolo pirotecnico”. Lula non ha dubbi: “Una parte della magistratura sta lavorando con alcuni settori della stampa. L’obiettivo è chiaro: evitare che mi candidi come presidente nel 2018. Non so se lo farò. Ma quello che sta accadendo mi spinge a farlo. A partecipare di nuovo alla vita di questo paese. Da adesso tornerò per le strade, per le piazze, tra la gente. Come facevo un tempo. Ho camminato da San Paolo e San Giovanni d’Acri e ho raccolto milioni di sostenitori. Sono pronto a rifarlo. Ho 70 anni. Ma me ne sento 30 nella mente e 20 nel fisico. E anche questa volta correrò per vincere. Per tornare ad essere il presidente Lula”.

 * Lula attacca, nel caos il Brasile nella morsa della crisi. DANIELE MASTROGIACOMO / larepubblica

 

VIDEO ViViCentro – Ghoulam, Chievo Verona: “Voglio crescere sempre di più.”

Ghoulam, Chievo Verona. Alla stadio San Paolo, il migliore in campo del match contro il Chievo Verona, è stato Faouzi Ghoulam che è intervenuto ai nostri microfoni nel post partita. Una vittoria importante per agganciare la Juventus in testa alla classifica, in attesa della gara dei bianconeri di questo pomeriggio contro l’Atalanta, ma anche per tenere a 5 punti punti la Roma, terza, e allungare sulla Fiorentina, ferma al quarto posto.

dal nostro inviato al San Paolo, Ciro Novellino

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Il racconto di 40 anni di vivace concorrenza tra noi e il Corriere. EUGENIO SCALFARI *

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Il racconto di 40 anni di vivace concorrenza tra noi e il Corriere di EUGENIO SCALFARI

Ricordo ancora quando nell’autunno del 1975 feci una sorta di tour nelle sale teatrali delle principali città italiane per presentare pubblicamente il futuro giornale quotidiano “la Repubblica” che sarebbe uscito nelle edicole il 14 gennaio del 1976. “Dall’alpi alle Piramidi”, scrisse il poeta. Più modestamente io andai da Torino a Palermo, da Milano a Bari, da Reggio Calabria a Bologna, a Firenze, a Verona, a Padova, a Catania, a Genova, insomma dappertutto, concludendo al teatro Eliseo di Roma.

Dopo aver esposto le caratteristiche più interessanti del futuro giornale, a cominciare dal formato che era per l’Italia un’assoluta novità e il cosiddetto palinsesto, cioè la collocazione dei diversi argomenti, l’abolizione della classica terza pagina, il trasferimento delle pagine culturali al centro e una sezione economica che chiudeva il giornale, la parola passava al pubblico e le domande fioccavano. Quante pagine? Trentadue. Quali sono i temi esclusi? Le cronache locali, la meteorologia, lo sport. Anche lo sport? Sì, anche lo sport. Ed infine: qual è l’obiettivo editoriale? Superare tutti gli altri giornali. Anche il “Corriere della Sera”? Sì, anche il Corriere, anzi l’obiettivo è proprio quello.

Il pubblico accoglieva quest’ultima risposta da un lato ridendo e dall’altro applaudendo. E poi, giù il sipario.

L’inseguimento durò esattamente dieci anni: nel 1986 raggiungemmo e superammo il Corriere nonostante che, sotto la direzione di Piero Ottone, avesse raggiunto il massimo delle sue vendite.

E nonostante avesse adottato una politica di neutralità nei confronti del partito comunista che fin lì era stato la bestia nera del giornale di via Solferino, da custodire ideologicamente in una gabbia del giardino zoologico o in un ghetto dal quale non si può né entrare né soprattutto uscire.

Dieci anni sono appena un baleno per superare un giornale che esisteva esattamente da cent’anni quando Repubblica vide la luce.

L’altro ieri il Corriere della Sera ha giustamente celebrato i suoi 140 anni pubblicando un supplemento molto interessante che contiene l’elenco di tutti i direttori. Innumerevoli, a cominciare dal fondatore che si chiamava Eugenio Torelli Viollier e soffermandosi soprattutto su Luigi Albertini che di fatto lo rifondò nel 1900 e lo diresse fino al 1921 quando, nominato senatore del Regno, ne lasciò la guida al fratello continuando però a scriverci articoli di un coraggioso antifascismo, ancorché lui, Luigi Albertini, fosse un liberal-conservatore di un antisocialismo a prova di bomba e quindi, dal ’19 al ’22, sostanzialmente non ostile alle squadre che incutevano timore alle “Case del popolo”, così come era stato un fiero interventista nella guerra del ’15, appoggiando D’Annunzio che ne era la bandiera.

Centoquarant’anni da un lato e quaranta dall’altro; una miriade di direttori da un lato e tre (il terzo dei quali è però arrivato da poche settimane) dall’altro. Che cosa è accaduto nel periodo di convivenza e di concorrenza tra le due testate? Come è cambiato il paese, l’opinione pubblica, il costume e quale è stata la funzione dei due giornali nell’influenzare quell’opinione ed esserne al tempo stesso influenzati?

***

Il Corriere della Sera è sempre stato il giornale del capitalismo lombardo: produttività, profitto da reinvestire, “fordismo” come allora si diceva, salari soddisfacenti e aggrappati alla produttività della manodopera che alimentava la domanda, dialettica severa con i sindacati, antisocialismo e soprattutto anticomunismo, atteggiamento filogovernativo sempreché i governi in carica aiutassero gli investimenti privati con appositi e tangibili incentivi che facessero funzionare a dovere i servizi pubblici; fiscalità proporzionale e non progressiva, commercio con l’estero libero nei settori nei quali la nostra economia era in grado di competere ma protezionismo e dazi dove eravamo ancora in fase immatura. Laicismo ma con misura perché la religione e la famiglia rappresentavano i pilastri della società. In politica estera Francia, Inghilterra e America erano i punti di riferimento. Governi, sia in Italia sia all’estero, preferibilmente liberal-conservatori.

