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Sconcerti: “Ecco cosa penso del campionato del Napoli”

Le parole di Mario Sconcerti

Il giornalista e opinionista di Rai Sport, Mario Sconcerti, ha espresso alcune considerazioni sul campionato in corso del Napoli al Corriere della Sera: “Juventus e Napoli hanno qualcosa di più e la classifica lo conferma. Sorprende la qualità del Napoli, sempre alta. Difficile capire cosa succederebbe se fosse costretta ad abbassarla dal tempo o dagli avversari. Per vincere fino in fondo bisogna saper farlo anche nei giorni di piccola forma, come la Juve adesso. Questa è ancora un’incognita sia del Napoli che di Sarri. In queste prime 6 giornate ha certamente espresso il calcio migliore”.

Pià: “Ricordo ancora quel Napoli-Benfica del 2008”

Le parole di Ignacio Pià

Ignacio Pià, ex attaccante del Napoli, ha rilasciato alcune dichiarazioni nel corso del programma Fuori Gara in onda su Radio Punto Zero: “E’ stato un peccato essere eliminati in quella competizione, ricordo quel Napoli-Benfica con grande affetto. A quei tempi molti di noi erano inesperti in campo internazionale, ma oggi il Napoli è una grande squadra che si è impressa nel panorama del calcio mondiale. Domani sera ha grandi possibilità di vincere contro il Benfica, il Napoli è molto forte ed è divertente vederlo giocare, Sarri ha saputo imprimere il suo gioco perfettamente. Il Napoli ha perso Gonzalo Higuain durante il mercato estivo, ma ha trovato un altro grande attaccante, Milik, che è molto forte fisicamente e inoltre si è ambientato bene. Marek Hamsik è il mio giocatore preferito, non ama mettersi in mostra in campo, ma ha una grande personalità. Gli auguro tante belle soddisfazioni. Può giocare anche a centrocampo se necessario, ma il suo ruolo resta quello di interno”.

Analizzando l’avversario – La Champions torna al San Paolo, presentiamo il Benfica

Analizzando l’avversario – La Champions torna al San Paolo, ecco il Benfica

Atmosfera da Champions in queste ore a Napoli. L’attesa è quasi giunta al termine, domani sera al San Paolo il Napoli affronterà il Benfica di Rui Vitória, campione in carica del campionato portoghese. Il Benfica è attualmente primo in Portogallo reduce da un ottimo inizio stagione, 5 vittorie e un pareggio. In Champions League non è iniziato nel migliore dei modi il cammino dei lusitani, che nel match casalingo contro il Besiktas non sono andati oltre il pareggio, un 1-1 che ha il sapore della sconfitta, soprattutto perché sembrava già vinta ma i turchi sono riusciti a riacciuffarla al minuto 93.

Rui Vitória viene a Napoli con una rosa orfana da assenze importanti come Jonas, Raul Jimenez, oltre a Samaris, Barbosa, Danilo e Jardel. Tant’è che nel match di domani il Benfica è visto come sfavorito, ma nelle notti europee non esistono pronostici attendibili e nulla deve essere lasciato al caso. Dovrebbe saperlo bene il Napoli, che nell’ultima sua apparizione in Champions League uscì ai giorni per un gol di svantaggio nello scontro diretto sui tedeschi del Borussia Dortmund, non bastarono i 12 punti conquistati.

Rui Vitória schiererà probabilmente il suo solito 4-4-2: Julio Cesar, Semedo, Lopez, Lindelof, Grimaldo, Salvio, Horta, Fejsa, Pizzi, Guedes, Mitroglu.

Un dato in particolare preoccupa i lusitani, l’andamento casalingo del Napoli negli incontri di Champions, i partenopei non sono mai stati sconfitti al San Paolo, questo stadio ha sempre dato una marcia in più agli azzurri, sarà così anche domani nonostante le tensioni tra le curve e la società.

a cura di Andrea Bosco

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Pistocchi: “Voglio fare un pronostico su Napoli-Benfica”

Le parole di Maurizio Pistocchi

Il giornalista e opinionista Maurizio Pistocchi ha rilasciato alcune dichiarazioni ai microfoni di Mediaset Premium, soffermandosi, tra l’altro, sull’impegno di Champions League di domani sera del Napoli contro il Benfica al San Paolo: “Voglio sbilanciarmi, sono sicuro che il Napoli vincerà. I ragazzi di Sarri hanno tutte le carte per battere un avversario così ostico come il Benfica”.

Napoli-Benfica, la probabile formazione azzurra: quattro novità rispetto al Chievo

Vigilia di Champions League per il Napoli che affronterà, domani sera (ore 20:45), il Benfica al San Paolo per la seconda giornata della fase a gironi della massima competizione europea per club.
Confermare la bella vittoria di Kiev, questa la prerogativa per Maurizio Sarri e i suoi uomini. Altri tre punti potrebbero spianare la strada verso gli ottavi di finale agli azzurri che al momento guidano il Gruppo B . Non sarà un compito facile contro i campioni di Portogallo chiamati al riscatto dopo il pari casalingo alla prima giornata contro il Besiktas. Sfida interessante in un San Paolo gremito pronto a rivivere le grandi notti europee, fattore da non sottovalutare.
LE ULTIME SULLA FORMAZIONE AZZURRA – Il turnover moderato sta dando i suoi frutti in campionato. Ora Maurizio Sarri può sempre contare su una rosa competitiva pur gestendo le forze in vista dei numerosi impegni ravvicinati. Rispetto alla gara contro il Chievo il tecnico partenopeo dovrebbe schierare l’ undici tipo. Sulla corsia destra torna Hysaj che insieme a Koulibaly, Albiol e Ghoulam andrà a comporre il quartetto difensivo. A centrocampo dovrebbe essere Allan e non Zielinski ad affiancare Jorginho e Marek Hamsik. Nel tridente offensivo pronti Mertens e Milik, al posto rispettivamente di L. Insigne e Gabbiadini titolari sabato sera. Sulla destra il solito Callejon. Ad eccezione di Tonelli ed El Kaddouri non inseriti nella lista Champions, l’ unico indisponibile è Chiriches. Potrebbero finire in tribuna Rog e Giaccherini a causa del limite di panchinari stabilito dalla Uefa.
Napoli (4-3-3): Reina, Hysaj, Albiol, Koulibaly, Ghoulam; Allan, Jorginho, Hamsik; Callejon, Milik , Mertens.     All. Sarri
A disposizione: Rafael, Maggio, Maksimovic, Diawara, Zielinski, Gabbiadini, L. Insigne.
Squalificati:
Indisponibili: Chiriches

 

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Prof e valutazione della ricerca

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Tra poco l’Anvur pubblicherà la valutazione della ricerca universitaria. Intanto vediamo come è fatta nel Regno Unito e quanto incide sulle retribuzioni dei docenti. Il risultato è che i dipartimenti dove la qualità della ricerca è migliore sono anche quelli con stipendi più generosi e con maggiore disuguaglianza salariale tra colleghi.

