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Castellammare di Stabia
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Prandelli: “Sarri gioca sempre meglio, l’addio di Higuain ha regalato motivazioni”

Le sue parole

Cesare Prandelli ha rilasciato alcune dichiarazioni a Il Mattino: “La vittoria dell’Inter di domenica ha dato morale al Napoli, all’Inter e a quelle squadre che sono state costruite con intento di poter lottare per il vertice del campionato, pronte ad approfittare delle eventuali difficoltà dei bianconeri”.

Può una squadra così forte non vincere lo scudetto? “Dopo l’estate del 1982 da noi alla Juve, il cui blocco aveva appena vinto il campionato del mondo in Spagna, arrivò Michel Platini. Nei primi sei mesi non riuscì a capire praticamente nulla del mondo in cui era capitato e quella Juve fece una fatica enorme e alla fine lo scudetto lo vinse la Roma di Falcao”

Il Napoli di Hamsik può fare come la Roma di Falcao? “Beh, io dico che tra le pretendenti al trono della Juve, il Napoli è quello che sta più avanti di tutte. Semplicemente perché, al di là delle chiacchiere e dei timori dell’ambiente, la squadra non ha mai vissuto con angoscia l’addio di Higuain. Anzi, la sua partenza ha determinato una crescita motivazionale di tutti gli altri”

Sorpreso dall’esplosione di Milik? “Lo conoscevo bene: vede la porta, annusa l’area, ha senso della posizione. È arrivato libero mentalmente e sta dimostrando che non è poi un peso così insopportabile prendere il posto di un grande campione come Higuain”

Sarri a Genova a caccia di un primato storico

Sarri a caccia di un primato storico

Genoa-Napoli ha anche un altro obiettivo: superare il Torino del campionato 1971-72, ultima volta in cui una squadra soltanto era rimasta imbattuta dopo quattro giornate. Il Corriere dello Sport riferisce che non è mai successo che alla quinta giornata ci fosse una sola squadra imbattuta alla 5ª giornata: “Non ci sono precedenti, in questa serie A, d’un club capace di risultare imbattibile nelle prime cinque giornate, perché quel Torino lì fu battuto a San Siro dall’Inter: può farlo il Napoli di Sarri, che si presenta su un campo difficile con l’energia che le ha lasciato in eredità questa partenza lanciatissima”.

A novembre partono i lavori per il San Paolo, previsti molti interventi

Ecco quali nel dettaglio

Come riporta Il Mattino sarà il Comune, tramite il Credito Sportivo per una cifra di 25 milioni, a farsi carico dei lavori di ammodernamento dello stadio San Paolo. Intendiamoci: non sarà lo stadio dei sogni, ma l’impianto verrà reso certamente più sicuro ed accogliente. I lavori inizieranno a novembre: In totale ne saranno 17: sostituzione della totalità dei sediolini, sistemazione e impermeabilizzazione delle gradinate, ripristino e messa in sicurezza dei cancelli interni e di intercorsa, delle ringhiere, dei pali dell’illuminazione nonché delle opere in ferro, messa in sicurezza delle carpenterie metalliche e delle bullonature, la messa in sicurezza della copertura esistente con integrazione analoga laddove è necessario, il rifacimento dei bagni esistenti, la realizzazione di nuovi blocchi bagni, ritinteggiatura delle parti in ferro, restyling uffici interni, rifacimento impianti videosorveglianza e ammodernamento dei tornelli.

Il Comune di Castellammare di Stabia approda su Facebook

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Palazzo Farnese: sede del Comune di Castellammare di Stabia (NA)

A partire da domani mattina, sarà online la Pagina Ufficiale Facebook del Comune di Castellammare di Stabia, strumento d’informazione divenuto fondamentale al giorno d’oggi per una corretta comunicazione tra l’Amministrazione ed i cittadini. La pagina, ideata dall’Assessorato all’ Innovazione in collaborazione con i ragazzi di Garanzia Giovani assegnati alla Comunicazione, terrà al corrente i cittadini delle informazioni principali riguardanti la nostra città, dalle indicazioni sulle attività ed i servizi forniti dall’Ente Locale agli eventi pubblici che si verificano sul territorio comunale, senza tralasciare cenni storici relativi alle bellezze della nostra città. L’obiettivo che si intende perseguire è quello di tenere la comunità costantemente aggiornata, al fine di mettere in pratica quei principi di trasparenza e di comunicazione virtuosa richiesti da una moderna Amministrazione di prossimità.

Di seguito il link alla Pagina:
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L’Assessore all’Innovazione e Comunicazione
Giuseppe Iozzino

* Castellammare di Stabia (in napoletano Castiellammare, talvolta anche Castllammare) è un comune italiano di 66 618 abitanti della città metropolitana di Napoli in Campania.

Castellammare di Stabia è situata nella parte sud della città metropolitana di Napoli, nel territorio compreso tra la fine della zona vesuviana e l’inizio della penisola sorrentina. La città sorge in una piana di natura alluvionale-vulcanica, in una conca del golfo di Napoli, protetta a sud dalla catena dei monti Lattari, mentre verso oriente si perde nelle campagne attraversate dal fiume Sarno, il quale sfocia nel mare di Castellammare di Stabia. Proprio questi elementi naturali segnano il confine con le città limitrofe: il fiume Sarno infatti divide la città stabiese da Torre Annunziata e Pompei a nord, il monte Faito da Vico Equense e Pimonte a sud. A est la città confina con Sant’Antonio Abate e con Santa Maria la Carità, mentre la zona ovest risulta essere la fascia costiera.

Castellammare di Stabia ha una superficie di 17,71 km², con un’altezza media di 5 metri sul livello del mare, anche se in realtà si parte dallo 0 lungo la costa fino ad arrivare a 1202 metri sul monte Faito.

La zona ha una classificazione sismica definita media.

Per la sua particolare posizione geografica offre quindi condizioni climatiche che favoriscono il clima mite e temperato, tipico delle zone marine e collinari: nei mesi più caldi infatti la temperatura media è di 25 °C, mentre in quelli più freddi di 16 °C.

