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Hysaj, l’ agente: “Piace all’ Inter ma non c’è nessuna trattativa. Su Conti…”

Mario Giuffredi, agente tra gli altri di Elseid Hysaj, è intervenuto ai microfoni di Radio Kiss Kiss Napoli. Ecco quanto evidenziato:

 
“Real Madrid? Elseid ha già marcato Cristiano Ronaldo agli europei con la maglia dell’ Albania. Il match contro il Real Madrid avrà un valore diverso ma non ha alcun timore.
Interesse Inter? Il ragazzo è molto apprezzato dal ds Ausilio che ha espresso più volte il suo gradimento. Si tratta solo di apprezzamenti, non c’è nessuna trattativa.
Conti? Piace al Napoli, ne abbiamo anche discusso con Giuntoli ma non c’è nulla. Poi nel suo ruolo gioca già Hysaj”.

DESIGNAZIONI ARBITRALI – Doveri dirigerà Napoli-Torino

Si rendono noti i nominativi degli Arbitri, degli Assistenti, dei IV Ufficiali e degli Arbitri Addizionali d’area che dirigeranno le gare valide per la diciassettesima giornata di andata del Campionato di Serie A 2016/17 in programma domenica 18 dicembre alle ore 15.00.

CHIEVO – SAMPDORIA
MARIANI
PAGANESSI – DEL GIOVANE
IV: DI VUOLO
ADD1: CALVARESE
ADD2: PEZZUTO

EMPOLI – CAGLIARI Sabato 17/12 h.15.00
RIZZOLI
SCHENONE – BACCINI
IV: DE MEO
ADD1: CELI
ADD2: MARINELLI

GENOA – PALERMO h.20.45
PAIRETTO
DOBOSZ – DE PINTO
IV: GAVA
ADD1: DAMATO
ADD2: SERRA

JUVENTUS – ROMA Sabato 17/12 h.20.45
ORSATO
DI LIBERATORE – TONOLINI
IV: CRISPO
ADD1: TAGLIAVENTO
ADD2: GUIDA

LAZIO – FIORENTINA h.20.45
IRRATI
PRETI – TEGONI
IV: LONGO
ADD1: MAZZOLENI
ADD2: MARESCA

MILAN – ATALANTA Sabato 17/12 h.18.00
MASSA
LA ROCCA – LO CICERO
IV: ALASSIO
ADD1: FABBRI
ADD2: ABISSO

NAPOLI – TORINO
DOVERI
GIALLATINI – VALERIANI
IV: MARRAZZO
ADD1: VALERI
ADD2: NASCA

PESCARA – BOLOGNA
ROCCHI
MELI – LIBERTI
IV: MONDIN
ADD1: GAVILLUCCI
ADD2: BARONI

SASSUOLO – INTER h.12.30
DI BELLO
MARZALONI – VIVENZI
IV: PERETTI
ADD1: RUSSO
ADD2 PINZANI

UDINESE – CROTONE
SACCHI
CARIOLATO – TOLFO
IV: BARBIRATI
ADD1: GIACOMELLI
ADD2: ABBATTISTA

 

Da figc.it

Kiss Kiss – Retroscena Pavoletti: ha già scelto un appartamento a Napoli

La trattativa che dovrebbe portare Leonardo Pavoletti a vestire la maglia azzurra è ormai in stato avanzato. Un nuovo retroscena è stato svelato da Valter De Maggio ai microfoni di Radio Kiss Kiss Napoli, emittente ufficiale della società partenopea:

 
Tramite un’ agenzia immobiliare abbiamo saputo che Pavoletti ha già scelto un appartamento. L’ attaccante abiterà a Posillipo già dal primo gennaio”

Luca Massimi di Termoli arbitra Taranto-Juve Stabia

Terna termolese per la sfida dello Iacovone tra Taranto e Juve Stabia

Per la diciannovesima giornata d’andata del campionato di Lega Pro girone C che si disputerà sabato 17 dicembre alle ore 16 e 30 allo “Erasmo Iacovone” di Taranto è stato designato Luca MASSIMI della sezione di Termoli a dirigere la gara tra Taranto e Juve Stabia.

Luca MASSIMI di Termoli

Massimi, nato Termoli in provincia di Campobasso il 23 novembre 1988, è al suo terzo campionato in Lega Pro e vanta un solo precedente con la Juve Stabia, lontano dal Menti ecco quale:

era il 7 novembre 2015 alla 10° giornata d’andata la Juve Stabia pareggiò per zero a zero allo stadio “Franco Salerno” contro il Matera.

L’assistente numero uno sarà: Leonardo DE PALMA della sezione di Termoli;

l’assistente numero due Michele PIZZI della sezione di Termoli.

Giovanni MATRONE

 

 

Sotto la Lente – Juve Stabia: alla scoperta di Yaye Kanoute

Oggi la nostra lente gialloblù va a posarsi su Mamadou Yaye Kanoute, la Pantera Nera della Juve Stabia. L’esterno senegalese è nato nel 1993 e prima di accasarsi alla Juve Stabia ha vestito le maglie di Ischia, Benevento, Valle d’Aosta e Tor di Quinto.

Yaye è stato uno dei botti del mercato estivo delle Vespe; proprio la Juve Stabia era stata trafitta da Kanoute nel pirotecnico 5 – 5 con l’Ischia dello scorso anno e già in quell’occasione tifosi e staff gialloblù erano stati colpiti dalle doti dell’esterno. Fondamentale per l’arrivo di Kanoute è stato Mister Fontana, bravo a sfruttare sempre al massimo le doti del suo calciatore sia a partita in corso che dal primo minuto. L’ottimo rapporto tra allenatore e calciatore è stato confermato dal lungo abbraccio tra i due durante la gara con la Vibonese, quando Fontana decise di far battere il rigore nel finale a Ripa.

Yaye si dice soddisfatto della sua prima parte di stagione ma, consapevole dei suoi mezzi, confessa di voler crescere ancora insieme alla Juve Stabia. Tra le doti migliori dell’esterno c’è senza dubbio la velocità: il diretto interessato ci confessa che la sua arma principale è l’1 contro 1 con cui spesso salta gli avversari, mentre l’aspetto da migliorare è la fase difensiva, su cui quotidianamente lavora con Mister Fontana.

Molti tifosi della Juve Stabia rivedono in Kanoute l’ex esterno delle Vespe Acosty, mentre per altri il nuovo numero 7 ricorda Quadrado della Juve più famosa. Yaye però non ha esitazioni nello scegliere il suo calciatore di riferimento: è Jay Jay Okocha, ex fantasista nigeriano che ha vestito anche le maglie di Manchester United e Paris Saint Germain. In questa stagione Yaye è andato in rete tre volte, l’ultima proprio nella gara casalinga contro l’Akragas facendo esplodere il Menti; proprio la passione dei tifosi è uno degli aspetti che maggiormente piace a Kanoute della sua nuova avventura alla Juve Stabia. L’esterno ci spiazza dicendo che l’emozione che trasmette il Menti è una sensazione indescrivibile ma sempre stupenda. Proprio il calore dei tifosi è forse un aspetto nuovo per Kanoute, reduce dall’esperienza all’Ischia, realtà più piccola e meno passionale.

Fuori dal campo di gioco Yaye è un ragazzo semplice, a cui piace stare in famiglia e con i compagni di squadra. Confessa di aver legato particolarmente con Zibert, cui abita vicino e con cui spesso si reca agli allenamenti. Altra grande passione della Freccia gialloblù è la play station, che spesso aiuta ad occupare il tempo nei lunghi ritiri pre partita.

Si ringraziano Yaye Kanoute e l’Ufficio Stampa della Juve Stabia per la disponibilità

Raffaele Izzo

Vivendi-Mediaset. Una partita che si gioca tra Piazza Affari e la Procura di Milano

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Ormai è una ‘guerra’ che imperversa tra Piazza Affari, la Procura di Milano e Cologno Monzese. Si va avanti con strategie finanziarie finissime, che vengono dall’esperienza di due grandi imprenditori: Vincent Bolloré, che difende il colosso francese Vivendi, e Berlusconi che alza barriere su Mediaset, tutelando nel contempo gli interessi di Premium, piattaforma televisiva commerciale del gruppo.