Questo il quadro generale, che aveva il vantaggio d’esser condiviso dalle classi dirigenti non solo lombarde ma italiane. Infatti il Corriere vendeva metà della tiratura in Lombardia e soprattutto a Milano e provincia dove la sua cronaca locale ne aumentava la diffusione; l’altra metà nel resto d’Italia e soprattutto nelle città dove una parte della classe dirigente si sentiva adeguatamente rappresentata da quel giornale.

Questa struttura al tempo stesso economica, politica e culturale era stata creata da Luigi Albertini che non era soltanto un giornalista ma anche organizzatore, uomo di vasta cultura e di vaste conoscenze sociali, comproprietario di maggioranza nella società che editava il Corriere, avendo con sé come soci di minoranza alcuni famiglie industriali, proprietarie di imprese soprattutto tessili.

Proprio per queste caratteristiche Albertini era molto più che un direttore nominato da una proprietà, era direttore e proprietario, quindi assolutamente indipendente. Condivideva pienamente gli ideali e gli interessi del capitalismo lombardo, ma gli dava una vivacità ed una modernità sua propria con il risultato di influenzare la pubblica opinione di stampo liberal-conservatore senza peraltro che lui e il Corriere che era casa sua ne fossero condizionati. Era molto patriottico Luigi Albertini. Non amava la guerra ma le imprese coloniali sì, anche per mettere l’Italia a livello delle altre potenze europee.

Giudicava il governo italiano dal colore politico che aveva, ma anche dall’efficienza. E metteva gli interessi del Corriere ed i valori del giornale al centro della sua attenzione. Di fatto il Corriere era un partito di cui il suo direttore era il capo. Infatti parlava con i presidenti del Consiglio direttamente. Al prefetto di Milano parlava quasi come un suo superiore e lo stesso faceva con il direttore della Banca d’Italia, specie quello che dirigeva la sede milanese dell’Istituto.

Queste notizie sono in gran parte rese esplicite dalle sue memorie, fonti di grande ricchezza per ricostruire il passato.

Questa situazione proseguì quando Albertini dovette cedere la proprietà del giornale perché Mussolini non sopportava che i grandi quotidiani italiani fossero posseduti da giornalisti-direttori. Così accadde al proprietario-direttore de La Stampa, Alfredo Frassati, così accadde anche alla Serao che dirigeva e possedeva Il Mattino di Napoli ed ad altri quotidiani importanti e così accadde anche a lui, che dovette cedere la proprietà alla famiglia Crespi, fortemente impegnata nell’industria tessile e già azionista di minoranza nella società del Corsera.

I direttori nominati dai Crespi dovevano naturalmente essere graditi a Mussolini, che come primo mestiere era stato direttore prima dell’Avanti e poi del Popolo d’Italia da lui fondato. Al Corriere, come negli altri giornali che erano ormai ossequienti al regime fascista, voleva giornalisti bravi che però adottassero la linea del governo, sia pure adattandola al tipo di lettori ai quali quel giornali si dirigeva. Dunque propaganda capillare attraverso testate di prestigio che quel prestigio dovevano conservarlo e addirittura accrescerlo. IlCorriere della Sera si conformò a quelle direttive come tutti gli altri. Con un minimo di fronda? Direi di no. Del resto la fronda non era possibile.

Le cose naturalmente cambiarono quando il fascismo cadde e il Corrierediventò come tutti gli altri un giornale antifascista, famiglia Crespi consenziente.

Il primo direttore della nuova situazione fu Mario Borsa che non era soltanto antifascista ma anche repubblicano. Su questo punto i Crespi non erano d’accordo, tant’è che Borsa, a Repubblica già proclamata, si ritirò. Ma poi la qualità professionale dei direttori che si avvicendarono a via Solferino fu sempre notevole e culminò con Missiroli, con Spadolini e infine con Piero Ottone del quale ho già fatto cenno.

Quando nacque Repubblica c’era appunto lui alla direzione del Corriere; ma vent’anni prima era già nato l’Espresso, il settimanale “genitore” del quotidiano. E l’Espresso aveva già messo sotto tiro la stampa quotidiana, la sua formula, i suoi valori, tutti sotto l’influenza del Corsera. Sicché la polemica tra il nostro gruppo e il Corriere e il resto dei quotidiani fatti a sua somiglianza, non è cominciata quarant’anni fa ma sessanta. Solo La Stampa di Torino era del tutto diversa dal Corriere, e Il Giorno di Milano, che però aveva già perso una parte della sua iniziale brillantezza.

Questo fu il teatro nel quale i due gruppi si scontrarono.

***

Come avvenne e di quali valori diversi il gruppo Espresso-Repubblica fosse portatore l’ho già accennato all’inizio di quest’articolo, ma ora mi soffermerò su qualche punto che merita d’essere approfondito.

La parola liberale anzitutto. Nella lingua inglese si chiama “liberal” che serve a designare chiunque non sia asservito ad una ideologia. Non riflettono abbastanza, secondo me, sull’uso ed il senso della parola “ideologia” che lessicalmente significa adesione ad un’idea e perciò anche sostenere che “liberal” è colui che non si sente asservito ad una qualsiasi ideologia configura in questo modo proprio un’ideologia.

Comunque il significato reale della parola “liberal” consiste nel rifiuto del totalitarismo. I liberal cioè possono cambiare idea secondo l’andamento dei fatti che modificano il luogo in cui essi vivono. Basta lessicalmente aggiungere una aggettivo a quella parola: c’è il liberal conservatore, il liberal moderato, il liberal progressista. Al di là non si va, il liberal radicale non è concepibile. Il liberal vive in uno spazio che politicamente è definibile di destra o di centro, ma non di sinistra. Aggiungo che dal punto di vista economico è liberista.

Da noi, nel linguaggio politico italiano, questi aggettivi sono applicabili ma esistono anche altre e più approfondite spiegazioni.

Anzitutto quegli aggettivi possono diventare sostantivi: reazionari, conservatori, moderati, progressisti. Inoltre c’è la parola liberale ma c’è anche liberista, libertario, libertino.

A mio parere il Corriere della Sera, sia pure con i mutamenti portati dai vari direttori nelle varie stagioni della loro direzione, ha sempre avuto un sottofondo liberale-liberista e conservatore o moderato.

