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Concorsone scuole: è strage di candidati

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Tra le proteste degli esclusi e dei sindacati, i concorsi a cattedra per gli insegnanti fanno strage di candidati. La selezione è più severa del solito perché in palio non ci sono punteggi ma posti di lavoro. La qualità del sistema scolastico ha tutto da guadagnarci. Ma valutare bene non è né facile né a basso costo.

Una selezione più severa degli insegnanti. Succede nei concorsi a cattedra per i docenti delle scuole. Perché in palio non ci sono semplici punteggi ma posti di lavoro. Gli esclusi protestano, ma una valutazione più rigorosa va a tutto vantaggio della qualità dell’insegnamento.

Sui giornali irrompe la polemica sui concorsi a cattedra per i docenti delle scuole primarie e secondarie. Dai dati pubblicati risulterebbe che nella scuola secondaria il tasso di bocciatura (misurato dalla non ammissione alla prova orale) è di circa il 55 per cento, per salire al 77 per cento nella scuola primaria e dell’infanzia. I sindacati cavalcano la protesta dei docenti esclusi. Un polverone che nasconde alcune importanti questioni e alcuni effetti positivi che potrebbero derivare dalle nuove procedure concorsuali.

Qui in palio ci sono posti di lavoro veri

Vediamo di ripercorrere alcuni aspetti che non ci sembra siano stati adeguatamente sottolineati. Innanzitutto si rimette in moto il sistema dei concorsi a cattedra avviato nel 2012 (in precedenza ve ne era stato un altro nel 1999), dove in palio ci sono posti di lavoro e non solo punti di cui avvantaggiarsi nelle graduatorie. Non si tratta di una differenza banale, sia per i candidati sia per i commissari. Se la posta in palio è l’ottenimento di una abilitazione, in mancanza di un numero massimo preassegnato, è facile che i commissari siano più laschi nelle valutazioni (“una abilitazione non si nega a nessuno”). La responsabilità della scelta è meno diretta e ci può essere la tendenza a trascurare le ricadute negative prodotte sul sistema scolastico dal dichiarare idonei candidati non adeguatamente preparati. Viceversa, se il concorso prevede l’immissione in ruolo dei vincitori, i commissari tenderanno ad essere più rigorosi nella selezione: la responsabilità in questo caso è diretta e gli effetti di scelte sbagliate sono immediati e duraturi. D’altra parte i candidati, sapendo che la posta in gioco è alta, saranno indotti a prepararsi meglio. Si genera così un processo selettivo più severo in cui solo i candidati migliori risulteranno vincitori. Ciò è a tutto beneficio del sistema scolastico: se vogliamo una buona preparazione per i nostri studenti non possiamo che partire dalla preparazione dei loro docenti.

Perché selezionare è difficile 

Capire se un concorso che boccia più della metà dei partecipanti è da ritenersi “troppo difficile” non è cosa semplice. Di certo è importante puntare alla selezione di insegnanti ben preparati. Le competenze acquisite attraverso l’istruzione sono cruciali per le prospettive di crescita sia degli individui che della società nel suo complesso e molte ricerche concordano nel ritenere che la qualità degli insegnanti rappresenti uno degli input di maggiore rilevanza. Misurare la qualità degli insegnanti non è però facile e lo è ancora meno se ciò deve avvenire attraverso un esame a cui partecipa un numero elevato di candidati. Nonostante ciò è importante aprire la selezione al maggior numero possibile di candidati. Se l’obiettivo è selezionare docenti con elevata competenza, non c’è ragione di riservarlo a coloro che hanno conseguito l’abilitazione ed escludere invece laureati e dottori di ricerca. Bisogna poi predisporre una procedura di selezione capace di identificare i candidati migliori e disporre di commissioni competenti che possono operare in tranquillità e con abbastanza tempo a disposizione. Ciò richiede risorse. Al momento, invece, sono previsti compensi inadeguati che, oltre a scoraggiare gli insegnanti a presentare domanda per diventare commissari e non permettere di fatto alcuna selezione, tolgono dignità a chi deve svolgere un compito così delicato e importante. Poiché nessuna procedura di selezione è perfetta, si deve tener conto del fatto che si comunque presentare due tipi di errore: quello di promuovere soggetti inadeguati alla posizione da ricoprire (errore di II specie) e quello di scartare soggetti invece adatti (errori di I specie). A seconda del peso attribuito a questi due tipi di errori si può decidere di strutturare la procedura di selezione in modo piuttosto che in un altro e di mettere più o meno in alto l’asticella. L’attuale procedura con una prova scritta composta da 8 domande di cui 2 da svolgere in inglese (accompagnata per alcune discipline da una prova pratica) e una prova didattica da preparare in 24 ore, quindi a step successivi, sembra rivolta soprattutto ad evitare il primo tipo di errore. Può essere una scelta saggia data l’importanza che la preparazione dei docenti ha nel processo formativo. Non è però senza costi, poiché anche il secondo tipo di errore ha conseguenze negative innanzitutto su quegli insegnanti che potrebbero essere stati scartati nonostante la loro effettiva buona preparazione. Inoltre, come evidenziato da molti, con questo tasso di selettività non si riusciranno a coprire i 63 mila posti messi a concorso, lasciandone scoperti almeno 20 mila, con i conseguenti problemi di copertura tramite supplenze, turn-over di insegnanti e inefficacia dell’azione didattica. È un problema che nel tempo può essere corretto, per esempio anticipando la cadenza prevista dei concorsi, che da triennali potrebbero diventare biennali. Tuttavia, non bisogna dimenticare che i concorsi ben fatti comportano costi.

Valutazione per una migliore qualità della scuola

Ben venga quindi l’aumento di selettività nei concorsi a docenza, è una inversione di rotta rispetto al principio generale delle graduatorie, che permette di diventare insegnante a chiunque abbia un minimo di esperienza di insegnamento (non valutata, dal momento che ogni anno di insegnamento valeva due punti, indipendentemente dalla qualità del lavoro svolto). I concorsi necessitano però risorse, da esse anche dipende la qualità del processo di selezione.

DANIELE CHECCHIchecchi

Insegna economia del lavoro all’Università Statale di Milano. Ha collaborato come consulente economico del sindacato nel periodo 1978-88, e successivamente ha partecipato a diverse ricerche sulla contrattazione decentrata. Si occupa di comportamenti sindacali e di economia dell’istruzione. È stato membro della Commissione Governativa per il riordino dei cicli scolastici (luglio 2000).

MARIA DE PAOLASchermata 2014-04-23 alle 18.11.23

Ha conseguito un  Dottorato di Ricerca in Economia presso l’Università la Sapienza di Roma. E’ professore Associato di Politica Economica presso il Dipartimento di Economia, Statistica e Finanza dell’Università della Calabria. Si occupa prevalentemente di Economia del lavoro e dell’istruzione, Discriminazione di genere, Political Economy e valutazione di politiche pubbliche.

