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GALA LUIS FRANCIACORTA 2016

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Nella cornice del ristorante PIO NONO di Erbusco in data 05 Ottobre 2016 alle ore 20,00 si terrà la 6° edizione Gala Luis franciacorta che ogni anno si è evoluta in modo incisivo, saranno presenti circa 600 ospiti, imprenditori Italiani ed esteri legati alla nostra azienda che si è distinta in genuinità stile ed eleganza in partnerschip con brand importanti nel mondo nella gioielleria, orologieria, auto e moda.

La serata condotta da CRISTINA CHIABOTTO ex miss Italia, avrà fini sociali donando parte del ricavato della regalistica Natalizia 2016 alla Onlus Pangea fondata da Luca Lo Presti. Sarà presente anche la saggista e attivista Barbara Benedettelli con il marito Caludio Brachino direttore di Videonews Mediaset e Sportmediaset.it

Saranno presenti personaggi dello spettacolo e dello sport e partner come Maserati Italia e tanti altri che incorniceranno la serata allietati dalla voce di Jennifer Vargas.

Per darvi nota della serata ci sarà anche il direttore di ViViCentro, il Dott. Francesco Cecoro.

L’evento è solo su invito.

Raiola: “Balotelli e Ibrahimovic? Sarebbero venuti volentieri a Napoli”

Queste le sue parole

Ai microfoni di Radio Crc durante la trasmissione Si gonfia la rete, è intervenuto il procuratore Mino Raiola: “Il grande problema del Napoli sono le alte aspettative. Il Napoli è forse l’unica, insieme alla Roma, a poter dar fastidio alla Juve. Questo sulla carta, ma il calcio non si gioca sulla carta. Riuscire a fare altrettanto bene in Champions è difficile: a Sarri consiglio di concentrarsi solo su un fronte”.

Su Omar El Kaddouri invece: “Sono molto deluso dall’atteggiamento di Sarri: lo ha escluso dalla lista UEFA, è stato scorretto, non doveva farlo. Rinnovo? Stiamo parlando, vedremo…”

“Higuain a 90 milioni? Strapagato: l’avrei venduto anche per meno, cederlo a quella cifra è stato geniale. C’erano varie squadre interessate, ma l’unica disposta a pagare era la Juve. Vendere e pentirsi è molto meglio di non vendere e pentirsi”.

“Ibrahimovic al Napoli? Gli sarebbe piaciuto chiudere la carriera a Napoli, me l’ha detto lui perchè l’ambiente napoletano è quello che avrebbe sentito più vicino”.

“Balotelli? Sono stato io a non volerlo portare in Italia, per non dargli altre scuse. Napoli gli sarebbe piaciuta, è legato alla città anche dagli affetti familiari, perchè ci vive sua figlia”.

G.D.D.

ESCLUSIVA – Giorgio Corona: Castellammare e la Juve Stabia fanno parte di me. Vi racconto la mia immagine del 19 giugno

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Abbiamo ascoltato in esclusiva uno dei calciatori più importanti della storia gialloblù, Giorgio Corona. L’eroe del Flaminio ha raccontato ai nostri microfoni il suo legame con la Juve Stabia e con Castellammare.

Giorgio cosa stai facendo ora? Prosegue la tua esperienza con l’Atletico Catania: Sì, ero all’Atletico Catania perché giocare in tutte le categorie, dalla Serie A fino all’Eccellenza, è sempre stato un mio pallino. Stando qui mi sono legato molto al Presidente Proto e con lui stiamo pensando cosa fare. Ho avuto proposte da varie società e sto quindi valutando se smettere o continuare. Mi piacerebbe provare ad intraprendere la carriera da direttore sportivo ma ancora non ho deciso se farlo subito o dopo aver giocato un altro po’. Al momento mi godo la famiglia, che per molti anni ho vissuto meno di quanto avrei voluto.

Segui ancora la Juve Stabia?: Certo. Seguo la Juve Stabia anche se non conosco i calciatori che compongono la rosa dei gialloblù. Quando si è stati in una squadra, e soprattutto si sono vissuti momenti importanti, l’occhio poi la domenica va sempre sul risultato di quella squadra. Spero che la Juve Stabia possa fare un campionato importante e ricco di soddisfazioni.

Ieri le Vespe hanno affrontato il Messina, proprio la squadra dove sei approdato dopo l’esperienza alla Juve Stabia: Sono due squadre a cui sono molto legato. Posso dirti che ricordo con tanto piacere il “mio” Juve Stabia – Messina. Tornai al Menti per la prima volta da avversario, segnai il gol del vantaggio per il Messina e la gente di Castellammare non smise mai di applaudirmi o di salutarmi. Fu davvero una serata che ricordo ancora perfettamente. Spero che entrambe possano fare una grande stagione e centrare i rispettivi obiettivi.

Ci racconti la trattativa che ti portò alla Juve Stabia dal Taranto?: Io ero legato contrattualmente al Taranto, con cui il rapporto non era idilliaco, quindi mi stavo guardando intorno per capire le intenzioni della società pugliese. Arrivò la chiamata della Juve Stabia ed il primo con cui parlai fu Mauro Isetto, vice di Braglia, e con lui gettammo le basi del mio arrivo. Poi successivamente parlai anche con Braglia e chiudemmo l’accordo.

Tra le immagini più belle della conquista della Serie B c’è il tuo abbraccio con il Presidente Manniello, ti senti ancora con lui?: Assolutamente. Mi sento spesso con il Presidente, credo che l’ultima volta sia stata due settimane fa. Fra di noi c’è un rapporto che va oltre il calcio quindi fa sempre piacere parlare con lui..inoltre il Presidente non capisce tanto di calcio quindi ogni tanto mi chiama per avere qualche consiglio (ride n.d.r.). A parte le battute, l’immagine che più mi porto dentro del Presidente Manniello riguarda quello che mi disse prima della finale di Roma con l’Atletico: prima di salire sul pullman si avvicinò e mi disse: “Sei una bella persona” ed io risposi: “Siamo una bella famiglia”. Certe cose non potranno mai essere dimenticate.. Credo che per la vittoria di quella stagione sia stata decisiva l’unione che regnava nel gruppo. Noi calciatori stavamo sempre insieme, prima e dopo le partite ed anche durante la settimana; prima che una squadra eravamo davvero una famiglia e questo nostro volerci bene si vedeva poi nelle prestazioni in campo.