Quando lo stipendio del prof dipende dalla ricerca

Nel Regno Unito, la facilità di movimento da un’istituzione all’altra e il nesso diretto tra finanziamento e qualità della ricerca hanno creato un mercato del lavoro in cui le università competono per assicurarsi i docenti più produttivi. Con quali effetti sulla struttura salariale dei professori?

Università nel mercato delle pubblicazioni

Nell’attesa dei risultati della valutazione della ricerca universitaria condotta in Italia dal 2011 al 2014, può essere utile riflettere sui possibili effetti di questi esercizi sulle retribuzioni dei docenti. In un recente lavoro, utilizziamo dati dell’agenzia governativa britannica per studiare la relazione tra gli stipendi dei professori ordinari e la qualità della ricerca dei loro dipartimenti nella valutazione del 2014 (Research Excellence Framework). La Ref ha attribuito a ogni dipartimento un punteggio che determinerà il finanziamento governativo per i prossimi sette-otto anni.
Va premesso che per i professori ordinari (full), lo stipendio è totalmente basato sulla contrattazione individuale con l’università (quasi sempre con il rettore stesso). Gli accordi sindacali nazionali stabiliscono solo il minimo. Poiché però non fissano un massimo, i professori più pagati arrivano a guadagnare sette volte il minimo. Anche lo stipendio medio degli ordinari di un dipartimento varia moltissimo: in alcuni si guadagna quasi tre volte la media di altri.
La nostra analisi dimostra che i dipartimenti che pagano stipendi medi più alti hanno anche risultati migliori nella valutazione della Ref (figura 1). Non solo. I dipartimenti in cui lo stipendio varia di più, ottengono valutazioni migliori: la disuguaglianza tra colleghi migliora la ricerca. Quest’ultimo risultato, che potrebbe essere causato dall’assunzione di “superstar” pagate a peso d’oro, sembra però valere solo in alcune discipline.

Figura 1 – Associazione tra stipendio medio dei professori ordinari e il risultato del dipartimento nella Ref 2014.

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Fonte: 1171 dipartimenti accademici in 36 aree di ricerca in UK. Nostra rielaborazione di dati forniti da Hesa.

Due spiegazioni per una relazione

La relazione positiva fra stipendio medio e risultati può avere due spiegazioni. Come squadre di calcio con un ampio pubblico, alcune istituzioni potrebbero avere più fondi a disposizione (grazie, ad esempio, a ex-allievi più generosi), che usano per attrarre ricercatori migliori, offrendo loro stipendi che altre università non possono permettersi. Oppure alcune università possono essere state più fortunate in passato e, come Microsoft e Facebook, dividono i maggiori guadagni dovuti al successo nella ricerca con i dipendenti di alto livello.
Come distinguere fra le due possibili spiegazioni? Le trentasei commissioni di esperti raggruppati per disciplina hanno valutano la qualità della ricerca secondo tre diversi criteri: l’importanza scientifica delle pubblicazioni, l’ambiente di ricerca e l’impatto della ricerca al di fuori del mondo dell’accademia. Dei tre criteri, solo il primo è trasferibile da un’università all’altra: la Ref ha valutato le pubblicazioni dei professori in ruolo in un ateneo il 31 ottobre 2013, indipendentemente da quando e dove siano state scritte. L’impatto della ricerca, invece, è attribuito all’ateneo dove la ricerca ha preso forma, anche se il suo autore si è trasferito altrove.
Analizzando separatamente le tre aree, nel nostro lavoro mostriamo che la relazione positiva fra stipendio medio e risultati è dovuta soprattutto alla qualità delle pubblicazioni, mentre non troviamo alcuna relazione con l’impatto della ricerca. Il fatto che la valutazione della misura trasferibile sia influenzata dallo stipendio medio, mentre quella non trasferibile non lo sia, suggerisce che le università, nell’assumere o promuovere, privilegiano le pubblicazioni dei candidati piuttosto che l’impatto della loro ricerca, visto che solo le prime possono migliorare la valutazione della Ref. Ne segue dunque che la Ref induce le università a offrire avanzamenti di stipendio ai professori che vuole attrarre.

Ma rimangono differenze nelle strategie

Abbiamo riunito le università in quattro gruppi, a seconda dell’importanza storica delle diverse istituzioni. Come mostra la prima parte della figura 2, le più eminenti (il gruppo Russell) ottengono una valutazione migliore, seguite dal cosiddetto “gruppo 1994”, da “altre” università e infine da quelle di recente formazione. La seconda parte della figura dimostra che la relazione fra stipendio medio e qualità della ricerca è più forte quando il livello medio della ricerca è inferiore.

Figura 2 – Qualità dell’istituzione e associazione tra stipendio medio dei professori ordinari e il risultato del dipartimento nella Ref 2014.

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Fonte: Prima parte: distribuzione cumulata della valutazione nei quattro gruppi di università. Seconda parte: come figura 1, ma nei quattro gruppi di università. Nostra rielaborazione di dati forniti da Hesa.

Infine, avere un membro del dipartimento fra i commissari della Ref ha un effetto positivo sulla valutazione, a parità di tutto il resto: vale soprattutto nelle materie letterarie e nelle scienze sociali e nelle componenti della valutazione (ambiente di ricerca e impatto sulla società) per le quali il giudizio è più soggettivo. Già notato da altri autori in paesi diversi, ciò fa pensare che anche in accademia tutto il mondo sia paese.

