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Olimpiadi Rio 2016 : Lochte, il campione bugiardo

Ryan Lochte, 32 anni, è tornato negli Usa prima del provvedimento del giudice brasiliano

A Rio scoppia il caso Lochte. La storia della rapina ai nuotatori americani è totalmente inventata. Un video smentisce la versione del campione e mostra una rissa al distributore con gli uomini della sicurezza. Altro che pistola puntata alla testa: gli atleti nascondevano una notte brava.

Lochte e la rapina inventata. Il Brasile mette in scacco gli Usa GIANNI RIOTTA
Fermati all’aeroporto i compagni del nuotatore incastrato da un video. Altro che pistola puntata alla testa: nascondevano una notte brava
RIO DE JANEIRO La statua, gigantesca riproduzione dell’originale, vigila sul centro commerciale «New York City» e chissà se, al lume della fiaccola, sarà arrossita per quel che sull’Avenida lunga 40 chilometri han combinato quattro connazionali, viziati nuotatori Usa, a una modesta pompa di benzina.
Lochte & C.: niente rapina ma ubriachi e molesti

Compagni di bevute

La stazione di servizio, neon gialli e pubblicità birra Skol, è già meta di pellegrinaggi e selfie dopo una storia di menzogne che dice tutta la verità sui Giochi a Rio: troppi sono arrivati colmi di pregiudizi, presunzione, razzismo, che media bulimici hanno diffuso senza scrupoli. Ryan Lochte, nuotatore americano, dodici medaglie in carriera, sei d’oro, finite le gare la notte di domenica scorsa, con i compagni Conger, Bentz e Feigen, festeggia al party di Club France, si beve e si balla. Lochte, che sfoggia capelli ossigenati, non è nuovo alle bravate, in Italia ha devastato la camera d’albergo, riuscendo a metter tutto in sordina. L’aria di Rio risveglia nell’ex atleta dell’Università della Florida istinti da Animal House, studenti gonfi di birra immortalati dal grande Belushi.

Ubriaco fradicio, Lochte arriva alla Barra da Tijuca, un’alba tragica: «Ci fermano a un posto di blocco della polizia, ordinandoci di scendere. I miei compagni obbediscono, io no. Perché? Non ho fatto nulla di male». Un vero duro Ryan, un metro e 88 per 88 chili di muscoli, patriota di Rochester, New York, difende i diritti civili nel Brasile dei gangster. Il poliziotto-bandito incalza, «Mi punta un revolver alla fronte, solleva il cane, “Scendi”, “Come vuoi tu” rispondo». Gli atleti vengono derubati di 400 dollari, la gang scompare. Il giorno dopo mamma Lochte spiffera la vicenda, il Comitato Olimpico smentisce, poi fa marcia indietro. La stampa Usa investe Rio, Jeff Ostrow, avvocato di Lochte, tuona: «Rio? Un disastro, banditi ovunque, i ragazzi sono a rischio». Sally Jenkins, dall’autorevole Washington Post, rilancia: «La dissenteria infetta un velista… gli esperti temono epidemie… la pipì di Ryan Lochte è tenuta dall’antidoping di Rio più al sicuro di lui». Il giallo, però, non persuade tutti. Mauricio Savarese, reporter dell’Ap, ha già confutato le leggende urbane del viceconsole russo ucciso a pistolettate e dei cestisti cinesi presi a mitragliate, due invenzioni pure popolari anche in Italia.

Dov’è finito il taxista? Perché Lochte non ricorda ora e luogo della rapina? La polizia indaga, furiosa e perplessa, un puzzle che raccolgo via twitter @riotta: «I banditi non alzano il cane di un revolver da Far West, hanno pistole, non esitano ad usarle. Sola certezza quelli erano bevuti marci». La giudice Keyla Blanc de Cnop studia i filmati dei nuotatori che ritornano al Villaggio Olimpico, molto più tardi dell’ora dichiarata, rilassati. Lochte, reduce da un revolver alla fronte, giochicchia con le credenziali, solleticando un compagno, teen ager a 32 anni.

Una sfilza di bugie

Un duro? No, un bugiardo. La giudice, incredula, ordina di far scendere dall’aereo diretto negli Usa Conger e Bentz e sequestra il passaporto anche a Fenger. La rete tv Globo lancia il video della notte alla stazione di servizio, niente pistola, niente banditi. Lochte e compagni – confermano i testimoni – sfondano a calci la porta di un bagno, urinano in pubblico, sbraitano, barcollando per l’alcol. Quando gli addetti si accorgono del vandalismo, Lochte è colto dalle immagini mentre si allontana verso un taxi, mani dietro la schiena come uno scolaretto. Un custode lo affronta arrabbiato, il campione si adombra e reagisce, una guardia privata, temendo la rissa, estrae una pistola e ristabilisce la calma. Come nelle peggiori pagine del vecchio romanzo «The Ugly American», i quattro «Brutti Americani» cacciano 20 dollari e 100 reales (28 euro) per i danni.

La fuga negli Usa

Furbastro, Lochte se la svigna in America a nascondersi, lasciando i compagni nelle peste a Rio: in poche ore confessano, accusando – nessuno sa ancora il motivo – il platinato Lochte dell’assurda saga. Rischiano l’incriminazione per falsa denuncia e procurato allarme. L’ambasciata Usa è bombardata da mail indignate, lo studioso del Wilson Center Paulo Sotero, conclude: «Ogni pregiudizio esce rafforzato. Usa? Arroganti. Brasile? Violento». Rio, come tante metropoli, è violenta (un atleta inglese è stato davvero derubato), ma non merita calunnie. «Lochte non deve tornare», ammonisce Anderson Valentim della Polizia Militare, «quelli come lui non son benvenuti». Medaglie o no, il nuotatore farebbe bene, a seguire questo, incavolatissimo, consiglio.

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Pantelleria : il miracolo del passito

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Sudore a Pantelleria. Il lavoro dei vendemmiatori inizia all’alba. La temperatura può arrivare a 35 gradi, mentre nei tunnel dove le uve sono messe ad appassire può salire a 37

A Pantelleria inizia la raccolta delle uve più dolci e raffinate che esistano. Dal loro succo, e dal faticoso lavoro dei vendemmiatori, si ottiene il passito. Negli ultimi trent’anni questo vino è diventato l’unica grande difesa contro l’abbandono di una delle terre più belle d’Italia.