Proprio alla luce del tuo grande rapporto con Manniello ti possiamo chiedere se dopo il tuo addio sei mai stato vicino al ritorno alla Juve Stabia? Forse durante la seconda stagione in Serie B delle Vespe, nel 2013?: Sì, c’è stato un momento in cui ho parlato col Presidente di questa possibilità ma da qui a dire che sono stato vicino ce ne passa. In quel momento non avrei mai abbandonato il Messina, che viveva un momento difficile anche se poi fece una grande stagione. Per me la parola data vale tanto ed in quel momento avevo dato la mia parola al Messina.

Oggi l’allenatore in seconda della Juve Stabia è Fabio Caserta, un tuo grande amico: Lo so e mi fa piacere..anche se Fabio, come me, è uno che vorrebbe giocare sempre, anche adesso! (ride n.d.r.) Spero che possa fare una carriera importante anche in questa nuova veste e gli faccio un grande in bocca al lupo. A Castellammare ho lasciato un amico fraterno, Clemente, e tante altre persone che non dimenticherò mai: Pino, Vincenzo, Sebastiano e tutti quelli che lavorano dietro le quinte.

Abbiamo detto di Caserta in panchina, si potrebbe vedere in futuro Corona Direttore Sportivo quindi?: E’ una carriera che mi intriga ma ho tanto da imparare. Per fare il Direttore Sportivo non basta telefonare al calciatore, quello è semplice; bisogna capire se il calciatore può sposarsi bene con la piazza, prima come uomo e poi come professionista, se può inserirsi bene negli schemi dell’allenatore ecc. Ci sono tante valutazioni da fare ma è una eventualità che mi piacerebbe provare.

Un saluto ai tifosi di Castellammare per cui rimani sempre Re Giorgio: Li saluto e li abbraccio con tanto affetto. Faccio sempre il tifo per la Juve Stabia e spero che la piazza con il suo entusiasmo possa trascinare la squadra a fare grandi cose. Porto davvero tutti i tifosi nel cuore e mi considero uno di loro. Ci sono date che non possono essere dimenticate: il 19 giugno 2011, insieme al 5 maggio 2013 col ritorno in Lega Pro del Messina, al 16 maggio 2004, giorno del mio compleanno, con la promozione in Serie B del Catanzaro, ed al 10 settembre ovvero l’esordio in Serie A col Catania e rete al Cagliari, è una di queste.

Raffaele Izzo

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Puntualizzazione su articolo “società Aggressive per recupero crediti”

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La nostra redazione si dissocia dai contenuti dell’articolo pubblicato il 7 settembre 2016 dal titolo “Società aggressive per recupero crediti” e, nel contempo, anche gli autori precisano che NON era loro intenzione generalizzare e stigmatizzare tutta la categoria ma unicamente quanti scorrettamente la esercitano arrecando danni e patimento ai cittadini nonché discredito all’intera categoria ed a quanti la esercitano correttamente – e con professionalità – rispettandone tutti i termini di legge.

Le nostre scuse vanno anche all’associazione di categoria Unirec, rappresentante delle imprese più sane di questo mercato, il cui logo è stato impropriamente utilizzato nell’articolo in questione.

Stanislao Barretta / Lo Piano-SiantRed

ESCLUSIVA, VIDEO – Maradona: “Mertens fa la differenza e Milik fa gol. Diego? Lo vedrò a Roma”

Queste le dichiarazioni esclusive di Hugo Maradona

Il Napoli batte la Dinamo Kiev nella gara di esordio della nuova Champions League. Risolutore della serata è stato il polacco Milik con una doppietta che regala i primi tre punti e la testa della classifica del girone. In esclusiva, la redazione di Vivicentro.it, ha raggiunto Hugo Maradona e queste sono le sue dichiarazioni.

a cura di Ciro Novellino

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Kiev, un anno dopo: vendetta dove essere e vendetta è stata

Vendetta dove essere e vendetta è stata

“E’ lecito non vendicarsi, se ciò avvelena l’animo anche più che vendicarsi?” Si interrogava così il filosofo Emil Cioran, a proposito del sentimento negativo che, più di ogni altro, regola motivazioni e stimoli. Forse un pizzico di rivalsa devono averla avuta i “reduci” di quella sfortunata partita del 14 maggio 2015; quei fili d’erba sono stati testimoni l’anno passato della semifinale europea contro il Dnipro, altra squadra ucraina, una partita che gli appassionati e i tifosi azzurri ricorderanno certamente, e non in maniera nostalgica. Una sconfitta legata alla serata storta di Higuain, e alla vena di grazia del portiere Boyko, e il destino decise di negare ai partenopei l’accesso alla finale europea, complice un arbitraggio quantomeno discutibile. Tornare in terra ucraina ha avuto il retrogusto dolce della vendetta per chi quella notte c’era e dovette dire addio al sogno di un trofeo europeo dopo quasi venticinque anni.

Ma la storia è cambiata: nell’esordio di Maurizio Sarri nella massima competizione europea, il Napoli operaio porta a casa una vittoria fondamentale e regala una grande gioia al suo allenatore. La musichetta della Champions scatena la voglia di rivalsa dei nostri atleti, che superano così l’ostica trasferta. Il tabellino della partita però, parla di una serata non agevole per i partenopei. Dopo una partenza sfrontata, il Napoli abbassava inopinatamente il baricentro, concedendo a Yarmolenko di sfornare un cross insidioso, torre di Tsygankov per Garmash che insacca in girata. Ancora una volta il Napoli è punito per l’unica vera imprecisione difensiva. Un gol che avrebbe potuto tagliare le gambe a qualunque squadra. Non agli uomini di mister Sarri; il Napoli, ferito, si lancia con aumentata determinazione in avanti, sfoderando la velocità nelle ripartenze, un marchio di fabbrica degli azzurri. Ecco allora Gohulam farsi perdonare la eccessiva confidenza concessa a Yarmolenko, e servire un cioccolatino per l’ariete Milik; l’ex Ajax non si fa pregare e insacca con una testata precisa indirizzata nel sacco. Parità e palla al centro.