GIANNI DE FRAJAGDF2015

Ha conseguito il dottorato a Siena nel 1987 e il DPhil a Oxford nel 1990; è attualmente professore ordinario di Economia a tempo parziale presso l’Università di Roma “Tor Vergata” e presso l’University of Nottingham ed è Research Fellow al Cepr. In passato è stato professore ordinario a York e a Leicester, e visiting scholar a Tokyo, Bonn, e Barcellona. La sua recente ricerca si è soffermata sulle aree dell’economia dell’istruzione, economia del lavoro, economia industriale, coprendo sia aspetti teorici, sia applicazioni empiriche. La sua attività di ricerca si è concentrata sulla pubblicazione di articoli accademici in riviste internazionali. È stato direttore di dipartimento a Leicester, e co-ordinatore del dottorato a York, Leicester e Nottingham, e membro del GEV13 per la VQR 2016.

lavoce.info/Quando lo stipendio del prof dipende dalla ricerca (Gianni De Fraja, Giovanni Facchini e John Gathergood)

Giudice Sportvo – Ammenda al Napoli per insulti all’ arbitro addizionale

Sono due le giornate di squalifica infliette a Goran Pandev, è quanto riferisce il Giudice Sportivo nel comunicato diramato questo pomeriggio. Si riferisce che l’attaccante ha ‘proferito un’espressione ingiuriosa nei confronti del Direttore di Gara, nonché per aver usato espressione irriguardosa nei confronti degli Ufficiali di gara, mentre abbandonava il terreno di gioco a seguito del provvedimento di espulsione’. Una giornata di squalifica anche per Edenilson, laterale del Genoa, e Franck Yannick Kessiè dell’Atalanta che salterà il match contro il Napoli.

Per quanto riguarda le ammende: 15mila euro di multe al Cagliari, 5mila al Genoa e al Torino e duemila euro inflitti al Napoli ‘per avere suoi sostenitori, al 32° e al 34° del secondo tempo, rivolto cori insultanti ad un Arbitro addizionale’.

Dal Portogallo – Luisao l’unico rimasto a Lisbona presente in quel Napoli-Benfica di 8 anni fa

Si avvicina il fischio d’inizio di Napoli-Benfica. Sfida che può esser considerato una sorta di rivincita, almeno per gli azzurri, di quella doppia sfida di Intertoto che vide i partenopei essere eliminati dopo comunque due ottime prestazioni. Ne è passata di acqua sotto i ponti da allora, sia a Napoli che a Lisbona. Non a caso nella squadra della capitale lusitana l’unico rimasto è, come sottolineato dal portale “O Jogo”, il difensore centrale brasiliano Luisao. Mentre nel Napoli ci sono ancora Maggio, Sepe ed il capitano Marek Hamsik.

Colantuono: “Sarri? Tra i migliori allenatori in circolazione”

Stefano Colantuono, ex allenatore fra le altre dell’ Atalanta, è intervenuto ai microfoni di Radio Crc. Ecco quanto evidenziato:
“Sono sorpreso, il Napoli sta giocando rispetto alla scorsa stagione. Tutti pensavano che la perdita di Higuain avrebbe portato ad un ridimensionamento, invece vanno fatti i complimenti ala società per come ha agito sul mercato e anche a Sarri . Domani gli azzurri dovranno affrontare una tappa importante. Il fattore campo può influire, vedo gli azzurri favoriti. Milik si è presentato nel migliore dei modi e non dimentichiamo Gabbiadini, si è sbloccato e può essere fondamentale.
Sarri? A mio avviso uno dei migliori tecnici in circolazione. Sta dimostrando che il Napoli può comunque essere devastante anche senza l’ apporto del pipita in termini di gol”.

Nela: “Hamsik? Che numeri! Il Napoli esprime un grande calcio ma in Champions non conta solo questo”

Sebastiano Nela, opinionista Mediaset Premium ed ex difensore del Napoli, è intervenuto ai microfoni di Radio Crc nel corso di Si Gonfia la Rete. Ecco quanto evidenziato:
“Numeri straordinari per Marek Hamsik, in un certo senso me lo aspettavo. L’ ho sempre considerato un grande calciatore, ha vissuto momenti non brillanti non per causa sua. È un centrocampista che può ricoprire diversi ruoli: gioca da interno, da trequartista, da seconda punta. Può fare anche il regista, conosce i tempi di gioco e ragiona prima degli altri.
Benfica? Il Napoli esprime un livello di gioco e un organizzazione di squadra che possono vantare pochi club In campo europeo, però, contano anche l’emozione, gli stadi, gli avversari che si conoscono poco. Non bisogna farsi intimidire, la Champions è una competizione da affrontare sempre con la massima determinazione. Non bisogna dimenticare che un allenatore deve gestire bene la rosa perché c’ è anche il campionato. Quest’ anno Sarri può contare su un organico molto competitivo.
Allan o Zielinski? Dipende dall’ allenatore. Ognuno ha determinate caratteristiche che possono servire nell’ economia della partita”.

Procida Calcio, Il Ds Crisano: ” Sono soddisfatto del mio Procida,continuiamo a lavorare”

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Nicola Crisano D.S Procida Calcio
Nicola Crisano D.S Procida Calcio

Due vittorie in altrettante gare allo Spinetti, cammino netto del Procida sul terreno di gioco amico. La squadra biancorossa cerca ora i primi punti in trasferta e l’occasione arriverà nella gara di domenica sul campo della Real Albanova. Nel frattempo, la squadra di Cibelli, si gode la vittoria contro la Virtus Volla che ha permesso di riscattare la sconfitta contro l’Afragolese. Un successo, quello ottenuto sabato, che soddisfa anche il direttore generale biancorosso Nicola Crisano. “Sono contento della squadra – ha commentato il dg procidano – il nostro percorso continua in maniera positiva. E vincere sabato non era facile, perché la Virtus Volla si è dimostrata un’ottima formazione. Faccio i complimenti alla società, che poi è formata da tanti amici, perché ho trovato una squadra veramente organizzata. Noi andiamo avanti con la massima tranquillità, per cercare di arrivare dove ci siamo prefissati”.