Noi, di Espresso-Repubblica, siamo sempre stati liberal-democratici. E se volete altre ma equivalenti definizioni, siamo stati innovatori con l’ancoraggio del bene comune, della giustizia sociale, dell’eguaglianza dei punti di partenza, cioè dare a tutti i cittadini e soprattutto ai giovani le stesse possibilità di misurarsi con la vita.

Questo significa liberal-democratico che è la definizione politica dei due grandi valori di libertà ed eguaglianza, mettendone secondo le circostanze l’accento a volte più sulla libertà e a volte sull’eguaglianza, purché l’altro valore sia sempre presente e mai dimenticato.

Questo diversifica i due gruppi editoriali e le due opinioni pubbliche che sentono l’appartenenza all’uno o all’altro.

Noi non siamo mai stati un partito, ma sempre abbiamo avuto noi stessi, cioè i valori che noi sosteniamo, come punto esclusivo di riferimento.

Sono stati di volta in volta alcuni partiti o alcune correnti di quei partiti, ad avvicinarsi a noi, ma non è mai avvenuto il contrario. Spesso è capitato che fossero con noi Guido Carli quando era governatore della Banca d’Italia e Antonio Giolitti, comunista prima e socialista dopo la crisi di Ungheria repressa nel sangue dalle truppe sovietiche. Oppure Aldo Moro ed Enrico Berlinguer, oppure Beniamino Andreatta, oppure Ciriaco De Mita.

Noi siamo sempre stati laici, fautori della libera Chiesa in libero Stato, ma molti democristiani sono stati vicini a noi e si sono battuti di conseguenza ed alcuni comunisti hanno modificato la loro ideologia non certo per merito nostro, ma con noi si sono trovati a loro agio.

Questo è stato ed è il nostro patrimonio ideale e civile. E questo ho ragione di credere che resterà in un futuro che non deve dimenticare il passato e che deve operare attivamente nel presente garantendo libertà e giustizia sociale

  • Il racconto di 40 anni di vivace concorrenza tra noi e il Corriere di EUGENIO SCALFARI / larepubblica

Napoli-Chievo, Sarri: “Abbiamo giocato meglio nelle scorse partite, adesso testa al Palermo”

E’ intervenuto, ai  microfoni di Mediaset, Maurizio Sarri: “Abbiamo fatto bene, anche se a livello di qualità abbiamo fatto meglio nelle partite precedenti. Il calcio, talvolta, non è logico. Higuain arrabbiato? Non mi interessa, ha fatto comunque una grande prestazione. Domani non guarderò la Juventus, studierò il Palermo e il match di questa sera. Napoli Higuain-dipendente? E’ un grande campione, è normale che ci influenzi, come Messi al Barcellona, Ronaldo al Real Madrid. Ma la nostra squadra è anche qualcos’altro. Sono soddisfatto perché stiamo andando tantissimo al cross, attacchiamo l’aria molto bene. Ci abbiamo lavorato molto in settimana e ciò ha dato i frutti.”

MEDIASET- Higuain non festeggia con la squadra: l’attaccante subito negli spogliatoi

Non festeggia sotto la curva Gonzalo Higuain come di consueto, dopo ogni vittoria in casa. Non sono chiari ancora i motivi della scelta. Sarà stanchezza o magari delusione per la prestazione, nonostante il 26esimo gol siglato, ma l’attaccante ha deciso di rientrare direttamente negli spogliatoi, senza festeggiare con i suoi tifosi. A rivelarlo, Mediaset.

Napoli-Chievo, Callejon: “Siamo lì, bisogna crederci. Io sto bene”

È intervenuto, subito dopo il fischio finale di Di Bello, Josè Maria Callejon, ai microfoni di Premium: “Sto bene. Ho sentito una botta alla caviglia fortuita, cose che succedono. Abbiamo fatto tante partite buone ma non avevamo vinto, oggi era importante per restare là in alto. Noi siamo lì, lo scudetto è lì, dobbiamo continuare a credere in questo sogno. I tifosi sono con noi, adesso cantano di nuovo, ma in fondo non hanno mai smesso.” 

Napoli-Chievo, i voti di Vivicentro: fa tutto Chiriches!

Il Napoli supera il Chievo Verona e aggancia la Juventus in testa alla classifica in attesa della gara di domani. Questi i voti di Vivicentro.it:

Reina 6, Hysaj 6, Chiriches 5.5, Koulibaly 6, Ghoulam 7.5, David Lopez 6.5, Jorginho 6.5, Hamsik 7, Callejon 7, Insigne 6, Higuain 7. A disp. Gabriel, Rafael, Strinic, Valdifiori, Maggio, Mertens 6, Regini, Allan 6, Gabbiadini, El Kaddouri, Grassi, Chalobah sv, Luperto. All. Sarri 6.5

dal nostro inviato al San Paolo, Ciro Novellino

Napoli-Chievo, gli azzurri per la nona volta in gol per più di due volte nel primo tempo, è record

Record su record: gli azzurri ne battono ancora. Quella con il Chievo, infatti, è stata la nona partita in cui il Napoli ha segnato più di due gol nel primo tempo. Nessuno come loro in serie A, nemmeno la capolista Juve.

FOTO, LIVE DAL SAN PAOLO- Spettacolo distinti, San Paolo delle grandi occasioni per Napoli-Chievo

I tifosi presenti, anche in un sabato freddo, tipico di marzo. Il San Paolo quasi gremito, per un match che non è Napoli-Juve, ma poco ci manca per importanza. Gli azzurri, questa sera, contro il Chievo per allungare sulle avversarie, Roma in particolare, e non lasciarsi sfuggire la Juve. Ecco come i tifosi del settore distinti hanno appoggiato la squadra, prima del fischio d’inizio.

dal nostro inviato al San Paolo Ciro Novellino

Calcio, cade l’ultimo tabù: sì alla moviola in campo

Cardiff (Galles) – Un passo storico verso la moviola in campo. L’Ifab (International Football Association Board), in occasione della 130^ assemblea generale a Cardiff, in Galles, ha dato il via libera alla sperimentazione della video-assistenza per gli arbitri nel calcio. “Abbiamopreso una decisione storica per il calcio. Adesso Ifab e Fifa porteranno avanti il dibattito e non hanno intenzione di fermarsi”, ha commentato il presidente della Fifa, Gianni Infantino. “Abbiamo dimostrato che ascoltiamo il mondo del calcio e che applichiamo il buon senso – ha aggiunto Infantino – Dobbiamo essere prudenti ma dobbiamo fare dei passi concreti per dimostrare che e’ iniziata una nuova era all’interno della Fifa e dell’Ifab”.