La Dinamo Kyev accusa il colpo e sembra voler andare negli spogliatoi con il risultato di parità, ma gli azzurri non si placano; approfittano degli ultimi secondi e di un dominio inaspettato in area per concretizzare un’azione rimpallata che Arkadiusz Milik, sempre lui, trasforma in rete. Già, il gigante polacco non delude quando si tratta di lasciare il segno: doppietta all’esordio, altrettanti lampi nella notte di Kyev. La ripresa vede una voglia degli azzurri di amministrare più che di affondare, seppur limitando le sortite offensive degli ucraini. Nonostante la superiorità numerica, decisa dall’arbitro a seguito di uno svenimento di Sydorchuk, che cerca di simulare un inesistente rigore, il Napoli non riesce ad affondare il colpo del K.O. Sarri richiama uno stremato Hamsik per un tonico Zielinsky, sempre più padrone del gioco a centrocampo; il giovane centrocampista è forse l’acquisto in cui Sarri ripone più speranze di avere reali alternative all’altezza. E’ sfortunato Mertens nella sua classica serpentina, che si stampa sul palo. Poco incisivo Insigne, chiamato in verità anche a coprire sulla fascia gli ultimi sussulti della Dinamo; sprecone Gabbiadini che centra il portiere a pochi metri dalla porta.

Alla fine va bene così, non per Maurizio Sarri, contentissimo del risultato, molto meno del modo di gestire dei suoi ragazzi nella ripresa. Colpa certo della tenuta atletica, provata da troppe partite ravvicinate in questo inizio di stagione. Ma si sa, vincere aiuta a vincere, e di gol e vittorie questo Napoli deve esserne sempre affamato. Solo così potrà sperare di avere qualcosa da festeggiare, oltre all’ormai indigesto premio del bilancio. Di queste notti magiche, come l’ha classificata anche il bomber Milik, non ci si stanca mai. Chi ben comincia…

a cura di Fabiano Malacario

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Aznavour, a 92 anni il debutto all’Arena

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Aznavoice: così venne soprannominato Charles Aznavour in Francia, dove veniva considerato la risposta a Frank Sinatra; il suo vero cognome è Aznavourian: nato a Parigi nel 1924, è il più celebre francese di origine armena, figlio del cuoco del governatore d’Armenia e di una ragazza appartenente a una famiglia di commercianti

C’è chi debutta a 92 anni, quando ha già venduto 300 milioni di dischi e ha alle spalle 70 anni di palcoscenico: Charles Aznavour, ieri sera ha avuto la sua prima all’Arena di Verona. Cantare nel più grande teatro all’aperto del mondo, dice, non lo spaventa, anche se preferisce spazi più raccolti. E nonostante le cifre da record della sua vita d’artista, preferisce tenere un profilo basso: “Mi sento un artigiano”. Capace di incantare l’Arena.

Con Aznavour all’Arena in scena la storia del 900

Lo chansonnier francese, 92 anni, chiacchiera in tre lingue porge senza pause canzoni che hanno fatto sognare generazioni

VERONA – Spicca soltanto l’argento dei capelli sulla figurina minuscola, tutta in nero, che si affaccia nel buio sul palcoscenico dell’Arena di Verona. Stasera c’è appuntamento non con la nostalgia ma con la storia del Novecento: ne è testimonial Charles Aznavour.

È un fenomeno di longevità umana e artistica, ben contento di prender in giro l’universo mondo dall’alto dell’anagrafe: «I critici dicevano che non avrei mai potuto avere una carriera da interprete, sono morti tutti e io ho 92 anni», sorride orgoglioso e beffardo, e continua l’affondo: «Dicono che per star bene non bisogna mangiare grassi, zuccheri, sale. Sono stati il mio nutrimento principale».

Applausoni dalla platea; i quasi ottomila non certo giovanissimi che popolano l’Arena magari non saranno fortunati né vecchi come lui, ma il sogno è invecchiare così, mangiando e cantando quel che ti pare. Si percepisce un’allegria frizzante, come di miracolati che assistono a uno show teoricamente impossibile. Aznavour è implacabile, va avanti senza pause in 3 lingue, chiacchiera un sacco, porge canzoni che hanno fatto sognare generazioni come Morir d’amore, Quel che non si fa più, e la gente non ci bada poi troppo quando musica e canto stridono proprio su uno dei suoi più grandi successi, L’istrione. All’Arena, con Aznavour, si festeggia la vita che non vuol morire.

Il rock ci ha abituati al giovanilismo rugoso di nomi leggendari come Paul McCartney o i Rolling Stones, che a 70 passati affrontano impavidi e con un’energia da giovincelli saltellanti due o tre ore di concerti in stadi e arene in tutto il mondo. Non parliamo di Springsteen, che a 67 ha appena battuto il proprio record personale, a Philadelphia, suonando per 4 ore e 4 minuti il 7 settembre scorso. Certo li vedi alla fine delle serate che non hanno più niente di umano, e ti chiedi come faranno il giorno dopo. Ma che l’Ego e la passione sconvolgano le leggi fisiche, mantengano in vita e diano anzi vigore, è definitivamente provato da Charles Aznavour.

Davvero, un fenomeno. Con lui entriamo in un’altra storia: di Keith Richards o di Bruce, il grande chansonnier francese potrebbe essere il papà, è anzi l’ultimo rappresentate di una generazione di cuore e di passione, di melodia romantica e intensa, di una supremazia ancora della cultura francese sul poi imperante dominio angloamericano.

Ed è qui a ricordacelo, con una tigna quieta, come in una sfida perenne alle leggi fisiche e vocali. In scena la sua voce si è naturalmente appannata, così come la leggendaria enfasi con la quale inanellava storie romantiche e le sofferenze d’amore che ora continuano a scorrere («Non mi ricordo delle parole, e mi faccio aiutare dal gobbo – confessa in scena – però a differenza degli altri io lo dico») con la forza di un repertorio storico, noto ormai soltanto a chi ha compiuto almeno 50 anni.

Soltanto lo scorso luglio, a Milano, mi ha sussurrato all’orecchio, con civetteria: «Sa, non faccio più tanti concerti come prima. Però una volta cantavo un’ora, adesso due». Del resto, da tutta la vita canta: «Il faut savoir quitter la table / mais moi je ne sais pas». Bisogna sapere lasciare il tavolo, ma io non lo so fare.

Infatti. Mai nessuno aveva provato a 92 anni a imbarcarsi per un tour mondiale che si sta quietamente svolgendo, a tappe non ravvicinate di sicuro, in spazi di affluenza enorme, come l’Arena appunto nella quale ha chiuso ieri la tranche europea, per ricominciare poi a metà ottobre negli Stati Uniti. Anche lì mica teatrini: a New York faranno festa con lui al Madison Square Garden.