Torna a sorridere l’attacco dopo essere rimasto a secco contro l’Afragolese. Ancora in gol Gennaro Fragiello, si è sbloccato anche Bacio Terracino che aveva bisogno di rompere il ghiaccio. Decisivo anche Dodò, tra i migliori in questa prima fase della stagione. “Il gol di Gennaro Fragiello non è una novità, è un nostro fiore all’occhiello ed uno dei centravanti migliori della categoria. Quando si trova davanti alla porta c’è poco da fare, non sbaglia quasi mai. Bacio Terracino, invece, è un calciatore fondamentale per la nostra squadra e di grande talento. Ma voglio fare i complimenti a tutta la squadra e, in particolar modo, a un ragazzo come Dodò. Ormai è un procidano d’adozione, sta dando lezioni di umiltà e di grande calcio in Eccellenza. E non solo, perché lo vedo in categorie superiori. Il Procida ha trovato un grande attaccante, abbiamo avuto la fortuna di scoprirlo nei tornei intersociali. E la sua carriera potrebbe anche continuare in categorie superiori in futuro”

Giunta Raggi, anche Tutino si chiama fuori. Accuse infondate minano buon lavoro

È ancora fumata nera per la nomina dell’assessore al Bilancio del Comune di Roma. Salvatore Tutino, Consigliere della Corte dei Conti e primo candidato per ricoprire la carica, ha deciso di fare un passo indietro.

Il consigliere della Corte dei Conti avrebbe dovuto diventare assessore al Bilancio, dopo le dimissioni di Marcello Minenna. L’assessore aveva rassegnato le dimissioni all’inizio di settembre spiegando in un posto di facebook:

“Ho sentito il dovere di rassegnare le dimissioni dall’incarico affidatomi quando ho percepito quello che definirei eufemisticamente un ‘deficit di trasparenza’ nella gestione della procedura di revoca di quella delicatissima e nevralgica figura amministrativa del Capo di Gabinetto, vero garante della legalita’ e trasparenza nella tecno-macchina comunale”.

A quanto viene confermato dal suo ufficio, il giudice della Corte dei Conti, che voci sempre piu’ insistenti davano in procinto di entrare nella giunta della sindaca grillina, ha deciso di non assumere l’incarico a causa delle polemiche sul suo nome all’interno del Movimento 5 Stelle:

«Non posso accettare – ha spiegato Salvatore Tutino – accuse totalmente infondate e prive di ogni elemento di verità. Avevo dato la mia disponibilità consapevole delle difficoltà e dei rischi che l’impegno avrebbe comportato. Ma pensavo a difficoltà legate all’impegnativo lavoro che mi sarei trovato ad affrontare come assessore al bilancio della Capitale».
«Invece da diversi giorni – continua Tutino – sono sulla graticola sottoposto a esami surreali. Sono diventato oggetto di una contesa in cui, più che i curricula, contano le illazioni e dove le falsità e le beghe di una certa politica fanno aggio su professionalità e impegno. Gli attacchi, del tutto ingiustificati, da parte di esponenti della forza politica che dovrà sostenere le scelte della giunta, minano alla base ogni possibilità di un proficuo lavoro».

Raggi non si scompone e ribatte ai giornalisti che Tutino: Tutino ha detto no? Il nome arriverà presto
«Era una delle persone che stavamo esaminando, ma il nome arriverà presto» ha replicato la sindaca di Roma, Virginia Raggi, lasciando il Campidoglio, rispondendo così – dinanzi alle telecamere – a chi le aveva chiesto di commentare l’indisponibiltà manifestata da Salvatore Tutino, giudice della Corte dei Conti, a ricoprire il ruolo assessore al Bilancio nella sua giunta.

vivicentro.it/centro/politica / redazione vivicentro/agenzie agi/aska/ansa

Champions, Sarri e la battuta ironica durante la conferenza

Questa la battuta del tecnico durante la conferenza stampa

Arriva la battuta ironica di Maurizio Sarri in conferenza stampa: “Benfica e Napoli amano un grosso possesso palla?”, pronta la risposta del mister: “Allora domani bisognerà giocare con due palloni! (ride ndr)”, cosa che ha suscitato risate tra i giornalisti presenti a Castelvolturno.

Champions, Sarri: “Proveremo a fare la partita ma non sarà facile. Benfica quarta testa di serie “

Maurizio Sarri ha parlato in conferenza stampa alla vigilia della sfida contro il Benfica in Champions League. Ecco quanto evidenziato:
“L’allenamento pomeridiano sarà il più importante per valutare il livello della squadra, ieri il gruppo era diviso. Credo che i ragazzi siano pronti anche se consapevoli della grande difficoltà del match”.
Sul Benfica – “E’ la quarta testa di serie della Champions. Una squadra molto forte che cerca sempre di condurre il gioco. Hanno un ottimo livello di organizzazione, l’anno scorso furono eliminati ai quarti dopo aver fatto tremare il Bayern Monaco”.
Gestione del match – “Rispetto a Kiev sarà ancora più complicato. Come mentalità possiamo e dobbiamo crescere ancora “.
Ai Tifosi – “Ci hanno sempre aiutato e domani facciamo affidamento su di loro, anche se npon bisogna chiederlo. La classifica non conta nulla, in Champions abbiamo fatto una sola partita. In campionato sulla carta la Juventus è favorita ma parliamo di domani. Il Benfica è stato sfortunato all’ esordio, raggiunto al ’93 da una punizione”.
Rosa ampia può aiutare – “L’ anno scorso abbiamo fatto 41 punti all’andata e 41 punti al ritorno, non siamo calati così tanto. Forse a febbraio è mancata brillantezza e non sono arrivati i risultati. Piano piano inseriremo i nuovi in un contesto comunque difficile. Difficile allenare tatticamente e alcuni ragazzi non erano neanche in grande condizione”.
Napoli europeo uguale a quello in campionato – “Vediamo se riusciamo ad avere continuità di gioco come in campionato”.
Sulle caratteristiche del’ avversario – “Loro giocano bene da dietro, hanno difensori forti tecnicamente che impostano bene il gioco. A centrocampo grande tecnica e poi esterni come Salvio e Pizzi che hanno grande gestione della palla non sarà facile prendere in mano la partita. Poi davanti c’è Guedes, un attaccante che mi piace tantissimo. Proveremo a fare la partita ma non sarà semplice”.

Renzi rilancia: Napoli-Palermo, Ponte sullo Stretto e stop ai tagli sanità

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Il premier rilancia il completamento completamento della Napoli-Palermo con anche il Ponte sullo Stretto: si possono creare 100 mila posti di lavoro, dice. E sulla sanità afferma: Basta tagli lineari, si è tagliato anche troppo.