I vendemmiatori di Passito “Così difendiamo Pantelleria” FLAVIA AMABILE

È appena iniziata la raccolta delle uve di uno dei vini più famosi. La difficile coltivazione ha evitato all’isola un inarrestabile declino

«Il passito è il nostro sudore». Biagio si ferma e sorride. È il primo giorno di vendemmia a Pantelleria. Si ricomincia a raccogliere una delle uve più dolci e difficili che esistano. Dal suo succo, e dal sudore di quelli come Biagio, si ottiene un vino che in tanti hanno provato a imitare ma che solo su quest’isola riesce a restituire il Mediterraneo intero quando lo si versa in un bicchiere.

Il suo succo e il sudore di quelli come Biagio sono diventati negli ultimi trent’anni l’unica grande difesa contro l’abbandono di una delle terre più belle d’Italia. Dallo stilista Giorgio Armani all’attrice Carole Bouquet o la ballerina Alessandra Ferri, sono tantissimi ad averla scelta come rifugio. Ma questa bellezza non sarebbe così ben custodita se non ci fosse il Passito e se non ci fosse stata una grande famiglia siciliana ad innamorarsene e a decidere di investire le sue risorse sull’isola.

Era il 1989 quando Giacomo Rallo decise di acquistare ettari e ettari di giardini di viti abbandonati. Non sono viti qualsiasi. Sono alberelli alti al massimo dieci centimetri, posti su terrazze che dalla montagna vanno fino al mare: una tortura per chi decide di occuparsene, un immenso piacere per chi acquista il vino Passito, frutto di tanto lavoro.

Io, ex commerciante, oggi contadino orgoglioso tra le viti di Pantelleria

Nel primo giorno di vendemmia all’esterno ci sono trentacinque gradi, sotto i tunnel dove andrà stesa l’uva ad appassire si arriva anche a 37. Il lavoro è iniziato all’alba, una pausa per una merenda e per il pranzo, ma Biagio sorride. Ha 51 anni, fino al Duemila lavorava come carrozziere a Marsala poi ha scelto. «Molto meglio lavorare l’uva di Pantelleria. Preferisco stare in campagna al sole, piuttosto che chiuso in un’officina a respirare veleni che uccidono».

Stare in campagna al sole è un vero eufemismo. Biagio e un’altra decina di contadini sono arrivati il 16 agosto a Pantelleria e vi rimarranno anche per due mesi, finché non terminerà la vendemmia. Hanno famiglia a Marsala, a Palermo e in altre città della Sicilia: la rivedranno in autunno. In questi due mesi dovranno raccogliere quintali di uva. «Bisogna piegarsi per raccogliere ogni grappolo», spiega Biagio. Vuol dire chinarsi centinaia di volte, rimettersi dritti e eliminare gli acini marci, quelli già secchi e quelli che non hanno succo. Ci si china di nuovo per appoggiare con delicatezza il grappolo pulito in una cassetta e si passa al successivo.

Lo zibibbo diventa uva passita, ecco le tecniche che lo trasformano

Dopo una mattinata di lavoro le cassette vengono caricate su un camion e portate nei tunnel, delle serre aperte sui lati e coperte in alto per lasciar passare l’aria e proteggere dall’umido della notte. I grappoli vengono stesi su un graticcio e lasciati lì ad appassire. Dopo dieci giorni vengono girati per far asciugare bene ogni lato degli acini. Altri venti giorni circa di attesa, sperando che non piova. Da metà settembre in poi i grappoli sono pronti per essere portati in magazzino dove gli acini vengono staccati a mano dal raspo, uno per uno. Cuoccia a cuoccia, come dicono i contadini panteschi. Solo a questo punto, circa due mesi dopo la vendemmia, si può iniziare a estrarre il succo.

«Ma la vendemmia è una passeggiata. La vera fatica è in inverno», avverte Vincenzo. Ha 48 anni, da tre lavora a Pantelleria. Prima aveva una cartoleria a Marsala. L’ha lasciata alla moglie, serviva un altro stipendio per vivere in modo dignitoso e da queste parti lo zibibbo è una delle poche alternative possibili. Giacomo Rallo ha vinto la sua scommessa. Anche ora che non c’è più lui e a occuparsi di Donnafugata – l’azienda di famiglia – è il figlio Antonio, il Passito è un prodotto che riesce a dare lavoro ogni anno a 35-40 persone tutto l’anno che diventano 75 durante la vendemmia. Sessantotto ettari di giardini salvati dall’abbandono, venticinque chilometri di muretti a secco rimessi a nuovo, riducendo in misura notevole il rischio di frane in caso di piogge abbondanti. Le cifre dei Rallo acquistano anche maggiore importanza se si pensa che 50 anni fa i vigneti coprivano la metà dell’isola, oggi solo un decimo del suo territorio. E che a maggio un incendio doloso ha distrutto 600 ettari di bosco. «Un attacco alla natura e a un sistema già molto difficile da mantenere in equilibrio ma si può reagire», assicura Antonio Rallo. La prima reazione è avvenuta dalle istituzioni che hanno dato il via libera alla nascita del Parco Nazionale. La successiva è quella di imprenditori come Rallo che continua ad andare alla ricerca di giardini da salvare dall’abbandono o come Emanuela Bonomo che ha avuto diversi giardini distrutti ma non intende arrendersi.

Seguendo il Passito, insomma, si può trovare lavoro. A patto di accettare di diventare pendolari del mare: finita la vendemmia si va a casa ogni quindici giorni ma il resto del tempo si resta sull’isola. E se la delicata fase della vendemmia è «una passeggiata» il resto dell’anno trascorre potando sotto il vento sferzante dell’inverno, portando la pompa sulle spalle su e giù per le terrazze, zappando intorno a ogni vite per togliere l’erba e scavare le conche che permettono di raccogliere l’acqua per la pianta. Faticoso? Chi accetta finisce per appassionarsi. «Non farei nulla di diverso», afferma Ali, 65 anni, origini tunisine ma da quarant’anni in Italia fino a diventare il mastro dell’uva passita, uno dei capi indiscusso della complessa tecnica dell’asciugatura dello zibibbo.