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lastampa/Con Aznavour all’Arena in scena la storia del 900 MARINELLA VENEGONI

Guelfi e ghibellini, la pace dopo 7 secoli

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Guelfi e ghibellini nel Novarese: si sa quant’è difficile sanare questo tipo di frattura. I due Comuni protagonisti di questa vicenda, Fontaneto d’Agogna (ghibellina) e Cureggio (guelfa), hanno rotto i rapporti nel 1312, quando i fontanetesi distrussero Cureggio. Conflitto ancora aperto – almeno in teoria – perché nessuno aveva mai firmato la pace finché Angelo Barbaglia, sindaco di Cureggio appassionato di storia, non ha rispolverato gli annali e chiesto i danni a Fontanteto. Ottenendo una proposta di pace: sette secoli dopo.

Pace fatta dopo sette secoli tra guelfi e ghibellini

Il turismo unisce Cureggio e Fontaneto, nel Novarese

CUREGGIO (NOVARA) – Dopo sette secoli Cureggio chiede i danni di guerra a Fontaneto d’Agogna, che risponde proponendo di siglare finalmente la pace.

Guelfi e ghibellini si guardano ancora in cagnesco, ma forse è venuto il tempo di seppellire le antiche rivalità e siglare almeno un armistizio.

Cureggio e Fontaneto sono due comuni del Novarese: duemila abitanti ciascuno, pianura al confine con la collina, e nessun asso da giocare sul tavolo del turismo. Così Angelo Barbaglia, sindaco di Cureggio, appassionato di storia locale, scopre che tra il suo paese e quello vicino c’è una ruggine vecchia di sette secoli: nel 1312 i fontanetesi avevano distrutto l’abitato di Cureggio, e quel conflitto è ancora aperto, perché mai nessuno l’ha ricucito con un trattato. Scopre anche che Cureggio ha un battistero romanico fra i più belli del Piemonte, salvato dal saccheggio, ed una torre medioevale, superstite anche lei, che attende solo di essere valorizzata.

«La torre diventerà il centro di studi e documentazione medioevale del Novarese, il battistero meta di visite guidate», dice il sindaco, che per realizzare il progetto ha già ottenuto dalla Fondazione Cariplo un contributo di 100 mila euro. Ma Barbaglia punta più in alto: «Bisogna riscoprire la storia di questi Comuni e costruire un percorso destinato al turista che qui, nella torre, potrà trovare documentazione, foto, tutto quello che è disponibile sul Medioevo Novarese».

La guerra. E’ il 1311, il periodo della Novara ghibellina che vuole eliminare le ultime roccaforti guelfe del territorio per ampliare i domini. Fontaneto è fieramente ghibellina, come Borgomanero: in mezzo, stretta a tenaglia, c’è Cureggio, ultimo avamposto guelfo. Cureggio all’epoca era la «Curia regia», importante per la posizione e l’economia; nell’inverno del 1311 Calcino Tornielli l’assedia, ma in aiuto dei cureggesi arrivano 10 mila valsesiani, guelfi anche loro, che temevano che dopo la caduta di Cureggio sarebbe stata la volta della Valsesia. Il paese si salva, ma la disfatta è solo rimandata. L’anno dopo all’assedio di Cureggio arriva Galeazzo Visconti, che attacca dal castello di Fontaneto e distrugge il paese: si prende anche gli ornamenti antichi, le lastre corinzie e le epigrafi di pregio e le fa trasportare nel castello vicino.

Sette secoli dopo il conflitto è ancora formalmente aperto: «E’ venuto il momento – commenta il sindaco di Fontaneto, Maria Antonia Platini – di firmare la pace, magari accompagnata da una bella manifestazione». Proposta accolta da Cureggio che prima, però, per fare le cose bene, invia la richiesta dei danni di guerra; come farà Fontaneto a soddisfarli? Decuplicare l’Imu, creare una tassa ad hoc, chiedere ai fontanetesi di lavorare gratis a Cureggio tre settimane di lavori socialmente utili all’anno? Proposte impraticabili, che farebbero ripartire all’attacco i ghibellini.

«Meglio organizzare insieme una serie di iniziative – dicono i due sindaci – e creare questo circuito di turismo culturale. Ma prima si dovrà siglare il trattato di pace: tra i due paesi c’è un torrente, nella frazione Balchi, che fa da confine; potremmo siglare lì il documento, con tanto di armigeri in costume medioevale al fianco». E una sagra, naturalmente medioevale, per brindare alla pace.

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De Laurentiis pronto al viaggio in Cina: due gli obiettivi

E’ quanto riferisce Calciomercato.com

Aurelio De Laurentiis è stato immortalato ai Maronti di Ischia con una delegazione cinese e Vivicentro ve lo ha mostrato in esclusiva (CLICCA QUI). Si parla del festival del cinema in Cina ma anche del diffondere il marchio Napoli in Oriente. Altre voci parlano di una cessione di quota societaria da parte del club azzurro, ma è un’ipotesi difficile, probabilmente da escludere se si ipotizza una quota maggioritaria. La prossima settimana il presidente andrà in Cina, e questo è sicuro: ha assoldato una manager campana per aiutarlo a diffondere il marchio Napoli in oriente, ma anche per cercare nuove strategie commerciali. Non si eclude neanche una tournée asiatica nel periodo natalizio o durante la prossima estate.

Libia, riaperti i rubinetti del greggio

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La Libia riapre i rubinetti del greggio e gli equilibri cambiano completamente. Perché a far tornare le petroliere nei porti libici è il generale Haftar, l’uomo forte del governo di Tobruk, contrario a quello guidato da Al-Sarraj e riconosciuto dall’Onu. Gli uomini di Al-Sarraj hanno chiarito che non agiranno contro Haftar.