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lavoce.info/Scuola: concorso a cattedra davvero troppo selettivo? Daniele Checchi e Maria De Paola

La Calamità e la necessità di sorvegliare sugli interventi

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La rinascita alla prova della giustizia

Il clima di umana e attiva solidarietà e di civile convergenza politica che s’è stabilito (con qualche inevitabile eccezione) dopo il terremoto ad Amatrice e nel Centro Italia non dovrebbe impedire qualche più approfondita riflessione su questo genere di calamità naturali, che in Italia purtroppo si verificano assai spesso, dando luogo a conseguenze che non sono affatto inevitabili, ed anzi potrebbero essere previste e arginate per tempo. La storia di quasi mezzo secolo, dal Belice (1968) in poi, ma anche di più di un secolo, da Messina (1908), ci ha impartito severe lezioni che vengono sistematicamente dimenticate o contraddette di volta in volta, aggravando le sofferenze delle vittime dirette di crolli e distruzioni.

Lasciamo pure stare, se vogliamo, per restare ad esempi più recenti, l’esperienza del Belice, in cui uno Stato assolutamente impreparato, che non conosceva neppure il significato della parola «protezione civile», impiegò alcuni giorni prima di raggiungere i paesi colpiti, e alcuni anni per montare baracche e alloggi prefabbricati in cui almeno un paio di generazioni di superstiti fecero in tempo a nascere e a crescere prima della ricostruzione, rimasta incompleta per oltre trent’anni.

E tralasciamo anche, sempre per evitare forzature di ragionamento, l’esempio del Friuli, dove all’opposto una popolazione preventivamente sfiduciata dalla sorte subita dai compagni di sventura siciliani, non indugiò a rimboccarsi le maniche dall’indomani del sisma, e animata da un sentimento che oggi si definirebbe antipolitico, preferì far da sé, coadiuvata da un irregolare democristiano d’altri tempi come il ministro Zamberletti e dalla sua task-force di generali in pensione che agivano di propria iniziativa, a dispetto di qualsiasi direttiva romana, ma riuscendo così a rimettere su case e palazzi distrutti nel tempo sorprendente di un paio d’anni.

Quattro anni dopo in Irpinia (1980), nella notte che sollevò l’indignazione del presidente-cittadino Pertini e in cui i soccorritori scoprirono che non esistevano carte geografiche della zona colpita, tanto da dover usare quelle per escursionisti del Touring Club, sulla pelle degli oltre duemila morti, sepolti dalle macerie di paesi-presepio di impianto medioevale, si apriva uno dei più duri scontri tra una classe dirigente politica – il fior fiore dell’allora gruppo dirigente Dc, da De Mita a Gava – decisa a capovolgere gli esempi negativi del passato, riversando un flusso enorme di denaro pubblico nelle zone colpite e magari allargando i confini dell’intervento, e una magistratura che vedeva in tutto ciò una formidabile occasione per le organizzazioni criminali che volevano approfittarne. Tra i magistrati che con maggiore sforzo si impegnarono in quest’opera di bonifica, preventiva e successiva al contempo, c’era l’attuale procuratore nazionale antimafia Franco Roberti, allora giovane giudice istruttore a Sant’Angelo dei Lombardi, uno dei centri rasi al suolo dalle scosse, ed oggi, non a caso in prima fila nell’esprimere timori che anche il terremoto di Amatrice possa fornire tentazioni all’affarismo mafioso. Di qui appunto il suo attuale e formale avvertimento all’altro importante magistrato, il presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione Raffaele Cantone, incaricato dal governo di sorvegliare la distribuzione dei primi aiuti e l’avvio delle iniziative più urgenti, con il conseguente impiego di danaro pubblico e privato.

Ora, che un lavoro del genere sia necessario oltre che benemerito, viste le esperienze del passato più recente, basti pensare anche all’Umbria (1997) e a L’Aquila (2009), non ci sono dubbi. Ma è un fatto che l’urgenza dei soccorsi e la necessità di passare subito dalle parole ai fatti imponga procedure semplificate e corsie preferenziali, come del resto è avvenuto in passato con l’approvazione di leggi speciali e iniziative specifiche, che richiedono scadenze abbreviate approcci commisurati ai problemi delle realtà colpite. Attrezzarsi per evitare che da queste congiunture possano generare episodi di malversazione è giustissimo. Ma mettere le mani avanti, prima ancora che si mettano all’opera le persone scelte dal governo per il compito difficile di evitare un autunno e un inverno all’addiaccio ai terremotati d’agosto, potrebbe rivelarsi eccessivo, rallentando un lavoro che richiede necessariamente tempi stretti e creando le premesse per un ennesimo, quanto improvvido, al momento, scontro tra politica e magistratura. Che se invece dovesse verificarsi, renderebbe impossibile da mantenere la promessa di Renzi – già di suo un po’ avventata – di smontare le tende e dare ai senza casa un tetto, ancorché provvisorio, entro un mese.

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lastampa/La rinascita alla prova della giustizia MARCELLO SORGI

La lezione del signor Facebook: Faciem liber

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Il Buongiorno di Massimo Gramellini ragiona su un apparente paradosso: il fondatore di Facebook, il più grande social media del mondo, suggerisce a noi italiani di non abbandonare i vecchi libri di latino e invita i ragazzi a osare e elegge Enea, l’eroe cantato da Virgilio, quale più grande imprenditore della storia per la sua forza e tenacia:

«Enea è il più grande imprenditore della storia. Va avanti con forza e tenacia, non si arrende mai. Nella sua avventura ci sono le regole fondamentali per creare qualcosa di importante: la missione chiara in testa, la squadra con la quale realizzarla e la perseveranza»: firmato Mark Zuckerberg. 

Faciem liber
 Uno dei mantra del luogocomunismo italico recita che la cultura classica non serve più a nulla. Poiché la romanità è ciarpame nostalgico e il latino una fabbrica di disoccupati, per procurare uno straccetto di futuro ai nostri ragazzi occorre togliere in fretta dai loro zaini il Castiglioni Mariotti e l’Eneide e sostituirli con un trattato sugli algoritmi e un dizionario di cinese. Siamo nell’era di Facebook, cosa volete che conti la conoscenza della storia antica?

Poi un giorno sbarca in Italia colui che Facebook lo ha inventato e scopriamo che conosce il latino, ha una passione politica per la Pax Augustea e una artistica per i monumenti della Roma dei Cesari, cita la perseveranza di Enea come modello esistenziale e apprezza il «De Amicitia» di Cicerone.

A questo punto non ci si capisce più niente. Se per diventare come Zuckerberg bisogna fare l’opposto di Zuckerberg, qualcuno deve avere sbagliato i suoi conti. Zuckerberg, probabilmente, che ha perso tempo a studiare Virgilio, allargando a tal punto la mente da metterla nelle condizioni di accogliere un’idea che ha cambiato la vita a un paio di miliardi di persone. Se invece del latino avesse studiato una materia più utile, oggi saprebbe tutto soltanto di informatica, farebbe il dipendente sottopagato di Facebook e la teoria modernista dei nostri geniali educatori avrebbe trionfato in saecula saeculorum.

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lastampa/Faciem liber MASSIMO GRAMELLINI

Renzi sconfessa il prefetto: i funerali ad Amatrice

I funerali di molte delle vittime si svolgono oggi ad Amatrice. La decisione di tenerli a Rieti aveva scatenato tensione dopo il sisma: le famiglie hanno chiesto di poter salutare i cari nella propria città. Ed un tweet del premier Matteo Renzi ha sconfessato il prefetto che aveva scelto Rieti per ragioni logistiche.