«Sono orgoglioso di fare questo lavoro» – aggiunge Vincenzo – avevano scommesso che non ce l’avrei fatta, che sarei scappato dopo quindici giorni. Dopo tre anni sono ancora qui. E non intendo assolutamente andare via».

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Cairo chiede Sepe al Napoli: secco ‘no’ alla contropartita proposta al Napoli

I dettagli

Il complesso intreccio tra le società di De Laurentiis e Cairo, come riferisce Tuttosport, non è solo legato a Maksimovic e a Valdifiori. Il Toro cerca infatti un portiere, e tra un Gabriel in parola con il Crotone e un Sirigu che costa, si punta anche Luigi Sepe. Del portiere i due club hanno parlato qualche giorno fa, ma gli azzurri non vogliono infilare Padelli nella trattativa che potrebbe finire all’Atalanta, qualora dovesse arrivare Marco Sportiello.

VIDEO – A Siano (Sa), lo spettacolo notturno della pirotecnica Bruscella e Pellicani

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Il giorno 17 agosto, a Siano, in provincia di Salerno, la pirotecnica Bruscella e Pellicani da Modugno (Ba) ha deliziato con uno spettacolo pirotecnico notturno in onore di San Rocco, ma prima ascoltiamo i protagonisti ai nostri microfoni: dal comitato che ha deciso di scegliere questa ditta, ai protagonisti principali.

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dal nostro inviato, Gennaro Novellino

Mattarella rilancia l’Europa. ”È la politica, non le banche” – UGO MAGRI

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Nella lectio degasperiana, tenuta a Pieve Tesino, il presidente della Repubblica Mattarella nega che l’Ue possa esistere “sprovvista delle sue autentiche ambizioni”: «Non sono le banche o le transazioni commerciali che hanno determinato l’Unione, ma uomini politici e parlamenti lungimiranti».

Ce ne da testimonianza e nota Ugo Magri nell’articolo di oggi su la Stampa:

Mattarella rilancia l’Europa “È la politica, non le banche” UGO MAGRI – INVIATO A PIEVE TESINO (TN)

Il presidente: no a patti fra governi. Renzi e Ventotene: puntare sui giovani

La democrazia «è di tutti», tutte le opinioni vi hanno eguale cittadinanza, per cui i grandi cambiamenti richiedono tempo e tanta applicazione. «Bisogna attendere alle cose con tenacia e vigilanza, con la coscienza che debbono sempre maturarsi»: cita Alcide De Gasperi, il presidente della Repubblica, ma si capisce che pure lui la pensa così. Più volte, nella «lectio» sullo statista trentino tenuta nel paese natale, Sergio Mattarella insiste che i processi politici richiedono perseveranza. Il mondo non procede a strappi e la pazienza rappresenta la principale virtù democratica. A chi non sa aspettare, a quanti vogliono correre troppo in fretta o procedere a spallate, il Capo dello Stato ricorda le parole del drammaturgo e statista ceco, Vàclav Havel: «Il metodo democratico non è una griglia di parole crociate in cui vi è una sola soluzione corretta, ma qualche cosa di più complesso». Un invito all’equilibrio alla vigilia di appuntamenti politici delicati.

Un nuovo patriottismo  

Per i più giovani: Alcide De Gasperi fu uno dei padri della nostra Repubblica. Un vero patriota, ma con una «diversa idea di Patria». Non quella tronfia e bellicosa del fascismo, ma un patriottismo «sobrio, autentico e sentito». De Gasperi «aveva innato il senso di tempi dei processi di cambiamento», insiste il Presidente che svela un piccolo inedito: a un vicesegretario Dc (non lo dice, ma quasi certamente fu suo papà Bernardo) De Gasperi confidò alla vigilia del referendum tra monarchia e repubblica: perfino nel nostro partito «non si vuole comprendere che bisogna preparare la svolta senza che il carro si rovesci». Scegliere il momento giusto, in politica, è tutto. Idem adattarsi alle complessità. Per esempio, la democrazia non è sempre e per forza bipolarista, uno scontro muscolare tra destra e sinistra (come ci hanno raccontato per anni). De Gasperi «manifestava una visione “trialistica” della situazione italiana, con un centro democratico opposto a una sinistra e a una destra considerate anti-istituzionali». La realtà supera gli schemi, semplificare non sempre aiuta.

A proposito di De Gasperi e dell’Europa, Mattarella nega che l’Ue possa esistere «sprovvista delle sue autentiche ambizioni. Non sono le banche o le transazioni commerciali che hanno determinato l’Unione, ma uomini politici e parlamenti lungimiranti. Non sono le crisi che potranno distruggerla, ma solo la nostra miopia nel non riconoscere il bene comune». Bacchetta quanti pensano che tutto si possa risolvere con un bell’accordo tra governi.

Verso Ventotene  

Specie dopo quanto è accaduto con Brexit, «il metodo intergovernativo nelle decisioni non può surrogare il valore democratico delle istituzioni europee», sostiene il presidente, cui certo non è sfuggita un’intervista recente del tedesco Schaeuble, dove si sosteneva l’esatto contrario. Siamo alla vigilia di importanti appuntamenti e nessuno, nemmeno la Germania, può comportarsi da asso pigliatutto: serve condivisione. Lunedì prossimo a Ventotene è convocato un summit tra Renzi, Hollande e Merkel per discutere di economia, di crescita, di sicurezza, di migranti, di Brexit, e lì gettare le basi di una più stretta integrazione. Non si prevedono dichiarazioni finali, nessun nuovo «Manifesto» richiamerà quello europeista del 1944, ma il nostro premier considera egualmente l’appuntamento di Ventotene un’occasione da non perdere per gettare le basi dell’Europa futura: un’Europa dei giovani e per i giovani, è la speranza che filtra da Palazzo Chigi.

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Sacchi sul Napoli: “E’ una delle poche squadra che ha uno stile di gioco”

Le sue parole

Arrigo Sacchi ha rilasciato una lunga intervista alla Gazzetta dello Sport:

Le ragioni di questa superiorità della Juve?

“La società è avanti dieci anni rispetto alle avversarie. L’allenatore conosce perfettamente il calcio italiano: Allegri è un bravissimo tattico. I giocatori, individualmente, sono i migliori. Adesso devono diventare più “europei”, essere più propositivi nel gioco”

Si può spiegare meglio.

