Sinisa Mihajlovic, allenatore del Torino, è stato vittima degli ennesimi cori vergognosi a Crotone: “Io porto sempre rispetto a
tutti ma chiedo anche rispetto. Se mi chiamano zingaro serbo non offendono solo me, ma tutto un popolo. Questa è la cultura
che c’è in Italia. Preferisco chi me lo dice in faccia, ma pochi hanno le palle per farlo“. A riportarlo è l’edizione online del quotidiano Corriere dello Sport.
Lo sfogo di Mihajlovic: “Se mi chiamano zingaro serbo non offendono solo me, ma tutto un popolo”
Palermo, donna aggredita dal suocero: ricoverata in gravi condizioni all’ospedale
Una donna di 39 anni è ricoverata in gravi condizioni all’ospedale Ingrassia di Palermo dopo essere stata aggredita dal padre del convivente. La vittima è ricoverata in prognosi riservata. Sembra che l’anziano abbia colpito la compagna del figlio alla testa con a con un oggetto contundente. Ad avvertire le forze dell’ordine è stato lo stesso figlio dell’aggressore. Sull’episodio indagano i carabinieri.
Di Livio: “Una trappola l’euforia dei tifosi azzurri? Ma no! Il Napoli è cresciuto”
Le sue parole
L’ex calciatore della Juventus Angelo Di Livio ha parlato del momento del Napoli su Premium Sport: “Trappola emotiva l’euforia dei tifosi? Ma perchè? L’euforia porta carica, deve essere la squadra a non commettere gli errori degli altri anni, ma vedo ormai una squadra diversa, in grado anche di soffrire, di difendersi. Gli azzurri sono cresciuti”.
Coppa Del Mondo fioretto Femminile – Secondo posto per l’Italia sconfitte in finale dalla Russia
CANCUN – L’Italia di fioretto femminile parte dal secondo gradino del podio nel percorso stagionale di Coppa del Mondo.
Sulle pedane di Cancun la squadra azzurra del Commissario tecnico, Andrea Cipressa, subisce la sconfitta in finale ad opera della Russia che vendica così quanto inflittole dall’Italia nel corso dell’intera stagione scorsa culminata col titolo europeo e mondiale.
Il quartetto italiano composto da Arianna Errigo, Alice Volpi, Martina Batini e Camilla Mancini aveva iniziato superando per 45-33 il Giappone. Poi in semifinale è giunto il successo netto contro il Canada col punteggio di 45-25.
La finale ha visto le azzurre dominare il match, sino all’ultima frazione che ha visto salira in pedana la frazionista di “chiusura”, Arianna Errigo col punteggio di 40-31.
L’azzurra è stata colta di sorpreso dall’impeto dell’avversaria russa che è riuscita a siglare un parziale di 14-2 che ha “dirottato” sul secondo gradino del podio le italiane ed ha permesso all’inno russo di risuonare al cielo di Cancun.
COPPA DEL MONDO – FIORETTO FEMMINILE – GARA A SQUADRE – Cancun, 15 ottobre 2017
Finale
Russia b. ITALIA 45-42
Finale 3°-4° posto
Usa b. Canada 33-26
Semifinali
ITALIA b. Canada 45-25
Russia b. Usa 45-44
Quarti
ITALIA b. Giappone 45-33
Canada b. Francia 45-37
Russia b. Germania 45-25
Usa b. Ungheria 45-44
Classifica (13): 1. Russia, 2. ITALIA, 3. Usa, 4. Canada, 5. Germania, 6. Francia, 7. Ungheria, 8. Giappone.
ITALIA: Arianna Errigo, Alice Volpi, Martina Batini, Camilla Mancini.