Non c’e’ ancora una data certa su quando partira’ la sperimentazione ma al piu’ tardi avverra’ con la stagione 2017-2018. E comunque l’utilizzo dello strumento televisivo a supporto del direttore di gara non riguardera’ indistintamente episodi in campo ma solo quelli la cui decisione arbitrale potrebbe essere tale da condizionare le situazioni di gioco, come i gol, i calci di rigore, il cartellino rosso diretto e gli errori sul responsabile, ovvero quando un fallo e un cartellino viene attribuito ad un giocatore anziche’ a quello che effettivamente ha commesso il fallo da sanzionare. Sara’ possibile anche rivedere le immagini su richiesta dell’arbitro oppure dopo segnalazioni degli assistenti al direttore di gara che potrebbe non essersi accorto di un episodio da valutare.

Ifab, addio “tripla sanzione”: no espulsione se da contrasto corretto deriva un fallo in area

Nel giorno in cui l’Ifab ha dato il via libera alla sperimentazione della video-assistenza per gli arbitri, si e’ parlato anche dell’annosa questione della “tripla punizione”, ovvero espulsione, rigore e squalifica per un fallo in area nel caso di chiara occasione da gol. Su proposta della Uefa, l’Ifab (International Board) ha approvato una nuova formulazione della norma prevedendo un periodo di prova di due anni prima del via libera definitivo. “Se il portiere o il difensore, nel cercare di prendere la palla effettua un contrasto in modo corretto ma fa fallo, non ci sara’ nessuna espulsione ma solo un giallo – ha annunciato il presidente della Fifa, Gianni Infantino – In tutti gli altri casi, come il gioco violento o un gol negato, ci sara’ il cartellino rosso. Questa norma entrera’ in vigore dall’1 giugno, in tempo per gli Europei e la Coppa America del Centenario”.

Tornando alla riunione dell’Ifab, luce verde anche per la sperimentazione di una quarta sostituzione da consentire durante i supplementari per capire se porta benefici alla salute del calciatore, se prevale l’aspetto tattico e se l’uso di tutte e quattro le sostituzioni durante i supplementari, cambiando cosi’ piu’ di un terzo della squadra, abbia un impatto non corretto. Nel corso della riunione di oggi c’e’ stata anche una revisione generale delle norme del calcio sulla base del progetto portato avanti negli ultimi 18 mesi da una sottocommissione dell’Ifab guidata dall’ex arbitro inglese David Elleray. In tutto 94 modifiche, volte soprattutto a migliorare la struttura e la fraseologia, combinando le norme con l’interpretazione e dimezzando le parole usate. Ma non solo: alcune delle modifiche fanno si’ che le norme del gioco siano piu’ vicine al calcio moderno e al buon senso: per esempio, al calcio d’inizio, il pallone potra’ muoversi in qualsiasi direzione e non piu’ necessariamente in avanti mentre un giocatore infortunato potra’ essere soccorso velocemente sul campo anziche’ uscire e lasciare la sua squadra in inferiorita’ numerica. Si tratta della piu’ grossa revisione delle norme del calcio in 130 anni di storia. La prossima assemblea generale e’ prevista fra un anno, il 4 marzo 2017, a Londra.

Pro Vercelli-Pescara 5-2: Pescara “sepolto” nella neve in Piemonte

Nelle neve di Vercelli, Il Pescara rimedia un’umiliante e cocente sconfitta contro la Pro Vercelli. 5-2 il risultato finale, un punteggio quasi tennistico. Pescara assolutamente confuso e privo di idee, in completa balìa di un avversario che si trova a lottare per non retrocedere. Chi aveva paragonato questa squadra al Barcellona e la dava per sicura al salto di categoria, dovrà rivedere i suoi giudizi. Ed anche alla svelta.

La gara comincia con due ore di ritardo, per dare la possibilità agli addetti ai lavori di liberare il campo dalla copiosa nevicata scesa su Vercelli. Chissà, se con il senno di poi, la formazione abruzzese avrebbe preferito non disputare la gara quest’oggi.

I piemontesi aprono le danze al 37’ con Coly, il cui terzo tempo su azione di corner, non lascia scampo a Fiorillo. Passano 3’, e una punizione perfetta di Mammarella, permetta l’imperioso stacco di testa da parte di Malonga, che sigla il raddoppio per la formazione vercellese. Nel primo tempo c’è ancora tempo per l’espulsione di Zampano, reo di avere atterrato Malonga, lanciato a rete.

Nella ripresa al 7’ arriva il 2-1 griffato da Torreira, ma si tratta solo di un fuoco di paglia: al 10’ Scavone con uno shot dalla distanza cala il tris. Al 15’ difesa addormentata, ne approfitta Beretta per siglare il 4-1. Benali sigla la rete del 4-2, ma al 36’ arriva la “manita” della Pro Vercelli, firmata Scavone. La gara termina tra gli applausi dei tifosi piemontesi che salutano con la “manita” la formazione abruzzese, la quale ha conquistato 3 punti nelle ultime 6 gare: Novara che ha raggiunto il Delfino, Cesena che ha la possibilità di sorpassarlo con il posticipo cadetto, Entella e Spezia che incalzano a soli due punti. Un’involuzione evidente e preoccupante. Profondo biancazzurro.

IL TABELLINO DELLA PARTITA

PRO VERCELLI 5 – PESCARA 2

PRO VERCELLI: (3-5-2): Pigliacelli; Legati, Budel, Coly; Germano, Rossi, Scavone, Emmanuello (24’st Ardizzone); Beretta (36’st Marchi), Malonga (25’st Mustacchio). In panchina: Melgrati, Berra, Redolfi, Sprocati, Filippini, Forte. Allenatore: Foscarini.

PESCARA: (4-3-2-1): Fiorillo, Zampano, Fornasier, Zuparic, Mazzotta (31’st Bruno); Memushaj, Torreira (11’st Acosta), Selasi (11’st Vitturini); Caprari, Benali; Cocco. In panchina: Aresti, Verde, Pasquato, Mandragora, Mitrita, Cappelluzzo. Allenatore: Oddo.