Le mani di Haftar sul petrolio: “Adesso lo venderemo all’estero”

Via libera della National Company Oil, i terminal nella zona di Ras Lanuf tornano operativi. Le milizie di Misurata voltano le spalle a Sarraj: non faremo nulla contro il generale

BEIRUT – La petroliera maltese SeaDelta, partita da Trieste, era in arrivo la scorsa notte al terminal di Ras Lanuf. Sarà probabilmente la prima cisterna a essere riempita con il greggio della Cirenaica che ora può di nuovo disporre di un punto di esportazione. Anzi quattro. Perché tutti i porti della Mezzaluna del petrolio libica sono nelle mani di Khalifa Haftar. L’uomo forte di Tobruk ha sempre più consensi e si prepara a incassare i dividendi del suo blitz. Il presidente della National oil company (Noc), Mustafa Sonallah, ieri è andato in visita al terminal di Zueitina e ha dato il via alle operazioni per riprendere le attività.

Blitz preparato  

La campagna del greggio procede spedita. Non è costata neppure un soldato ad Haftar. Era stata preparata da un’azione diplomatica sotterranea che ha portato dalla parte del generale i leader locali e isolato Ibrahim Jathran, capo della Guardia petrolifera e dal 2012 padrone della Mezzaluna. La sua milizia, a forza di tasse, era ormai invisa alla popolazione locale e a chi voleva fare affari con il petrolio. Haftar, nato nella regione, ad Adjabiya, con contatti personali in loco, era ben informato. Tutto era pronto e la velocità con cui il capo della Noc ha approvato l’operazione la dice lunga.

Sonallah ha precisato che «le squadre tecniche hanno iniziato a fare una stima dei danni e di ciò che bisogna fare per revocare lo stato di forza maggiore e riprendere le esportazioni al più presto». La «forza maggiore» era stata dichiarata lo scorso marzo dal governo libico di unità nazionale (Gna) guidato da Fayez al-Sarraj, quando i combattenti dell’Isis avevano attaccato i terminal di Sidra e Ras Lanuf. Allora erano state le milizie di Misurata ad aiutare la Guardia petrolifera di Jathran a respingere all’attacco. Poi l’Isis era stato costretto alla ritirata e intrappolato nel centro di Sirte, dove resistono ancora un centinaio di jihadisti.

Rassicurazioni

Il blocco dei terminal ha quasi azzerato le esportazioni di greggio. E la Libia ha bisogno di vendere 800 mila barili al giorno per far funzionare la macchina dello Stato, 500 mila dipendenti. Ora la ripresa dell’export è questione di giorni. Gli introiti, in base agli accordi del 2015 con l’Onu, dovrebbero andare alla Noc, che poi dovrebbe girarli alla Banca centrale libica e infine al governo. Ma quale? A Bengasi in teoria c’è ancora un ex premier, Abdullah al-Thani, vicino al generale, che lunedì si è detto pronto a «lavorare per rimettere in funzione i porti». Haftar ha però voluto rassicurare Usa e Ue che non vuole mettere le «mani sul petrolio». La sua azione è mirata «a liberare i porti dalle mani di una banda di miliziani che ha bloccato le esportazioni provocando enormi perdite all’economia». Il timore è che gli introiti finiscano comunque in mano ad Haftar, o al Parlamento di Tobruk presieduto da Aguila Saleh, che ieri ha promosso Haftar al grado di Maresciallo di campo. Al-Sarraj ha l’appoggio internazionale ma il suo appello alle milizie alleate perché intervenissero contro il generale è caduto nel vuoto. Ieri ha chiesto una «riunione urgente fra le parti in conflitto». Il Consiglio presidenziale, massimo organo esecutivo di Tripoli, è diviso. Due dei nove membri, Ali al-Qatrani e Fathi al-Majbari, hanno espresso la loro contrarietà a «qualsiasi intervento militare» contro Haftar. La notizia è stata data dal giornale online Al-Wasat, vicino agli Emirati arabi uniti, alleati del generale assieme all’Egitto.

Misurata e i parà  

Fonti di Tobruk ribadiscono poi che i capi delle milizie di Misurata, i più potenti alleati di Al-Sarraj fino a ora, sono contrari ad azioni contro Haftar. E sono pronti ad accordi più ampi con il generale. A Misurata stanno per arrivare i parà della Folgore a protezione dell’ospedale da campo che dovrà curare i feriti nella guerra contro l’Isis a Sirte. La guerra del petrolio, con i 48 miliardi di barili di petrolio libico che aspettano un nuovo padrone, è appena cominciata.

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lastampa/Le mani di Haftar sul petrolio: “Adesso lo venderemo all’estero” GIORDANO STABILE – INVIATO A BEIRUT

Libia, l’allarme di Kobler sui migranti

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La Libia riapre i rubinetti del greggio ma intanto cova la minaccia di un’altra ondata di migranti. Il capo missione Onu Martin Kobler, intervistato da Paolo Mastrolilli spiega: “Ce ne sono già 235 mila pronti a salpare per l’Italia, servirebbe in Libia un esercito unito per riuscire a fermarli”.

Kobler: “In Libia ci sono 235 mila migranti pronti a salpare per raggiungere l’Italia”

L’inviato Onu: al Paese serve un esercito unito per garantire la sicurezza

NEW YORK – «In Libia ci sono 235 mila migranti che aspettano di trovare il modo per andare in Italia. È cruciale ristabilire la sicurezza nel Paese, per contrastare il fenomeno del traffico degli esseri umani che si intreccia con quello del terrorismo». Martin Kobler, capo della missione Onu in Libia, ha appena terminato il rapporto al Consiglio di Sicurezza sulla situazione nel paese, quando lo incontriamo nei corridoi del Palazzo di Vetro. Lui stesso lancia l’allarme sulla nuova possibile ondata di migrazioni, alla vigilia del vertice che la settimana prossima discuterà questa emergenza durante l’Assemblea Generale.

Come giudica l’offensiva del generale Haftar verso le installazioni petrolifere?

«Molto preoccupante. Il petrolio appartiene a tutti i libici, non solo ad una parte. L’accordo che governa ora il Paese è chiaro, e attribuisce al Consiglio di presidenza il comando delle forze armate unite. Ho in programma incontri in Libia e con le parti interessate ad Est, per trovare una soluzione e fare in modo che l’accordo sia rispettato».

Teme una nuova guerra aperta fra Haftar e le forze del Governo di accordo nazionale?

«Le tensioni militari ci sono, non si possono nascondere. La Libia però ha bisogno di dialogo, stabilità e unità. Io ho contattato Haftar e sono pronto ad incontrarlo, per trovare una soluzione che consenta di formare un esercito unitario, per combattere tutti insieme i terroristi e proteggere il petrolio».