“I funerali si celebrano ad Amatrice”. E le bare da Rieti ritornano in paese

Il prefetto voleva farli svolgere nel capoluogo per problemi di viabilità e meteo Decide Renzi con un tweet e alle 18 il borgo distrutto potrà piangere le sue vittime

«Questa è una decisione assurda!» urla un signore che si chiama Antonio Fontanella. E’ l’ex sindaco del paese e proprio non riesce a crederci. «I funerali sono un momento di raccoglimento per la nostra comunità. Che senso ha portarci via da qui? Che venga Rieti ad Amatrice, non il contrario». «Ha ragione», dice don Fabio. «Io non ci vado là. Piuttosto dirò messa qui senza le bare».

Di fronte alla scuola crollata di Amatrice, alla fine della mattina del giorno numero sei, va in scena il primo momento di tensione dopo il terremoto. Una piccola folla si è radunata davanti alla sala operativa della Protezione civile. La rabbia scoppia quando diventa ufficiale la notizia che i funerali delle vittime di Amatrice si terranno all’aeroporto militare di Rieti. Decisione presa dal prefetto Valter Crudo, per due ordini di motivi: le strade sono danneggiate e quasi tutte chiuse, mentre si annuncia il primo giorno di maltempo. Le salme sono già state trasferite nella notte di domenica all’aeroporto, comprese le ultime sei in attesa di identificazione. Il prefetto assicura un servizio di navette per il trasferimento e maxischermi collegati in diretta. Ma non sembra un’idea molto apprezzata. «Noi il funerale in televisione non lo vediamo! Vogliamo salutare i nostri familiari nel modo giusto, con dignità, nella nostra terra».

Anche il sindaco Pirozzi è contrario: «Ho fatto presente a tutte le istituzioni che mi sembrava una scelta sbagliata. Bisogna tener conto del dolore». E infatti, persino un funzionario della Protezioni civile, che sta cercando di spiegare le ragioni istituzionali, la definisce una scelta «dolorosa». Tre ore più tardi, sono le 15.25, un tweet del presidente del consiglio Matteo Renzi sbroglia la questione, sconfessando il prefetto: «I funerali delle vittime del terremoto si terranno ad Amatrice come chiedono il sindaco e la comunità locale. E come è giusto!». Più tardi dichiarerà al Tg1: «Si tratta di una decisione sacrosanta». In serata le salme incominciano il viaggio di ritorno. Il funerale solenne verrà celebrato oggi alle sei di sera dal vescovo Domenico Pompili nel paese simbolo della tragedia. È stato proclamato un altro giorno di lutto nazionale.

Sarebbe stato davvero assurdo il contrario. Dopo che proprio il premier Renzi era andato sabato al funerale delle vittime marchigiane, rassicurando tutti i parenti e i sopravvissuti sul fatto che le decisioni sarebbero state condivise. «Non possiamo decidere da Roma. Dobbiamo confrontarci con voi. Siete voi che dovete dirci se preferite restare vicini ai paesi oppure no». Decidere della vita futura, a cominciare dalla commemorazione dei propri cari. Altre due vittime sono state estratte ieri dalle macerie di Amatrice. Il conto dei morti sale a 292, gli sfollati assistiti nelle tende sono più di 2900.

Questo tratto della strada statale Salaria, al confine fra Lazio e Marche, è in piena trasformazione. I primi cantieri per contenere le frane dalla montagna e spostare le macerie sono in funzione. In diversi punti la strada è a circolazione alternata. Lungo il percorso che va da Arquata del Tronto ad Amatrice si vedono quattro campi con le tende azzurre per gli sfollati. Ma è salendo che la situazione si complica. Le strade agibili sono per i mezzi di soccorso, ieri tutti gli altri potevano raggiungere Amatrice solo passando per uno sterrato. Chissà che strada avevano fatto i due sciacalli bloccati in frazione Preta a bordo di una Passat con targa tedesca. I carabinieri li hanno fermati con soldi, vestiti e persino pentole rubate nelle abitazioni crollate.

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lastampa/“I funerali si celebrano ad Amatrice”. E le bare da Rieti ritornano in paese NICCOLÒ ZANCAN – INVIATO AD AMATRICE

30 agosto 2016: salvati 1800 migranti e recuperate 3 salme (VIDEO)

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1800 migranti tratti in salvo nella giornata odierna, 30 agosto 2016, nello Stretto di Sicilia, nel corso di 12 operazioni di soccorso coordinate dalla Centrale Operativa della Guardia Costiera di Roma del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.

Nel dettaglio, 302 persone sono state soccorse dalla nave Dattilo della Guardia costiera; 967 dalle navi Bersagliere e Cigala Fulgosi della Marina Militare, inserite nel dispositivo Mare sicuro; 128 dal rimorchiatore Voschablis, dirottato in zona dalla Centrale operativa della Guardia costiera e 410 dalla nave Phoenix del MOAS, che a bordo di un gommone ha anche rinvenuto e recuperato 3 salme.

NOTE sulla Guardia Costiera:

La guardia costiera è un corpo di polizia, talvolta con status e/o funzioni militari – organizzata a livello statale, responsabile di vari servizi.

Generalmente esercita una serie di differenti competenze che possono essere diverse nei vari paesi del mondo.

Attività e competenze

Fra le responsabilità che possono essere affidate ad un servizio di guardacoste, vi è la sorveglianza del rispetto delle norme che regolamentano la navigazione, la manutenzione di boe, fari, e altri ausili alla navigazione, il controllo delle frontiere marittime, sorvegliando le acque territoriali e altri servizi di controllo.

In alcuni paesi, la guardia costiera è parte delle forze armate, in altri è una organizzazione civile o privata. In altri paesi ancora, i compiti di salvataggio in mare sono suddivisi tra più organizzazioni, compresi corpi volontari civili. In questi casi, i mezzi navali possono essere forniti dai volontari, come i Royal National Lifeboat Institution, i velivoli dalle forze armate e la guardia costiera contribuisce con i propri mezzi.

In tempo di guerra, le guardie costiere possono venire incaricate della difesa dei porti, del controspionaggio navale e di perlustrazioni litoranee.

(note da: wikipedia)

 

Caccia agli appalti truffa del terremoto

Due milioni 995 mila euro sono piovuti su Accumoli e Amatrice dopo il terremoto del 1997. È su questo denaro che si concentra l’attenzione della Procura di Rieti: bisogna capire perché le ristrutturazioni non hanno evitato il peggio, esattamente una settimana fa.

Al setaccio incarichi e consulenze sui fondi del dopo terremoto 1997

Gli inquirenti vogliono capire come sono stati spesi tre milioni di euro. Indagini sui collaudi che mancano e sui lavori che non sono stati ultimati

Quasi tre milioni di euro. Per la precisione 2 milioni 995 mila euro. A tanto ammontano i finanziamenti che sono piovuti su Accumoli e Amatrice per i danni subiti dal sisma del 1997. A questi si deve aggiungere il finanziamento – ma fuori dal sisma dell’Aquila – che la Regione Lazio elargì al comune di Amatrice al fine di migliore la sicurezza della scuola «Romolo Capranica» e di altre strutture presenti sul territorio. Intorno a questo fiume di denaro, nelle prossime ore, si concentrerà l’attenzione della Procura di Rieti.