Zeman, il figlio: “Col City la gara più divertente del mondo. Scudetto? La favorita è la Juve”
Le sue parole
L’allenatore Karel Zeman, figlio di Zdenek, ha parlatoai microfoni di TMW Radio: “Il Napoli ormai gioca a memoria con interpreti di tutto rispetto ma ripeto: la principale candidata è un’altra, ovvero la Juve. Ha una società forte alle spalle e nei valori è al primo posto. La sfida tra Napoli e City? Viene da pensare che sarà la più divertente del mondo. Spesso però, quando si sfidano due squadre che fanno bel gioco, ci si annoia: la miglior partita è tra chi attacca molto e chi difende altrettanto. Juve, Inter, Roma e Napoli sono le squadre che si giocano il titolo. Anche la Lazio può meritare ma va verificata sulla continuità. Mio padre Zdenek? Lui fa il suo lavoro, a volte gli viene bene, altre meno. Da una parte il Pescara è giovane ma ci sono giovani e giovani: quelli che hanno bisogno di 2-3 anni per maturare e altri di 2-3 mesi”.
Il Napoli va a memoria, ma l’Inter ha un Icardi in più
Il Napoli va a memoria, ma l’Inter ha un Icardi in più
La Gazzetta dello Sport si proietta sulla sfida Napoli-Inter: “Il Napoli vola, ma l’Inter è lì a due passi e sabato è già scontro diretto. Prima contro seconda, splendido scherzo del calendario: ancora presto per decidere il campionato, ma intanto sono loro le migliori per punti, gioco e personalità, naturalmente con la Lazio. Il resto del gruppo insegue. Il Napoli va a memoria, ma l’Inter ha un Icardi meraviglioso al quale riesce quello che faceva Higuain proprio con Sarri un paio di anni fa”
L’EPOPEA DEGLI ALPINI A NIKOLAJEWKA
Stremati da una lunga marcia nella neve gli Alpini della Tridentina concludono, con una vittoria in ritirata, la campagna di Russia.
Nel novembre 1942 l’Armata italo-tedesca in Africa Settentrionale, dopo una difesa ad oltranza, cede alle truppe del Commonwealth ad El Alamein. Si consuma così, nel deserto egiziano, la prima grande sconfitta degli eserciti dell’Asse, la prima grande svolta per le sorti della guerra.
Mentre in dicembre l’Armata dell’Africa continua il ripiegamento verso la Tripolitania, inizia un’altra pagina dolorosa, ma non meno gloriosa, per il nostro Esercito nello scacchiere più a nord, in terra di Russia. Se El Alamein richiama alla mente la Divisione Folgore, Nikolajewka, nella steppa russa, richiama l’epopea della Divisione Tridentina e del Corpo d’Armata Alpino. In Africa si combatte a 40-45 gradi sotto un sole cocente, in Russia a 40-45 gradi sotto zero nelle tormente di neve. Su entrambi i fronti viene esaltato il coraggio e l’ardimento del soldato italiano suscitando l’ammirazione di nemici ed alleati.
Nikolajewka, pur rappresentando l’epopea degli Alpini, è, comunque, la conclusione amara della sconfitta in Russia. La vittoria del Commonwealth in Africa porterà gli Alleati a Roma, la svolta in Russia porterà i Sovietici a Berlino ed alla conclusione del conflitto.
In Russia il contingente italiano è in linea dal luglio 1941. Il XXXV Corpo d’Armata (CSIR: Corpo di spedizione italiano in Russia) con le Divisioni di Fanteria Pasubio e Torino, la Divisione motorizzata Celere e la Legione Camicie Nere Tagliamento, nel settembre ‘42 sarà assorbito dall’8^ Armata (ARMIR: Armata italiana in Russia) formata dal II Corpo d’Armata (Divisioni di Fanteria Sforzesca, Ravenna e Cosseria) e il Corpo d’Armata Alpino (Divisioni Julia, Cuneense e Tridentina). Per i compiti territoriali la Divisione Vicenza, costituita da reclute e personale molto anziano.