La classificazione climatica è quella appartenente alla fascia C.

note da wikipedia

FOTO, L’ANGOLO DI SAMUELMANIA – A Castel Volturno, regali speciali per alcuni azzurri

CLICCA SULLE FOTO di Samuelmania per ingrandirle

Rafael, Zielinski e Allan hanno ricevuto, nella giornata di lunedì a Castel Volturno, alcuni regali da Samuele Esposito. Tele raffiguranti la propria maglia da gioco. Regalo inaspettato e di pregevole fattura per gli azzurri che questa sera giocheranno a Genoa il turno infrasettimanale.

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De Laurentiis in Cina non per soci, ma per il Napoli

De Laurentiis in Cina non per soci, ma per il Napoli

Il presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis è in Cina per motivi cinematografici, perchè secondo Il Corriere del Mezzogiorno “il patron azzurro non cerca certo soci in Oriente, così come invece è accaduto nel recente passato a Milan e Inter”. Ha tenuto una lezione agli studenti dell’ Università di Xi’an parlando del Napoli, di Napoli e delle sue sensazioni sulla crescita del calcio in Cina: “Un viaggio programmato già da qualche tempo per provare ad internazionalizzare maggiormente il marchio Napoli, forte anche dei sei milioni di tifosi che il club ha in tutto il mondo. De Laurentiis seguirà la sfida di Marassi in streaming”.

E’ questo il segreto del Napoli: Sinatti e la prevenzione dello staff medico

E’ questo il segreto del Napoli: Sinatti e la prevenzione dello staff medico

La Gazzetta dello Sport definisce il Napoli come un diesel: “Il preparatore Sinatti e lo staff medico lavorano molto sin dal ritiro sulla prevenzione degli infortuni e sul fondo. Il Milan, ad esempio, ha fatto uno sforzo pazzesco per pareggiare al San Paolo l’iniziale doppio svantaggio, poi è crollato sotto i colpi di Callejon. Il Palermo ha dato tutto nel primo tempo ed è affondato appena il Napoli ha alzato il ritmo. Il Bologna raggiunto il pari si sentiva al sicuro perché pensava ad un Napoli stanco dopo Kiev e invece Milik lo ha stroncato alzandosi dalla panchina. Già perché il turnover si sta rivelando prezioso”.

Sarri rigorosamente in silenzio, la strategia è consolidata

Sarri rigorosamente in silenzio, la strategia è consolidata

Dall’Oriente, dalla Cina, il patron del Napoli Aurelio De Laurentiis ha fatto sentire la sua voce agli studenti dell’università di Xi’an, mentre l’allenatore azzurro Maurizio Sarri, come riferisce Il Corriere della Sera, sceglie di far parlare il campo “sceglie di far parlare il campo, con la consapevolezza di poter usufruire di una panchina finalmente più lunga  e il migliore attacco della serie A L’allenatore del Napoli non azzarda voli pindarici, il primo posto in classifica dopo appena 4 giornate, conta in maniera soltanto relativa. Sarri resta rigorosamente in silenzio, in linea con una strategia comunicativa ormai consolidata”.

Il laser per la Banda Larga Internet

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Valerio Pagliarino è diventato una star: a 16 anni ha ottenuto il premio giovani scienziati della Commissione europea con il suo progetto LaserWan che porta la banda larga nei piccoli centri. “Pedalando sulle colline astigiane mi è venuta l’idea del laser per internet”, ci ha raccontato al rientro a casa.

“Pedalando sulle colline astigiane mi è venuta l’idea del laser per Internet”

Dopo il premio a Bruxelles, Valerio Pagliarino, 16 anni, è una star della scienza

CASTELNUOVO CALCEA (ASTI) – Valerio è appena rientrato da Bruxelles e nella sua Castelnuovo Calcea, in provincia di Asti, è a caccia di un po’ di normalità. Il titolo di giovane scienziato dell’anno lo lusinga, ma è la «full immersion» di tre giorni tra i colleghi scienziati di tutto il mondo ad entusiasmarlo.

Le interviste  

«Eravamo in tanti, tutti giovani e tutti appassionatissimi – racconta stanco, ma felice –. Sono state tre giornate piene: sei ore nella stand a presentare il progetto e poi le interviste della giuria. Non dimenticherò mai queste emozioni». Oggi è tornato nel suo banco di liceo scientifico a Nizza Monferrato. «Si torna a scuola, alla quotidianità». A quella vita da sedicenne di provincia. Da ottimo studente appassionato di ciclismo e batteria. «Non seguo molto lo sport in generale, amo il ciclismo su strada – aggiunge -. Mi piace seguire i grandi giri e farmi un pedalata per le colline con la mia Bianchi».

Proprio su queste colline astigiane, patrimonio dell’Unesco, guardando i tralicci dell’alta tensione, è nata l’idea del «Laserwlan»: una fibra ottica virtuale, che sfrutta la tecnologia laser, per portare Internet veloce in ogni angolo d’Italia. Abbattendo i costi anche di 100 volte, visto che non serve più posare la fibra.

L’altra grande passione di Valerio Pagliarino è la batteria. «La suono dalla quarta elementare – racconta –. Amo il rock inglese degli Anni 80. Ascolto band come i Queen e i Led Zeppelin».

Idee molto chiare  

Da 48 ore è probabilmente lo studente più famoso d’Italia, ma le idee sono molto chiare. «Non voglio diventare un personaggio pubblico – ci tiene a precisare -. Sono felice che si dia risalto al mio lavoro, ma solo a quello». Ed è proprio il suo lavoro ad aver incuriosito le giurie della 28ma edizione del Concorso giovani scienziati indetto dalla Commissione Europea. Il primo premio arrivò ad aprile alle selezioni italiane e domenica un altro riconoscimento. Questa volta della Comunità Europea che ha premiato altri 45 giovani scienziati arrivati ad esporre a Bruxelles da tutto il mondo.

Ora il «Laserwlan» è un progetto che incuriosisce. «Io ho fatto i calcoli, il progetto e ne ho creato un modello in scala utilizzando pezzi di recupero e schede acquistate on line – aggiunge -, ma il passaggio successivo è l’ingegnerizzazione». Da un idea e da un modello si deve passare alla produzione e per farlo servono altri esperimenti. «A volte dal progetto teorico a quello pratico emergono criticità. Altre volte passaggi che sembrano complicati si semplificano».