Nelle ultime settimane è diventata durissima la battaglia tra i due contendenti, la partita è ancora aperta, ma in borsa l’atmosfera è diventata rovente. La sfida si gioca ora anche sul piano legale, ma i francesi non demordono né si lasciano intimorire con cedimenti che facciano pensare ad un’arresa. Ad inizio settimana hanno giocato poi il loro jolly, dichiarando di possedere il 3,01% di azioni Mediaset, ma di mirare ben più in alto in questa scalata sleale, ossia di giungere quanto prima al 20%, diventando il secondo azionista. La Fininvest, che è l’azionista di maggioranza relativa di Mediaset, non ci sta proprio per nulla, e ha messo insieme altri titoli e diritti di voto, arrivando vicino al 40%, che sarebbe il limite al di là del quale è possibile lanciare un’offerta su tutta la società.

Che si trattasse di un autentico braccio di ferro era chiaro, ma la holding Berlusconi non intende aspettare che passino i cingoli dell’arroganza francese sulle sue aziende. La famiglia Berlusconi, tramite Fininvest, detiene il 34% delle azioni.
E intanto, da Cologno Monzese, si trasmettono messaggi che suonano come ‘avvisi’ molto chiari: “E’ bene che Vivendi sappia che la Fininvest non farà un solo passo indietro dalla sua attuale posizione di azionista di riferimento Mediaset.”

Secondo la holding italiana, la questione è diventata piuttosto truffaldina, ed è decisa a tutelarsi “con ogni mezzo e in tutte le sedi, visto che dall’altra parte, con l’inganno, si fa scempio delle leggi del mercato.”
Tutela dall’invasione dei francesi, definita ‘scalata ostile’ (ossia contraria alla volontà dell’azionista che detiene la maggioranza relativa, dunque la Fininvest, dunque i Berlusconi). C’è tanta diffidenza nei confronti dei francesi e le ragioni ci sono: qualora riuscissero a spuntarla loro, arrivando all’obiettivo del 20%, potrebbero intrecciare accordi con altri azionisti, e magari rovesciare la stanza dei bottoni a Mediaset, la quale, come già si è detto, è controllata da Casa Berlusconi tramite la Fininvest. In definitiva, i veri obiettivi del gruppo Vivendi (anche azionista di riferimento di Telecom Italia), potrebbero essere proprio questi, e l’aria di bufera a Cologno Monzese è così pienamente giustificata.

In questi momenti, anche coloro che non nutrono grandi simpatie per l’ex premier, difenderebbero l’orgoglio italiano contro la smania di sopraffazione dei francesi. Di certo, per ora, c’è il fatto che il titolo Mediaset, con le performance dell’ultima settimana, ha pienamente recuperato il valore che aveva prima che esplodessero le vicende sull’acquisto di Premium. Ieri il titolo è letteralmente schizzato nelle contrattazioni, la giornata in borsa si è chiusa con un volo che ha raggiunto un +31,8%. Non si tratta di risultati fini a se stessi, dato che hanno determinato anche la rivalutazione del patrimonio Fininvest.

L’accordo strategico sull’acquisto di Premium si era concluso la primavera scorsa (8 aprile), tra il gruppo Vivendi e Mediaset; il contratto di acquisto prevedeva uno scambio paritario tra le due capogruppo, del valore di 3,5%. I primi contrasti sono arrivati alcuni mesi dopo, ed è stato da allora un conflitto in parte in sordina in parte dichiarato, fatto di ostilità, di botta e risposta, con seguito di minacce.
Verso la fine di luglio, esattamente il 25, Vivendi ha inviato la lettera ufficiale a Mediaset nella quale dichiarava di non essere più interessata a Premium, nonostante il contratto vincolante che aveva firmato. In sostanza, il finanziere, lo considera alla stregua di carta straccia. E a questo punto saltano anche i nervi di Casa Berlusconi e di Confalonieri. Quest’ultimo, riunendo lo staff delle redazioni di Mediaset, ha reso noto che il conflitto potrebbe essere lungo e difficile, ma bisogna farcela, visto che il ‘cannibalismo’ delle società francesi è noto.

E così si esprime in merito Marina Berlusconi, che guida la holding:

“Il gruppo francese sapeva bene cosa stava tramando fin dall’inizio nei confronti di Mediaset, ma solo in data odierna è venuto allo scoperto rivelando i veri intenti. La violazione del contratto non è frutto di equivoci, è stata ordita per ottenere precisi risultati. Il contratto è stato la naturale conclusione di lunghe trattative, e si è contravvenuto al vincolo per ragioni che vanno ben oltre, con mosse strategiche volte a fare cadere in modo artificioso il valore del titolo Mediaset in borsa, per trarne vantaggio e lanciare una scalata ostile.
Non disdegnando di mostrare, quale paravento, l’intento di portare avanti un business plan, che con scelte indegne, Vivendi aveva già calpestato a partire dal mese di luglio.”

Dunque, secondo il management del biscione, i francesi giocavano sporco fin dall’inizio. Questo spiega le ragioni per cui, attraverso il contenzioso che inevitabilmente si è aperto, intendessero proprio fare crollare il titolo, come poi effettivamente è avvenuto.
L’ex cavaliere, si sa, è piuttosto orgoglioso per natura, e non sembra abbia intenzione di lasciarsi mettere i piedi sopra dai francesi, che già con il canale televisivo privato ‘La Cinq’ (che aveva fondato in Francia nel 1986), era stato ostacolato in tutti i modi, anche con pesantissime penali, e trattato perfino da ‘bottegaio italiano’ da Jaques Chirac.

Qualora l’operazione acquisto di Premium andasse a monte, secondo Fininvest, i danni sarebbero di circa un miliardo e mezzo di euro. Intanto, ad agosto, tramite azione legale, la holding aveva chiesto al gruppo francese 50 mln di euro per ogni mese di ritardo nell’acquisto della pay TV, a partire da luglio scorso. La partita si giocherà ancora in borsa e tra le aule della Procura di Milano, alla quale la Fininvest si è rivolta per fermare il finanziere bretone Vincent Bolloré, prima che sia troppo tardi.

Renzi favorevole a votare in primavera

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Andare a votare in primavera per evitare il referendum sul Jobs Act: è questo il piano di Matteo Renzi che agita le acque nel Partito democratico. «Reintrodurre l’articolo 18 sarebbe come dire: ragazzi abbiamo scherzato», spiega il segretario del Pd.

Renzi detta la linea: “Il governo non ha agenda, il Jobs Act è intoccabile”

Nel Pd la tentazione di cambiare la riforma del lavoro, ma l’ex premier: non si può dire “abbiamo scherzato”

ROMA – «Il Jobs Act non si tocca. Reintrodurre l’articolo 18 sarebbe come dire “ragazzi abbiamo scherzato”. Il giorno dopo arriverebbe un downgrading per l’Italia dalle agenzie di rating». Matteo Renzi mette uno stop ad ogni ipotesi di rivedere la legge che è stata una delle bandiere dei suoi oltre mille giorni di governo. Una revisione che potrebbe disinnescare la bomba ad orologeria del referendum chiesto dalla Cgil con 3,3 milioni di firme raccolte e sul quale l’11 gennaio si pronuncerà la Corte Costituzionale. Nessuno però dubita che ci sarà il via libera della Consulta, dopo quello della Cassazione.

Per Renzi si tratterebbe di andare incontro ad una seconda prova referendaria alla testa di un nuovo fronte che questa volta sarebbe del No all’abrogazione del Jobs Act. Il rischio sarebbe di una seconda sconfitta nell’arco di pochi mesi dopo quella del referendum costituzionale. Una catastrofe che renderebbe velleitaria ogni ipotesi di rivincita alle elezioni politiche. Certo, confida Luca Lotti, si potrebbe adottare il «modello trivelle» quando a quel referendum Renzi puntò tutto sull’astensione, facendo mancare il quorum. Con l’aria che tira, un’operazione ad altissimo rischio. Ci sarebbe l’altra strada che viene accarezzata una parte del Pd (sicuramente dalla sinistra Dem) ovvero provare a modificare il Jobs Act, svuotandolo. Facile farlo per i voucher, molto più difficile per l’articolo 18. In ogni caso sarebbe una sconfessione di un architrave del renzismo. E infatti da Pontassieve l’ex premier dice no ad una marcia indietro.