L’offensiva di Sirte ha sconfitto l’Isis?  

«Molto presto l’Isis non avrà più il dominio di territori in Libia. Questo è un fatto parecchio incoraggiante e capace di ispirare il paese. Nello stesso tempo, però, dobbiamo restare vigilanti, perché il terrorismo non è finito e i suoi militanti cercheranno di trasferirsi in altre regioni. Il primo obiettivo ora deve essere stabilizzare la città. A Sirte ci sono 90.000 profughi che hanno dovuto lasciare le loro case. Vorrebbero tornare, ma non possono, perché i loro quartieri sono minati. Perciò noi abbiamo lanciato un appello per raccogliere 10 milioni di dollari, necessari a sminare la città e far tornare i suoi abitanti».

Cosa pensa dell’iniziativa italiana di fornire un ospedale a Misurata?

«Sono molto contento. L’Italia ha offerto parecchio aiuto anche durante i combattimenti a Sirte, trasportando nei suoi ospedali i feriti che non potevano essere curati sul posto. Creare ora una struttura da campo nel territorio dà un segnale positivo alla popolazione. Roma sta svolgendo un ruolo cruciale e importante, e io sono molto grato al vostro governo».

Questa sarà anche la prima missione militare ufficiale in Libia, perché i nostri militari proteggeranno la struttura.  

«Non conosco i dettagli dell’operazione, ma sono sicuro che tutte le iniziative prese per alleviare le condizioni del popolo libico, rinforzare le forniture mediche e creare ospedali da campo, verranno prese con grande simpatia dalla gente».

Teme una nuova ondata migratoria?  

«Terrorismo e migrazioni sono i sintomi della stessa malattia, che è la mancanza di autorità statale. Quindi dobbiamo affrontare il problema alla radice, ristabilendo la legalità. Il traffico di esseri umani è un crimine, e come tale va combattuto: servono una polizia e un esercito unitari, schierati su tutto il territorio, per contrastare terroristi e trafficanti. Nelle nostre liste ci sono 235.000 migranti che aspettano solo l’occasione per andare in Italia, e lo faranno. Il rafforzamento della sicurezza è la questione più importante in questo momento. Se ci sarà un esercito forte e unito, non frammentato, i pericoli del terrorismo e del traffico di esseri umani finiranno».

C’è qualcosa che la comunità internazionale dovrebbe fare, in termini di aiuti o anche di interventi militari, per fermare il traffico dei migranti?  

«La comunità internazionale sta già facendo molte cose, come ad esempio l’addestramento della Guardia costiera libica gestito dagli europei. Per risolvere davvero il problema, però, bisogna andare alla sua radice, che sta nel transito e nel traffico sulle coste libiche, ma anche nella povertà dei paesi d’origine. Io sono stato nei campi, ho parlato con migranti senegalesi o della Guinea Bissau, e tutti mi hanno detto che partono perché a casa loro non hanno nulla da mangiare. La battaglia va condotta prima di tutto nei Paesi d’origine, e così risolveremo anche l’emergenza del transito in Libia».

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vivicentro/Libia, l’allarme di Kobler sui migranti
lastampa/Kobler: “In Libia ci sono 235 mila migranti pronti a salpare per raggiungere l’Italia” PAOLO MASTROLILLI – INVIATO A NEW YORK

Soro: ‘Il fatto è che la tutela della privacy sul web è di fatto impossibile’

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Il garante della privacy Antonello Soro, intervistato da Raphael Zanotti spiega: “Il fatto è che la tutela della privacy sul web è di fatto impossibile”.

L’allarme del garante per la privacy: “Ammettiamolo, la tutela è impossibile”

Soro: «Introdurre l’educazione civica digitale tra le materie scolastiche»

«Possiamo parlare della maggiore o minore efficacia degli strumenti, della lentezza dei giudici o degli organi di controllo, però bisogna anche essere onesti: la tutela di una persona che finisce in un meccanismo del genere è praticamente impossibile». Il primo moto di Antonello Soro, garante per la privacy, è di compassione, pena, indignazione di fronte al caso di Tiziana Cantone, la 31enne che martedì si è tolta la vita perché perseguitata dal filmino hot diffuso su internet.

Dottor Soro, ma non c’era il diritto all’oblio?  

«C’è ed è tutelato, ma non sempre basta a eliminare le conseguenze provocate da una diffusione virale e non risolve il problema che è a monte e che è il vero motore di questi drammi».

Cioè?  

«La prima questione è quella della consapevolezza delle insidie che affrontiamo ogni volta che consegniamo alla Rete pezzi sempre più importanti della nostra vita privata. Una consapevolezza carente».

La seconda?

«È la ferocia e la violenza della nostra società. I social network sono lo specchio della mancanza di rispetto nei confronti delle altre persone, il continuo calpestare la dignità degli altri. È una questione che viaggia in parallelo con il diritto alla privacy: quando riguarda noi, lo difendiamo con le unghie e con i denti. Quando riguarda gli altri…».

E il diritto all’oblio è impotente contro questa violenza?  

«Il diritto all’oblio ci pone interrogativi più generali, ma interviene sul mezzo – Internet – non sulle persone che popolano internet. Si può certamente cancellare, correggere errori pubblicati in rete, ma è impossibile una rimozione totale se prima non si interviene sul livello di odio e sull’invasione della sfera privata delle persone».

Qualcuno potrebbe dire: però è stata lei a farsi fare quei filmati…

«E qui torniamo alla questione iniziale, quella della consapevolezza. Senza quest’ultima, è un errore che poteva capitare a chiunque. Poi, però, la vicenda ha assunto dimensioni tali da diventare difficilmente affrontabile con i normali strumenti di tutela».

È difficile eliminare un video da una piattaforma in rete?

«In passato alcuni grandi social network o piattaforme si sono sottratti alle proprie responsabilità, ultimamente sono diventati più collaborativi. È un tema però complicato che oscilla su posizioni estreme: penso per esempio alle recenti polemiche sull’utilizzo di un algoritmo che censura la foto storica di Kim Phuc della bambina che scappa dall’attacco al napalm in Vietnam perché la riconosce come possibile foto pedo pornografica e al prendere tempo di un social network di fornire alla Procura di Milano le conversazioni di due terroristi che poi sono fuggiti».