Di sicuro il mondo delle telecomunicazioni è molto interessato ad un strumento che, abbattendo i costi, porta Internet super-veloce anche nei piccoli centri. Le stime parlano di 500 mega sia in download che in upload. «Ho avuto contatti con una multinazionale delle telecomunicazioni».

Un futuro prossimo  

Forse, un giorno non troppo lontano, se la banda larga arriverà ovunque, sarà per l’idea a cui ha dato vita Valerio Pagliarino, studente di 16 anni di Castelnuovo Calcea.

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lastampa/“Pedalando sulle colline astigiane mi è venuta l’idea del laser per Internet” RICCARDO COLETTI

Ahmad Khan Rahami fu denunciato dal padre e segnalato all’Fbi

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L’inchiesta su Ahmad Khan Rahami, il terrorista di New York considerato l’autore dell’attentato di Chelsea, rivela che l’uomo fu denunciato dal padre e segnalato all’Fbi. Per catturarlo è servita la tecnologia ma anche il fiuto degli investigatori americani.

Il terrorista di New York fu denunciato dal padre

Il 28enne afghano segnalato all’Fbi. Fermata la moglie negli Emirati

NEW YORK – Il primo a sospettare delle derive estremiste di Ahmad Khan Rahami, 28enne di origini afghane con passaporto americano considerato autore dell’attentato di Chelsea, era stato suo padre, che nel 2014 denunciò il figlio alle forze dell’ordine. «Due anni fa sono andato dall’Fbi perché mio figlio si comportava male», ha raccontato l’uomo, secondo cui la polizia del New Jersey informò la Joint Terrorism Task Force guidata dall’Fbi, «I federali – prosegue – hanno avviato un’indagine per poi dirmi che Ahmad era pulito, non era un terrorista, ed io dissi “va bene”». La denuncia del padre era giunta in seguito aun’aggressione di Ahmad a uno dei fratelli con un coltello chissà, forse disturbato dai suoi modi troppo occidentali. Le autorità hanno proceduto all’arresto ma poi il ragazzo è stato rilasciato. «Oggi l’Fbi mi dice che mio figlio è un terrorista, – chiosa il padre – e io ancora una volta dico “va bene”».

IL PRECEDENTE  

Il caso presenta un’analogia con quello di Umar Farouk Abdulmutallab il bombarolo nigeriano del volo Northwest 253 che nascose nelle mutande dell’esplosivo il giorno di Natale del 2009: il ragazzo era stato precedentemente denunciato dal padre al consolato Usa di Lagos. Appare chiaro dunque cheRahami era sui radar delle autorità, non solo per i frequenti viaggi in Afghanistan e Pakistan e, seppur tardivamente, è stato proprio questo che ha permesso agli inquirenti di risalire a lui. Per di più al termine di un’indagine-lampo.

GLI INDIZI NEL PC  

Certo il «grande fratello» che sorveglia New York è stato fondamentale per stabilire un punto di partenza, visto che Rahami è stato immortalato mentre posizionava l’ordigno esploso e la pentola-bomba. Ma sono state le impronte digitali assieme al ritrovamento del bigliettino in arabo a dare le opportune conferme agli investigatori, che grazie al fermo dei cinque conoscenti del sospettato, sono arrivati al 104 di Elmora Avenue in Elizabeth New Jersey, la casa dell’aspirante terrorista. Le segnalazioni della cittadinanza «se vedi qualcosa dì qualcosa» recita l’appello della polizia, hanno permesso la cattura dell’uomo a Linden poco lontano dalla sua abitazione. Col suo arresto sono giunti i riscontri, come il notebook nel quale sono contenuti commenti favorevoli alla jihad ed esortazioni a «uccidere l’infedele». Inoltre sono contenute citazioni in onore dell’attentatore di Fort Hood, Malik Hasan, e Anwal al-Awlaki, l’imam qaedista i cui proselitismi hanno ispirato i nuovi lupi solitari in Usa, come Syed Rizwan Farook, il killer di San Bernardino, quello di Orlando Omar Mateen, i fratelli Tsarnaev della maratona di Boston del 2013 e Faisal Shahzad, l’attentatore (fallito) di Times Square del 2010 di origini pachistane. Sono proprio i viaggi in Pakistan, a Quetta e Karachi, due città ad alta concentrazione taleban-qaedista, sotto la lente di ingrandimento di chi indaga.

IL VIDEO IN CUI RIDE DELLE BOMBE  

La polizia ha anche recuperato dai cellulari di un familiare filmati registrati due giorni prima delle bombe di New York e New Jersey. Si vede Ahmad mentre dà fuoco a «materiale infiammabile in un contenitore cilindrico». I video mostrano l’accensione di una miccia, un rumore forte e fiamme, seguite da una nuvola di fumi e da risate. Rahami non si preoccupava, evidentemente, di essere scoperto.

“ODIAVA L’AMERICA E I GAY”

Secondo l’ex di Rahami, una sua vecchia compagna di scuola di nome Maria, il giovane odiava l’America e i gay. Durante uno dei suoi viaggi in Afghanistan «gli è stato fatto il lavaggio del cervello», sostiene. Lo stesso viaggio da cui tornò nel 2014 quando fu denunciato dal padre. È da allora che la donna non lo vede e lui non versa l’assegno per la figlia. È sull’attuale moglie dell’uomo che vi sono sospetti: ha lasciato gli Usa due giorni prima dell’esplosione. Ieri sera è stata rintracciata negli Emirati Arabi. Secondo gli inquirenti sta collaborando alle indagini. Forse sapeva ed era complice come la moglie del killer di San Bernardino, o forse è scappata perché non voleva confessare, come la moglie dello stragista di Orlando. Un intreccio di similitudini che accomunano tutti i recenti attacchi.

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L’ impotenza che aleggia sul Palazzo di Vetro

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“L’attacco aereo in Siria contro un convoglio di aiuti delle Nazioni Unite è una tragedia Non conosce e non rispetta limiti”, scrive Stefano Stefanini, descrivendo l’ impotenza che aleggia sul Palazzo di Vetro.