L’obiettivo, è quello di accertare come siano stati elargiti i contributi pubblici, e soprattutto come sono stati conferiti gli incarichi a una quarantina di professionisti tra ingegneri, architetti e geometri.

Il campanile crollato  

È questo il dubbio che anima l’iniziativa degli inquirenti. Un interrogativo che incontra anche le richieste dei cittadini, sia quelli che hanno o non hanno subito danni, sia soprattutto i familiari di chi, proprio sotto quelle strutture appena restaurate, ha perduto la vita. A cominciare dalla famiglia Tuccio di Accumoli (mamma, papà e due figli piccoli) annientata dal crollo del campanile del complesso parrocchiale di San Pietro e Lorenzo restaurata con 125 mila euro con tanto di collaudo. Insomma a distanza di quasi vent’anni, dunque, quel sisma che colpì duramente e tragicamente l’Umbria e alcuni luoghi simbolo come Assisi o Camerino nelle Marche, torna protagonista insieme al terremoto dello scorso 24 agosto. Nel territorio di Amatrice le strutture restaurate sono state tredici per un milione 860 mila euro. Ben 630 mila euro di «questi fondi – assicurano fonti – sono stati elargiti alla Curia… e mai rendicontati…».

I collaudi  

Solo due opere al maggio di quest’anno erano state collaudate. Si tratta della Chiesa di San Michele Arcangelo (100 mila euro) e di Icona Passatore per 200 mila euro. Le altre tre strutture, per un valore in euro di altre 330 mila euro (affidate come Ente attuatore alla Curia di Rieti) non risultano ancora restaurate.

Le caserme dei Carabinieri  

C’è poi il singolare caso delle caserme dei Carabinieri. Quella di Accumoli, nei fatti, è andata completamente distrutta. Ad Amatrice i lavori della caserma non sono ancora ultimati (150 mila euro) e anche l’altro edificio preso in affitto in attesa del rientro nella caserma principale è di fatto ancora inutilizzato. È davanti a queste cifre e alla presenza di tante consulenze che la procura vuole andare fino in fondo. Capire non solo come gli incarichi siano stati conferiti ma soprattutto quali rapporti sono intercorsi tra chi ha ricevuto e chi ha conferito l’incarico. Affidi più volte distribuiti a stesse persone che in talune circostanze figuravano come progettisti e in altri come collaudatori. In tutto sono una quarantina i professionisti che a vario titolo hanno partecipato alla distribuzione dei lavori che solo in parte a distanza di quasi vent’anni sono stati collaudati. In un caso, addirittura, la chiesa di Sant’Angelo di Amatrice i lavori sono ancora in fase di esecuzione.

La scuola elementare  

Capitolo a parte, invece, merita la scuola «Romolo Capranica» di Amatrice. La città fu tagliata fuori dai finanziamenti per il sisma aquilano del 2009. Ottenne allora una finanziamento ad hoc dalla Regione Lazio (5 milioni di euro) per una serie di lavori da svolgere sia nel palazzo che comunale che nella scuola alberghiera. Per la «Romolo Capranica» ci fu un accordo di programma in base al quale il commissario per il sisma Fabio Melilli rese ente attuatore il comune stesso per una cifra di 170 mila euro. Soldi che si aggiunsero ai circa 500 mila che lo stesso sindaco Pirozzi aveva ottenuto dalla Regione e che il comune appaltò autonomamente per i lavori.

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lastampa/Al setaccio incarichi e consulenze sui fondi del dopo terremoto 1997 PAOLO FESTUCCIA – INVIATO A AMATRICE (RIETI)

‘Profondo Rosso’ e ‘Scippi Comunitari’

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La nostra economia e’ in profondo rosso, i dati forniti dall’ISTAT in questi giorni, non sono confortanti, rappresentano il nostro stato di salute dal punto di vista economico.
Dal mese di Aprile 2016, ogni attivita’ lavorativa nel nostro Paese e’ in recessione, mentre il Popolo Italiano continua a lavorare per mantenere lo status quo di tanti sciacalli sociali che continuano imperterriti a sguazzare nel lusso piu’ sfrenato.
Se, malaguratamente, avessero la cattiva sorte di essere inquisiti, cadranno sempre in piedi, avranno le spalle ben coperte: con i soldi rubati si potranno permettere di avere come difensori, principi del foro, non certo gli avvocati d’ufficio .
Giorno dopo giorno i capitali italiani volano verso i paradisi artificiali, restare in un Paese dove la tassazione ha raggiunto cifre da record non e’ ne’ redditizio ne’ conveniente.
L’Italia continua a perdere i suoi pezzi migliori, un’infinita’ di Made in Italy sono finiti in possesso di aziende straniere, a nulla sono valse le agevolazioni su un possibile quanto improbabile ritorno di capitali in Italia.
Solo un accenno sul nostro debito pubblico che di mese in mese sta diventando piu’ profondo della fossa delle Marianne.
Il Primo Ministro Renzi unitamente a Padoan, Ministro esperto in materia finanziaria, fortunatamente sono riusciti a mettere a segno alcuni “scippi comunitari”, il termine scippo sta ad indicare che noi riceviamo continui prestiti dalla Comunita’ Europea. Il problema sara’ come restituirli, sicuramente sara’ un rompicapo per altri Ministri che succederanno a questo Governo..
Essere ottimisti, vedere un futuro roseo per il nostro Paese non porta ad alcun giovamento pratico.
In uno Stato come l’Italia il lavoro continua a mancare, le aziende sono costrette a chiudere, le Banche si rimpinguano di denaro pubblico, trattenendo nei loro caveau  enormi quantita’ di banconote, dato che i costi per mantenere fermo il denaro presso la BCE sono elevati. Le Banche ormai non erogano piu’ crediti, adducendo come pretesto che il cittadino non li richiede piu. Ironia della sorte vuole che gli addebiti dei costi di cotanta liquidita’ non utilizzata, vengano messi a carico dei propri correntisti.
Questo Governo ha sempre messo grosse quantita’ di carne al fuoco, ha promesso tanto, ha messo le fondamenta di un grattacielo sulle sabbie mobili. Come tutti i Governi chi viene per ultimo deve fronteggiare situazioni insostenibili, sembrano tutti i nuovi salvatori della Patria, possibile che un Governo che eredita il potere trovi solo macerie?
Se fosse cosi’ dovremmo pensare che in questi ultimi decenni siamo stati governati da inetti, capaci solo di arricchirsi alle spalle del Popolo.
Mauro Lo Piano

Punteruolo rosso, ‘Multe Ad Alto Fusto’ e DISamministrazione roccalumerese.