Torniamo alla vicenda di Tiziana Cantone: detto che tutti rischiano di finire in un meccanismo del genere e che gli strumenti di tutela a volte non bastano, come ci si può difendere?  

«Educando. Non sono favorevole a divieti e soluzioni neoluddiste. L’era digitale non è una prospettiva, ci siamo già dentro. E non è distinta dalla realtà, anzi è sempre più la realtà. Ritengo che sia utile preparare le generazioni future introducendo la materia di educazione civica digitale fin dalla prima elementare».

Insegnare dunque sia a essere prudenti nell’utilizzo di Internet sia a non aggredire quando si è dall’altra parte?  

«Esattamente. Perché purtroppo, quando si agisce con gli altri strumenti, purtroppo a volte ormai la tragedia si è già verificata».

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lastampa/L’allarme del garante per la privacy: “Ammettiamolo, la tutela è impossibile” RAPHAËL ZANOTTI

Diawara scarta il Vomero per vivere in centro: c’è un problema inedito

Una scelta insolita per Diawara

La Repubblica si sofferma su Amadou Diawara che sabato incontrerà la sua ex squadra: “Amadou non ha ancora preso residenza fissa. Vive in albergo, attendendo di sistemare le poche salmerie tra Posillipo e la zona più vivibile del centro, che agli amici ha detto di preferire al Vomero. Di Napoli, finora, ha conosciuto solo la pizza, qualche sera fa, con Emanuele Giaccherini, l’altro ex rossoblù che attende ancora d’esordire con la nuova maglia. Diawara un problema simile non l’ha mai avuto: ritiratesi dalla trattativa Valencia e Roma, era rimasto solo il Napoli, che ha investito per lui un sesto di ciò che ha ricavato dalla vendita di Higuain alla Juventus. Eppure, là nessuno ha ancora avuto la premura di presentare il gioiello alla spettabile platea. Usa così, da un po’ di tempo, a Napoli. I nuovi calciatori arrivano, e se non giocano restano a tacere senza proferir parola”

Centrocampo Napoli, luce e ombra della nuova Champions League

Centrocampo, luce e ombra della nuova Champions

Per la testa di Milik è passato il destino europeo della prima uscita stagionale del Napoli in Champions League. Un giovane di 22 anni diverso dal bomber dei record, molto diverso, ma con un futuro immenso visto che riesce a fermarsi in volo per colpire di testa e fare gol del genere.

Debutto anche per Sarri, la sua prima è fatta di luci ma anche di ombre: il gioco è patrimonio del Napoli. E consente di affrontare anche i campioni dell’Ucraina senza complessi. Via al match, gol subito e centrocampo in difficoltà con un pesante Allan, un Jorginho spesso contrastato da Moraes e un Hamsik che entra in gara solo nella ripresa. La reazione viena dalla sinistra con Mertens assistito da Ghoulam, mentre dall’altro lato c’è questo Callejon versione scattante e lucida nella posizione più avanzata di questa stagione. Poteva essere ancora più netto il divario: se solo Jorginho avesse sbagliato meno passaggi, se Hamsik fosse riuscito ad entrare prima nel match e Allan tornasse subito in forma. Brio, invece, viene restituito, costante in questo periodo, da Piotr Zielinski che sta mettendo a serio rischio il saldo posto da titolare del brasiliano.

Ora la testa è subito al Bologna, ci sarà turnazione, magari anche qualche novità in mediana visto che c’è un Diawara che scalpita contro la sua ex squadra.

a cura di Ciro Novellino

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Feeling Sarri-squadra, gli azzurri sono sempre più convinti della strada scelta

Feeling Sarri-squadra, gli azzurri sono sempre più convinti della strada scelta

La Repubblica scrive sul rapporto tra Sarri e squadra: “Sarri bis è partito di slancio: tre convincenti vittorie consecutive (Milan, Palermo e Dinamo Kiev), dopo il sofferto pareggio di Pescara nella prima giornata del campionato. Il Napoli vola e soprattutto gioca a memoria, grazie al grande feeling che si è instaurato tra il tecnico toscano e i suoi giocatori, ogni giorno che passa più convinti di avere imboccato la strada giusta. «Nelle mie dieci stagioni in maglia azzurra non siamo mai stati tanto forti», ha gettato la maschera Marek Hamsik, esaltando il nuovo gruppo dopo il promettente debutto in Champions League. I tre punti portati via dall’Ucraina, che valgono il primato solitario nel girone B e rappresentano già un’ipoteca sulla qualificazione agli ottavi di finale, hanno aumentato ancora di più l’autostima del capitano slovacco e di tutti i suoi compagni, capaci di superare con sorprendente facilità pure il trauma per la partenza di un campione come Gonzalo Higuain, sfatando subito il tabù della dipendenza dal Pipita”.

Il Podio Gialloblù di Juve Stabia – Messina 2 – 1

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La Juve Stabia centra la terza vittoria consecutiva con una bella rimonta ai danni del Messina. La vittoria delle Vespe porta le firme di Marotta e Atanasov.

Medaglia d’oro: a Mario Marotta ed alla sua magia che regala il pareggio alla Juve Stabia. Inutile girarci intorno; da quando Marotta è arrivato alla Juve Stabia è lui a generare le maggiori aspettative, la maggiore curiosità tra i tifosi. Basta osservare il 10 per 10..minuti per chiedersi: “Ma come faceva a stare in Eccellenza fino a tre stagioni fa?”. L’ottima partita contro il Melfi è stata solo l’anteprima della prestazione di ieri. Il numero 10 regala una perla ai tifosi della Juve Stabia andando a insaccare nel sette una punizione ideale per un mancino come lui. Sia chiaro non è un gol tentato ma è un gol assolutamente voluto dal numero 10 che infatti poco dopo ci riprova con un sinistro dalla distanza dopo aver fatto venire il mal di testa a suon di dribbling ai suoi avversari. A queste perle Marotta aggiunge tanta quantità in fase di non possesso, andando spesso ad aiutare i centrocampisti. Trascinatore.