Dove nasce l’impotenza dei Grandi

Vittime civili di azioni militari sono sempre una tragedia umanitaria. L’attacco aereo in Siria contro un convoglio di aiuti delle Nazioni Unite è anche molto di peggio. E’ tutta la brutalità del conflitto siriano all’opera. Non conosce e non rispetta limiti. Sposandola il regime di Damasco non può neppure dare lezioni alla barbarie dello Stato islamico. Mentre a New York si apriva l’Assemblea Generale e si celebravano i riti annuali della diplomazia internazionale, la violenza gratuita del raid se ne faceva le beffe in Siria. L’immagine d’impotenza dei leader riuniti al Palazzo di Vetro non poteva essere più devastante.

Non sappiamo con certezza assoluta chi sia il responsabile del raid, ma è difficile concedere ad Assad il beneficio del dubbio. I ribelli non hanno aerei. L’errore di altre forze operanti nei cieli siriani è sempre possibile, ma Russia, Stati Uniti, Turchia e altri si tenevano stretta la tregua. Rimane solo l’aviazione di Damasco. Ban Ki-moon non ha avuto dubbi nell’accusare il governo siriano. Raramente un Segretario Generale dell’Onu è stato così esplicito nel puntare il dito contro un Paese membro: «Nessuno ha ucciso più civili del governo siriano, che continua a bombardare quartieri e torturare migliaia di detenuti». Ban avrà avuto buoni motivi, e sufficienti prove, per andare giù così pesante.

Nelle parole del Segretario Generale c’è molta frustrazione. Da due anni, il suo inviato speciale, Staffan de Mistura, insegue con tenacia una soluzione politica del conflitto siriano. Più di una volta si è avvicinato al negoziato. Il primo passo era, ed è, il cessate il fuoco. Altrimenti è impossibile negoziare seriamente.

Il raid è un siluro contro la faticosissima tregua raggiunta pochi giorni fa da John Kerry e Sergei Lavrov. Ha ridato la parola alla violenza, per di più a spese del personale civile dell’Onu che portava aiuti alla popolazione siriana. Le operazioni umanitarie sono state sospese o rallentate anche da altre organizzazioni come la Croce Rossa o la Mezzaluna siriana.

Restano ora da raccogliere i cocci. La diplomazia cercherà di salvare il salvabile – lo fa sempre. Il Segretario di Stato americano ha detto che «la tregua in Siria non è morta». Lavrov non l’ha smentito, ma la tensione fra Mosca e Washington si è subito impennata. Il barlume di cooperazione russo-americana contro Isis si è smorzato sul nascere.

Anche se le accuse ad «aerei russi» si riveleranno del tutto infondate (dimostrerebbe una tragica incompetenza), Mosca è comunque nella scomoda posizione di negare a priori che l’attacco sia opera dell’aviazione di Damasco. Altrimenti dovrebbe riconoscere di non controllare l’alleato siriano. Come avvenuto nel 2014 con l’abbattimento del volo MH17 da parte dei ribelli ucraini, la Russia si trova fra la padella della responsabilità per associazione e la brace del non voler prendere le distanze dagli autori del misfatto. E’ probabile che scelga il diniego – anche dell’evidenza. Resta l’interrogativo politico se sia Mosca a controllare Damasco o il regime a tenere la Russia ostaggio delle proprie fortune. Assad affronta una partita in cui Putin si gioca la credibilità, nonché le basi di Tartus e Latakia.

Siamo abituati, da sempre, all’incapacità dell’Onu di controllare le crisi internazionali. Le Nazioni Unite sono il riflesso delle scelte della comunità internazionale, in particolare delle grandi potenze, a cominciare da Stati Uniti e Russia (oggi se ne aggiungono altre). Durante la Guerra Fredda le crisi non si risolvevano perché i «grandi» non lo volevano. Lo scenario è cambiato – in peggio. Oggi non si risolvono perché neppure i leader mondiali hanno la capacità di controllare le forze che scatenano i conflitti e che sono alla radice delle minacce o crisi che devono fronteggiare.

Con una tregua violata alla faccia dei negoziatori riuniti a New York, la Siria è l’esempio più clamoroso. Lo è anche il prepotente irrompere dell’immigrazione nel mondo (non solo in Europa). Lo è anche il terrorismo, riapparso improvvisamente nelle strade di Manhattan alla vigilia del discorso con cui Barack Obama si è congedato dall’Onu.

Il Presidente americano ha parlato da saggio, ma la saggezza non rassicura gli americani o il pubblico mondiale. Altri, come Angela Merkel dopo la sconfitta elettorale a Berlino, affrontano lo stesso dilemma: tener ferma la barra, ma mostrare la via d’uscita. Il mondo è alla presa con forze dirompenti. La risposta alla sfida non si trova solo nei fori europei e internazionali, a Bratislava o a New York. I giochi si fanno sul terreno: in Siria, in Africa, nel Mediterraneo.

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Lo schiaffo della Siria all’ Onu

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Le bombe in Siria prendono a schiaffi i grandi del mondo all’ Onu. Il Segretario di Stato americano John Kerry dice che la tregua c’è ancora ma il raid sul convoglio umanitario ad Aleppo riapre le ostilità. “L’attacco aereo in Siria contro un convoglio di aiuti delle Nazioni Unite è una tragedia. Non conosce e non rispetta limiti”, scrive Stefano Stefanini, descrivendo l’impotenza che aleggia sul Palazzo di Vetro.

Diluvio di bombe, accuse e nuovi fronti. La Siria prende a schiaffi i Grandi all’Onu

Kerry: la tregua c’è ancora. Ma il raid sul convoglio umanitario ad Aleppo riapre le ostilità. La furia di Ban Ki-moon contro Assad: “È il principale responsabile di 300 mila morti”

BEIRUT – Le carcasse annerite dei camion degli aiuti umanitari, i venti operatori inceneriti dal diluvio di bombe e fuoco alle porte di Aleppo assediata, sono una porta in faccia a ogni tentativo di soluzione politica in Siria. Se non fosse per le vite umane spazzate via, compresa quella del direttore della Mezzaluna rossa siriana, Omar Barakat, sembrerebbe un colpo di teatro. Un gesto eccessivo per imporre la propria posizione. In Siria la guerra è totale, non ci sarà pietà per nessuno.