ARBITRO: Marini di Roma.

RETI:37′ ptColy, 40’pt Malonga, 7’st Torreira, 10’st Scavone, 15’st Beretta, 32’st Benali, 35’st Scavone.

Espulsi: 43’pt Zampano.

Ammoniti :Legati, Rossi, Coly.

 

CHRISTIAN BARISANI

Juve Stabia- Akragas, la presentazione del match

Per la venticinquesima giornata del campionato di Lega Pro Girone C andrà in scena domani, con inizio alle ore 15.00, presso lo stadio Romeo Menti di Castellammare, il match tra la Juve Stabia e l’Akragas. I siciliani stanno vivendo un grande periodo di forma e sono reduci da ben sei vittorie consecutive. L’avvento del tecnico Pino Rigoli in luogo dell’ex tecnico Nicola Legrottaglie ha portato entusiasmo nella “Valle dei Templi” e da allora il “gigante” è riuscito a conquistare tutti e diciotto i punti a disposizione.

Fra le file dei bianco azzurri ci sono giocatori importanti come il portiere Maurantonio, i difensori Muscat e Capuano, il centrocampista Zibert e gli attaccanti Madonia e Di Piazza, solo per citarne alcuni. Le vespe, invece, allenate da Nunzio Zavettieri, sono reduci dalla sconfitta al “San Vito- Marulla” di Cosenza e hanno bisogno di vincere in casa contro una diretta concorrente alla salvezza come la squadra di Agrigento.

Il tecnico Zavettieri dovrà rinunciare a Ripa, Celin e Izzillo infortunati, ma potrà contare sulla vena realizzativa dell’attaccante senegalese Abou Diop, uno dei pezzi pregiati portarti alle falde del Faito dal ds Pasquale Logiudice, abile a rafforzare la squadra nelle zone in cui era più deficitaria. L’attaccante di proprietà del Torino, ha già realizzato 4 gol in 5 presenze ed è finora il trascinatore dei gialloblù. Prevista una discreta cornice di pubblico per questa importante sfida salvezza.

All’andata, nel match dell’Esseneto, la squadra campana conquistò la vittoria, la prima con Zavettieri dopo l’esonero di Ciullo, grazie alla doppietta del difensore ceco Jan Polak.

Ecco le probabili formazioni:

JUVE STABIA (4-4-2): Polito, Cancellotti, Carillo, Polak, Contessa, Lisi, Obodo, Maiorano, Nicastro, Del Sante, Diop.

AKRAGAS (4-3-3): Maurantonio,, Salandria, Marino, Muscat, Grea, Aloi, Vicente, Zibert, Madonia, Di Grazia, Di Piazza.

Salvatore Sorrentino

Copyright-vivicentro

Agguato in periferia a Napoli, ucciso un pregiudicato

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Spari a Pianura nei pressi di un pub

Agguato a Pianura, alla periferia di Napoli: ad essere ucciso un pregiudicato, Giuseppe Perna. L’uomo avrebbe compiuto 41 anni il prossimo luglio.

Secondo le primissime informazioni della polizia, l’agguato è avvenuto nei pressi di un bar, in via Torricelli.

In Europa e America emergenza vocazioni. E la Chiesa riscopre i diaconi sposati. ANDREA GUALTIERI*

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Il Vaticano pubblica i dati sui cattolici nel mondo: sono un miliardo e 272 milioni. Nel Nord America e in Europa l’aumento dei preti è “praticamente nullo” dal 2012 ma c’è un’impennata del numero di laici impegnati nella pastorale e nella liturgia. La Santa Sede però insiste: “Celibato del clero non è in discussione”

CITTA’ DEL VATICANO – Il celibato dei preti per ora non si tocca, ma in tempi di crisi delle vocazioni sacerdotali la Chiesa cattolica si aggrappa agli uomini sposati che diventano diaconi: in dieci anni, a partire dal 2005, sono aumentati del 33 per cento. E l’impennata più consistente si registra proprio nel Nord America e in Europa, le aree del mondo nelle quali è più marcato il calo delle vocazioni sacerdotali. Secondo i dati dell’Annuario pontificio 2016 e dell’Annuarium statisticum ecclesiae 2014, curati dalla tipografia vaticana e distribuiti in questi giorni, sono sempre meno gli uomini che scelgono di indossare il collarino bianco, tanto che l’aumento di sacerdoti nel mondo – erano 406mila nel 2005, sono 415mila alla fine del 2014 – sembra, per ammissione del Vaticano, “essersi stabilizzato negli ultimi anni” fino a diventare “praticamente nullo” dal 2012.

Il trend emergente, invece, è proprio quello dei diaconi permanenti. Si tratta di figure che esistono sin dalle comunità paleocristiane: le scritture riportano, ad esempio, che era un diacono anche Stefano, il primo martire lapidato a Gerusalemme. A differenza di coloro che sono in formazione per diventare sacerdoti possono avere moglie e figli e il Concilio Vaticano II ha rilanciato il loro ruolo attivo. In tutto il mondo se ne contano 45mila.

In Italia a fine 2014 erano circa 4.200, cinquecento in più rispetto al 2009, e sono una presenza preziosa in particolare nelle aree della Penisola, come il Friuli e il Piemonte, nelle quali non ci sono abbastanza preti per coprire le parrocchie. “Sono i diaconi, in questi casi, ad assicurare una funzione liturgica quotidiana e a restare come punto di riferimento per le comunità”, spiega don Domenico Dal Molin, direttore dell’Ufficio vocazioni della Cei. Possono celebrare matrimoni e battesimi, presiedono le liturgie in assenza dei sacerdoti ma senza la consacrazione del pane e del vino, l’unico rito, insieme alla confessione, dal quale sono esclusi. “Sarebbe sbagliato però considerarli solo assistenti liturgici” precisa Dal Molin. Dagli uffici Caritas alla pastorale per i laici, ai diaconi la Chiesa chiede infatti una testimonianza di fede e una missione operativa tra la gente. Anche perché, esaurita l’ondata post sinodale, la nuova generazione ha un’età media che si aggira tra i 45 e i 55 anni, ha un lavoro e una famiglia. Tanto che solo 42, tra i diaconi permanenti italiani, sono celibi e secondo il diritto canonico sono tenuti a restare tali. “Quando un uomo decide di iniziare il cammino di formazione, la famiglia deve essere protagonista della sua scelta e diventa partecipe anche nel rito di ordinazione”, spiega don Domenico Dal Molin.