Dario Franceschini, che vorrebbe allungare al massimo la vita governo Gentiloni, non crede che l’obiettivo di Renzi sia di andare a elezioni entro giugno anche per evitare il referendum. Obiettivo che invece viene confermato dallo stesso ex premier, sfidando centinaia di deputati e senatori di prima nomina che vorrebbero arrivare quantomeno a settembre per traguardare quei fatidici 4 anni, 6 mesi e 1 giorno che farebbero maturare loro il diritto all’indennità pensionistica. Ma al di là di questi aspetti «prosaici», c’è un punto politico: Renzi ha fretta. «Sapevo che il referendum ci sarebbe caduto addosso – ha ricordato ai suoi colonnelli rimasti a Roma – e ora andare al voto è ancora più necessario». Del resto, è il suo ragionamento, qual è l’agenda del governo Gentiloni? «Un po’ di roba, ma non c’è un’agenda impegnativa», ha detto ai suoi più stretti collaboratori che lo hanno sentito al telefono in queste ore.

Il ministro del Lavoro Giuliano Poletti ha confessato che se si vota prima del referendum il problema viene risolto. Poi ha fatto una goffa retromarcia. E nel primo Consiglio dei ministri dopo la fiducia del Parlamento ha ammesso di avere fatto «una scivolata personale». Ma intanto la frittata è stata fatta. In ogni caso Poletti ha detto quello che pensa Renzi. «Ha ragione Poletti, ma gli è sfuggita», ha commentato al telefono con i vertici del Pd. L’ex premier non vuole farsi inchiodare da coloro che puntano al vitalizio ed essere crocifisso da Grillo e Salvini: avrebbero un’altra lancia velenosa da scagliargli addosso.

Il leader Pd pensa invece a rimettersi in moto al più presto. In questi giorni va a fare la spesa, porta i figli a scuola, ha il tempo di farsi una corsa, ma sta pure scrivendo quella che lui definisce una «relazione corposa» per l’assemblea nazionale del Pd che si svolgerà domenica prossima. Una relazione per rilanciare la sua azione politica in vista del congresso e la sua ricandidatura alla segreteria. Un discorso duro per mettere con le spalle al muro la sinistra dem. Altro, dicono i suoi colonnelli, che fare marcia indietro o impelagarsi nelle beghe romane dalle quali vuole tenersi lontano. Eppure non smette di alimentare la suspence sulle sue vere intenzione. Mollare la politica e prendersi un periodo di riposo? Racconta di ricevere offerte di lavoro milionarie anche da parte di aziende private. E a 41 anni la tentazione di ricominciare un’altra vita, da un’altra parte è forte. C’è una cosa che non riesce a mandare giù: non gli viene riconosciuto da diversi osservatori il merito di avere fatto del bene al nostro Paese.

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lastampa/Renzi detta la linea: “Il governo non ha agenda, il Jobs Act è intoccabile” AMEDEO LA MATTINA

Taranto vs Juve Stabia, inizia la prevendita. Gli amici sono invitati

Taranto vs Juve Stabia parte la prevendita

Taranto vs Juve Stabia sarà l’ultima partita del girone d’andata di questo campionato “incredibile” disputato finora dagli uomini di mister Fontana.

Una Juve Stabia incerottata, dopo l’ottimo pareggio ottenuto a Matera, se la dovranno vedere con il Taranto di Mister Prosperi che in questo momento, punti alla mano, sta attraversando un buon periodo di forma.

Sarà la partita dell’amicizia, perché sia in Campania sia in Puglia non dimenticano quel 0-0 del campionato di Seconda Divisione Girone C 2000-2001 che permise ad entrambe di raggiungere l’obiettivo prefissato ad inizio stagione (salvezza per le Vespe, promozione per i pugliesi).

In quella circostanza fu una cosa straordinaria ammirare il settore “tribuna Varano”, ex distinti, pieno di tifosi di ambo le formazioni festeggiare insieme la fine di quel campionato. Da quel momento si è instaurato una “sorta” di amicizia tra le due tifoserie che dura ancora oggi.

In virtù di questa amicizia e in previsione di questa importante gara per entrambe, pubblichiamo il comunicato stampa della società stabiese con le modalità di acquisto del biglietto di ingresso al settore ospiti dello Iacovone:

S.S. Juve Stabia rende noto che sono disponibili, come da vigente normativa, ESCLUSIVAMENTE per i possessori della Tessera del Tifoso, i tagliandi di ingresso del Settore Ospiti dello Stadio “Erasmo Iacovone” di Taranto per assistere all’incontro di calcio Taranto-Juve Stabia, in programma sabato 17 dicembre alle ore 16,30 e valevole per la 19a giornata del Girone C della Lega Pro Divisione Unica 2016/17.

Il Taranto F.C., nel rispetto delle direttive ministeriali, HA ADERITO al progetto “Porta un amico allo stadio”.

I biglietti sono in vendita al prezzo di € 10, più diritti di prevendita, fino alle ore 19,00 di venerdì 16 dicembre, tramite il circuito Booking Show, con ricevitoria a Castellammare di Stabia presso il Bar Dolci Momenti.

Il racconto in scatti fotografici di Matera vs Juve Stabia (Prosecuzione)

Pubblichiamo le foto di  Matera vs Juve Stabia

Guarda le foto della prosecuzione della gara Matera vs Juve Stabia (sospesa per nebbia al 37′ del primo tempo il 27 novembre u.s.) realizzate dal nostro fotografo Raffaele Verdoliva che ci racconta così il pareggio tra la squadra di Fontana e quella di Auteri allo stadio “XXI settembre – Franco Salerno” di Matera.

Giornata fredda in terra lucana, con il XXI Settembre- Franco Salerno che registra un buon numero di tifosi materani considerata la giornata feriale.

Discreta presenza di tifosi giunti da Castellammare per sostenere i ragazzi di Fontana.

I lucani vogliono continuare il trend più che positivo delle ultime tre giornate in cui hanno conquistato 3 vittorie compresa quella contro il Lecce.

Le vespe, invece, hanno l’obbligo di non perdere per restare agganciate al treno in vetta alla classifica. Il manto erboso dello stadio materano sembra in discrete condizioni.

Oltre alle azioni del match abbiamo fotografato il pubblico sugli spalti, cerca la tua foto e richiedici l’originale per e-mail:redazione.sportiva@vivicentro.it

Per vedere tutte le foto CLICCA QUI

MATERA (3-4- 3): ALASTRA, PICCINNI, INGROSSO,DE FRANCO, CASOLI, IANNINI, ARMELLINO, MEOLA, STRAMBELLI, CARRETTA, NEGRO. A DISP: BIFULCO, SCOGNAMILLO, MATTERA, LOUZADA, DELLINO, SARTORE, GIGLI, INFANTINO.

JUVE STABIA (4-3- 3): RUSSO, CANCELLOTTI, ATANASOV,MORERO, LIOTTI, CAPODAGLIO, SALVI, IZZILLO, KANOUTE, DEL SANTE, LISI. A DISP. BACCI, BORRELLI, PETRICCIUOLO, ZIBERT, MARROTTA, SANDOMENICO, CAMIGLIANO, ESPOSITO, MASTALLI, ROSAFIO, RIPA, MONTALTO.

Goooollll della Juve Stabia: Al 5’ s.t della ripresa Salvi lancia Kanoutè che inj velocità si beve due avversari e mette in mezzo, Alastra prova a respingere ma arriva Lisi che a porta vuota realizza la rete del vantaggio satbiese.

Al 33 s.t. pareggio del Matera: Carretta se ne va sulla fascia destra evitando l’intervento di Liotti e Morero e crossa in mezzo per Casoli che a porta spalancata batte Russo. Il portiere della Juve Stabia protesta e viene ammonito.

 

 

Salvatore Di Somma: Sul mio conto parole infamanti! A gennaio se posso darò una mano alla Juve Stabia

Pubblichiamo l’intervista realizzata giovedì scorso a Salvatore Di Somma ex D.S. della Juve Stabia e attuale D.S. del Benevento. L’intervista è stata pubblicata sul “match programme” realizzato dalla nostra redazione sportiva e distribuito gratuitamente prima di ogni partita casalinga della Juve Stabia.