Il Presidente del Consiglio Matteo Renzi, parlando da Milano dove partecipa alla celebrazione dei 110 anni del Gruppo Salini, rilancia a sorpresa l’idea del ponte sullo Stretto per dare all’Italia una nuova possibilita’ di creare occupazione e sviluppo e dice:

“Va completato il grande collegamento di quella che Delrio chiama la Napoli-Palermo, per non parlare di ponte sullo Stretto. Un’operazione che porta 100 mila posti di lavoro ed è utile perché toglie la Calabria dall’isolamento e permette di avere una Sicilia più vicina e raggiungibile. Noi siamo pronti. Se voi siete nella condizione di portare le carte e sistemare ciò che è’ fermo da 10 anni, noi sblocchiamo”.

“La Salerno- Reggio Calabria il 22 dicembre sarà percorribile senza alcun cantiere”, ha poi affermato il premier che ha aggiunto:

“La mia è una sfida in positivo. Rispetto chi dice che l’Italia è finita, ma penso che il compito di chi fa politica sia di indicare una direzione”. Renzi ha poi ribadito che “tutto ciò che va in edilizia scolastica sarà fuori dal patto di stabilità” e ha invitato l’Europa “a ripartire dagli investimenti, che devono tornare a essere una priorità”.

Immediata la reazione del mondo politico:

il sindaco di Messina Renato Accorinti subito replica:

“Una follia per il Meridione e siamo stanchi degli annunci sui posti di lavoro. Ci sono motivazioni forti che ci spingono a dire di no e nessuno si azzardi, neanche Renzi, a parlare di Ponte sullo Stretto perché divento una belva. Vogliono fare populismo ma la nostra città si opporrà in tutti i modi […] Ho fatto 15 anni di battaglia contro questa infrastruttura per la quale sono già stati sperperati 600 milioni di euro”.

Per il capogruppo M5S ie n Commisione Lavori pubblici al Senato, Andrea Cioffi,:

“Renzi il finto rottamatore utilizza argomenti da Prima Repubblica. Promette che con il faraonico e senza senso Ponte di Messina si realizzeranno 100.000 posti di lavoro. E i debiti per lo Stato? Sembrano le promesse di Berlusconi o quelle di Montezemolo per le faraoniche “Olimpiadi di Roma2024″ che in realtà creerebbero solo debiti faraonici per lo Stato e Roma Capitale. Il Ponte sullo Stretto di Messina è un opera inutile e costosissima. Quelle risorse vengano utilizzate semmai per finanziare misure di sostegno al reddito per ridare dignità a 9 milioni di cittadini o per le opere di manutenzione ed efficientamento energetico degli edifici pubblici e la manutenzione delle nostre strade”.
Per la Lega Nord quello di Renzi è “altro fumo negli occhi. Le ultime cartucce di un presidente che non sa più che pesci prendere. Oggi si è svegliato dicendo che farà il Ponte sullo Stretto, un’opera faraonica e inutile che certo non risolve i problemi del Mezzogiorno. Domani ne sparerà un’altra pensando di riconquistare la fiducia degli italiani con questi annunci choc”. “Ma chi pensa di prendere in giro? Le priorità – affermano i capigruppo di Camera e Senato del Carroccio, Massimiliano Fedriga e Gian Marco Centinaio.- sono ben altre e il Paese ha bisogno di una politica seria frutto di programmazione e non di spot elettorali per salvarsi la poltrona”.

Il capogruppo di Montecitorio Renato Brunetta, non ha dubbi:

“Il presidente del Consiglio butta la palla in tribuna e tira fuori dal cilindro il Ponte sullo Stretto. Chiaro l’obiettivo del premier. Deviare l’attenzione dell’opinione pubblica su un tema che non sia il referendum confermativo, considerando anche una campagna per lui tutta in salita e i sondaggi, che in modo unanime, danno il fronte del ‘no’ in netto e crescente vantaggio”.

Il capogruppo dei deputati di Sinistra Italiana Arturo Scotto ha affermato:

“Il Presidente del Consiglio con l’ennesima sparata sul Ponte sullo Stretto ha inaugurato la campagna referendaria. Da qui al 4 dicembre ne vedremo delle belle. Non potendo convincere gli italiani sulla bontà dello stravolgimento della nostra Carta Costituzionale Renzi non farà altro che moltiplicare le promesse. Oggi il Ponte domani chissa”.

In precedenza il premier, nel corso della visita all’ospedale San Raffaele, aveva detto:

“L’Italia deve smetterla con i tagli lineari. Sulla sanità è evidente che si è tagliato anche troppo. Oggi abbiamo 112 miliardi per il fondo Sanità, siamo tornati a risalire. Noi vogliamo mettere al centro la questione della salute dell’Italia anche con il progetto dello Human Technopole. I migliori ricercatori devono venire qui a Milano, che deve competere con i grandi centri di ricerca mondiali”

e proseguendo:

“Come Paese noi abbiamo molti difetti, ce li raccontano e ce li raccontiamo tutti i giorni. Quando c’è un problema, non si può mettere la polvere sotto il tappeto. A fronte di questi problemi, c’è un Paese che nella sanità è tra i più forti del mondo. Questa partita va giocata a livello internazionale, altrimenti ci si ridurrà a giocare un campionato di Serie B. Invece, nel settore della sanità, dell’innovazione e nella ricerca, l’Italia può giocare in Serie A, anzi in Champions League. Siamo il secondo Paese più longevo al mondo, dobbiamo uscire dalla retorica dei cervelli in fuga e valorizzare le nostre eccellenze. Non è che chi rimane qui non è un cervello. Questo è un racconto autodistruttivo”.

vivicentro/redazione / agenzie agi/aska/ansa

Champions, Jorginho: “Dobbiamo fare il nostro gioco per vincere. Hamsik? Può giocare ovunque”