Dimostrando un acume tattico oltre ogni immaginazione, il Corpo Alpino viene impiegato, come Fanteria di linea, nella sconfinata pianura russa, sulla riva del Don. A nulla vale la diversità dell’addestramento della guerra in montagna da quella campale.
L’attacco in forze da parte sovietica inizia l’11 dicembre ‘42 e la prima delle truppe alpine ad entrare in linea è la solita Julia chiamata d’urgenza a tamponare, il 17, una falla apertasi nel settore della Cosseria.
Infatti, mancano riserve perché il genio militare di Hitler, ex caporale dell’esercito bavarese, ha inviato tutte le forze disponibili per lo sforzo, che risulterà vano, di sfondare a Stalingrado (l’attuale Volgograd).
Inizia un ripiegamento di molte grandi Unità dal fronte: i Sovietici sfondano nel settore dell’Armata romena a sud dello schieramento alpino e, successivamente, in quello dell’Armata ungherese a nord. Il Corpo Alpino resta sulle sue posizioni nonostante il concreto pericolo di accerchiamento. La sola, mitica Julia, coinvolta ormai nel pieno della battaglia, non arretra. I suoi Battaglioni L’Aquila, Vicenza, Val Cismon, Tolmezzo, Gemona e Cividale (costituiti in prevalenza da Friulani e Abruzzesi) ripetono le gesta già note di Albania e Grecia: è un susseguirsi di attacchi e contrattacchi, di quote perse e riconquistate.
Inizia così l’epopea degli Alpini in terra di Russia. I Tedeschi, sempre avari di riconoscimenti per gli alleati, chiameranno la Julia “Divisione miracolo” e la citeranno nel bollettino di guerra del 29 dicembre.
Solo quando il 15 gennaio ‘43, a circa 100 km a sud, una colonna di carri sovietici entra a Rossosch, sede del Comando del Corpo Alpino, attaccando a cannonate la sede del Comando, si capisce finalmente l’esigenza strategica di arretrare: i Tedeschi, che hanno la direzione operativa del Settore, non si sono preoccupati del pericolo che corrono i nostri Reparti. La Julia, la solita Julia, resta a contrastare l’avanzata sovietica per consentire anche la ritirata tedesca dal Caucaso. Alcuni reparti minori restano, sacrificandosi, sulle posizioni per mascherare la ritirata. Epica la tenuta del quadrivio di Seleny Jar da parte del Battaglione Tolmezzo che scrive una delle più belle pagine della storia militare italiana.
Ormai la ritirata, a piedi e con una temperatura fra i 30 e i 40 sotto zero, per tutti gli altri reparti è una rotta: militari sbandati di varie nazionalità, provenienti da più parti e settori del fronte, si riversano sulle strade dopo aver abbandonato, in alcuni casi, anche le armi: unico obiettivo è la salvezza e così una massa disorganica si mette sotto la protezione del Corpo Alpino, rimasto compatto, intralciandone anche i movimenti. Spesso i reparti combattenti, per aprirsi la strada, dovranno ricorrere alle maniere forti.
Intanto, dopo la perdita anche dell’intero autoparco, le truppe alpine devono rinunziare anche al trasporto di artiglieria pesante. Le slitte, trainate da muli e cavalli, servono per i feriti, per i molti congelati e le munizioni. I collegamenti radio sono carenti per cui le colonne formatesi non si sa dove sono e dove vanno. Le direttrici di marcia sono due: su una si avvia la Tridentina alla quale si è aggregata metà della Divisione Vicenza, sull’altra la Cuneense, con l’altra metà. La Julia è sempre in retroguardia con compiti di copertura. L’ordine di ripiegamento prevede di raggiungere Valujiki, importante sede logistica tedesca.
Il problema è se all’arrivo non sarà già stata occupata dai Sovietici come in effetti sarà.