È la frontiera più avanzata nell’apertura al celibato, un tema che è stato congelato pochi giorni fa dal cardinale Piero Parolin. “Una riforma in questo senso non è al momento all’esame del Papa”, ha detto il segretario di Stato vaticano, rigettando l’ipotesi che l’apertura ai sacerdoti sposati possa essere una strada per contenere il calo delle vocazioni: “Non mi pare che tra gli anglicani, dove il celibato è facoltativo, si registrino tendenze diverse: l’emergenza è piuttosto legata a questioni demografiche”.

Una tesi che il Vaticano rilancia anche nel commentare i dati forniti dagli annuari: “Appare quasi ovvio che lo sviluppo della Chiesa nel mondo non possa prescindere da quelle che sono le tendenze di fondo nello sviluppo planetario”. E quindi: Europa poco dinamica, che ospita quasi un quarto della comunità cattolica mondiale ma che in un decennio registra un aumento di poco più del 2 per cento; Africa che, al contrario, segna un incremento di cattolici pari al 41 per cento, di gran lunga superiore al ritmo di crescita della popolazione che si è attestata sul 23 per cento.

In totale, i cattolici nel mondo al 31 dicembre 2014 sono un miliardo e 272 milioni, il 17 per cento della popolazione mondiale. Sono aumentati di circa cento milioni in dieci anni, ma soprattutto, a causa del calo delle vocazioni, è esploso nello stesso periodo il carico pastorale rappresentato dal numero di battezzati per ogni sacerdote. I diaconi possono essere una soluzione? In America ce n’è uno ogni 4 preti, in Europa uno ogni dodici. Una presenza che, sottolinea il Vaticano, ancora “non incide in modo significativo” ma sembra esprimere una “vivace dinamica” nella diffusione della fede.

*larepubblica

CASERTANA-ISCHIA ISOLAVERDE LE FORMAZIONI

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Le formazioni ufficiali di Casertana-Ischia Isolaverde. Fischio d’inizio ore 20.30.

CASERTANA: Gragnaniello, Rainone, Pezzella, Agyei, Idda, Murolo, Mangiacasale,Mancosu, Alfageme, Matute, De Angelis.

A disp.Maiellaro, Guglielmo, Varsi, Tito, De Marco, Cesarano, Som, Giannone, Marano, Capodaglio, De Filippo, Signoriello. All. Nicola Romaniello.

ISCHIA ISOLAVERDE: Iuliano, Bruno, Porcino, Blasi, Moracci, Filosa, Armeno, Acampora, Gomes, Di Vicino, Pepe.

A disp. Modesti, Savi, Guarino, Florio, De Clemente, Manna, Palma, Kanoute, Spezzani. All. Nello Di ostanzo.

ARBITRO: Fabio Piscopo di Imperia (Ass.Fausto Rugini di Siena e Flavio Zancanaro di Treviso)

Simone Vicidomini

Cresce il numero di auto vendute a febbraio

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Cresce di quasi un terzo il mercato dell’auto italiano chiudendo il mese di febbraio 2016, con l’immatricolazione di 172.241 auto, in crescita del 27,3% rispetto alle 135.317 dello stesso mese dello scorso anno, ovvero circa 37.000 immatricolazioni in più. Sempre a febbraio 2016, sono stati registrati 428.860 trasferimenti di proprietà di auto usate, con una variazione di +13,57% rispetto a febbraio 2015, durante il quale ne furono registrati 377.619. In attesa di vedere come reagirà il mercato, nei prossimi mesi, quasi tutti i marchi si godono un febbraio di successi, a partire da Fca, con Fiat che cresce del 33,77%, Lancia – Chrysler del 30%. In Italia, vola anche la Volkswagen che supera le polemiche e cresce del 30,03%. Con Audi in progresso del 36,37%, Skoda del 36,96% e Seat del 13,17%. Progressi, ma inferiori alla media del mercato, per Hyundai e Kia e per Volvo. Mentre Suzuki cresce del 33,82% e Mazda e Honda chiudono con un incremento a tre cifre. Infine, a febbraio le prime posizioni della top 10 parlano italiano, con quattro vetture FCA : Fiat panda, l’auto più venduta in Italia, seguita da Lancia Ypsilon, Fiat 500L e Fiat 500.

Fabio D’Amora

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V. Lanciano-Brescia: le impressioni dei protagonisti

Ecco il pensiero di Boscaglia sul match del “Biondi”: ” Fuori casa abbiamo perso spesso in maniera immeritata, come oggi. Il “Biondi” è caratterizzato da un  terreno di gioco dove è difficile giocare, inoltre, ci si è messo anche il vento. Da parte della mia squadra c’e stata la prestazione, ma è mancato il risultato. Loro hanno fatto goal su una nostra disattenzione, ed hanno badato solo a difendersi.”

Ecco le impressioni di Maragliulo: “Abbiamo fatto un’ottima partita contro una grande squadra, che non ricordo abbia avuto tante chance nel corso del match. Penso che oggi abbiamo disputato la migliore gara della mia gestione, e sono convinto che ci sono ancora ampi margini di miglioramento. Abbiamo iniziato bene, ed abbiamo controllato il match in maniera piuttosto agevole. Non segnamo su palla inattiva? Ci stiamo provando. Ci vorrà un po’ di tempo, ma sono sicuro che diventeremo pericolosi anche su azioni da fermo. Cerco di trasmettere sempre sensazioni positive ai miei ragazzi. Dobbiamo pensare ad una partita alla volta, cercando di fare punti contro ogni avversario.”

Alessio Cragno, trasportato in ospedale per accertamenti, ha eseguito una TAC cranica, la quale ha dato esito negativo.