Queste le sue parole in conferenza stampa

Jorginho, centrocampista del Napoli, ha parlato in conferenza stampa, presentando il match di domani del San Paolo contro il Benfica, valido per il secondo turno del girone di Champions League: “Tutto il gruppo e l’ambiente è carico, aspettavamo questo momento e siamo pronti. Dobbiamo fare il nostro gioco per vincere, non dobbiamo gestire niente. Poi vedremo cosa succederà. Le partite in Europa sono più aperte, speriamo sia divertente per chi ci guarderà. Obiettivo? Pensiamo alla gara di domani, senza porci limiti. Gara per gara. Centrocampo? Il Benfica è una grande squadra e sarà una gara difficile. Una squadra abituata a giocare in Europa che fa bene anche in trasferta. Le idee che abbiamo sono quelle di vedere noi stessi non gli avversari. Se entriamo in campo per vincere, non pensiamo agli altri. Tutte le partite non sono uguali ma da lì capisci se la mentalità è giusta e vincente. In certe partite le motivazioni fanno la differenza. Cosa è cambiato? Gioco un po’ di più. Da quando è arrivato Sarri e abbiamo cominciato a giocare in questa maniera, ho avuto tanta visibilità. Abbiamo imparato a giocare in maniera differente, anche più bella. Ci divertiamo tanto. Juric? Noi come Manchester City? Può essere. Hamsik? Marek è un campione e può giocare ovunque. Ha grandi potenzialità, poi deciderà il mister. Higuain? Noi non pensiamno a Higuain, siamo un gruppo. Nuovi? Sono ottimi acquisti, già forti e di prospettiva. Si stanno ambientando bene, siamo un gruppo che fa sentire importanti tutti. Rispettiamo il Benfica, ma siamo tranquilli. Siamo pronti. Stanco? Decide il mister chi deve far giocare. Io sono sempre a disposizione e cerco di farmi trovare pronto. Sto bene”. 

Il ridimensionamento dell’ incentivo alle nuove assunzioni

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Incentivi alle nuove assunzioni: restano in vigore sgravi modesti, poco utilizzati dalle imprese. Si potrebbero destinare i fondi rimanenti a un taglio strutturale del costo del lavoro. In ogni caso, meglio non aspettarsi fuochi di artificio sul mercato del lavoro.Gli sgravi contributivi previsti nel 2015 hanno fatto aumentare in modo significativo le assunzioni. Ora l’incentivo è molto più ridotto, in sostanza un premio a chi assume. Meglio allora pensare a un taglio strutturale del costo del lavoro? I risultati si vedrebbero nel medio periodo, non subito.

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Taglio al costo del lavoro? Difficile ma si può

Effetti degli incentivi

Una riflessione attenta su quanto accaduto all’occupazione dipendente nel settore privato nel 2015 è di aiuto nel dibattito sul destino – proroga o abolizione o selezione della platea – degli sgravi contributivi per i neo assunti.
Il Rapporto Inps 2016 ha messo a disposizione alcune evidenze solide:

  1. nel 2015 le assunzioni a tempo indeterminato sono aumentate in modo oltremodo significativo, trainate principalmente dagli sgravi contributivi: da circa 1,3 milioni per ciascun anno del biennio 2013-2014 a oltre 2 milioni nel 2015; di queste, circa 1,2 milioni hanno beneficiato dell’esonero (per chiarezza: questi valori sono al netto delle 400mila trasformazioni con esonero da contratti a tempo determinato in indeterminato nella medesima impresa);
  2. la congiuntura 2015 (dinamica export, Pil) non è stata così favorevole da motivare una crescita dei posti di lavoro pari a quella osservata;
  3. protagoniste delle assunzioni sono state imprese in crescita occupazionale: infatti meno di 300mila assunzioni esonerate (pari a un quarto del totale esonerate) sono state realizzate da imprese con occupazione stabile o in contrazione (lo sgravio in questi casi ha finanziato il turnover). L’esonero, nella maggioranza dei casi, non si è affatto risolto in un’esclusiva riconversione contrattuale di lavoratori già occupati presso le medesime aziende, come sostengono quanti confondono il saldo aggregato dei movimenti complessivi (che misura la variazione occupazionale complessiva) con la misura dei posti di lavoro creati, che dev’essere calcolata tenendo conto dei saldi impresa per impresa;
  4. la stragrande maggioranza di quelle utilizzatrici degli esoneri è costituita da piccole imprese (solo un terzo dei rapporti esonerati è stato attivato da imprese con oltre 30 dipendenti).

Gli incentivi previsti per i neoassunti nel 2015 hanno provocato dunque uno shock occupazionale, come del resto atteso, trattandosi di un abbattimento del costo del lavoro per tre anni attorno al 30 per cento. L’ammontare complessivo degli incentivi erogati non si è risolto in una perdita secca (deadweight loss) per il bilancio pubblico. Perché le scelte delle imprese, sia in materia di volumi occupazionali che di tipologia, sono state effettivamente “forzate”, incentivandole a investire in capitale umano. E non si è trattato di un mero anticipo di un paio di mesi rispetto ad assunzioni che sarebbero comunque avvenute, ma di una “scommessa” sul miglioramento del contesto economico.
L’accesso all’incentivo è durato un anno e le imprese lo sapevano. Attualmente è molto più modesto e il livello delle assunzioni a tempo indeterminato è ritornato a essere, sostanzialmente, quello del 2013-2014.
Poiché le assunzioni a tempo indeterminato sono composte da una quota, abbastanza stabile quantitativamente, di passaggi tra imprese (mobilità normale dei lavoratori più mobilità generata dalle alterne fortune delle aziende appaltatrici nei settori dei servizi) non esonerabili, è logico che la quota di assunzioni incentivate risulti, come dai dati dell’Osservatorio precariato, modesta (attualmente attorno al 30 per cento delle assunzioni) perché rispetto al 2015 la riduzione dei rapporti eligibili è ancora più elevata di quella dei rapporti totali a tempo indeterminato. È chiaro che il nuovo incentivo non è in grado di forzare alcuna scelta delle imprese: ha quindi una funzione di premio a chi assume, non di incentivo. Per questo il rischio che l’attuale incentivo sia effettivamente un deadweight loss è elevatissimo. E quindi è più che sensato l’interrogativo: perché non dedicare le medesime risorse a un taglio strutturale del costo del lavoro piuttosto che a interventi parziali?

Risultati nel medio termine

Tralasciando la questione, prioritaria, del come finanziare un taglio strutturale (non può penalizzare le future pensioni pubbliche) e di che entità possa essere, un aspetto di rilievo è relativo a ciò che ci si attende da esso: mentre una politica di forte incentivazione alle nuove assunzioni ha effetti congiunturali (a breve) sui livelli occupazionali (e quindi su salari, consumi e così via), una riforma strutturale, a parità di tempistica, non ne ha pressoché nessuno. Cercare nei dati sull’occupazione complessiva gli effetti a breve di un taglio del costo del lavoro di alcuni punti sarebbe esercizio funambolico. Ci si può anche riuscire – la strumentazione oggi è sofisticata – ma se molti commentatori non si sono arresi neanche di fronte alle macroscopiche evidenze per il 2015, come si potrà convincerli di effetti a occhio nudo nemmeno minimamente percepibili?
L’inutilizzabilità nel dibattito non è argomento sufficiente per decidere sulla bontà delle politiche e sull’opportunità di una riduzione del costo del lavoro. Questa dovrebbe servire – e solo come tale esser motivata – per la competitività di sistema di medio periodo, grazie alla riduzione della forbice rispetto ai costi corrispondenti dei paesi con i quali vogliamo misurarci.
Ma occorre riconoscere che oliare il sistema non è la stessa cosa che spingerlo: entrambe azioni doverose che però, anche a parità di investimento, generano risultati in tempi significativamente diversi. Ed è meglio dirlo per non suscitare aspettative eccessive, candidate a essere deluse.