Medaglia d’argento: a Zivko Atanasov, difensore goleador che regala la vittoria alle Vespe. Nelle settimane di precampionato avevamo sottolineato l’ottimo apporto del difensore bulgaro, che oggi conferma le buone sensazioni estive. Dopo le prime partite passate in panchina, il turnover promuove Atanasov titolare e la prova del difensore è di assoluto livello. Puntualità, precisione e velocità negli interventi per il bulgaro. Atanasov si toglie lo sfizio di fare da match winner sfruttando al meglio l’assist di Morero ed andando ad inzuccare di testa. Schema che ormai la Juve Stabia esegue ad occho chiusi: la sponda sotto porta ha infatti portato al gol Izzillo e Del Sante nelle scorse gare e Zivko ieri. Atanasov lancia dunque una forte candidatura alla maglia da titolare anche per la gara di domenica con il Siracusa

Medaglia di bronzo: a Yaye Kanoute, che cambia la partita con il suo ingresso. La pantera ex Ischia riesce sempre a dare un’impronta particolare alle sue giocate, sia che parta dal primo minuto che solo nella ripresa. Kanoute viaggia a velocità diverse rispetto agli avversari, saltati e strapazzati costantemente dalle finte dell’esterno, che dribbla a destra ed a sinistra senza differenze. Ci vorrebbe forse un autovelox al Menti sulla fascia di competenza di Kanoute che nel secondo tempo piega praticamente da solo il Messina. L’unico rammarico della sua gara riguarda la conclusione ravvicinata parata da Berardi perchè Yaye avrebbe meritato il gol.

CONTROPODIO

Medaglia d’oro: a Francesco Lisi, non in palla come siamo abituati a vederlo. L’esterno romano ha la sfortuna di giocare sulla fascia opposta a quella dove si sviluppano le azioni dei gialloblù e la sua prestazione ne risente. Pochi i guizzi di Lisi che non riesce mai a sfondare le linee della difesa siciliana, tanto da essere rilevato già nell’intervallo da Kanoute.

Medaglia d’argento: alle noie fisiche di Zibert, che hanno inciso sul match dello sloveno. Il centrocampista recupera in extremis per la gara e dalla sua partita traspare che le gambe non girano al meglio. Uniche vere magie della partita di Zibert sono lo stop a seguire ed il cross con cui lo sloveno per pochissimo non manda in porta Lisi nel primo tempo. Si spera che possa tornare presto al 100%.

Medaglia di bronzo: ai 100 spettatori in meno rispetto alla gara con il Melfi. Una squadra così meriterebbe un Menti pieno invece si è registrato un leggero calo di spettatori rispetto alla prima gara casalinga. Qualcuno dice che in un match infrasettimanale era impossibile chiedere di più, allora aspettiamo i 100 tifoso mancanti ieri, e tanti altri, domenica per il derby della fratellanza col Siracusa.

Raffaele Izzo

Milik-Higuain, spunta una percentuale in favore del polacco

Milik l’eroe di Kiev e il confronto con Higuain

La Gazzetta dello Sport mette a confronto Milik e Higuain sui colpi di testa vincenti: “Con l’arrivo di Arkadiusz Milik, il Napoli è migliorato nel gioco aereo, nei colpi di testa, una delle poche lacune che hanno caratterizzato il recente passato. Fisico possente, un’altezza non impossibile, ma una forza esplosiva nelle gambe che gli permette di elevarsi fin lassù, dove i difensori non arrivano. Negli ultimi 20 metri, anche adesso c’è un giocatore che assicura continuità sotto rete. Sulle 11 reti realizzate dal Napoli nelle tre gare di campionato e nell’esordio in Champions, ben 4 sono state segnate di testa, 3 delle quali da Milik e la quarta da Callejon, per una percentuale del 36%. Sicuramente alta, anche se è limitata ad un numero esiguo di partite, ma la proiezione è favorevole rispetto alla passata stagione.Sono quelle realizzate di testa nel primo anno di Maurizio Sarri ma, nell’intera stagione, su un totale di 106 complessive: l’incidenza è stata minima, appena del 7 per cento, non avendo avuto il Napoli grandi saltatori nel tridente offensivo. Gonzalo Higuain, per esempio, ne ha realizzate appena 3 tra campionato ed Europa League, un rendimento che il suo sostituto ha eguagliato con la doppietta realizzata, martedì sera, alla Dinamo Kiev”.

De Laurentiis aveva trattato prima Icardi e poi Cavani: la 9 era pronta

Retroscena su Cavani e Icardi

La Repubblica scrive su Milik e l’estate passata invano a cercare un sostituto di Higuain: “Il merito è anche dell’ottimo avvio di stagione di Arek Milik, il nuovo centravanti acquistato nella sessione estiva del mercato e sbarcato al Napoli a fari spenti, mentre Aurelio De Laurentiis si affannava invano nella caccia al colpo grosso in attacco: trattando prima Mauro Icardi e poi Edinson Cavani, per i quali era stata messa addirittura da parte la maglia col numero 9. Invece è toccato al giovane cannoniere polacco (pagato 33 milioni all’Ajax) farsi carico — con il suo più umile 99 sulle spalle — della gravosa eredità di Higuain”.

Rinnovo Insigne, lui vuole prolungare e il Napoli tenerselo: si attendono novità

Le ultime sul rinnovo di Insigne

La Gazzetta dello Sport si sofferma sui rinnovi di Lorenzo Insigne e Dries Mertens: “Lorenzinho è stato recuperato alla causa, adesso aspetta che si risolva la sua situazione contrattuale. Lui vuole prolungare, il Napoli vuole tenerlo. Discorso simile per Mertens, che anzi è ancora più vicino alla firma. Callejon, invece, ha anticipato tutti rinnovando prima della partenza per il ritiro. Dunque, Sarri può dormire sonni tranquilli anche in prospettiva futura visto che gli esterni sono (e saranno) fondamentali per il suo gioco da quando, ormai un anno fa, è passato al 4-3-3”.

Sarri cambia contro il Bologna: tre novità e un possibile esordio

Ci saranno novità di formazione contro il Bologna

Maurizio Sarri farà turnover contro il Bologna. L’allenatore è pronto a sfruttare in pieno la rosa che ha a disposizione. Partiamo con le buone notizie: contro i felsinei torneranno nuovamente a disposizione Giaccherini, Tonelli e Strinic che non ha partecipato alla sfida di Kiev. Sabato potrebbero esserci tre novità di formazione. In difesa potrebbe essere giunto il momento di Maksimovic che potrebbe prendere il posto di Albiol. A centrocampo Zielinski al posto di uno tra Allan e Hamsik. In attacco può partire Gabbiadini dal primo minuto. A gara in corso potrebbe esserci anche Giaccherini per Callejon.