Uno schiaffo soprattutto all’Onu. Il segretario generale Ban Ki-moon lo ha sentito in pieno. E ha reagito. Denuncia dal Palazzo di Vetro l’attacco «disgustoso, barbaro e deliberato». Accusa Assad di essere il «principale responsabile» dei 300 mila morti della guerra civile. Ma è di fronte a questa realtà che la tregua concordata fra Russia e Usa, fra John Kerry e Serghei Lavrov, è finita nel peggiore dei modi. In una settimana è successo di tutto. Si sono aperti nuovi fronti, inseriti altri attori a complicare la trama. Errori clamorosi, per negligenza o dolo, hanno spalancato il via alle dietrologie più nefaste.

Damasco e Mosca negano di aver compiuto i raid che, nella notte fra lunedì e ieri, hanno distrutto i 38 camion di aiuti diretti ad Aleppo. Accusano i ribelli di aver incendiato i mezzi apposta, «per dare la colpa a loro». Ma immagini di fori causati dalle deflagrazioni fanno propendere per un bombardamento aereo, e lì volano solo jet governativi e russi. Washington accusa la Russia. Almeno sono queste le conclusioni preliminari cui è giunta un’inchiesta. La tregua voluta da Kerry, Lavrov e l’inviato dell’Onu De Mistura dava fastidio a molti. In particolare al fronte islamista, che sente vicina la creazione di un Emirato retto dalla sharia nel Nord. E al regime di Bashar al-Assad, in possesso per la prima volta in 5 anni dell’iniziativa sul campo.

Sono progetti opposti ma in questo momento complementari. Assad ha continuato anche durante la tregua nella sua strategia delle evacuazioni forzate. Dopo i sobborghi damasceni di Dayyara e Moadamiya, lunedì è cominciata quella del quartiere Waer di Homs, un tempo multiculturale e dinamico, diventato il feudo degli islamisti di Jaysh al-Islam. I combattenti sunniti con le famiglie sono stati trasferiti a Idlib. La provincia del Nord-Ovest diventa sempre più jihadista, dominata da Jabat al-Fatah al-Sham, l’ultima sigla di facciata che nasconde il volto di Al-Qaeda in Siria.

La «Siria utile», la spina dorsale che va da Damasco ad Aleppo, è invece più alawita e cristiana, con associati i sunniti lealisti. Cambiano le percentuali fra le confessioni. Osservatori libanesi notano che si va verso «un terzo, un terzo e un terzo» fra sciiti, cristiani e sunniti. Assad, anche se dice di «voler riconquistare ogni centimetro quadrato di territorio», diventerebbe il garante di questa Siria occidentale simile al Libano. Mancano ancora però parte di Hama e i quartieri Est di Aleppo. È qui che i ribelli hanno compiuto la maggior parte delle «trecento violazioni» denunciate da Damasco e Mosca. E che sono continuati imperterriti i raid.

La strategia di Assad ha quasi cancellato i ribelli moderati. Un dato di fatto che sembrava accettato da Kerry, attaccato a una tregua che «non è ancora morta», che cerca di resuscitare con Lavrov, mentre gli alleati, a partire dal ministro degli Esteri italiano Paolo Gentiloni, incitano a «non arrendersi alla guerra». Ma forse non convinceva il Pentagono. I raid americani che domenica hanno ucciso 90 soldati governativi a Deir ez-Zour sono frutto di un errore al limite dell’incredibile. Le mazzate di Aleppo e Deir ez-Zour hanno seppellito la fiducia reciproca fra russi e americani e la war-room in comune che doveva coordinare i raid contro l’Isis.

È stato probabilmente Assad a trascinare i russi. Ma anche all’America mancano alleati affidabili. Il New Syrian Army, che deve conquistare il Sud, conta 300 combattenti. L’alleanza curdo-araba al Nord è stata messa fuori gioco dall’intervento della Turchia. I ribelli filo-turchi hanno accolto con insulti e minacce le forze speciali Usa al confine fra Turchia e Siria. Ad Aleppo, Hama, Damasco sono le forze islamiste a guidare la lotta. A Quneitra, fronte a ridosso del Golan l’iniziativa è in mano a Jabat al-Fatah al-Sham. Anche i missili anti-aerei S-200 lanciati dai siriani contro i jet israeliani che compivano una rappresaglia dopo i colpi di artiglieria arrivati sul Golan, segnano un cambio di passo. Assad si sente più forte e reclama i suoi diritti. Più che mai vuole Aleppo dove, secondo le testimonianze dei ribelli, le bombe-barile «cadono come pioggia», peggio di prima. I cento morti nella settimana di tregua «sulla carta» sono comunque meno della media. Trecentomila vittime in cinque anni fanno mille a settimana.

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lastampa/Diluvio di bombe, accuse e nuovi fronti. La Siria prende a schiaffi i Grandi all’Onu  GIORDANO STABILE – INVIATO A BEIRUT

Salone del libro: è andata come doveva andare, cioè male

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Torino e Milano non trovano l’intesa sul Salone del Libro e dunque ve ne saranno due. “È andata come doveva andare, cioè male”, commenta Massimo Gramellini nel suo editoriale. “La Patria degli analfabeti di ritorno, e spesso di sola andata, avrà due fiere del libro in meno di un mese e di cento chilometri. Troppa grazia, sicura disgrazia”, aggiunge Massimo.