Lei a Castellammare, prima di ricoprire il ruolo di Direttore Sportivo, è stato anche allenatore, avendo alle sue dipendenze, seppur per breve tempo, proprio Fontana. Quale è il suo giudizio sul percorso da tecnico dell’attuale allenatore della Juve Stabia? Sicuramente il cammino di Fontana è positivo. La conferma arriva dalla squadra che, salvo le ultime uscite, sta facendo ottime cose. A parlare anche per Fontana è il bel gioco della squadra. Credo che le Vespe possano giocarsi la vittoria di campionato fino in fondo, magari migliorando leggermente qualche aspetto della rosa in fase di mercato.

La seconda esperienza da allenatore fu tribolata, ma arrivò la splendida vittoria con il Napoli e la salvezza all’ultimo istante di Acireale. Esatto, fu un anno complicato, culminato con l’esonero di Vullo. A quel punto D’Arco e Pannone decisero di affidarmi la squadra ed ovviamente io ne fui molto felice. Fu un anno tribolato a livello ambientale ed economico e mai mi sarei potuto sottrarre alla chiamata della Juve Stabia. Non ti nascondo che la salvezza di Acireale, con il gol di Agnelli a tempo scaduto, fu un qualcosa così emozionante che a fine partita piansi dalla gioia. Se fossimo retrocessi, non so se ci sarebbero state le gioie degli anni successivi.

Tornato nel ruolo di Direttore Sportivo, ha vissuto le gioie più belle: la promozione in Serie B, la Coppa Italia di Lega Pro e le stagioni positive in Serie B. Sono stati anni meravigliosi, frutto del lavoro di Giglio, Manniello, Filippi ed anche mio. La soddisfazione, oltre che per i risultati sportivi, è dovuta anche ai tanti attestati di stima ricevuti da tutte le squadre incontrate, soprattutto in Serie B. Abbiamo fatto conoscere la Juve Stabia e Castellammare in tutta Italia; come noi anche la tifoseria stabiese, sempre encomiabile, si è distinta per le sue qualità, risultando tra le più apprezzate in Italia.

Alla guida della sua Juve Stabia c’era Piero Braglia, che dopo gli anni gialloblù non ha raggiunto altre vittorie. Ora primeggia nel Girone A con l’Alessandria. Che rapporto è rimasto con lui? Con Piero prima ancora che un rapporto professionale c’è da anni un’amicizia vera. Il nostro rapporto era quello di due fratelli che spesso e per cose importanti si chiudevano nello spogliatoio per discutere e litigare. Fino a qualche mese fa ci sentivamo spesso e spero che anzi possa tornare a sentirmi frequentemente con lui. Alla Juve Stabia ho vissuto anni splendidi, terminati a causa di un’incomprensione con Franco Manniello. Non nascondo che, dopo il mio allontanamento, sperai a lungo di ricevere una chiamata per rientrare. Dopo qualche mese arrivò poi la chiamata del Benevento. Ripeto, ci fu un incomprensione che tra due caratteri forti come il mio e quello di Franco Manniello può capitare.

Dopo il suo addio arrivò la retrocessione amara in Lega Pro; dall’esterno come l’ha vista? Credo che quella annata sia nata storta e proseguita nello stesso modo. Le ambizioni di Manniello erano altre, tant’è che acquistò calciatori di esperienza e di categoria superiore. Purtroppo furono proprio loro a deludere maggiormente. Sono stagioni maledette in cui non è facile invertire la rotta.

Da ormai tre anni il D.S. è Pasquale Logiudice; lo conosce? Certo che lo conosco; anzi siamo cari amici. Con Pasquale mi sento spesso ed il lavoro svolto a Castellammare la dice lunga sulle sue qualità. Ha sempre allestito organici di rilievo e fatto plusvalenze con i giovani presi a zero. Sta svolgendo un ottimo lavoro e ne sono contento. Ci sentiamo e ci confrontiamo spesso.

Molti a Castellammare dicono che i successi di quella Juve Stabia non sarebbero merito suo. Cosa risponde a queste affermazioni? A Castellammare ne ho sentite di tutti colori. In questi giorni ho letto un articolo in cui vengo etichettato quale “nemico della Juve Stabia” ad opera di qualcuno che non ha nemmeno avuto il coraggio di firmarsi. Sono assolute porcherie: io sono stabiese, ne vado fiero e lo dico ad alta voce! Sono entrato nel calcio a 15 anni con la maglia della Juve Stabia ed amo la Juve Stabia e la città di Castellammare. Sono parole infamanti e sto valutando di tutelare la mia immagine nelle sedi opportune. A parlare per me sono i fatti: quest’estate ho dato Kanoute alla Juve Stabia litigando con almeno 10 Direttori Sportivi di Lega Pro che volevano il calciatore. Se avessi voluto il male della Juve Stabia, avrei girato il calciatore ad un’altra squadra. Stesso discorso vale per il caso Cissè. Il calciatore non è stato trasferito alla Juve Stabia soltanto a causa di problemi fisici che ne stavano compromettendo la preparazione, non certo perché io non abbia voluto chiudere l’operazione.

Questa stagione segna un nuovo corso del settore giovanile gialloblù, affidato alla gestione di De Lucia e di Turi. Cosa ne pensa? A mio avviso è la scelta giusta; investire nei giovani è sempre importanti. Non seguo molto il settore giovanile delle Vespe ma non posso che apprezzare la scelta fatta.

A suo avviso perché le Juve Stabia di Cesarano, D’Arco ecc pur avendo risultati inferiori a quella di Manniello, faceva registrare molti più tifosi? E’ una domanda non semplice. Non credo però che questo ridimensionamento del tifo dipenda da una passione ormai scemata del popolo stabiese. Penso che un ruolo importante lo abbia avuto la crisi economica; prima una intera famiglia si recava allo stadio, oggi invece il denaro si preferisce spenderlo giustamente in altre cose. Purtroppo l’aspetto economico incide su questa situazione.

L’ex Presidente Fiore di recente ha detto che a Castellammare è difficile fare calcio perché tanti stabiesi non amano la Juve Stabia. E’ d’accordo? Sinceramente no. Nella mia lunga esperienza alla Juve Stabia ho potuto constatare in vari modi la passione e l’amore che la tifoseria nutre per la squadra. Da stabiese mi permetto di non essere d’accordo con l’ex Presidente.

Infine che messaggio vuole lasciare ai tifosi stabiesi. Invito i tifosi a sostenere sempre la squadra, come del resto fanno ogni settimana. La Juve Stabia ha un grande Presidente che, nonostante sia stato lasciato solo, continua a investire tanto per riportare le Vespe in Serie B. Un Presidente come Manniello va quindi sempre sostenuto. Dal canto mio continuerò sempre a tifare per la Juve Stabia e non ti nascondo che mi ha fatto molto male leggere certe cose sul mio conto. Accetto le critiche ma affermare che non amo la Juve Stabia o che ne sarei un nemico non lo accetto. Castellammare è la mia città e la Juve Stabia la mia squadra del cuore. Anzi, ti dico che mi piacerebbe tanto rivivere nuovamente con la Juve Stabia le gioie del passato: mai dire mai!

Raffaele Izzo

Coppa Italia LND- Real Forio eliminato,la Sessana vola in semifinale

S.Maria a Vico. Un decimato Real Forio non riesce a ribaltare il 2-1 subito al “Calise” due settimane fa e torna sconfitto anche dalla trasferta di S.Maria a Vico. La Sessana vince 1-0 e si qualifica per le semifinali, entrando a far parte delle prime quattro squadre della Campania. Il cammino dei biancoverdi si interrompe ai quarti di finale, proprio come accadde l’anno scorso  – sembrerebbe uno scherzo del destino –  anche contro lo stesso avversario.

LE FORMAZIONI. Il Real Forio si presenta all’appuntamento con numerose ed importanti assenze. A cominciare dagli squalificati De Felice, Iacono C. e Chiaiese, oltre all’infortunato Fiorentino e agli indisponibili per motivi legati al calciomercato. Mister Impagliazzo, già da diversi giorni alle prese con una squadra giovanissima, ha dovuto attingere anche dalla formazione Juniores portando in panchina tre elementi, ovvero Reale, D’Ambrosio e Chiocca.  In casa Sessana, mister De Michele deve fare a meno di D’Abronzo squalificato e Masturzo infortunato, mentre Ioio (trasferitosi al S.Giorgio) e Gargiulo (trasferitosi all’Afragolese) sono solo un vecchio ricordo per la compagine casertana.