“Le squadre italiane, e la Juve non fa differenza, quando vanno in vantaggio tendono ad arretrare, a chiudersi, a difendere l’1-0. A me, invece, piacciono quelli che continuano a dominare, che fanno il loro gioco indipendentemente dal risultato. In Europa questa filosofia è vincente”

Certo che con Higuain là davanti e Pjanic a centrocampo sembra davvero imbattibile.

“Quand’è che in Italia capiremo che il gioco del calcio è un fatto collettivo? I singoli sono importanti soltanto se il collettivo funziona. Le posso raccontare un aneddoto?”

Prego.

“Quando ero dirigente del Real Madrid Alfredo Di Stefano, mica uno qualunque, mi disse: “Abbiamo i migliori calciatori del mondo, ma facciamo il gioco peggiore”. Aveva ragione: undici fuoriclasse, se non c’è uno spartito, non vanno da nessuna parte”

Torniamo a Higuain e Pjanic.

“Con questi acquisti la Juve ha preso due grandi giocatori e ha indebolito le dirette concorrenti. Ora vediamo se funzionano. Io, ad esempio, ho una curiosità”

Quale?

“Voglio valutare quanto Higuain mancherà al Napoli e quanto il gioco del Napoli mancherà a Higuain. Non è un dettaglio da sottovalutare”

E il Napoli senza Higuain?

“Tutto da scoprire. Si parte, però, da una certezza: Sarri. E’ un allenatore bravissimo, anche se i miracoli li fa soltanto il Signore… Diciamo che a livello individuale ha perso qualcosa, però sul piano del gioco può continuare a stupire. Vede, il Napoli è una delle poche squadre italiane che ha uno stile. Significa che, quando la guardo, riconosco la mano del tecnico, ha un’identità ben precisa. A Napoli il salto di qualità deve farlo l’ambiente”

Inferno ad Aleppo

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Un camionicino gira per le strade deserte e fra le macerie delle case di Aleppo Ovest continuamente bersagliata da aviazione e artiglieria

L’Onu lancia l’allarme: «Ad Aleppo si rischia una tragedia senza precedenti». Chiede lo stop immediato dei bombardamenti ma per ora la Russia concede solo 48 ore di tregua ogni settimana. La foto del piccolo Omran, cinque anni, coperto di sangue dopo essere stato estratto dalle macerie di una casa colpita dalle bombe, è un simbolo dell’inferno di fuoco in cui sono imprigionati i civili.

Ce ne da testimonianza e nota Giordano Stabile nell’articolo di oggi su la Stampa:

Aleppo, l’Onu strappa a Mosca un accordo su 48 ore di tregua GIORDANO STABILE – INVIATO A BEIRUT

De Mistura: “Ci sarà una pausa tutte le settimane per portare in città gli aiuti”. Pressing anche sugli Usa per frenare gli insorti. E Damasco bombarda i curdi

Una prova di forza per salvare Aleppo. Con i raid russi che partono anche dall’Iran, un diluvio di fuoco che sta stroncando la controffensiva ribelle sotto le macerie della città, con i gruppi armati vicini alla Turchia inquieti per le mosse di Erdogan e pronti al tutto per tutto, l’Onu ha dovuto forzare la mano e strappare una tregua a Mosca dopo un negoziato durissimo. Anzi una serie di tregue, due giorni ogni settimana, in tutte le zone assediate della Siria. Per fermare le bombe e premere su Washington perché freni la rabbia degli insorti.

Mentre gli occhi del mondo erano puntati sul piccolo Omran Daqneesh, salvo per miracolo dopo la distruzione della sua casa, l’inviato dell’Onu Staffan de Mistura ha ingaggiato il duello con i negoziatori russi. Ha sbattuto la porta e chiuso in 8 minuti una riunione del comitato a guida russo-americana sulla «riduzione del conflitto». Ha denunciato il fallimento dei convogli umanitari, nemmeno uno arrivato nell’ultimo mese nelle città strozzate dagli assedi. Ha detto basta a «offensive, controffensive, razzi, barili bomba, mortai, napalm, cloro, cecchini, bombardamenti e attacchi suicidi». Mentre anche la Ue, con l’Alto rappresentante Federica Mogherini, alzava la voce: «Stop alle bombe».

Dietro le quinte, è partita la trattativa. I russi hanno offerto 3 ore di tregua. De Mistura ha chiesto 7 giorni. Alla fine, il compromesso. Due giorni. Ma ogni settimana. Cibo e medicinali ad Aleppo Est, circondata dai governativi ma anche nella zona Ovest, sotto i missili e i razzi dei ribelli. A Madaya e Zabadani, città strette nella morsa dell’esercito, così come a Foua e Kafraya, sotto il fuoco degli insorti, dove non arrivano aiuti da 110 giorni. Ma è ad Aleppo che si gioca tutto. Il generale Igor Konashenkov, portavoce del ministero della Difesa russo, ha garantito che sarà riaperta la Castello road per far passare i convogli verso i quartieri orientali.

Per chiudere quell’unica via di rifornimento esercito e milizie sciite hanno combattuto per settimane e perso centinaia di uomini. Gli insorti, uniti nel fronte Jaysh al-Fatah al-Halab, a cui si è unita anche l’ex Al-Qaeda siriana passata con i moderati, hanno reagito con la più grande controffensiva in 5 anni e aperto un altro corridoio, a Sud-Ovest, nella zona delle scuole militari di Ramouseh. Ma non è praticabile, sotto il fuoco continuo dei militari di Bashar al-Assad.

Ora gli insorti vogliono allargare a tutti i costi il corridoio. Damasco e Mosca rispondono con una campagna aerea senza precedenti. I Su-34 e Tu-22 decollano anche dall’Iran e il numero dei raid è raddoppiato. L’Onu teme la distruzione totale di Aleppo. E teme che gli insorti sfuggano di mano. La Turchia del dopo tentato golpe è un’incognita. Tanto che gli Stati Uniti stanno valutando se ritirare dalla base di Incirlik le 60 testate nucleari tattiche lì custodite.