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Un paio d’anni fa il punteruolo rosso (Rhychophorus ferrugineus), fece scempio di migliaia di palme in tutta Italia, Sicilia compresa. Il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio non e’ riuscito a debellare questo micidiale parassita; la Regione Sicilia seguendo il “Modello Unico dello Stato”, non si e’ mai  attivata per limitarne i danni 
La prima segnalazione del pericoloso coleottero, avvenne nel 2004, la si deve ad un vivaista di Pistoia che aveva importato delle piante dall’Egitto. Poi nel 2005 viene segnalato in Sicilia, quindi il punteruolo rosso lasciato del tutto indisturbato, infetto’ migliaia di piante (anche secolari), in ogni parte d’Italia.
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L’immagine a lato di una palma divorata dal coleottero e’ abbastanza eloquente, non ha bisogno di alcuna spiegazione. Accanto ve ne e’ un’altra… notate qualche differenza?
Fatta questa premessa andiamo al racconto di cio’ che e’ avvenuto sul lungomare di Roccalumera, un piccolo paese bagnato dal mar Ionio, (Comune di Messina).
Un cittadino Walter Marisca pensando di poter contribuire ad abbellire il proprio paese, ha piantato 5 palme (del tipo Washington, non attaccabili dal punteruolo), in altrettante aiuole pubbliche rimaste vuote da tempo dopo il nefasto passaggio del coleottero, sul lungomare Cristoforo Colombo.
Per dover di cronaca bisogna aggiungere che l’operazione di impianto delle palme era stata effettuata con la collaborazione di numerosi concittadini.’
A distanza di una quindicina di giorni, anziche’ avere un plauso dall’amministrazione comunale, sono “germogliate” 5 multe ad alto fusto, per un importo pari a 250 euro, oltre spese postali.
Il cittadino in questione e’ stato convocato presso gli uffici del comando dei Vigili Urbani di Roccalumera: gli sono state contestate due violazioni, la 1a ) per occupazione di suolo pubblico, la 2a) mancata autorizzazione.
Le contravvenzioni non sono state recapitate tramite posta, ne’ consegnate brevi manu, ma affisse sui fusti delle palme. Speriamo che col passare dei mesi, non aumentino in altezza ne’ le multe ne’ i fusti, visto che Walter Marisca non ha alcuna intenzione di pagare, anzi si e’ affidato ad un legale che possa risolvere il problema.
Alcune volte bisognerebbe avere un po’ di buon senso, abbellire una Cittadina non puo’ essere considerata una violazione, sarebbe stato meglio che al posto delle palme ci fossero ancora dei buchi decennali?
 Lo Piano – Saintred

Sirte: gli orrori dell’occupazione islamista

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Francesco Semprini è entrato a Sirte nelle prigioni del Califfo dopo la liberazione di parte della città libica e ci racconta gli orrori dell’occupazione islamista nella città natale di Gheddafi. 

Torture, bandiere nere e spie. Viaggio nella Sirte liberata

Gli orrori dell’occupazione islamista nella città natale di Gheddafi. Sui muri della prigione spuntano le minacce: “Conquisteremo Roma”

Sono libico, sono musulmano e sono rinchiuso qui dentro. Ma non so perché». Il grido di disperazione è inciso sul muro di una cella sotterranea nel palazzo che un tempo ospitava la polizia segreta di Muammar Gheddafi, nel cuore di Sirte. Sui tetti della città natale del Colonnello hanno sventolato per circa 14 mesi le bandiere nere dello Stato islamico, come quella appena ammainata nell’ex sede dell’intelligence del regime di cui gli jihadisti al soldo di Abu Bakr al Baghdadi hanno conservato destinazione d’uso. Il palazzo al centro di Abu Faraa era una specie di centrale antispionaggio in cui venivano portati i «nemici» del califfato. Sui muri del piano terra campeggiano scritte di propaganda, come quella strappata dalla grafica accattivante che inneggia alla jihad contro gli infedeli su un tripudio di vessilli neri, uomini mascherati e furgoncini con mitragliatori. Sul pavimento ci sono resti di telefonini e certificati di ogni genere appartenenti a sospetti spie e cospiratori rinchiusi nelle segrete del seminterrato.

Gli interrogatori  

Celle di pochi metri quadrati con una finestrella sul livello della strada e un paio di materassi per terra. Qui venivano interrogati e torturati, come raccontano i combattenti delle «katibe», le brigate che hanno partecipato alla cacciata dell’Isis da questa parte di Sirte. Brigate come quelle di Misurata le cui effigi compaiono sui muri delle case liberate o la brigata «martiri di Sirte» guidata dal comandante Salem. «Alcuni morivano di stenti per percosse o torture», racconta il combattente, tra i primi a entrare nelle segrete. Evidenti le testimonianze dell’orrore in nome della sharia come spiega una manifesto: «Sette motivi per non essere un vero musulmano». Ci sono poi i messaggi lasciati sui muri, una sorta di testamento dei rinchiusi e dei condannati a morte, che parlano di «voglia di libertà» o di «tornare a pregare liberamente in moschea». In quelle segrete è stato rinchiuso forse qualche occidentale o qualcuno che in Europa ha vissuto e che spera di tornarci come suggerisce la scritta «German». Per comprendere il non senso di tanta brutalità il generale Salem legge una frase sul muro: «Sono libico, sono musulmano, sono rinchiuso qui dentro. Ma non so perché».

Tracce di vita vissuta nella Sirte occupata, terza capitale del califfato, dopo Raqqa in Siria e Mosul in Iraq. Come le gigantesche bandiere nere, murales del terrore che segnano il distretto di Abu Faraa, quartiere liberato da poco. Lo stesso che ospita Hel Esba, una sorta di ufficio amministrativo dove un tempo si pagavano le multe e utilizzato dall’Isis come centro di propaganda e indottrinamento specie per le donne come suggerisce un cartello all’entrata con scritto «vieto l’accesso agli uomini». Buttati in terra ci sono tanti «niqab» gli abiti neri che coprono le donne da testa a piedi. In una delle sale c’è una lavagnetta con disegnata una sagoma femminile e le frecce che indicano come ogni parte del corpo deve essere oscurata con gli opportuni veli. Hel Esba conserva anche testimonianze inquietanti, come quella che segnala il comandante Salem, una scritta su un muro: «Lo Stato islamico è qui e si espanderà, con l’aiuto di Allah e nonostante gli infedeli, conquisteremo Roma».

Questi i piani su cui stava lavorando la cupola della centrale libica di Abu Bakr al Baghdadi, che emergono evidenti man mano che i combattenti libici fedeli al Governo di accordo nazionale guadagnano terreno battendosi quartiere dopo quartiere, casa per casa. E con una resistenza spinta al martirio da parte degli jihadisti pronti a scagliare come arieti kamikaze alla guida di autobomba. Come il furgoncino che per giorni è rimasto al centro di Abu Faraa, all’interno del quale il kamikaze giaceva riverso sul volante centrato da un cecchino libico. Sul pickup una quantità di esplosivo e bombole tale da far saltare un edificio.

Operazione Macomades, l’offensiva finale per la conquista di Sirte

L’appello all’Italia  

Armi di distruzione dinanzi alle quali i combattenti libici rispondono con coraggio e forza ma talvolta con mezzi limitati e con la sensazione di essere lasciati a loro stessi dagli alleati occidentali, Italia compresa. «Ci hanno dato giubbetti ed elmetti, niente più», rivela un alto ufficiale delle katibe, chiedendosi perché l’Italia non tende una mano agli amici libici. Almeno con l’invio dei medici e dell’ospedale da campo promessi: «Le nostre strutture sono al collasso, abbiamo tantissimi feriti, la battaglia per la liberazione di Sirte deve essere vinta subito. Dovete aiutarci».