Salone, la somma non farà mai il totale

È andata come doveva andare, cioè male . La Patria degli analfabeti di ritorno, e spesso di sola andata, avrà due fiere del libro in meno di un mese e di cento chilometri. Troppa grazia, sicura disgrazia. Anche se non una tragedia. Solo una figuraccia. E un’occasione perduta. La fiera del libro di Milano si chiamerà Fabbrica, si svolgerà a fine aprile nei padiglioni di Rho ancora caldi di Expo eospiterà i grandi editori, gli scrittori internazionali invitati dai grandi editori e i giornalisti di tutta Italia, che la illumineranno con centinaia di articoli e decine di servizi televisivi. Quella di Torino continuerà a chiamarsi Salone, si svolgerà a maggio nel costosissimo Lingotto e ospiterà i piccoli editori, gli autori di nicchia e i giornalisti di tutto il Piemonte e delle riviste specializzate. Per gli scrittori italiani delle grandi case editrici cambierà poco: se prima i loro libri primaverili dovevano essere pronti a maggio, in tempo utile per la kermesse torinese, adesso verrà loro chiesto di anticiparli ad aprile, così da garantire a Milano lo «jus primae noctis», esaudito il quale saranno liberi di affacciarsi in seconda battuta al Lingotto.

Ci abitueremo, ci si abitua a tutto. Milano andrà avanti senza guardarsi indietro né intorno, energica ed efficiente come tutti i predatori. Torino attraverserà la fase del mugugno, accusando i milanesi di averle portato via anche i libri, dopo la moda e la pubblicità. Ma al mugugno seguirà un sussulto d’orgoglio, culminante in un’idea innovativa che in caso di successo finirà a Milano fra una trentina d’anni.

I milanesi non hanno più colpe di quante ne ebbero i visigoti nel disfacimento dell’Impero Romano. Hanno visto un vuoto e da abili imprenditori ci si sono infilati senza pietà. Ingabbiato nelle sue complesse procedure pubbliche, il Salone di Torino ha avuto almeno due anni per risolvere i problemi interni e porre rimedio allo scandalo dell’affitto dei padiglioni del Lingotto, di sei volte superiore a quello della Fiera di Milano. Un milione e duecentomila euro. A riprova che era esagerato, la nuova sindaca Appendino è riuscito a dimezzarlo in meno di due ore, ma era ancora troppo caro e soprattutto era troppo tardi. Milano aveva ormai fiutato e afferrato la preda. I tentativi di mediazione del ministro Franceschini sono falliti di fronte alla evidente sproporzione delle forze in campo. A Torino è stata chiesta una capitolazione umiliante che non poteva accettare. I milanesi volevano tenersi tutti gli editori (e gli autori) e lasciarle soltanto i librai. Su queste colonne avevo lanciato una modesta proposta di compromesso: evitare la concomitanza delle date, letale per la più piccola Torino, dando vita a una staffetta che lasciasse a Milano la fiera e sotto la Mole lo spettacolo della lettura nelle piazze. Pur avendo ricevuto il gradimento di tanti lettori comuni, anch’essa è ovviamente naufragata nei campanilismi degli addetti ai lavori e ai livori.

Nell’emergenza ciascuno ha dato il peggio di sé, accusando la controparte di arroganza e disonestà. I milanesi si sono sentiti trattati come dei droghieri del libro attenti solo ai fatturati e adesso vorranno dimostrare di sapere organizzare una fiera culturale con lo stesso gusto dei torinesi. I quali, a loro volta, fomentati dai piccoli editori, si accingono a raccontare la prossima disfida dei due Saloni come un duello tra la gretta quantità di Milano e la raffinata qualità di Torino. Ma il segreto del Salone del Libro, diretto da intellettuali sublimi come Beniamino Placido e Ernesto Ferrero, consisteva proprio nel riuscire a mettere insieme quantità e qualità, tappeti rossi e materia grigia, Fabio Volo e lo scrittore tunisino esordiente. Paragonandolo al cinema, era come avere la Mostra di Venezia e il Torino Film Festival nello stesso luogo e nello stesso momento. Un miracolo durato ventinove anni. Ora la dabbenaggine e l’avidità degli uomini lo hanno spaccato in due. E ci spiace contraddire il grande Totò, ma stavolta la somma non fa il totale.

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vivicentro/Salone del libro: è andata come doveva andare, cioè male
lastampa/Salone, la somma non farà mai il totale MASSIMO GRAMELLINI

Milan-Lazio 2-0 quinta giornata Serie A 2016-17: Bacca e Niang

37′   Rete di Bacca

Bacca e Niang ed il Milan va: 2-0 alla Lazio nell’anticipo del turno infrasettimanale (quinta giornata di Serie A) con un contropiede del colombiano al 36′ e un rigore del francese al 74′. Con una partita in più Vincenzo Montella è alla pari della Juventus.

Il Milan batte la Lazio per 2-0 grazie al quinto goal di Bacca e al rigore di Niang, agganciata la Juventus. Felipe Anderson e Keita in campo solo nel secondo tempo.

Continua la maledizione San Siro rossonero per la Lazio. Sono ventisette gli anni che la squadra capitolina non riporta il bottino pieno in campionato. Nell’anticipo della quinta giornata, il Milan batte 2 a 0 la Lazio. Decidono un goal per tempo: Bacca nella prima frazione, Niang su rigore nella ripresa. Ma il 2 a 0 è forse un risultato abbastanza pesante per la Lazio, che ha giocato un buon calcio, a tratti, specialmente all’inizio, meglio di quello milanista.

La classifica aggiornata:
1 Napoli 10 punti
2 Juventus 9

3 Milan 9**
4 Roma 7
5 Lazio 7**
6 Chievo Verona 7
7 Inter 7
8 Genoa 6*
9 Sampdoria 6
10 Udinese 6
11 Bologna 6
12 Sassuolo 6
13 Fiorentina 6*
14 Pescara 4
15 Cagliari 4
16 Empoli 4
17 Torino 4
18 Atalanta 3
19 Palermo 2
20 Crotone 1
* una partita in meno

**una partita in più

vivicentro.it/redazione sportiva / francesco.caligaris@oasport.it /goal.com

Francesco Bombagi: Ho un ricordo stupendo della Juve Stabia

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Francesco Bombagi ci parla della Juve Stabia

Domenica la Juve Stabia farà visita all’Unicusano Fondi Calcio in cui sono presenti alcuni ex Juve Stabia tra i quali Francesco Bombagi, Diego Albadoro ed Elio Calderini.