Anche i ribelli, a partire da Ahrar al-Sham, creatura di Ankara, non si fidano più. Temono un accordo Erdogan-Putin-Assad. I bombardamenti con razzi su Aleppo Ovest si sono moltiplicati. Come i segnali di un ribaltamento delle alleanze. Ieri per la prima volta l’aviazione di Damasco ha compiuto un raid sui guerriglieri curdi dello Ypg. Gli stessi che con l’appoggio Usa hanno cacciato l’Isis dal Nord della Siria e si sono ritagliati un embrione di Stato indipendente, il Rojava.

Gli aerei di Assad hanno cercato di decapitare lo Ypg ad Hassakah, la città più importante del Kurdistan siriano, forse ucciso il comandante Munir Mohamad. Uno choc. In 5 anni di guerra Assad ha concesso molto ai curdi, purché non si schierassero con i ribelli. Ad Aleppo governativi e Ypg combattono fianco a fianco nel quartiere Sheikh Massoud. Ma ora Mosca e Ankara stanno cercando un accordo. E Assad è disposto a bombardare i curdi in cambio della fine degli aiuti agli insorti. Erdogan chiede di più: un intervento di terra turco, ieri evocato dal ministro degli esteri Mevlut Cavusoglu, per stroncare il nascente Rojava. Impensabile. Ma tutto si muove velocemente, in Siria.

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Gli angeli di Aleppo: bimbi che vivono nel terrore

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Omran, 5 anni, all’interno di un’ambulanza dopo essere stato estratto dalle macerie di una casa ad Aleppo. Accanto a lui c’è un’altra bimba

La foto del piccolo Omran, cinque anni, coperto di sangue dopo essere stato estratto dalle macerie di una casa colpita dalle bombe, è un simbolo dell’inferno di fuoco in cui sono imprigionati i civili. L’Onu lancia l’allarme: «Ad Aleppo si rischia una tragedia senza precedenti». Chiede lo stop immediato dei bombardamenti ma per ora la Russia concede solo 48 ore di tregua ogni settimana.

Ce ne da testimonianza e nota Domenico Quirico nell’articolo di oggi su la Stampa:

Omran e quegli altri angeli simbolo di un orrore senza limite DOMENICO QUIRICO

La foto del piccolo coperto di polvere e sangue dentro un’ambulanza è l’immagine della rassegnazione a cinque anni di conflitto

Omran, 5 anni, siede in un’ambulanza, coperto di polvere e sangue. È stato appena estratto dalle macerie di una casa bombardata ad Aleppo. I bambini, parliamone prima che la cosa diventi inutile, dato che in un luogo come la Siria anche gli innocenti sono una preda troppo preziosa per non suscitare la gelosia del destino. Viviamo in un mondo in cui tutto è perpetuamente minacciato da qualcosa. Penso che sia sempre stato così, ma mai come ad Aleppo, città di tribolati, lo è stato in modo così tangibile.

Sulla soglia, appena, del nuovo millennio e nella confusione che spesso accompagna i secoli che debuttano, la vita dei più piccoli diviene ciò che si vuole: un’arma, uno strumento di propaganda, un particolare inutile, un bersaglio perfetto, una provocazione, un dettaglio, un peso. Che volete che siano i bambini quando, come avviene in Siria, i morti si contano a centinaia di migliaia? Eppure ogni bambino è unico. Ognuno di loro che scompare nei quartieri accartocciati di questa città non di pietre e cemento ma di carne e di sangue.

Sul volto del piccolo Omran, salvato dalle bombe, l’orrore della guerra

Una città di cui, in cinque anni, ho ascoltato, quasi fisicamente, il respiro farsi più flebile, spegnersi, quartiere dopo quartiere, come se la vita a poco a poco cedesse parti del corpo al silenzio della morte. Ognuno di loro si porta via con sé un mondo che non era mai stato visto come l’aveva visto lui in quel suo breve tempo e che come l’aveva visto lui non si ritroverà mai.

La foto del bambino di Aleppo ci può aiutare a capire quello che non abbiamo compreso in cinque interminabili anni di guerra? Non lo so. Nell’immagine è lì, solo, che sogna forse una madre o un fratello che l’accarezzi per fugare in lui il timore dell’universo, che gli dia una casa dove nascondersi e dormire. In una città dove non ci sono più case ma solo rovine! Tu, voi siete i bambini di Aleppo, i bambini siriani. Avevano mani piccole come quelle di tutti i bimbi del mondo che cominciavano ad acciuffare le cose, voci che scalfivano simili a schegge di vetro i rumori della casa. Le loro mamme piangevano per un taglio che si erano fatti sulla punta di un dito e i padri li sgridavano fino ad adirarsi.

Poi… poi nel 2012 li ho visti in una casa ad Hadariya, quartiere di Aleppo, con una grigia, sporca, torbida luce incominciava l’alba quando le bombe arrivarono. Avevano le gole e il petto squarciati. Non dico i nomi: ho pudore. Ecco: la Siria della guerra. Scompigliata, torbida, strisciante, spietata, miserabile. Dove era il demonio, non dio. Dio era da calpestare. E la Rivoluzione, sogni di gioventù e il cervello disseccato nei sogni!

Credevano che fosse un gioco quando per la prima volta li hanno presi nei lettini per fuggire, per metterli in salvo; se non avessero sentito le madri urlare più del giorno in cui li hanno partoriti. Allora si sono messi a piangere ma solo perché lei piangeva e loro erano soliti imitarla spontaneamente in tutto quello che la vedevano fare. Poi hanno capito che si trattava di questo, di morire.

La morte è stata per voi come un cuneo di verità nel soffice non sapere dell’infanzia, vi ha strappato l’ingenuità come una benda dagli occhi e avete visto forse in un lampo tutti i dolci anni che la guerra vi toglieva: l’amore delle ragazze sulle colline di Aleppo dolci di ulivi, le feste alla moschea, le notti di luna nella città vecchia il profumo di dolci e di pane.

Vogliono trasformarvi in simboli, ora, delle nostre viltà, delle nostre rassegnazioni, delle minacce di naufragio della Storia, dei viandanti sperduti, di coloro che perdono sangue, dei figli senza più madre e delle madri senza più figli, degli uomini senza più casa né pane né dio. Forse ci riusciranno, purtroppo. Ma in realtà il bambino di Aleppo è solo. E guai oggi a chi è solo.