 

 

Universiadi 2019: assegnate a Napoli e alla Campania

Arriveranno 15 mila persone solo tra atleti, organizzatori e addetti ai lavori. Le gare nell’ex nato a Bagnoli. La Regione investirà 20 milioni di euro

Le Universiadi del 2019 si svolgeranno a Napoli e in Campania. La decisione – si apprende a Napoli – è stata presa oggi a Bruxelles.

La candidatura di Napoli e della Campania è stata presentata nelle settimane scorse dal Presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, che lo scorso 9 febbraio ha illustrato la candidatura al Presidente del Consiglio Matteo Renzi.

Le Universiadi si svolgeranno nell’area dell’ex Nato. a Bagnoli. Secondo le prime stime, elaborate dagli ispettori della Fisu, la Federazione internazionale degli sponsor universitari, e da quelli del Cusi, il Centro universitario sportivo italiano, Napoli ospiterà 15 mila persone solo tra atleti, organizzatori e addetti ai lavori.

Sono 10 mila, in particolare, gli studiosi-atleti provenienti da più di 170 Paesi, che si cimenteranno in 14 discipline: atletica, basket, scherma, calcio, ginnastica artistica, ginnastica ritmica, judo, nuoto, immersioni, pallanuoto, tennis da tavolo, taekwondo, tennis e pallavolo.

Vincenzo De Luca, presidente della regione, ha annunciato per l’evento l’immediato sblocco di 20 milioni di euro: “Ristruttureremo impianti sportivi a Napoli e in tutta la regione, ci sarà un’occasione di rilancio mondiale per la città”, ha assicurato l’ex sindaco di Salerno.

Il sindaco de Magistris.  L’assegnazione delle Universiadi 2019 a Napoli e alla Campania, per il sindaco Luigi de Magistris significa questo: “É la prova evidente che la città di Napoli sia ritornata in testa a livello internazionale, sia per quanto riguarda la credibilità che la capacità attrattiva di eventi importanti”. É soddisfatto il primo cittadino di Napoli. “Abbiamo lavorato in tanti in questi giorni”, spiega, sottolineando come ad essere stata premiata sia stata la “città d’Europa che ha il più alto numero di giovani e che ha dimostrato una presenza giovanile di primo ordine se vediamo quello che fanno i giovani a Napoli o se guardiamo ai dati delle startup”. Una credibilità ed una capacità attrattiva, aggiunge, che “registriamo dai flussi turistici negli ultimi tre anni, dagli eventi culturali, sportivi, dalla forza che ha assunto la città grazie soprattutto ai napoletani” oltre alla credibilità derivante dalle proposte “che sono state messe in campo dalla Regione e dal Comune”. Napoli non è certo nuova ai grandi eventi, dice il sindaco che ricorda come “ha saputo dimostrare di poter organizzare eventi sportivi di livello internazionale come la Coppa America, la Coppa Davis, il Giro D’Italia” senza tralasciare il fatto che “Napoli si è già candidata ad ospitare eventi nel caso in cui le Olimpiadi 2020 dovessero essere assegnate a Roma”. Una città credibile, dunque, che ha già ospitato la visita del Papa, grandi concerti, e sulla quale poter investire: de Magistris, questo, lo sottolinea spesso. Una occasione, le Universiadi, “che consentiranno di avere risorse per migliorare impianti sportivi già esistenti e per investire in ulteriori impianti”, ribadisce il sindaco. Il tutto a Napoli “città dei giovani e dello sport”. Una sfida, “l’ennesima” che de Magistris non ha dubbio “noi e la città riusciremo ad affrontare”.

Il governatore De Luca: “Oggi a Bruxelles, la Federazione Internazionale degli Sport Universitari ha assegnato i giochi dell’estate 2019 a Napoli e alla Campania. Davanti ai delegati di tutto il mondo – sottolinea su Facebook il governatore della Campania – è stata accolta la nostra richiesta di ospitare unodegli eventi sportivi di rilievo planetario insieme alle Olimpiadi e ai Mondiali di Calcio”. “Un risultato straordinario – conclude – che ci impegna per i prossimi tre anni e per il quale dovremo essere all’altezza della sfida. Ringrazio Matteo Renzi per il sostegno dato alla candidatura, un ulteriore segno di grande attenzione per Napoli e per la Campania. Avremo anche l’appoggio del Coni e del presidente Giovanni Malagò nell’organizzazione dell’evento”.

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V. Lanciano-Brescia 1-0, il grande cuore frentano torna a battere

Con una rete di Ferrari nel primo tempo, il Lanciano piega il Brescia al termine di una partita giocata a viso aperto da entrambe le formazioni. Brescia poco brillante e concreto, al contrario dei frentani, cinici e lucidi fino alla fine. Tre punti d’oro per la formazione di Maragliulo, che ora crede veramente nella salvezza.

LA CRONACA – Il Lanciano cerca punti per la salvezza contro il Brescia di Boscaglia, nella gara valida per la nona giornata di ritorno del campionato cadetto. Maragliulo si affida al modulo 4-3-2-1, con Marilungo e Di Francesco sulla trequarti, alle spalle del terminale offensivo, Ferrari. Modulo 4-2-3-1 per le Rondinelle, con il bomber Geijo in avanti. Arbitra Aureliano di Bologna, in un pomeriggio grigio e ventoso.

Non ha tempo da perdere il Lanciano, che ha bisogno dei 3 punti come il pane. Buono, almeno per intensità, l’inizio frentano. Ma sono le Rondinelle ad avere la prima chance al 12′, con un’azione solitaria di Geijo, il cui tiro viene bloccato da Cragno.

Al 22′ corner del Brescia, deviazione pericolosa di un difensore frentano, che sfiora l’autorete. Al 25′ shot dalla distanza di Morosini, che si perde di poco sul fondo. Brivido per il Lanciano, che si ripete dopo un solo minuto, con Kupisz, che da ottima posizione non riesce a battere Cragno. Sul rovesciamento di fronte, è Di Francesco ad impegnare Minelli. La partita si sta accedendo.

Al 32′ arriva il vantaggio della Virtus Lanciano, con un terzo tempo vincente di Nicola Ferrari. V. Lanciano-Brescia 1-0. Al 34′ il tiro di Di Francesco viene respinto con qualche difficoltà da Minelli.