LA GARA. Non una bellissima partita tra Sessana e Real Forio, è l’equilibrio a caratterizzare praticamente tutto l’arco della gara. Nel primo tempo Sollo non viene mai chiamato in causa e la Sessana prova a rendersi pericolosa solo con innocui tiri dalla distanza e con le solite mischie in area. Il Forio, invece, ha una grossa occasione con Davide Trofa, che al 20′ recupera un pallone nei pressi del centro campo e si ritrova a tu per tu con il portiere avversario ma non riesce a capitalizzare. Nella ripresa, la Sessana passa in vantaggio dopo 10′: Maraffino scatta sul filo del fuorigioco (posizione da rivedere) e non sbaglia davanti a Sollo. Sull’1-0 i padroni di casa sprecano un’importante palla gol con Palumbo, mentre per il Forio a rendersi pericoloso è Francesco Iacono, il quale su un crossi di Di Dato proveniente dalla destra, impatta male il pallone. Sul finire della gara, Nicola Mora prova il tiro dalla distanza senza però riuscire a trovare la porta. La Sessana vince 1-0 ed accede in semifinale, dove affronterà il Portici; Sorrento – Ebolitana sarà l’altro match.

SESSANA  1

REAL FORIO  0

 

SESSANA: Maiellaro, Marino, Arigò, Paudice, Zamparelli, Viglietti, Grieco (41’s.t. Persico), Bonavolontà, Maraffino (19’s.t. Razzino), Esposito (24’s.t. Zampi), Cicala. (In panchina: Vrola, Palumbo, Fava, Sardo)

REAL FORIO: Sollo, Di Dato, Mora, Calise, Iacono F., Fanelli (26’s.t. Vitagliano), Conte, Trofa, Sannino (34’s.t. De Luise V.), Castagna, De Luise M. (In panchina: Verde, Boria, D’Ambrosio D., Reale, Chiocca) All. Impagliazzo

ARBITRO: Ozzella di Benevento (Ass. Leonetti e Castiglione di Frattamaggiore)

RETI: 55′ Maraffino

NOTE: Ammoniti Esposito, Zamparelli (S); Di Dato, Mora, Iacono F., Sannino (F)

Ceccarini: “Gabbiadini-Napoli ai saluti, verrà ceduto all’ estero”

Niccolò Ceccarini, giornalista di Premium Sport ed esperto di calciomercato, ha parlato ai microfoni di Radio Kiss Kiss Napoli riguardo il futuro di Manolo Gabbiadini. Ecco quanto evidenziato:
“Diversi club lo seguono, ma il Napoli vuole cederlo per una cifra intorno ai 18-20 milioni. In Italia nessuna squadra può permettersi di arrivare a tanto, per questo è molto più plausibile la pista estera. Considerato l’ affare Pavoletti, la sua cessione è ormai scritta. A breve dovrebbero pervenire diverse offerte alla società partenopea”.

Pecchia: “Il Real Madrid parte favorito contro chiunque. Attenzione al Napoli, il fattore San Paolo può incidere”

Fabio Pecchia, attuale allenatore dell’ Hellas Verona ed ex vice di Benitez al Napoli e al Real Madrid, ha rilasciato alcune dichiarazioni ai microfoni di Tuttomercatoweb.com in merito alla prossima sfida in Champions League:

 
“Il Real Madrid è sempre favorito, contro tutti ma il Napoli ha esperienza e soprattutto ha le idee chiare. Al momento manca un vero goleador ma hanno un grande impianto di gioco e il San Paolo può fare la differenza con la spinta dei tifosi”.

Sky – Anche il Napoli su Caldara, la Juve prova ad accellerrare

Campioni affermati, ma anche giovani dal grande futuro. Dopo il rinnovo di Daniele Rugani la Juventus non si fermerà e qualcosa si è già mosso in settimana. Anzi, forse in queste ore. Continuano,come avevamo anticipato, i contatti tra i bianconeri e l’Atalanta, con la Juventus sempre più interessata a Mattia Caldara e a Franck Kessìe. La concorrenza per la “stellina” ivoriana è forte, soprattutto dalla Premier, e il prezzo comincia a diventare proibitivo. Tra i desideri dei torinesi c’è una new entry, il ventiduenne Roberto Gagliardini.

Al momento la pista più calda continua ad essere quella che porta a Mattia Caldara, ma anche in questo caso le pretendenti non mancano. Su Gagliardini e Caldara si sono mosse da tempo anche Milan, Inter e Roma. Al Napoli, invece, al momento interessa il solo Caldara. L’Atalanta sceglierà l’acquirente in base alle contropartite economiche e tecniche, che a questo punto non mancheranno. Lo riferisce Gianluca Di Marzio, esperto di mercato Sky, tramite il proprio sito ufficiale.

 

Da gianlucadimarzio.com

Milik: “Voglio tornare il prima possibile. Napoli scelta giusta”

Arkadiusz Milik ha rilasciato alcune dichiarazioni nel corso della conferenza stampa di presentazione del calendario immagine Ssc Napoli 2017. Ecco quanto evidenziato:

 
“Dopo il sorteggio c’è ancora più voglia di giocare, sto lavorando duro per rientrare il prima possibile. Spero di essere pronto tra gennaio e febbraio. Abbiamo perso dei punti, ma la squadra ha sempre dato il massimo. Non so cosa succederà quando rientrerò in campo, ma speriamo di continuare a fare bene. Sono passati già due ,mesi dall’ infortunio e mi sento molto bene. È chiaro che bisognerà ascoltare il parere dei medici”.
Sul calendario –Progetto interessante che mi ha molto divertito, per la prima volta ho fatto una cosa del genere”.
Su Mertens centravanti –Sono contento di come stia giocando, siamo molto amici. Mi piace vederlo giocare, ma quando tornerò spero si sposti sul lato sinistro”.
Preferisci vincere lo Scudetto o eliminare il Real Madrid? “E’ difficile dare una risposta. Tutto dipende dalla nostra forza, vediamo come andrà a finire. Colgo l’ occasione per ringraziare i tifosi, ho ricevuti tanti messaggi di affetto. Voglio tornare in campo il prima possibile anche per ripagarli”.
Su Sarri – “E’ un allenatore speciale che ci fa lavorare tanto sull’ aspetto tattico. Ho lavorato con lui solo due mesi, il desiderio di entrambi è di tornare a lavorare insieme. Il Napoli è stata la scelta giusta, sono molto felice di essere in questo club“.

Le scimmie possono parlare: test su un macaco

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Un test su un macaco – una scimmia primitiva e con un cervello molto piccolo – svela che i nostri cugini in realtà hanno la capacità di parlare. Secondo lo studio pubblicato sulla rivista “Nature”, Darwin aveva ragione: «Ciò che manca è un cervello adeguato».

Se una scimmia ti chiedesse: “Mi vuoi sposare?”

Un test svela che i nostri cugini hanno la capacità di parlare, “Darwin aveva ragione: ciò che manca è un cervello adeguato”

Domanda da un milione di dollari: che cosa ci rende umani e ci distingue dagli animali? Qualcuno risponderà: «Niente». Ma chiunque prenda sul serio la domanda e la risposta converrà che almeno una delle caratteristiche distintive dell’essere umano è la capacità di parlare. C’è una zona grigia, però; la scienza documenta il caso del pappagallo Alex che sapeva pronunciare più di 100 parole, mentre le scimmie, che dal punto di vista evolutivo sono vicine a noi molto più dei pappagalli, fanno solo vocalizzi bestiali. E ancora a proposito di evoluzione: quale nostro antenato ha smesso di essere una scimmia e ha cominciato a diventare umano?

La domanda non è retorica e attende una risposta concreta. Di recente, sulla base di prove fossili, è stata negata la capacità di parlare di quella specie di uomo-scimmia che era l’Homo erectus. Si legga a questo riguardo «Il ragazzo del fiume» di Alan Walker e Pat Shipman.