I primi che ho incontrato cinque anni fa ad Aleppo erano già moribondi, trasportati in lenzuola e coperte, improvvisate barelle della disperazione, pochi stracci, carne sfortunata, occhi pieni di buio, in un ospedale dove spazzavano il rivolo di sangue dal pronto soccorso nella strada con una scopa: come se fosse acqua sporca. Carni straziate da frammenti di mortaio, da shrapnel, da schegge di edifici crollati su di loro.

Dove è il limite? Mi ero chiesto allora davanti a quei corpi. Ora ho la risposta. Non c’è. Da tempo il troppo in là è stato valicato. Allora, come fare oggi per dare scandalo, per richiamare le coscienze alla decenza della pietà che si fa azione, rimedio, scelta? Domanda assurda. La foto del bambino, come quella di Aylan, il piccolo naufrago di Kos, non basterà, non c’è più argomento che sia in grado di farlo ad Aleppo. Quello che ci scandalizzava cinque anni fa è diventato silenziosamente un punto di partenza. Ed è dal punto di orrore in cui si è arrivati ieri che oggi si prende la rincorsa. Quel bambino è solo il termometro della nostra ipocrisia.

E poi gli altri, i bambini delle zone tenute dagli assassini di Dio, gli islamisti. Trasformati, diversi. La loro giovane età si era calcificata come un enorme guscio di testuggine e il loro cuore era bello e duro come un corallo. Essi dicevano Allah e il profeta e la guerra santa come citassero articoli del codice penale, per loro Dio era un libro guerriero e l’uomo una cosa a cui non avevano tempo di pensare. Già mummie superstiziose. Impugnavano armi affidate loro dai padri, mostravano scene di massacro del Nemico come fossero sequenze di un gioco, in uno sprizzare di parole dure e inesorabili contro di me, l’infedele, l’impuro, il Nemico. Derubati della ebbrezza dell’infanzia, di quella prima saggezza innocente assassinata dalla bugiarda sapienza di poi.

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vivicentro/Gli angeli di Aleppo: bimbi che vivono nel terrore
lastampa/Omran e quegli altri angeli simbolo di un orrore senza limite

L’Odg Campania e l’Ussi contro De Laurentiis: “Conferenze a tutta la stampa”

Il comunicato

L’Ordine dei Giornalisti della Campania e il Sindacato dei Giornalisti campani hanno risposto alla decisione del Napoli di non aprire le porte di Castel Volturno per le consuete conferenze a tutta la stampa:L’Ussi della Campania – Gruppo ‘Felice Scandone’ – apprende con sbigottita costernazione l’ultima novità in casa Calcio Napoli dove le conferenze stampa dell’allenatore saranno gestite, a partire da ora, come una cena a casa del presidente alla quale è lecito invitare solo ospiti graditi. Sul sito della società è apparsa oggi una breve nota che rappresenta una pietra tombale alla libertà di stampa. ”Da questa stagione – spiega il Calcio Napoli – agli incontri con i media di Maurizio Sarri, allenatore della nostra prima squadra, potranno partecipare i giornalisti delle testate direttamente invitate dalla Società Sportiva Calcio Napoli”. È facile ipotizzare che gli inviti saranno riservati ai soli giornalisti ‘graditi’ mentre quelli ritenuti ‘antipatici’ saranno costretti a non poter assistere ad una iniziativa che, pur svolgendosi in un luogo privato, ha tutte le connotazioni di un evento di pubblico interesse, circostanza che, evidentemente il Calcio Napoli finge di non capire. Di fronte ad un attentato così grave alla libertà di stampa, l’Ussi della Campania chiede un tempestivo e severo intervento della Lega Calcio ed al tempo stesso auspica sin da ora che i colleghi che avranno il privilegio di essere invitati, disertino le conferenze stampa in segno di solidarietà con i giornalisti meno graditi al Calcio Napoli ai quali sarà preclusa la possibilità di esercitare il proprio lavoro. Sulla decisione del Napoli sono intervenuti anche l’Ordine dei giornalisti della Campania e il Sindacato unitario dei giornalisti della Campania, che “stigmatizzano” la decisione del Calcio Napoli di “limitare la partecipazione agli incontri con i media alle sole testate invitate dalla società sportiva”. L’Ordine e il Sindacato dei giornalisti, prosegue la nota, “ricordano” al Napoli che “la partecipazione alle conferenze stampa, dell’allenatore o della società, va sempre garantita a tutto il mondo dell’informazione, carta stampata, tv, radio e siti web”. “Ciò – conclude la nota – in ossequio al fondamentale principio democratico del pluralismo informativo e contro ogni forma di discriminazione”.

Mai chiesta la cessione, Hamsik ha detto si ad un rinnovo inferiore alle cifre di Higuain

I dettagli

La Gazzetta dello Sport scrive su Marek Hamsik: “Una storia romantica quella di Hamsik in maglia azzurra e che sembra destinata a durare sino alla fine della carriera del talento con la cresta visto il rinnovo quadriennale (con opzione fino al 2021) appena siglato grazie anche alla bravura del suo storico agente Venglos. Lo slovacco, infatti, ha ricevuto un aumento di ingaggio che lo porterà a guadagnare circa 3,5 milioni a stagione. Una cifra considerevole ma, per fare un esempio non casuale, molto lontana da quella che percepiva Higuain. Il rapporto tra Hamsik e De Laurentiis, infatti, va oltre l’aspetto economico: si basa su fiducia e stima reciproca. il presidente stravede per Marek anche in virtù del profilo basso che quest’ultimo ha sempre saputo mantenere. Quanto importanti economicamente siano state le offerte arrivate a De Laurentiis può saperlo solo il presidente, di certo il Milan si era fatto avanti in modo concreto e la Juve lo scorso anno ha provato a portarsi Marekiaro a Torino. Il presidente del Napoli non ha mai voluto ascoltare le sirene del mercato, Hamsik non ha mai spinto per essere ceduto”.

Accettata la maxi offerta per Diawara

I dettagli

La stretta finale per la cessione di Amadou Diawara al Napoli è giunta: Il Mattino riferisce che è stata accettata l’offerta del Napoli di 17 milioni pagabili in 24 mesi dal Bologna. Ieri il presidente onorario dei felsinei Gazzoni Frascara si è anche sbilancianto in diretta radio: “Credo che nei prossimi giorni Diawara sarà un giocatore del Napoli”.