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vivicentro.it/Sirte: gli orrori dell’occupazione islamista
lastampa/Torture, bandiere nere e spie. Viaggio nella Sirte liberata FRANCESCO SEMPRINI – SIRTE (LIBIA)

La minaccia chimica di Isis

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I jihadisti di Isis sono in grado di fabbricare armi chimiche e hanno usato l’iprite, ovvero il gas mostarda. È quanto rivela un rapporto che gli ispettori dell’Onu presentano oggi al Palazzo di Vetro, che il nostro Paolo Mastrolilli ci anticipa. Francesco Semprini entra invece a Sirte nelle prigioni del Califfo dopo la liberazione di parte della città libica.

“L’Isis produce armi chimiche. Già usate negli attacchi in Siria”

Il rapporto Onu: i miliziani hanno fabbricato gas mostarda. Accuse anche ad Assad. Gli Usa e la Francia: subito la risoluzione di condanna. Ma la Russia frena

L’Isis sa produrre armi chimiche, come l’iprite. Lo ha già fatto in Iraq e Siria, e potrebbe provarci anche altrove, per lanciare attentati. È il corollario più preoccupante del nuovo rapporto sull’uso degli agenti chimici nelle regioni controllate dal regime di Assad e dal Califfato, che gli ispettori dell’Onu presenteranno oggi al Palazzo di Vetro. Il testo sta già provocando nuove tensioni fra Usa e Russia, e l’attenzione ora si sposta sulle risposte che il Consiglio di Sicurezza potrà dare.

Nell’agosto del 2013 le armi chimiche, in particolare il sarin, erano state usate alla periferia di Damasco, uccidendo circa mille persone. Gli ispettori Onu avevano ricevuto l’incarico di verificare cosa era accaduto, e anche se non avevano il mandato di attribuire la colpa, la responsabilità del regime di Assad era apparsa subito chiara. In precedenza il presidente Obama aveva detto che l’uso delle armi chimiche era una linea rossa invalicabile nel conflitto siriano, e quindi tutti si aspettavano che avrebbe reagito bombardando le postazioni governative. La conseguenza più probabile dell’attacco sarebbe stata la caduta di Assad, aprendo la porta alla conquista del Paese da parte dei ribelli e forse alla fine del conflitto. Mosca però convinse Damasco a liberarsi delle armi chimiche pur di evitare i raid, il capo della Casa Bianca decise di non intervenire, e la guerra proseguì, creando lo spazio poi occupato dall’Isis.

La vicenda tuttavia non si è chiusa là. Tra il 2014 e il 2015 sono avvenuti nuovi attacchi, soprattutto con cloro e iprite, anche nota come gas mostarda. L’Onu e l’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche hanno ricevuto nuovamente l’incarico di condurre le ispezioni, guidate dall’argentina Virginia Gamba, ma stavolta con il mandato di puntare il dito sui colpevoli.

Il rapporto su questi controlli verrà presentato oggi al Consiglio di Sicurezza, però i suoi contenuti erano già stati anticipati nei giorni scorsi, probabilmente da fonti americane che volevano mettere in difficoltà la Russia e Assad. Gli ispettori hanno analizzato nove attacchi in sette città diverse, e sono arrivati alla conclusione che il regime siriano ha usato il cloro in almeno due occasioni, e l’Isis ha adoperato il gas mostarda in un’altra, nel villaggio di Marea. Gli altri attacchi sono stati confermati, ma senza stabilire con certezza i responsabili.

Sul piano politico ora la sfida si sposta nel Consiglio di Sicurezza, dove Usa e Francia hanno già dichiarato di volere una risoluzione di condanna di Damasco. Mosca però potrebbe opporsi col veto, e quindi l’intera partita si giocherebbe poi sull’uso del rapporto nel quadro del negoziato ancora portato avanti dal mediatore dell’Onu Staffan de Mistura, per accelerare la soluzione diplomatica o impantanarla.

Aldilà di questo, gli ispettori si sono convinti anche di un altro fatto, che non avrà necessariamente spazio nel rapporto, ma possiede invece un forte potere di impatto sulla sicurezza di tutti. L’Isis non ha rubato l’iprite dagli arsenali di Assad, o magari da quelli dimenticati di Saddam, ma se l’è fabbricata da sola. Anche solo mettendo le mani sulle raffinerie irachene e siriane avrebbe ottenuto i materiali necessari. Alcuni di questi materiali, del resto, sono facilmente reperibili anche altrove, e qui nasce l’allarme che va oltre gli effetti sulla guerra civile siriana. In altre parole, se l’Isis possiede tale know how all’interno del Califfato, ce l’ha anche fuori, e potrebbe usarlo per condurre attentati in Libia, Europa, Stati Uniti, o dovunque riesca ad arrivare con i suoi simpatizzanti.

Questo corollario del rapporto, anche se non esplicito, apre un altro problema politico: gli Usa, la Russia, e gli altri Paesi chiave del Consiglio di Sicurezza, riusciranno almeno ad accordarsi su come prevenire la minaccia? Il tema non sarebbe all’ordine oggi, ma già nei mesi scorsi si era discussa l’ipotesi di approvare una risoluzione per allargare le ispezioni chimiche ai «non state actors», ossia le entità non statali e terroristiche, però gli Usa avevano frenato. La speranza ora è che ci possa essere un’accelerazione su questo fronte, e in generale sulla ricerca di una soluzione politica alla guerra siriana.

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lastampa/“L’Isis produce armi chimiche. Già usate negli attacchi in Siria” PAOLO MASTROLILLI – INVIATO A NEW YORK

Barano, Monti: ” Avrei preferito non affrontare subito le big “

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mister-monti

Inizio in salita per il Barano Calcio, chiamato ad affrontare subito quattro esami impegnativi. Gli aquilotti esordiranno, nel week end del 10 – 11 settembre, sul campo del Procida in quello che sarà il primo derby stagionale. Poi, ad attendere i bianconeri un doppio turno casalingo con altre due realtà ben attrezzate quali Mondragone e Casalnuovo. Alla quarta giornata ancora in trasferta: Savio e compagni sfideranno l’Afragolese. “Non saprei se – afferma mister Monti appena conosciuto il calendario- ci sia stata la mano di qualcuno. Nelle prime quattro giornate ci sono capitate le compagini attrezzate, assieme al Savoia, per vincere il campionato. Certamente era preferibile non affrontare le big subito, così avremmo avuto la possibilità di prepararci al meglio: molti nostri calciatori finiranno di lavorare e finalmente avremo la possibilità di allenarci tutti insieme soltanto nelle prossime settimane. Più in là saremmo stati più in palla”. Mister Monti non è certamente tra coloro che preferiscono affrontare le big subito, magari confidando nella circostanza che coloro che partono per favorite non abbiano ancora trovato il giusto equilibrio: “Le squadre che affronteremo hanno completato subito la rosa, sono partite per ritiri precampionato in alcune località del centro Italia. Avendo svolto tutte tali operazioni ed essendosi mosse con le giuste tempistiche, credo che il vantaggio sia tutto loro”.

 

Calcio Serie A, Belotti e Pavoletti fanno sorridere Ventura

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L’avvio della Serie A sembra coinciso con la rinascita degli attaccanti italiani. Il reparto, da ormai diverse stagioni, soffre maledettamente, avendo di fatto perso le sue stelle più lucenti dell’attuale generazione: Giuseppe Rossi, martoriato dagli infortuni, e Mario Balotelli, prigioniero della propria testa.