Al 35′ verticalizzazione di Ferrari per Vitale, la cui conclusione termina sul fondo. Al 40′ errato disimpegno difensivo da parte del Lanciano, che permette a Geijco di trovarsi a tu per tu con Alessio Cragno, il quale riesce a togliere la palla dei piedi dall’attaccante spagnolo, compiendo un intervento straordinario.

Nell’intervallo, arrivano brutte notizie per la V. Lanciano: il portiere Cragno, il quale si era infortunato nell’intervento compiuto su Geijo, non riesce a proseguire: il suo posto è preso da Casadei.

Al 48′ il tiro di Embalo dalla distanza è fiacco: Casadei non ha problemi. Al 50′ piazzato da posizione defilata da parte di Vitale, con Vastola che arriva sul secondo palo, senza, però, trovare il tap-in vincente. Intanto, il portiere Cragno viene portato via in ambulanza. La formazione frentana cerca di difendere il prezioso vantaggio, proponendosi anche con qualche ripartenze.

Al 66′ clamorosa chance mancata dal Lanciano per il raddoppio: Di Francesco serve dalla destra un ottimo pallone per l’accorrente Marilungo, che da zero metri si fa respingere il tiro da uno strepitoso Minelli.

Al 71′ shot di Morosini dalla distanza, con Casadei che respinge. Al 78′ tiro di Martinelli in area: proteste lombarde per un presunto fallo di mano, del tutto inesistente.

All’ ’80 colpo di testa di Morosini, con Casadei che riesce a salvare porta e risultato. Ancora Brescia all’83’, ma la conclusione di Bartoli si impenna sulla traversa. Nei 5′ di recupero, Brescia vicinissimo al pari, con Abate prima e Dall’Olio dopo. A nulla vale il forcing finale delle Rondinelle. Al “Biondi” termina con il punteggio di V. Lanciano-Brescia 1-0.

V. LANCIANO 4-3-2-1 Cragno (dal 46′ Casadei), Amenta, Bacinovic, Marilungo, Di Francesco (dal 76′ Turchi), Ferrari (dall’83’ Di Filippo), Rigione, Vastola, Vitale, Di Matteo, Rocca. All. P. Maragliulo.

BRESCIA 4-2-3-1 Minelli, Venuti, Caracciolo, Coly, Mazzitelli (dall’83’ Abate), Embalo (dal 60′ Bertoli), Geijo, Morosini, Martinelli, Kupisz (dal 60′ Dall’Olio), Calabresi. All. R. Boscaglia.

ARBITRO: Aureliano di Bologna

RETI: 32′ Ferrari,

AMMONITI: Vastola, Calabresi, Di Francesco

CHRISTIAN BARISANI

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Brasile, l’ex presidente Lula: “Pronto per le presidenziali del 2018”

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Dopo l’interrogatorio nell’ambito dell’inchiesta Petrobras critiche ai magistrati. “Un’offesa personale e alla democrazia”. Dilma a San Paolo per incontrarlo

SAN PAOLO – L’ex presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva, al centro di una inchiesta per presunta corruzione e prelevato ieri dalla polizia per andare a deporre, ha dato la propria disponibilità a candidarsi alle presidenziali del 2018.  “Mi offro come candidato, ho 70 anni ma ho ancora la voglia di un giovane di 30 e un corpo da atleta di 20. Quindi mi candido”, ha detto Lula parlando ad una platea di sindacalisti del settore bancario a San Paolo.

“Sono qui”. “Se cercate qualcuno che animi la truppa, sono qui”, ha aggiunto Lula, che si è anche definito “il miglior presidente della storia del Brasile e migliore presidente del mondo all’inizio del XXI secolo”. All’incontro erano presenti anche il presidente del Partito dei lavoratori, Rui Falcao, e il sindaco di San Paolo, Fernando Haddad. Lula, che ha infiammato la platea, ha anche duramente criticato i magistrati che ieri all’alba lo hanno mandato a prelevare a casa dalla polizia per portarlo a deporre nell’ambito del caso Petrobas. “E’ stata un’offesa personale, al mio partito, alla democrazia e allo stato di diritto”, ha detto.

Dilma a San Paolo. La presidente brasiliana Dilma Rousseff ha deciso di andare in giornata a San Paolo per portare personalmente la propria solidarietà al suo predecessore. Si è detta “indignata” per la misura coercitiva imposta a Lula. Ieri la polizia ha perquisito la casa e l’ufficio di Lula, nell’ambito dell’inchiesta sullo scandalo Petrobras (il caso lava jato, operazione autolavaggio). L’ accompagnamento coatto è stato disposto perché Lula si era rifiutato di andare a deporre: non è in stato di fermo, né di arresto. L’ex presidente è dichiarato di “non temere nulla”. Terminata la deposizione, l’ex presidente brasiliano Lula si è fatto accompagnare dagli agenti nella sede del Partito del lavoratori, nel centro di San Paolo. Davanti all’edificio lo hanno accolto un centinaio di sostenitori, con bandiere del partito di sinistra.

L’inchiesta Petrobras. L’inchiesta si avvicina sempre più sia a Lula che al suo successore, l’attuale presidente del Brasile, Rousseff, presidente del Consiglio di amministrazione di Petrobras negli anni dello scandalo. L’indagine prende il nome del colosso petrolifero statale Petrobas che ha distribuito oltre 2 miliardi di dollari in mazzette a politici del Partito dei Lavoratori, di cui Lula è stato leader.  Il nome di Lula è stato fatto da alcuni accusati che hanno deciso di collaborare in cambio di una riduzione di pena.

L’accusatore. Sergio Fernando Moro, 44 anni, sposato con un’avvocato, è il giudice federale ispiratore della Tangentopoli brasiliana che ha fatto finire in manette decine di politici di tutto l’arco costituzionale, imprenditori, manager pubblici e privati, faccendieri. Si ispira apertamente al pool milanese di Mani Pulite, di cui confessa di aver studiato con attenzione i metodi di lavoro.  E’ nemico del sistema politico tradizionale ed è diventato idolo dell’opposizione brasiliana di destra per la sua coraggiosa e spregiudicata inchiesta contro l’ex presidente Lula, mito vivente della sinistra, e contro la corruzione politica.