Radio Cusano Campus, l’emittente radiofonica dell’Università Niccolò Cusano, ha intervistato proprio il più recente ex gialloblè Francesco Bombagi che con il Melfi ha dovuto dare forfait per un problema fisico, ma sta lavorando intensamente per recuperare la miglior forma ed essere disponibile in vista del match con la Juve Stabia e delle altre partite (Catania e Monopoli) che l’Unicusano Fondi si troverà ad affrontare nel giro di una settimana. E per il centrocampista Francesco Bombagi la gara con le “vespe” stabiesi assumerà valore particolare, in quanto il calciatore  di origine sarda sarà uno degli ex di giornata. E con tutta l’ intenzione di far bella figura.

Il tuo ricordo della Juve Stabia e delle partite giocate con i gialloblù?

“Un ricordo stupendo, non posso dire altro di diverso. Ho giocato un anno e mezzo a Castellammare ed ho vissuto prima di tutto il calore di una piazza appassionata e coinvolgente, capace di trasmettere emozioni. Inoltre, sono rimasto anche in contatto con alcuni calciatori che ho conosciuto durante la mia permanenza in Campania, e questa è un’ altra riprova del legame che si è venuto a creare”.

I risultati non sono mancati.

“Infatti sul campo facemmo grandi cose, soprattutto nella prima annata che ci vide arrivare sino ai play-off; peccato solamente per le polemiche che lo scorso anno hanno accompagnato la mia partenza. Guardiamo avanti”.

Come giudichi l’ attuale Juve Stabia?

“E’ partita con ambizioni importanti ed i risultati di queste prime giornate lo stanno confermando; il cammino sarà lungo, ma è compagine che può giustamente guardare alla parte alta della graduatoria”.

La tua squadra è reduce da un pareggio a Melfi, che ha lasciato parecchi rimpianti.

“In effetti siamo stati raggiunti a venti minuti dalla fine quando avevamo due goal di vantaggio, ed il rammarico è grande perché avevamo a portata di mano una vittoria che stavamo costruendo con pieno merito. Al di là del risultato, dobbiamo saper cogliere gli aspetti positivi e da quelli ripartire, perché ci attendono tre giorni ad alta intensità”.

P.R.

 

Analizzando l’avversario – A Genova per mantenere il primato, ma attenzione ai grifoni

Analizzando l’avversario – A Genova per mantenere il primato, ma attenzione ai grifon

Mercoledì alle 20:45, il Napoli affronterà al Ferraris il Genoa di Ivan Juric. “A Genova per i tre punti!”. Questo deve essere l’urlo di battaglia del Napoli, che nel capoluogo ligure deve continuare ad esprimere il proprio gioco vincente, bisogna mantenere questa striscia positiva per rimanere al primo posto in classifica. Sugli spalti ci sarà il solito clima di festa tra genoani e partenopei dato il solenne gemellaggio presente tra le due tifoserie, non sarà invece un clima del tutto amichevole in campo tra le due squadre, il Genoa deve riscattarsi dopo la caduta di Reggio Emilia contro il Sassuolo, un 2-0 poco sincero per i neroverdi, figlio più che altro del posso sterile e della poca efficacia offensiva dei grifoni.

I rossoblu sono orfani dello squalificato Veloso, il regista che stava guidando il centrocampo genoano dovrà scontare la squalifica ottenuta per ” un’espressione irriguardosa” nei confronti dell’arbitro. Spesso e volentieri la squadra di Juric commette errori banali in fase di impostazione, dovuto soprattutto al momento di forma non particolarmente buono di alcuni giocatori. Ad esempio Rincon che si limita a fare il precario di Veloso, irriconoscibile rispetto alle passate stagioni quando si batteva su ogni pallone. Juric potrebbe cambiare modulo e mettersi a specchio, di fronte a questo Napoli straripante, quindi optando per un 4-3-3 invece del solito 3-4-3.

Se così fosse gli undici titolari genoani potrebbero essere i seguenti: Perin, Edenilson, Izzo, Burdisso, Orban, Rigoni, Rincon, Ntcham, Lazovic, Pavoletti, Gakpe.

L’ultimo incontro tra le due squadre al Ferraris, nello scorso campionato, finì in pareggio uno 0-0, causato secondo Sarri dalle cattive condizioni del terreno di gioco. L’ultima vittoria del Napoli a Genova sponda grifone è datata 31 agosto 2014, quando in panchina c’era ancora Benitez e gli azzurri si trovavano all’esordio in campionato nella stagione 2014-2015, la partita si concluse con un 1-2 conquistato al 95′ con un gol fortunoso di De Guzman.

a cura di Andrea Bosco

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Renzi è pronto a modifiche su Italicum e dice: “aspetto proposte Fi-Salvini”

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Roma – “Abbiamo detto che siamo pronti a cambiare” l’ Italicum, “che siamo disponibili. Il M5S dice che il ballottaggio e’ anti democratico, penso che Appendino e Raggi non siano d’accordo. Ma M5S ha detto la sua e aspettiamo la posizione di Berlusconi e Salvini e alla fine faremo le modifiche necessarie”.

Lo ha detto Matteo Renzi a margine dei lavori del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite dopo il discorso di Barck Obama all’assemblea generale dell’Onu a New York. A chi gli chiedeva se le modifiche arriveranno dopo il referendum, Renzi ha risposto: “La discussione parlamentare viene gestita dal Parlamento, il governo ha dato disponibilita’ a intervenire nei modi e nei tempi che il Parlamento verra’”.

“I 5 stelle hanno spiegato la loro posizione, ora aspettiamo la posizione di Berlusconi e Salvini, così tutte le posizioni saranno chiare e in campo e alla fine faremo le modifiche necessarie” ha aggiunto Renzi. “Il referendum non riguarda la legge elettorale e con ieri si è fatto chiarezza, se l’Italia vuol fare la sua parte – ha concluso – ben vengano le discussioni interne ma poi l’Italia deve far sentire la sua voce in questi consessi”.