BRUNO ANASTASIAanastasia

Bruno Anastasia dirige l’Osservatorio sul mercato del lavoro regionale di Veneto Lavoro, ente strumentale della Regione Veneto. Dal 1994 al 2001 è stato presidente del Coses di Venezia e dal 2001 al 2006 presidente dell’Ires Veneto. Ha insegnato Economia del lavoro all’Università di Trieste, Corso di laurea in Scienze della Formazione. Dal 2000 al 2006 ha collaborato con il Gruppo nazionale di monitoraggio delle politiche del lavoro istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Dal 2007 al 2009 ha collaborato all’attività della Commissione di Indagine sul lavoro di iniziativa interistituzionale Cnel-Camera dei Deputati-Senato (Commissione Carniti).

vivicentro.it/politica
vivicentro/Il ridimensionamento dell’ incentivo alle nuove assunzioni
lavoce.info/Taglio al costo del lavoro? Difficile ma si può (Bruno Anastasia)

Castellammare, venerdì ci sarà il ‘Concerto per Amatrice’: luogo e dettagli

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Castellammare, venerdì ci sarà il ‘Concerto per Amatrice’: luogo e dettagli

Venerdì 30 settembre alle ore 20.30 presso il teatro Supercinema di Castellammare di Stabia, l’accademia musicale futura e il conservatorio Martucci di Salerno si uniranno per il “Concerto per Amatrice”. Ci saranno tanti ospiti tra cui Nello Salza e, direttamente da Canale5 e Rai 1, la famiglia Gibboni. Ci sarà il jazz di Carlo Lo Manto, la voce di Antonella De Chiara, le percussioni di Davide Cantarella. L’ingresso prevede un contributo volontariato a partire da 5 euro e l’incasso sarà interamente devoluto alla ricostruzione della scuola di Amatrice.

Napoli, aiutare Gabbiadini come si faceva con Valdifiori

Napoli, aiutare Gabbiadini come si faceva con Valdifiori

Il nostro grazie ad Hamsik, fuoriclasse vero e uomo straordinario. E negli occhi dei tifosi esplode ancora il sinistro di Manolo, rapace sul primo effettivo pallone che gli è arrivato secondo le sue caratteristiche: al limite dell’area, con un metro disponibile e un tocco breve all’indietro. D’accordo, mica si può pretendere che un attaccante venga sempre servito come preferisce; ma le peculiarità del buon Gabbiadini queste sono, non si pensi mai che sia un centravanti fisico e sgomitante, dal piede morbido e incline al dialogo breve con gli esterni che si inseriscono. Il gol, più ancora delle frustrazioni e delle lamentele, tanto ha detto a Sarri e ai compagni: per far giocare il bergamasco bisogna prendere accorgimenti tecnici diversi. Ricordate quando l’anno scorso si era costretti da infortuni o squalifiche (rari, per fortuna) a far giocare Valdifiori? In quei casi, Sarri immetteva David Lopez, che con la sua fisicità suppliva alla leggerezza dell’ex empolese. Qualcosa del genere bisognerebbe fare con Manolo, per metterlo in condizione di fare quello che sa fare, cioè tirare in porta dal limite dell’area. Detto ciò, si deve riflettere sulle altre. Il turno presentava partite sostanzialmente facili per le avversarie e se non fosse stato per lo stupido tacco del palermitano Goldaniga avrebbe invece detto il contrario. La Roma cade malamente, l’Inter si blocca in casa e i bianconeri, ancora avanti di un soffio, soffrono eccome fallendo l’esperimento del doppio centravanti, fatto per calmare la piazza più che per esigenze tecniche. Uno più uno fa zero gol. In più, anzi in meno, la Juventus perde in un colpo e per un mese e mezzo sia Asamoah che Rugani, gravemente depauperando i due reparti che maggiori difficoltà mostrano in questo periodo: il centrocampo molto orfano della strapotenza di Pogba e una difesa che aveva già perso Benatia, e che ha troppi vecchi leoni in campo. Peraltro per la retroguardia juventina la sosta non è sosta, sono tutti nazionali inamovibili di Ventura. O no? Insomma, per il Napoli dal miglior attacco (con la Roma) e dalla terza miglior difesa (a un solo gol dai bianconeri e dalla Fiorentina, che però ha realizzato ben nove reti in meno) le cifre cominciano a quadrare e il calcio che gioca non è solo il più bello, ma è finalmente anche redditizio. E minaccia di migliorare ancora, perché mentre le altre perdono i pezzi e i nervi, basta sentire i rumors in casa giallorossa per rendersene conto, a Castel Volturno prima o poi il resto della banda dei nuovi comincerà a inserirsi e a partecipare alle rotazioni. Se valessero tutti quanto due terzi di Zielinski, e a quanto si dice alcuni sono più che all’altezza del giovane polacco, ci sarebbe proprio da divertirsi. Ma nel frattempo, come si diceva, incombe il Benfica delle quindici vittorie consecutive. Niente da fare: nemmeno il tempo di tirare il fiato.

corriere del mezzogiorno

Governo e legge di bilancio 2017

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Con l’economia ferma e un carico di troppe promesse, il governo fa fatica a finanziare la legge di bilancio 2017. Deve disinnescare clausole di salvaguardia da 15 miliardi per non peggiorare le cose. E ha scelto di indirizzare le poche risorse residue all’incentivo di investimenti che – in un’economia piatta – non arriveranno. Contribuisce al rallentamento il ridimensionamento dell’incentivo alle nuove assunzioni. Restano in vigore sgravi modesti, poco utilizzati dalle imprese. Si potrebbero destinare i fondi rimanenti a un taglio strutturale del costo del lavoro. In ogni caso, meglio non aspettarsi fuochi di artificio sul mercato del lavoro.