Ma il dibattito è aperto da un paio di secoli. Secondo Darwin, le scimmie non sanno parlare non perché il loro apparato anatomico non sia adeguato, ma solo perché non è sostenuto da un cervello capace di elaborare i suoni. E adesso uno studio pubblicato su «Nature» porta acqua al mulino di Darwin. Il capo del team di ricercatori, William Tecumseh Sherman Fitch, dice addirittura, con vis polemica: «I paleontologi che esaminano i fossili sprecano il loro tempo, cercando di capire da quei reperti se i nostri antenati erano in grado di parlare, perché tutti i primati possono farlo, da milioni di anni». E Sherman ritiene di averlo dimostrato con un esperimento su un macaco, che è una scimmia molto primitiva e con un cervello molto piccolo.

Sherman (discendente del famoso generale della guerra di Secessione) è un biologo evoluzionista dell’università di Vienna: ha condotto l’esperimento con un neuroscienziato di Princeton, Asif Ghazanfar. I due hanno ripreso ai raggi X il macaco, di nome Emiliano, mentre mangiava, sbadigliava, faceva schioccare le labbra ed emetteva una gran varietà di vocalizzazioni. Hanno così individuato 99 configurazioni della corde vocali di Emiliano, poi hanno ricostruito al computer un modello dei suoni che la scimmia è in grado di emettere in base alla sua anatomia. È emerso che il macaco è capace di pronunciare tutte le cinque vocali e le consonanti.

Compiendo un passo ulteriore, suggestivo ma anche un po’ inquietante, i due scienziati hanno realizzato la traccia audio di come suonerebbe la domanda «will you marry me?» («vuoi sposarmi?») sulle labbra del macaco, se il suo cervello fosse in grado di guidare a quel fine le corde vocali, i muscoli della bocca, la lingua eccetera. Risultato: la frase, pronunciata da questo Emiliano virtuale, suona sgraziata ma comprensibile.

Sherman ne deduce che «l’apparato anatomico del macaco sarebbe perfettamente in grado di parlare, se ci fosse a guidarlo un cervello umano». Sottolinea che il macaco è una scimmia molto primitiva, i cui antenati comuni con molte altre scimmie, e con l’uomo, risalgono a decine di milioni di anni fa, e ne deduce che praticamente tutte le scimmie sono in grado di parlare, dal punto di vista anatomico.

È una deduzione logica? Abbiamo qualche dubbio. Nel corso dell’evoluzione certe abilità si possono acquisire, ma anche perdere. Gli struzzi prima hanno imparato a volare, ma poi hanno disimparato. Se i macachi sono in grado di parlare, non è detto che fossero in grado di farlo anche i più evoluti Homo erectus. Ma per quanto riguarda il macaco Emiliano, lo studio di Sherman e Ghazanfar sembra ineccepibile. E di certo è suggestivo.

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A Milano pedalare è diventata un’abitudine: ”Così si batte lo smog”

I servizi per i pendolari peggiorano, mentre i prezzi aumentano per cui è meglio muoversi con la bici e a Milano pedalare è diventata un’abitudine: «Così si batte lo smog».

Non solo ecologici: tra le tribù delle due ruote

Dagli impegnati fino ai “casuali” Ecco il linguaggio segreto dei ciclisti

La mattina, a Milano, una nebbia sottile circonda il castello e, nel silenzio, sfila un traffico nuovo.

Il popolo delle biciclette. Milano, oggi, è la città perfetta per loro, con i chilometri di ciclabili in piano.

C’è chi accorcia i tempi per andare al lavoro, chi porta i figli a scuola, chi il dottore gli ha consigliato di perdere un paio di chili, chi si diletta, chi protesta contro le lobby del petrolio con la scritta «no oil» attaccata alla ruota. Monopattini, bici da corsa, a scatto fisso, buffe e gialle del bike-sharing, eleganti grazielle con il cestino in vimini, bici pieghevoli con ruote piccole per portarle in metrò, maschili, retrò, con sedili in pelle di cuoieria. Mi diverto a mescolarmi in questa giostra di stili e ritmi diversi, a catalogarne i tipi.

Scende dal marciapiedi con un salto il ragazzino sulla Bmx, freestyle come il rapper che ascolta nelle cuffie metallizzate. Sulla motocross delle biciclette contano le acrobazie, non la velocità. Pedala piano il «giovin signore», che la fretta è da cafoni. Corre il fattorino, col suo cubo dietro la schiena, costretto a volte dal mercato ad indossare imbarazzanti tutine fucsia, brandizzate. Rappresenta la Milano che produce, che non si ferma mai. Graziella e basco alla parigina, invece, per la «femme fatale», un ciuffo di capelli appoggiato alla pallidissima fronte, che non si scompone mai.

Il tipo con il caschetto è molto concentrato, per lui la bicicletta è una cosa seria. Ha la cerata quando piove, i faretti laterali, lo zaino, gli specchietti. È il moralizzatore della ciclabile, l’incubo dei pedoni malaccorti. Non vede l’ora di farsi paladino della sua categoria: la vendetta sul pedone è la sua missione, il campanello la sua spada, la voce la sua arma di distruzione di massa. Ha aspettato tutta la vita di avere il suo spazio in città e non permetterà che nessuno glielo porti via. Strizza l’occhio agli altri ciclisti, solo loro possono capire.

Il «ciclista casuale», poi, si abbina alla bici gialla del bike-sharing. Non ha elementi distintivi: spavaldo o dimesso, segna il successo dell’iniziativa del Comune. Gli piace andare in bici, ma non è pronto a farne uno stile di vita. Insomma, è molto diverso dagli hipster. Loro amano le linee pulite della «scatto fisso», prive di freni manuali e dei relativi fili che li connettono alle ruote. Baffi a manubrio, camicia da boscaiolo, jeans aderenti e grossi occhiali da vista sono indispensabili per distinguersi dalla massa informe. La «fixie bike», con il suo freno a pedali è pericolosa, scomoda, carissima, ma è proprio ciò che la rende attraente al coraggioso hipster. Distinguersi dal «mainstream» è un comandamento, e quindi via al senza calze d’inverno, al senza freni sul ghiaccio, al senza giacca sotto la pioggia. Eroi dell’anticonformismo conformato, compensano l’aspetto vignettistico con un certo fascino atletico.

Eppure, malgrado gli sforzi, il ciclista fuori dal coro si trova a Chinatown. Nella pedonale via Sarpi biciclette al limite delle capacità umane hanno sostituito i carrelli, vietati da un’ordinanza. Aggirando la norma e sfidando la gravità, ingegnosi cinesi trasportano volumi pari a 50 volte il loro peso. I cassoni avvolgono le merci nello stesso odorante mistero di questa parte di città. E «bici-cargo» anche per la «mamma-sprint», che porta in giro uno o due figli sui seggiolini. Il calo delle nascite le permette di tenersi in forma.

Non si cura troppo del suo aspetto la veterana, che va in bicicletta dagli Anni 80, quando rischiava la vita tra rotaie e pavè. Ha un che di terzomondista, grosse sciarpe, gioielli e gonnoni etnici e i capelli incolti, al massimo, possono essere tinti all’henné. La veterana abita in centro: fa yoga, non fa vacanze ma viaggi in India, mangia vegetariano e compra biologico e chilometro zero.

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lastampa/Non solo ecologici: tra le tribù delle due ruote THEA SCOGNAMIGLIO

Treni e bici, l’Italia che cambia. Ma anche NO! I prezzi salgono, i servizi calano: Circumvesuviana docet!

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I servizi per i pendolari peggiorano, mentre i prezzi aumentano. L’ultima fotografia di Legambiente è impietosa: dal 2010 al 2016 le tariffe hanno fatto un balzo record del 47%. Roma-Ostia e Circumvesuviana le tratte peggiori. Dunque, meglio muoversi con la bici. A Milano pedalare è diventata un’abitudine: «Così si batte lo smog».

La via crucis dei pendolari: i servizi crollano ma le tariffe aumentano

Legambiente: nel Nord Ovest prezzi su di oltre il 40%. Roma-Ostia e Circumvesuviana le tratte peggiori

TORINO – Se i treni dei pendolari viaggiassero alla stessa velocità con cui negli ultimi sei anni sono aumentati i biglietti, il Piemonte sarebbe una lepre difficile da raggiungere.