CHE COSA E’ L’ ITALICUM
La legge elettorale italiana del 2015, denominata ufficialmente legge 6 maggio 2015, n. 52 e comunemente nota come Italicum dal soprannome che le diede nel 2014 l’allora segretario del Partito Democratico e futuro presidente del Consiglio Matteo Renzi, suo principale promotore (fino a fine gennaio 2015 con l’appoggio anche di Forza Italia di Silvio Berlusconi, con il quale aveva stretto il Patto del Nazareno), prevede un sistema proporzionale a doppio turno a correzione maggioritaria, con premio di maggioranza, soglia di sbarramento e 100 collegi plurinominali con capilista “bloccati”. Essa disciplina l’elezione della sola Camera dei Deputati a decorrere dal 1º luglio 2016 e sostituisce la precedente legge elettorale del 2005, modificata dalla Corte Costituzionale con un giudizio di illegittimità costituzionale nel dicembre 2013

NAZIONALE – Quattro gli azzurri convocati per le qualificazioni ai mondiali 2018

Gli azzurri convocati

Sono quattro i calciatori azzurri convocati per le prossime sfide nazionali di qualificazione ai mondiali di Russia 2018: Mertens sarà impegnato nella doppia sfida di qualificazioni mondiali: Belgio-Bosnia (7 ottobre a Bruxelles) e Gibilterra-Belgio (10 ottobre ad Algarve). Hysaj sarà in campo per Liechtenstein-Albania (6 ottobre) e Albania-Spagna (9 ottobre). Koulibaly di scena nel match di qualificazione ai Mondiali 2018: Senegal-Capo Verde (8 ottobre a Dakar). Strinic convocato per le due gare di qualificazioni mondiali: Kosovo-Croazia (6 ottobre) e Finlandia-Croazia (9 ottobre).

Fonte: SSC Napoli

Pistocchi: “Belle le parole di Juric per Sarri”

Il messaggio di Pistocchi

Maurizio Pistocchi, giornalista di Mediaset, ha pubblicato sul suo profilo twitter un messaggio soffermandosi, tra le altre cose, sul campionato: Mi fa piacere che un allenatore di serie A riconosca i meriti di un collega. L’invidia spesso è più forte della verità”. Riferendosi alle parole spese dall’allenatore del Genoa Juric per Maurizio Sarri. Infatti il tecnico rossoblu avrebbe definito l’attuale allenatore azzurro come “uno dei migliori allenatori in Europa insieme a Guardiola!”.

Cacace e Calonego: perché erano lì da soli in un paese senza legge?

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Due tecnici italiani sono stati rapiti da un commando armato a Ghat, nel Sud della Libia, un paese ormai senza legge, in una zona controllata da tribù alleate del governo e infestata dai predoni. Si tratta di Bruno Cacace, residente a Borgo San Dalmazzo (Cuneo), e di Danilo Calonego di Sedico, in provincia di Belluno. Il premier Renzi ha annullato ieri gli impegni all’Onu, chiudendosi nel proprio hotel di New York per seguire la crisi.

Le riflessioni di Domenico Quirico nel suo editoriale di oggi

Il pericolo in un Paese senza legge

Il sequestro di due lavoratori italiani in Libia impone alcune scomode domande.  

Perché erano lì? Come è possibile che qualcuno li abbia mandati a far manutenzione in un aeroporto del Fezzan come se fosse un normale appalto in Calabria o in Svizzera, mentre erano in uno dei posti al mondo in cui il caos ha sostituito qualsiasi forma di ordine e la guerra è diventata la normalità quotidiana; in cui centinaia di formazioni armate sbandierando pretestuose bandiere politiche in realtà si scannano per il possesso di un pozzo petrolifero, per un frammento di oleodotto, per la gestione lucrosa di qualche attività parassitaria o criminale? E dove gli unici che hanno, purtroppo, uno scopo politico definito sono proprio i jihadisti che sognano la palingenesi sanguinaria del califfato sirtico.

E gli altri, i cosiddetti «governi»? I sedicenti governi di Tripoli di Bengasi di Misurata con cui fingiamo di avere fitti e normali rapporti diplomatici come con la Svizzera o la Bolivia altro non sono che formazioni banditesche di dimensioni maggiori di quelle tribali e con appetiti più smisurati.

Sapevano, le due vittime del sequestro, tutto questo? E i loro datori di lavoro? C’è purtroppo quando si parla della Libia, soprattutto a livello di governi compreso quello italiano, una evidente stonatura: per paura di ammettere il fallimento colossale delle politiche applicate in quel paese dalla caduta di Gheddafi si fa finta di credere che siamo di fronte a un Paese più o meno «normale», in cui la diplomazia fa passi avanti, ci sono interlocutori affidabili, si finirà prima o poi per mettere attorno a un tavolo come scolari po’ renitenti tutti i protagonisti della tragedia. Una volta che da Sirte verranno eliminati i feroci sgherri del Califfato. Purtroppo non è così e governi e cancellerie tra cui anche il nostro lo sanno benissimo. La Libia è una di quelle zone del mondo dove sono definitivamente scomparse cose come la diplomazia e la politica, e la guerra alimenta la guerra in un infernale gorgo di loschi interessi, fanatismi e bugie. Ammettiamolo: ci sono luoghi al mondo in cui gli occidentali non possono più andare. Sono loro vietati. L’unico loro valore è di essere ostaggi da riscattare a caro prezzo o soggetti da sacrificare a feroci strategie comunicative.

L’altra domanda è: chi sono in Libia coloro che sono con noi e contro di noi? Non i buoni o i cattivi che sarebbe domanda ingenua, e urterebbe contro al costatazione realistica che forse non ci sono buoni. Semplicemente bisogna definire chi potrebbe essere per noi un alleato affidabile e utile: il governo di Tripoli che non controlla nulla? Quello di Bengasi con il suo aspirante napoleone? La banda di Misurata? E ancora: chi ha il compito e il potere di definire questa lista, chi sceglie? Il governo italiano? Il Parlamento? L’Unione europea? L’Eni? Gli interessi petroliferi sono un elemento importante, di cui bisogna tenere conto. Ma costituiscono davvero una buona strada per scegliere una politica in questo luogo del mondo e delegarla?

Perché in Libia ci sono duecento paracadutisti che difendono un ospedale da campo? E i due sequestrati nel Fezzan chi li difendeva?

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