25mln più Valdifiori, Toro e Napoli vicini su Maksimovic

I dettagli

Secondo La Stampa, ci sarebbe stato un riavvicinamento tra Napoli e Torino per Maksimovic con De Laurentiis che si è giocato la carta Mirko Valdifiori: la nuova offerta del club partenopeo sarebbe di 25 milioni più il cartellino di Valdifiori (valutato tra i 4-5 milioni). Cairo sembra aprire uno spiraglio e lunedì sarà il giorno decisivo.

Zaza vuole il Napoli, può firmare nell’ultima settimana

I dettagli

Continua la caccia al bomber in casa Napoli e Il Mattino riferisce che il Napoli e la Juve si sono dati appuntamento all’ultima settimana di mercato per tornare a parlare di Simone Zaza. L’attaccante è un profilo gradito a Sarri, ma una pausa di riflessione è necessaria, anche in vista della giornata di campionato.

VIDEO – A Siano (Sa), lo spettacolo notturno della pirotecnica F.lli Romano

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Il giorno 17 agosto, a Siano, in provincia di Salerno, la pirotecnica F.lli Roman da Angri (Sa) ha deliziato con uno spettacolo pirotecnico notturno in onore di San Rocco, ma prima ascoltiamo i protagonisti ai nostri microfoni: dal comitato che ha deciso di scegliere questa ditta, ai protagonisti principali.

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dal nostro inviato, Gennaro Novellino

In Alaska cambia il clima e un villaggio, Shishmaref, si sposta

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Shishmaref: il villaggio si trova sull’isola di Sarycev, nel mare dei Ciukci

Shishmaref, a nord dello stretto di Bering, finirà inghiottito dal mare. In meno di trent’anni, infatti, le onde hanno eroso oltre un chilometro di costa. Gli abitanti corrono ai ripari e decidono – con un referendum – di lasciare le terre che abitano da 500 anni. Ma il problema è trovare i fondi.

Ce ne da testimonianza e nota Nadia Ferrigo nell’articolo di oggi su la Stampa:

Shishmaref, il villaggio dell’Alaska che trasloca per non sparire NADIA FERRIGO

Il mare ha eroso un chilometro di costa, gli abitanti con un referendum decidono di spostare le loro case. Ora il problema è trovare i fondi

Il nonnetto protagonista di «Up», capolavoro firmato Pixar, salva il suo vecchio cottage dalla demolizione grazie a una nuvola di palloncini gonfiati a elio. Peccato sia una buona idea giusto in un cartone animato. Anche gli abitanti del villaggio di Shishmaref, a nord dello stretto di Bering, sono alle prese con lo stesso problema: se non trovano il modo di traslocare case ed edifici, si dovranno presto rassegnare e lasciare che vengano inghiottiti dal mare. La decisione di spostarsi in un posto più sicuro, anche se significa abbandonare le terre che abitano da 500 anni, è stata presa dalla popolazione con il primo referendum del genere indetto negli Stati Uniti: i «sì» hanno vinto contro i «no» per 89 voti a 68.

In Alaska le conseguenze del cambiamento climatico minacciano circa 200 villaggi: l’aumento delle temperature assottiglia e scioglie il permafrost, strato ghiacciato che sostiene circa l’80 per cento del territorio del Paese. Shishmaref si trova su una piccola isola costiera e i suoi abitanti, per lo più eschimesi Inupiat, per secoli hanno vissuto di pesca e caccia alle foche, ma avventurarsi tra i ghiacci è sempre più rischioso: in meno di trent’anni le onde hanno eroso oltre un chilometro di costa. «Dal 2000 a oggi abbiamo dovuto spostare tredici case da una parte all’altra del villaggio – ha spiegato Esau Sinnock, 19 anni, attivista e ambientalista -. Non possiamo fare nulla, dobbiamo andarcene: nel giro di due decenni l’intera isola sarà spazzata via». Stabilito che spostarsi è il male minore e ancor prima di decidere dove, il problema più grande è trovare i fondi per traslocare la cittadina.

Nel 2003 il governo americano commissionò un’indagine sui villaggi a rischio al Governement Accountability Office, sezione investigativa del Congresso degli Stati Uniti. Nel report, aggiornato l’ultima volta nel 2009, viene stilata una lista di trentuno villaggi nativi che rischiano di scomparire per colpa dei cambiamenti climatici. Per quattro di questi – Kivalina, Koyukuk, Newtok e Shishmaref – il responso è stato assolutamente chiaro: per sfuggire all’avanzata del mare, avrebbero dovuto spostarsi «il prima possibile». Muri e barriere non servono a nulla, così sono state valutate le possibili opzioni per la ricollocazione e individuata una zona circa quindici miglia più a Sud.

Negli anni il villaggio ha ricevuto dei contributi per i danni causati dagli allagamenti, che nella brutta stagione arrivano a sommergere le case, ma non esistono programmi di assistenza per il trasloco di intere città: nel report anche questo punto viene sottolineato con chiarezza. «Nel 2006 il costo stimato era tra i 100 e i 200 milioni di dollari – ha commentato Donna Barr, che fa parte del consiglio comunale della città -. Oggi sarà decisamente più alto. E non abbiamo idea di come fare». Ora la sfida da affrontare è trovare i soldi per il primo trasloco di massa della storia.

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lastampa/Shishmaref, il villaggio dell’Alaska che trasloca per non sparire Nadia Ferrigo

Olimpiadi Rio 2016 – Pallanuoto femminile, finale : Setterosa, contro gli Usa per la “mission impossibile”

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Con tutti gli obiettivi prefissati ormai raggiunti, al Setterosa non resta che sognare: oggi la nazionale italiana di pallanuoto femminile, forte di una medaglia ormai già in tasca, affronterà gli Stati Uniti d’America nella finale del torneo delle Olimpiadi di Rio 2016. Le americane, grandi favorite della vigilia, sono battibili? 

A guardare i numeri, parrebbe proprio di no: le ragazze a stelle e strisce hanno dominato ogni singolo incontro per cui sono scese in vasca a Rio 2016. Nel girone surclassate con irridente facilità Cina, Ungheria e Spagna, con queste due squadre che alla vigilia potevano candidarsi come serie candidate per il podio. Nella fase ad eliminazione diretta il quarto di finale con il Brasile è sembrato più un allenamento, mentre in semifinale è stata ancora l’Ungheria a capitolare sotto i colpi della Steffens e compagne, quadrate e sempre in pieno controllo della partita.