Non è così, e lamentele e storie di ritardi stanno lì a dimostrarlo, assieme ai numeri. L’ultima fotografia di Legambiente, in questo senso, è impietosa: dal 2010 al 2016, dice l’associazione ambientalista, le tariffe hanno fatto un balzo record del 47 per cento. Chi pagava 10 euro, insomma, oggi si trova a sborsarne quasi 15. Un dato che fa sobbalzare gli uffici della Regione: l’incremento c’è stato, ammettono dall’amministrazione, ma è più contenuto, attorno al 20 per cento. E a partire dal 2014 non sono scattati neppure gli adeguamenti Istat.

La guerra di cifre  

Dietro la guerra dei numeri, c’è una situazione di incrementi generalizzati, che coinvolge tutto il Paese. E consola poco, anzi forse fa più male, visto che spesso le tratte finiscono per incrociarsi, il secondo posto della Liguria nella classifica di Legambiente: +41,24 per cento. Anche perché, contemporaneamente, le linee si sono accorciate: i tagli hanno rosicchiato l’8,4% dei binari piemontesi e il 13,8% di quelli liguri. Sul gradino più basso del podio, la Campania: tariffe su del 36,1 per cento.

Non che i 3 milioni di pendolari italiani se la passino meglio: l’associazione ambientalista nel suo rapporto «Pendolaria», lanciato alla vigilia dell’entrata in vigore dell’orario invernale, spiega che intercity e regionali si sono ridotti in 15 Regioni, mentre le tariffe sono salite in sedici. Il servizio migliora in poche, fortunatissime, aree: svetta Bolzano. Passi avanti pure per quanto riguarda l’età media dei convogli: 17,1 anni rispetto ai 18,6 dell’anno scorso, grazie agli investimenti di alcune amministrazioni e ai contratti di servizio con Trenitalia.

Le 10 tratte peggiori  

Ragionare soltanto su tagli e aumenti, però, sarebbe limitato. Legambiente ha dato le pagelle alle singole tratte, prendendo in considerazione guasti tecnici, minuti d’attesa, sovraffollamento. E qui, in questa sorta di classifica dei dannati, la maglia nera va, per il secondo anno di fila, alla Roma-Ostia Lido e alla Circumvesuviana. Al terzo posto c’è la Reggio Calabria-Taranto: solo 4 collegamenti al giorno da Reggio a Taranto, per una durata minima di 6 ore e 15 minuti, ma con tre cambi e un tratto in pullman. Poi tocca alla Messina-Catania-Siracusa. La Cremona-Brescia, prosegue Legambiente, occupa il quinto posto grazie a treni più lenti oggi di 15 anni fa (34 minuti nel 2002, 58 oggi), ritardi, soppressioni, carrozze sovraffollate, disagi dovuti allo spostamento del sottopasso di Brescia per i lavori dell’alta velocità. Al sesto posto c’è la Pescara-Roma e al settimo posto spunta il Piemonte, e in particolare Casale Monferrato, con la linea per Vercelli e quella per Mortara. È la pecora nera: mentre la Regione sta studiando nuovi sistemi di tariffe con il biglietto elettronico che consentirebbe di superare il sistema dell’abbonamento e stringe i tempi per rivedere il contratto di servizio con Trenitalia, chi attende in stazione inizia a perdere le speranze. Tra la Treviso-Portogruaro e la Bari-Martina Franca-Taranto, nella classifica al contrario di Legambiente finisce pure la Genova-Acqui Terme, un altro snodo difficoltoso per chi si sposta nel Nord-Ovest. «Le tradizioni si rispettano», sorridevano amari ieri dal Comitato dei pendolari. L’infrastruttura vede ancora 46 chilometri di binario unico sui 63 della tratta e, dice l’associazione, è ormai indispensabile un potenziamento almeno fino a Ovada, in provincia di Alessandria. Al contrario, negli ultimi anni si è assistito a tagli delle corse con quasi il 35% in meno.

«Il trasporto pendolare deve diventare una priorità nazionale – dice il vicepresidente di Legambiente Edoardo Zanchini – negli investimenti e nelle attenzioni. Oggi non è così, e su troppe linee la situazione in questi anni è addirittura peggiorata».

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lastampa/La via crucis dei pendolari: i servizi crollano ma le tariffe aumentano GIUSEPPE BOTTERO

Vivendi sferra l’attacco a Mediaset e a Palazzo Chigi c’è chi vede un’Italia sotto attacco

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Vivendi sferra l’attacco a Mediaset e sale al 12,32%. Fininvest sale al 39% e denuncia i francesi per manipolazione di mercato. In Borsa il titolo del Biscione guadagna il 31,86%. E negli ambienti vicini a Palazzo Chigi c’è chi vede un’Italia sotto attacco da parte dei capitali stranieri.

L’Italia finisce sotto attacco nella palude della politica. E il governo cerca un riparo

Dopo il referendum offensiva su banche, televisioni e tlc

Sui taccuini di chi segue da dentro le cose del governo due eventi sottolineati in rosso fanno riaffiorare vecchi timori: i francesi hanno conquistato il risparmio gestito di Unicredit e dichiarato guerra a Mediaset. Nei quartieri del premier Gentiloni c’è già chi vede un’Italia assediata dai cugini d’Oltralpe.

Tutto è successo in appena otto giorni. Ha vinto il No, è saltato Renzi, è cambiato (di poco) il governo, è ripartito il girone all’italiana del confronto politico che, con la sua virulenza, ha ripreso a gonfiare l’incertezza diffusa che da tempo accompagna i discorsi sulla tenuta reale del Paese. In realtà non c’è molto di nuovo nell’agenda della scorsa settimana, se non le vicende della Finanza e l’ampliarsi dell’instabilità percepita in cui si annidano parecchie insidie potenziali per il sistema tricolore degli Affari. Come anche il caso Montepaschi illustra in modo esemplare.

LEGGI ANCHE – Assalto di Vincent Bolloré, Vivendi, a Mediaset

Il sipario s’è levato il 5 dicembre. Chiusa la conta dei voti, con una mossa a orologeria che a Roma non è ritenuta casuale, Unicredit ha tributato alla parigina Amundi, corazzata degli investimenti con cui nel 2010 Crédit Agricole e Société Générale hanno dato vita al più importante gestore di asset europeo (mille miliardi), l’esclusiva per negoziare l’acquisto di Pioneer, un quinto la sua taglia. L’intesa è arrivata lunedì e festeggiata dalla Borse, felici per come Jean Pierre Mustier pensa di curare Unicredit, ma titillati anche dai rumour secondo cui proprio la Société Générale penserebbe a far sua la banca di piazza Aulenti. Ipotesi suggestiva e senza conferme. Anzi: Mustier giura che, una volta finita la manutenzione, l’istituto continuerà a ballare da solo.

Fonti istituzionali concedono che il governo Renzi ha tentato di farsi regista di una soluzione italiana per Pioneer, sfidando le possibili ire europee. Raccontano di un incontro del premier col ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, e con l’ad di Poste, Francesco Caio, per delineare un piano d’intesa con la Cassa Depositi. L’obiettivo: mantenere da questa parte delle Alpi il risparmio gestito nazionale. L’offerta è arrivata ma, proprio il 5 dicembre, il corriere pubblico si è chiamato fuori, ufficialmente perché il gioco s’era fatta troppo costoso. Nei palazzi del governo è stata letta altrimenti: «Le cifre non erano poi così distanti». E’ parsa una partitura orchestrata per favorire i francesi. Vero o falso?

Certo che a spiegare il successo di Amundi non basta la dimensione. Rende il mercato italiano più esposto alla conquista il combinato disposto fra l’assenza di operatori coraggiosi coerentemente dimensionati e l’insufficienza di gioco di squadra nazionale. «Più che un assedio potrebbe essere la logica conseguenza dell’incapacità di buona parte del sistema» confessa un pezzo grosso della finanza milanese. Troppa politica e poche aggregazioni, insomma. «E quelli che ora parlano di attacco francese dove erano negli ultimi dieci anni?», si chiede. «La realtà di base – precisa una voce governativa – è che da noi ci sono molte realtà industriali interessanti e i francesi hanno i mezzi, e le strategie, per venirsele a prendere». Attacco? «Certo le loro acquisizioni sono sempre rumorose».