Conte si presentò agli Europei con Eder ed Insigne che, insieme, segnarono 25 gol nella passata stagione, 11 in meno rispetto al capocannoniere Higuain. L’ex ct pugliese non prese in considerazione due emergenti come Leonardo Pavoletti (14) ed Andrea Belotti (12), entrambi ora ad un passo dallo spiccare il definitivo salto di qualità.

Intendiamoci: i tempi dei vari Vieri, Toni, Inzaghi, Del Piero e Totti sono ormai lontani e difficilmente ripetibili. Il nuovo che avanza, tuttavia, lascia sperare in qualcosa di meglio rispetto al passato recente.

Andrea Belotti è il vero mattatore delle prime due giornate. 4 gol messi a segno, malgrado due rigori falliti. 23 anni da compiere a dicembre, il Gallo potrebbe spiccare il volo al Toro, per poi tentare il grande salto in una big. Possiede rapidità, forza fisica, scaltrezza e fiuto del gol. Un attaccante moderno e completo, soprattutto con una determinazione fuori dal comune.

Pavoletti, invece, è arrivato per gradi nel grande calcio. Una carriera che ha mutato completamente volto solo a gennaio 2015, quando, 26enne, approdò al Genoa. A suon di gol si è conquistato il posto da titolare, diventando anche un pezzo pregiato del mercato. Per certi versi, un percorso che può ricordare quello di Luca Toni, campionissimo sbocciato in ritardo e dopo tanta gavetta. Alto 1,86 metri, poderoso nel gioco aereo, ma dotato anche di una discreta tecnica, Pavoletti potrebbe diventare presto una pedina cruciale nello scacchiere della Nazionale, soprattutto considerando l’esilio dorato in Cina di Graziano Pellè.

Un’altra punta che sta incantando è Domenico Berardi, autore di 7 reti finora tra Campionato ed Europa League. Stiamo parlando del talento più puro e cristallino tra i giovani del calcio italiano, formidabile nel dribbling, pregevole stoccatore ed opportunista. Al di là dell’infortunio in cui è incappato, che lo costringerà a saltare anche il big-match con la Juventus, l’attaccante calabrese, per ora, viene snobbato dal ct Ventura: “Se giochiamo con il 3-5-2, non c’è spazio per lui“. In una delle Nazionali più grezze ed operaie di sempre (anche se il ritorno di Verratti rappresenterà un sensibile passo avanti), è davvero conveniente fare a meno dell’inventiva e del talento di un calciatore dalle doti indiscutibili, anche se piuttosto difficile da gestire caratterialmente? La sensazione è che l’Italia abbia bisogno di Berardi. Con lui, Belotti e Pavoletti, il reparto offensivo degli azzurri tornerebbe, finalmente, di tutto rispetto e con ampi margini di miglioramento.

vivicentro.it/sport/serieA  – Calcio Serie A, Belotti e Pavoletti fanno sorridere Ventura – federico.militello@oasport.it/Il risveglio dei bomber italiani. Belotti e Pavoletti fanno sorridere Ventura. Ma questo Berardi va chiamato

Foto: Pagina FB Belotti

Calcio Italia-Francia: amichevole a Bari, programma, orari e tv

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Buffon: amichevole italia-francia foto-twitter-uefa-euro-2016

Amichevole di prestigio per la nuova Italia di Giampiero Ventura. L’ex allenatore del Torino inizia il suo corso in azzurro sfidando la Francia, giovedì 1 settembre ore 21:00, al San Nicola di Bari. Una partita importante per la nazionale azzurra, che vuole partire subito bene e che darà riscontri importanti in vista del successivo impegno in Israele, anche perché in quella occasione conteranno i tre punti visto che è l’esordio nelle qualificazioni ai Mondiali di Russia 2018.

Calcio d’inizio alle ore 21.00 in una Bari che si prospetta essere gremita per questa ritorno in campo degli azzurri dopo la buona apparizione agli Europei. Ventura si è affidato a buona parte del gruppo di Antonio Conte, ma ha subito portato in nazionale alcuni dei giovani più interessanti del nostro campionato, su tutti il portiere rossonero Gianluigi Donnarumma.

La diretta televisiva sarà affidata a Rai 1 (inizio collegamento alle ore 20.30) e il match sarà visibile anche sul sito di Rai Sport. C’è anche la possibilità di ascoltare su Rai 4 anche la telecronaca divertente ed ironica della Gialappa’s Band.

vivicentro.it/sport/cronaca-sportiva
vivicentro/ a Andrea.Ziglio@oasport

Foto Twitter Uefa Euro 2016

Scuola: anno nuovo vecchi problemi

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Anche quest’anno la scuola inizierà con migliaia di cattedre vacanti, trasferimenti dei docenti ancora da completare, supplenti da assegnare all’ultimo minuto. Così è in gran parte d’Italia, con Torino e il Piemonte – come ci ha riferito questo giornale – messi peggio di altri.

«Com’è possibile?», si chiederanno le famiglie. La riforma della Buona Scuola non aveva stabilizzato 90.000 docenti precari l’anno scorso e previsto altri 63.000 posti di ruolo con il concorso nazionale iniziato in primavera? Non si era detto, spesso enfaticamente: basta con le cattedre prive di titolare, basta con gli oltre 100.000 supplenti annuali, che ogni anno abbandonano volenti o nolenti i loro allievi, basta con le assunzioni che non passano da una seria verifica delle competenze dei nuovi docenti?

Le cose non sono andate proprio così. Nel primo anno della Buona Scuola le supplenze sono sostanzialmente rimaste le stesse del passato e a settembre saranno ancora tantissime; il trasferimento di alcune migliaia di docenti di ruolo da Sud a Nord incontra forti resistenze, come le feroci polemiche di quest’estate ci hanno mostrato; i ricorsi giudiziari da dirimere sono innumerevoli. Per quanto riguarda il concorso, è già certo che poco più di 500 delle oltre 800 classi di concorso (e solo metà dei candidati) completeranno le prove entro la data prevista del 15 settembre: fra le 20 e le 30mila cattedre rimarranno quindi quest’anno senza vincitori, soprattutto nella scuola primaria e dell’infanzia, e dovranno essere coperte da supplenti.

Ma forse la notizia più sorprendente è l’elevato numero di bocciature al concorso. Sappiamo, infatti, che il 55% dei 71.000 candidati di cui già è noto l’esito degli scritti (in tutto sono 175.000) non è stato ammesso all’orale: in pratica, uno su due non avrebbe le competenze per insegnare. E questo nonostante il concorso sia riservato agli abilitati, docenti di cui, in altre parole, in passato erano stati accertati i requisiti minimi per entrare in aula. I bocciati agli scritti lamentano un eccesso di severità, una disparità nei criteri di valutazione (è possibile, molte commissioni sono state composte all’ultimo momento, dopo i rifiuti dei commissari selezionati per l’esiguità dei compensi e l’impegno agostano) e un’iniquità di trattamento rispetto ai colleghi messi in ruolo l’anno scorso. Su questo ultimo punto hanno sicuramente ragione. Come abbiamo spesso lamentato, i precari delle Graduatorie ad esaurimento sono stati assunti senza alcuna verifica delle competenze: in molti casi, erano persone che avevano insegnato saltuariamente o addirittura non insegnavano da anni. Se oltre la metà dei candidati al concorso – in genere più giovani, molti di fresca abilitazione – non è stata ammessa all’orale, possiamo solo immaginare che cosa sarebbe successo se anche i docenti dello scorso anno fossero stati sottoposti a verifica. Di sicuro, allora non è stato fatto un buon servizio alla qualità della scuola italiana.