Il governo verso un’inutile manovrina

Il governo arriva in difficoltà alla legge di bilancio 2017, per la scomparsa della crescita economica e le troppe promesse degli ultimi mesi. Si prefigura una manovrina che servirà davvero a poco per il rilancio del paese. Gli incentivi vanno alle imprese mentre i consumi languono.

Crescita bloccata

Il governo arriva alla legge di bilancio 2017 con il fiato corto per la scomparsa della crescita economica e le troppe promesse degli ultimi mesi. E così si appresta ad approvare una manovrina che farà poco per rilanciare la crescita.
La congiuntura è peggiorata durante la primavera. Il Pil si è fermato nel secondo trimestre 2016 e anche la disoccupazione ristagna da mesi intorno all’11,5 per cento. Sul mercato interno le vendite al dettaglio nei primi sette mesi dell’anno hanno fatto segnare un -0,3 in volume. In attesa degli effetti della cancellazione dell’Imu sulla prima casa, l’effetto positivo degli 80 euro (che aveva alimentato l’aumento dei consumi 2015) è più che controbilanciato dal drastico peggioramento della fiducia dei consumatori, in netto calo dal gennaio 2016. Sull’estero, l’andamento delle esportazioni (un modesto +0,4 nel primo semestre 2016 rispetto al 2015; il peggior primo semestre dal 2009) soffre del venir meno degli effetti positivi delle politiche Bce sul cambio dell’euro e del rallentamento della congiuntura internazionale. E il buon andamento del settore automobilistico è insufficiente a sostenere l’evoluzione complessiva della produzione industriale che nei primi sette mesi dell’anno ha fatto registrare un magro +0,7 sul 2015.
Il rallentamento della crescita 2016 al di sotto dell’1,2 per cento e una dinamica dell’inflazione inferiore al +1,0 per cento contabilizzato nel Def dello scorso aprile 2016 faranno salire il deficit pubblico 2016 sopra al 2,3 del Pil concordato con Bruxelles (pur mantenendolo sotto al 3 per cento del Pil e probabilmente anche al 2,6 per cento del 2015). Quando la crescita cumulata nel triennio fatica a superare 1,5 punti percentuali, sarebbe meglio prenderne atto, evitando di ipotizzare dinamiche inverosimilmente ottimistiche per un’economia che – non per sempre, ma almeno oggi – è in grado di crescere solo di uno zero virgola.

Tante promesse, poche risorse

La flebile crescita economica restringe il sentiero per soddisfare le tante promesse e aspirazioni di aumenti di spesa e di riduzioni di imposta che si accumulano sempre, specie in vista di un referendum dall’esito incerto e dagli effetti potenzialmente destabilizzanti. La prima e la più ineludibile è quella di cancellare 15,1 miliardi di tagliole fiscali, cioè l’eliminazione degli aumenti automatici di imposte indirette implicati dalle clausole di salvaguardia che avevano consentito di ottenere il bollino blu della Commissione europea sulle manovre del passato. Cancellare queste clausole è solo una condizione necessaria per evitare di deprimere l’economia, non una vera riduzione di imposta di cui si potrebbero valutare gli effetti espansivi. È un sospiro di sollievo avendo evitato un precipizio; non una boccata d’ossigeno all’inizio di una passeggiata in una bella giornata di sole.
Dopo la cancellazione delle tagliole, viene la lunga lista delle vere misure espansive. Ci sono spese per investimenti come quelli per la ricostruzione delle aree colpite dal terremoto (spesa di emergenza) e degli altri edifici a rischio ogni volta che c’è un terremoto (misura strutturale), oltre al rinnovo dell’eco-bonus. Per la crescita c’è poi anche il pacchetto per incoraggiare Industria 4.0 presentato dal ministro Calenda (rinnovo del super-ammortamento del 2015, adozione di un’aliquota unica per le società di persone, detrazioni fiscali per gli aumenti di produttività) che si aggiunge al taglio dell’Ires dal 27,5 al 24 per cento già contabilizzato nella legge di stabilità 2016. E poi ci sono gli interventi per l’equità con le misure per le pensioni (l’anticipo pensionistico, l’estensione della platea dei beneficiari della cosiddetta quattordicesima e della no tax area, ricongiunzioni gratuite per chi ha versato contributi a differenti gestioni) e il rinnovo dei contratti per il pubblico impiego.
Lo spazio per le misure espansive è inevitabilmente ristretto dall’esiguità della crescita che riduce la torta delle risorse fiscali da usare come mezzi di finanziamento delle proposte. Così il governo dovrà fare ancora ricorso alla clausola di flessibilità (cioè al finanziamento in deficit), quest’anno giustificato sia dal rallentamento della congiuntura che dal terremoto. Oltre alle solite tasse sui giochi e al rinnovo della voluntary disclosure.
Giudicare è sempre più facile che fare. Dalle anticipazioni emerge tuttavia il quadro di una manovra di entità risibile, incentrata sugli incentivi alle imprese e agli investimenti. In un quadro in cui i consumi languono, incentivare gli investimenti (anche rinnovando provvedimenti non ancora valutati come il super-ammortamento e gli incentivi alla produttività) potrebbe risultare inefficace proprio nella promozione degli auspicati investimenti aggiuntivi. L’anticipo al 2017 della programmata riduzione delle aliquote Irpef (magari accoppiata con il sempre annunciato e mai attuato ridisegno dell’attuale sistema delle detrazioni e delle deduzioni fiscali) avrebbe potuto far di più per la ripartenza dei consumi e, per quella via, degli investimenti.

FRANCESCO DAVERIdaveri

Francesco Daveri è professore ordinario di Politica economica presso l’Università Cattolica (sede di Piacenza), dove insegna i corsi di Scenari Macroeconomici, International Finance, Economia Internazionale ed Economia Monetaria. La sua ricerca riguarda la relazione tra le riforme economiche, l’adozione delle nuove tecnologie e l’andamento della produttività aziendale e settoriale in Italia, Europa e Stati Uniti. Su questi temi ha svolto anche attività di consulenza per la Banca Mondiale, la Commissione Europea e il Ministero dell’Economia. Fa parte del Consiglio di reggenza della Banca d’Italia (sede di Bologna) e del Comitato di Sostenibilità di Eurizon Capital. Scrive articoli di commento sul Corriere della Sera. Segui @fdaveri su Twitter oppure su Facebook

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