Nel corso degli anni, l’oro olimpico sembrava quasi essere diventata una maledizione: argento a Sydney 2000, bronzo ad Atene 2004, ancora argento a Pechino 2008. Il successo è finalmente arrivato a Londra 2012, in un periodo storco in cui la squadra statunitense faticava a salire sul podio a livello mondiale, obiettivo fallito sia nella rassegna iridata del 2011 che del 2013. Nel 2015, però, sono tornate a vincere e convincere, dimostrando di essere la squadra più forte del mondo. 

Dal canto suo, l’ultima edizione del Setterosa probabilmente non è mai stata così completa, determinata e in condizione, fisica quanto mentale. Trascinate da un’Arianna Garibotti da Mvp, le azzurre fino ad ora hanno superato tutti gli ostacoli con un percorso netto nonostante qualche brivido di troppo nel finale della partita contro la Russia, anche se il risultato non è mai stato veramente in bilico. La squadra guidata magistralmente dal Ct Fabio Conti ha trovato il perfetto equilibrio in difesa quanto in attacco e proprio dalla propria metà vasca è in grado di costruire le vittorie.

Se sulla carta la nazionale italiana sembra spacciata, proprio la consapevolezza di un’ipotetica inferiorità potrebbe essere il punto di forza di una squadra umile e che non ha bisogno di eccessi o frivolezze. Una squadra solida, come è il Setterosa, può trarre vantaggio da una situazione che di fatto le toglie ogni responsabilità. La medaglia olimpica era, senza mezzi termini, l’obiettivo della spedizione: l’oro sarebbe solo il coronamento del sogno più entusiasmante nella carriera di ogni atleta, ma non è nè una necessità nè tantomeno un’ossessione come lo è per la squadra avversaria. Da qui le 13 azzurre possono provare a sovvertire il pronostico: “Mission Impossibile”? Forse sì, ma non per questo Setterosa.


In Italia è la Rai che detiene i diritti in esclusiva per la trasmissione delle gare olimpiche: tre i canali che garantiranno una copertura completa degli eventi. 

Rai 2 come canale olimpico di riferimento, dedicato in particolare agli atleti azzurri.
Su Raisport 1 la diretta delle discipline individuali, come atletica, nuoto, tuffi, scherma, pugilato e ginnastica.
Raisport 2, invece, si concentrerà sugli sport di squadra come basket, volley, beach volley, calcio, pallanuoto e rugby.

La copertura quotidiana comincerà alle 14 ora italiana e terminerà intorno alle 5.30 del mattino successivo

vivicentro.it/sport/Olimpiadi Rio 2016   –  Stanislao Barretta/redazione sportiva – gianluca.santo@oasport.it

Twitter: @Santo_Gianluca

VIDEO – A Siano (Sa), lo spettacolo notturno della pirotecnica Russo-Albano

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Il giorno 17 agosto, a Siano, in provincia di Salerno, la pirotecnica Russo-Albano da Melito (Na) ha deliziato con uno spettacolo pirotecnico notturno in onore di San Rocco, ma prima ascoltiamo i protagonisti ai nostri microfoni: dal comitato che ha deciso di scegliere questa ditta, ai protagonisti principali.

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dal nostro inviato, Gennaro Novellino

VIDEO – A Siano (Sa), lo spettacolo notturno della pirotecnica Giuseppe e Ciro Scudo

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Il giorno 17 agosto, a Siano, in provincia di Salerno, la pirotecnica Giuseppe e Ciro Scudo da Ercolano (Na) ha deliziato con uno spettacolo pirotecnico notturno in onore di San Rocco, ma prima ascoltiamo i protagonisti ai nostri microfoni: dal comitato che ha deciso di scegliere questa ditta, a Giuseppe e Ciro Scudo.

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dal nostro inviato, Gennaro Novellino

VIDEO – A Siano (Sa), lo spettacolo notturno dell’Artificiosa dei F.lli Di Candia

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Il giorno 17 agosto, a Siano, in provincia di Salerno, l’Artificiosa dei F.lli Di Candia da Sassano (Sa) ha deliziato con uno spettacolo pirotecnico notturno in onore di San Rocco.

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dal nostro inviato, Gennaro Novellino

Olimpiadi Rio 2016 – Taekwondo 68 kg (M), l’oro alla Giordania

I dettagli

Questo il tabellone degli ottavi di finale dei 68 kg – (M) Taekwondo, con i risultati e i rispettivi qualificati ai quarti di finale:

DENISENKO Alexey (RUS) b. CONTRERAS Edgar (VEN)
TAZEGUL Servet (TUR) b. MORALES Ignacio (CHI)
ROBAK Karol (POL) b. DIEYE Balla (SEN)
ACHAB Jaouad (BEL) b. KASSMAN Maxemillion (PNG)
LEE Daehoon (KOR) b. BOUI David Sylvere Patrick (CAF)
ABUGHAUSH Ahmad (JOR) b. AHMED Ghofran (EGY)
GONZALEZ BONILLA Joel (ESP) b. GRGIC Filip (CRO)
PUREVJAV Temuujin (MGL) b. GUTIERREZ MACEDO Saul (MEX)
Questi gli accoppiamenti dei quarti di finale:
DENISENKO Alexey (RUS) b. TAZEGUL Servet (TUR)
ACHAB Jaouad (BEL) b. ROBAK Karol (POL)
ABUGHAUSH Ahmad (JOR) b. LEE Daehoon (KOR)
GONZALEZ BONILLA Joel (ESP) b. PUREVJAV Temuujin (MGL)
Questi gli accoppiamenti delle semifinali:
DENISENKO Alexey (RUS) b. ACHAB Jaouad (BEL)
ABUGHAUSH Ahmad (JOR) b. GONZALEZ BONILLA Joel (ESP)
Oro – Abughaush Ahmad Giordania
Argento – Denisenko Alexesy Russia
Bronzo – Gonzalez Bonilla Joel Spagna
Bronzo – Lee Daehoon Corea del Sud