In definitiva, questo concorso sancisce in via definitiva l’inefficacia dei vari sistemi di abilitazione che si sono susseguiti negli anni. Se così tanti non riescono a superare l’esame, viene il sospetto che molti – anche se non tutti – dei percorsi di abilitazione offerti dalle università siano stati poco più di un modo per spillare soldi ai docenti. La Buona Scuola prevede che in futuro l’abilitazione all’insegnamento si ottenga dopo un percorso molto lungo e largamente teorico, condotto, come in passato, soprattutto dagli atenei. A differenza delle più efficaci esperienze europee, la necessaria pratica didattica verrebbe svolta solo dopo l’abilitazione. Insomma, sono autorizzato ad andare in aula, ma non mi è stato insegnato come si fa. Le premesse non sono delle migliori.

*Direttore Fondazione Agnelli

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lastampa/Il concorso che non crea buoni prof ANDREA GAVOSTO*

Ezio Zingarelli e la necessità del reale

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(…) Ezio Zingarelli procede in un percorso individuale di grande interesse, dove trova nella tecnica mista il suo stile e la modalità d’espressione pur tenendo come base la pittura, in composizioni dense di forza creativa nella ricerca sull’oggetto trovato trasformato in opera d’arte. Non solo tele, dunque, ma altri supporti e materiali come stoffe, manifesti, giornali, juta, che combina e pennella in mescolanze autonome. In questo senso è chiaro il suo intento culturale, oltre che artistico, e ne sono palesi le ragioni al fine di proiettare condizioni che prescindono da prospettive visive ma che nel vestire collage di colore cercano contrasti tra superfici sfuggenti. Inizialmente vicino agli espressionisti-astratti di matrice americana, attiva la manipolazione del senso percepito nell’estensione dell’utopia sociale deinouveaux realiste, che supera nel divenire stesso dell’opera d’arte e nella distinzione tra artista e cut-up interpretativi, in una varietà letteraria stilistica allorquando frammenta i giornali e li ricompone mischiati in un senso logico per la sua rappresentazione. E continua la ricerca lontano dalle esperienze ludiche di certa arte contemporanea, non foss’altro per la maturità dell’iniziarsi creativo a sessant’anni, e trovarsi oggi a settanta in un percorso in cui ha bruciato tappe intermedie di riflessioni e di evoluzioni stilistiche. (…).

(Dal testo critico di Andrea Barretta)

Galleria ab/arte

Brescia, Vicolo San Nicola 6

La mostra resterà aperta con i seguenti orari: da giovedì a sabato 9,30 – 12,30 e 15,30 – 19,30

Aperture straordinarie sabato 15 ottobre 2016 per la Giornata del Contemporaneo e lunedì 17 ottobre 2016 per il finissage.

 

“Costituzione Ngoppe A Costa” #IoDicoNO

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Constitution Boat

Ieri mattina, a nuoto dalla ‘Constitution Boat’, verso tutte le spiagge del litorale stabiese, i nostri attivisti e i nostri portavoce al Consiglio Comunale di Castellammare di Stabia, Vincenzo Amato e Mara Murino, hanno motivato il “NO” del MoVimento 5 Stelle in merito all’imminente Referendum Costituzionale.
Queste le dichiarazioni dei due portavoce: “L’esito di questa iniziativa è senza dubbio positivo. Su tutte le spiagge l’accoglienza nei nostri confronti è stata ottima da parte dei cittadini e abbiamo avuto il piacere di confrontarci con i bagnanti stabiesi in modo da chiarire, in maniera originale e alternativa, le ragioni che vedono il Movimento 5 Stelle schierarsi categoricamente per il ‘No'”.
Movimento 5 Stelle Castellammare di Stabia

Sportitalia – Nuovo incontro con il Torino per Maksimovic, ennesima fumata nera: la situazione

Un altro contatto tra Napoli e Torino. pochi minuti fa, per Maksimovic. Altre scintille. Il Napoli si è stancato del tiro e molla del Torino per il difensore, pensa di aver offerto il massimo, 25 milioni più bonus, eventualmente una cifra più bassa e il prestito di Valdifiori. Ma dal punto di vista del Napoli sono state cambiate le carte troppe volte, E l’idea ora è quella di defilarsi. Dovrà essere il Torino ad accettare le condizioni, altrimenti il Napoli potrebbe decidere di non farsi più sentire. A meno di 30 ore dalla fine del mercato, c’è sempre tempo per trovare un accordo, nessuna sentenza definitiva ci mancherebbe. Ma l’ultimo dialogo non è andato bene, bisogna aspettare. Lo riferisce Alfredo Pedullà tramite il proprio portale ufficiale.
Da alfredopedullà.com

Preziosi su Pavoletti: “De Laurentiis vuole Leonardo ma non se ne parla”

Queste le parole di Enrico Preziosi, presidente del Genoa, a GazzaMercato in merito a Leonardo Pavoletti e all’ interesse del Napoli:
“Mi ha richiamato Aurelio De Laurentiis, offrendo 15 milioni più bonus per il mio centravanti. Non lo venderei nemmeno a 25. Ma io gli ho detto chiaramente che a due giorni dalla chiusura del mercato non se ne parla nemmeno. Non posso rischiare di retrocedere, vendendo Pavoletti a così poco dalla fine della sessione di mercato: è impossibile ora trovare un sostituto all’ altezza. Simeone Jr è bravo ma ancora giovane, non posso dargli una simile responsabilità. Leonardo è contento di restare da noi, ciò rafforza la mia scelta di tenerlo. Sapendo anche che darà il massimo per questa maglia”.

Rissa a Castellammare: insulti e pugni in strada!

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Una notte movimentata nella città stabiese

Una notte di paura a Castellammare di Stabia, precisamente nel rione Savorito dove due comitive di ragazzi si sono affrontate in una rissa durante la festa del quartiere e il tutto è scaturito per uno sguardo di troppo, fatto poi di insulti e spintoni fino a calci e pugni. Subito allertate le forze dell’ordine che sono giunte sul posto ma i protagonisti si erano già allontanati.

UFFICIALE – Rog è del Napoli, arriva il tweet di De Laurentiis

Il tweet presidenziale

Arrivato l’annuncio di un nuovo colpo in casa Napoli: è ufficiale l’arrivo di Rog dopo aver superato le visite mediche. E’ lo stesso Aurelio De Laurentiis ad annunciarlo sul proprio profilo Twitter: “Passate le visite mediche possiamo finalmente annunciare l’acquisizione di un altro grande calciatore del Napoli. Un acquisto che arricchisce un centrocampo ora tra i più completi possibili, che darà alla sapiente mano di Sarri la possibilità di utilizzare più moduli, passando da un centrocampo a 3 a un centrocampo a 2 a seconda delle squadre che si incontreranno in Italia e in Europa. Benvenuto Rog nel nostro Napoli”.