Sistema fragile. Con una debolezza storica – fatte le dovute eccezioni – che, nel settore industriale e finanziario, trova la sua amplificazione nel caos della politica. Ecco il dossier Montepaschi. Anche qui le tracce di un lavoro governativo dietro le quinte per tirare nella partita il Qatar sono numerose, come i contatti fra Palazzo Chigi e l’emiro al-Thani. C’era l’accordo, un miliardo subito per Siena e altre opzioni sul tavolo. «S’è parlato anche di Generali», ammette la fonte. Poi c’è stato il «No» e il principe non s’è fidato. Tutto sospeso. Per il cambiamento del quadro politico istituzionale post 4 dicembre. Adesso pagherà lo Stato. Cioè i suoi cittadini.

Della confusione ha approfittato anche Vincent Bolloré. Di nuovo lui, il magnate bretone stregato dalla «seconda patria». Attraverso la Vivendi s’è già messo in tasca il 24,9% del capitale Telecom. Lunedì, una settimana dopo il referendum, ha mosso a sorpresa su Mediaset dopo l’estate dei litigi per Premium. Vuole il 20% di Cologno, che gli scatena contro i legali. Potrebbe aver in mente di creare un EuroNetflix unendo le energie di Telecom. Roba grossa. E francese.

Nei quartieri governativi tre segnali fanno una notizia. Intorno, è facile cucire i sospetti più diversi. Guardate Mustier, simpatico ed efficiente manager francese insediatosi a luglio al 28 o piano di Unicredit. «Un paracadutista della Francia», sussurra una fonte politica. Un figlio delle Grandes écoles napoleoniche cresciute alla Société Générale, colosso che ritroviamo fra gli azionisti di Generali, dove il manager è pure transalpino, Philippe Donnet, uno che ha un curriculum strutturalmente simile a Mustier, costruito stavolta in Axa, la compagnia d’assicurazione più grande. Mettici che il primo azionista di Generali è Mediobanca, che Bolloré è il secondo a Piazzetta Cuccia e che Socgen ha il 5 per cento di Trieste, il gioco dei sospetti diventa facile. I francesi possono trangugiare pezzi del Leone, a partire da quelli presenti nel loro Paese? E un giorno mettere le mani sui grattacieli di Porta Garibaldi?

Risiko, indiscrezioni. Fantasie fra le più tipiche del pianeta Finanza, eppure più fonti giurano che nell’agenda della squadra di Gentiloni il dubbio che i francesi siano alle porte preoccupa. Per la fragilità strutturale e le disattenzioni di sistema. Nel 2016, riassume Kpmg, le acquisizioni dell’Esagono sono state 44. In dieci anni sono passate di mano 200 aziende italiane dal valore di 48 miliardi, gruppo che racchiude Bnl (a Bnp Paribas), Bulgari (Lvmh), Edison (Edf) e Parmalat (Lactalis). Gioielli italiani, e altri sarebbero nel mirino. «STMicroelectronics, ad esempio», lascia cadere la fonte. Possibile? «Loro fanno sistema», spiega una fonte istituzionale, certa che – vinca il centrodestra di Fillon o il socialista Valls -, la situazione non potrà che farsi più aggressiva dopo le presidenziali di primavera, dunque più tesa per noi. Politica, finanza, grande industria perseguono i propri interessi e giocano per la Francia. Noi siamo vittime di una triste «mediocrazia», per usare un termine coniato anni fa dal vecchio patron delle Generali, Antoine Berhneim. Oggi come allora, viene da dire.

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Assalto di Vincent Bolloré, Vivendi, a Mediaset

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Vincent Bolloré sferra il suo attacco a Mediaset. Vivendi a mercati chiusi annuncia di aver varcato la soglia del 10% nel capitale della società di Segrate, portandosi al 12,32%. In Borsa il titolo del Biscione guadagna il 31,86%. E negli ambienti vicini a Palazzo Chigi c’è chi vede un’Italia sotto attacco da parte dei capitali stranieri.

Vivendi-Fininvest, battaglia in Piazza Affari per Mediaset

Bolloré sale al 12,32% e punta al 20. Il Biscione arrotonda la sua quota al 40. Il finanziere cerca una sponda con Berlusconi giocando sulle divisioni familiari

MILANO – Con la determinazione di cui è capace, Vincent Bolloré avanza a tappe forzate nel capitale di Mediaset. Scordatevi il 3,01% dichiarato lunedì, ieri sera la sua Vivendi aveva già passato il Rubicone del 10%, a quota 12,32%. Facile che entro il fine settimana, al massimo lunedì, il gruppo francese raggiunga il suo obiettivo di arrivare al 20%, consolidando la posizione, peraltro già raggiunta, di secondo azionista «industriale», come amano sottolineare a Parigi, del Biscione. Assai probabile che il pacchetto acquistato sia frutto dell’esercizio di opzioni accumulate in precedenza, una salita preparata con cura.

Come in ogni battaglia che si rispetti, però, si spara anche dal fortino assediato. Fininvest, controllante di fatto di Mediaset, dal 34,7 entro oggi si porterà al 38,266% del capitale, pari al 39,775% dei diritti di voto. Le munizioni sono pressoché finite: per non incorrere a sua volta nell’obbligo di Opa, la holding dei Berlusconi nei suoi acquisti annui non può sup 40erare il 5%, e ad aprile aveva già comprato l’1,27%.

Il gioco comincia a farsi duro e i duri investono: in Borsa il titolo di Mediaset ha fatto fuochi d’artificio come mai in un ventennio di quotazione. In un solo giorno, tra scambi intensi (l’11% del capitale), ha recuperato il 31,86%, chiudendo a 3,58 euro, al di sopra dei livelli del 25 luglio, quando si consumò il «gran rifiuto» di Parigi su Premium, la pay tv di Cologno.

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Nel frattempo Fininvest ha aperto anche un altro, ormai ennesimo, fronte legale. Con l’ausilio dell’avvocato delle grandi occasioni, Niccolò Ghedini, ha presentato una denuncia in Procura, a Milano, per manipolazione di mercato, ipotizzando anche altri reati. L’accusa principale però è quella secondo cui Bolloré avrebbe fatto crollare scientemente i corsi di Mediaset, lo scorso luglio, facendo saltare l’accordo siglato ad aprile su Premium. E, approfittando dei prezzi di saldo, avrebbe lanciato la sua scalata. Tanto più, fanno notare dentro Mediaset, in un momento di caos politico, prima ancora che Gentiloni si insediasse. La Consob, subito chiamata in causa dagli uomini di Via Paleocapa (ieri si sono registrate lunghe riunioni tra Marina Berlusconi e Fedele Confalonieri), ha acceso il suo classico faro, «accertamenti preliminari» in gergo tecnico, sull’operatività relativa al titolo.

La domanda che tutti si fanno a Milano è: che cosa farà ora Bolloré? Difficile che per ora abbia intenzione di lanciare un’Opa vera e propria, superando il 30%. O meglio: avrebbe potuto farlo, ma non avrebbe comunicato ufficialmente a Mediaset e soprattutto alla Consob che si sarebbe fermato al 20%. La sua, a Cologno Monzese, si annuncia essere comunque una presenza ingombrante, capace di ingessare il gruppo a lungo. In realtà Bolloré, dopo aver chiuso i ponti con l’ad di Mediaset Pier Silvio Berlusconi e con sua sorella Marina, potente presidente di Fininvest, entrambi schieratissimi contro il francese, punterebbe al piano superiore. Vorrebbe aprire un canale con il patriarca, Silvio Berlusconi. Ma per far questo, a torto o a ragione, ha provato a sfondare la porta di casa del suo impero. È un raider, del resto, non un monaco tibetano. Ma è certo che Berlusconi, in fatto di affari, parli la sua stessa lingua. La sua convinzione è che la famiglia in realtà sia tutt’altro che coesa nella strategia. Ed è persuaso che l’amico di un tempo possa capire che il futuro della tv passa da Internet, dalla banda ultralarga che a sua volta ha fame di contenuti. Che è il tempo di studiare la Netflix europea con dentro tutti, da Orange a Canal Plus, da Telecom Italia, dove già comanda Vivendi, fino a Mediaset. I figli non vogliono nemmeno sentire tali discorsi, la ferita di Premium è ancora aperta. Ma a Berlusconi senior potrebbe riaffiorare quella vecchia suggestione secondo cui, ai fini successori, forse sarebbe meglio assicurarsi una quota di minoranza in un grande gruppo, piuttosto che tenere il timone di una barca più piccola quando il mare annuncia tempesta.

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