Per i Reparti Alpini combattenti, sempre organicamente inquadrati, disciplinati ed efficienti, la ritirata assume le caratteristiche di quella che sarà definita “avanzata all’indietro”. Ritirata, infatti, è sganciamento ed arretramento su altre posizioni col nemico alle spalle. Qui invece si presenta frequente la necessità di sfondare linee nemiche che si frappongono sul percorso di marcia: è quindi una vera e propria avanzata. Per ragioni di mimetizzazione le colonne muovono prevalentemente di notte e, quando possono, si adattano nelle isbe, casette russe fatte di legno e paglia che, al loro apparire, determinano la corsa sfrenata della massa di sbandati privi di ogni disciplina. Solo raramente una “cicogna” tedesca, sfidando i caccia sovietici, dà indicazioni e lancia qualche messaggio e talvolta vengono paracadutati rifornimenti. C’è anche qualche caso si depistaggio attuato evidentemente da qualche fuoruscito italiano rifugiato in Russia: un falso tenente parlerà in perfetto dialetto milanese per portare in un agguato il battaglione alpino Dronero, della Divisione Cuneense, a Novo Postojalovka. Solo approfittando della notte il battaglione riuscirà a superare l’ostacolo e continuare la marcia verso la salvezza.
Ogni giorno è caratterizzato da combattimenti per superare le linee nemiche che operano con manovra a tenaglia. I più cruenti ad Opyt, Postojalyi, Skororyb, Seljakino, Novo Postojalowka, Novo Charkovka, Nova Dimitrovka, Lessnitschanski, Ljmarevka, Varvarovka, Ossatschij. Degno di menzione un episodio presso Popovka il 19 gennaio: il serg. magg. Candeago, della Julia, sfuggito ad un attacco nemico, torna indietro per recuperare dall’auto del Comando, immobilizzata, la bandiera del 3° reggimento artiglieria alpina perché non cada come trofeo in mano nemica. Tanti sono comunque gli episodi di eroismo, solidarietà e sacrificio per salvare gli altri, per consentire l’uscita dalla grande sacca.
La battaglia finale si combatte il 26 gennaio 1944 a Nikolajewka: sarà la pagina più sublime dell’intera campagna di Russia. La colonna principale, costituita dalla Tridentina, deviando dall’itinerario prestabilito, punta su Nikolajewka. L’altra colonna, con la Cuneense ed un reggimento della Vicenza, proseguirà invece sull’itinerario prestabilito, entrando nella trappola di Valujki.
A Nikolajewka si combatte per l’intera giornata. La Tridentina è pressoché compatta. Si trascina, come le altre colonne, una massa di sbandati di varie nazionalità oltre a gruppi disorganici anche delle altre Divisioni Alpine. La sera del 25 si ferma fra i villaggi di Arnautowo, Nikitowka e Terinkina. Giungono anche i resti del Battaglione Morbegno (Tridentina) che il 23 ha sostenuto un sanguinoso scontro a Varvarovka riuscendo a sottrarsi al completo annientamento. Per il mattino successivo è predisposto l’attacco ma durante la notte i reparti di Arnautowo sono attaccati da forze sovietiche. Sono circa 600 Alpini (la 253^, 254^ e 112^ del Val Chiese, la 33^ batteria del Gruppo Bergamo ed un plotone del XXX Battaglione Genio Alpino): sanno che Arnautowo è un caposaldo fondamentale per la salvaguardia del grosso della colonna. Non ci sarebbe stata la meravigliosa pagina di Nikolajewka senza il sacrificio di quelli di Arnautowo. Eppure nessuno porterà loro aiuto: se la dovranno sbrigare da soli e parteciperanno successivamente anche allo stesso sfondamento a Nikolajewka.
Il paese è in fondo ad un costone e bisognerà percorrere allo scoperto almeno due chilometri per scendere fino al terrapieno della ferrovia, alle porte del paese. Le macchie scure dei cappotti grioverdi sulla neve rappresentano un facile bersaglio per i difensori. Gli Alpini sono circa 800 ed appartengono ai Battaglioni Verona, Val Chiese e Vestone ed a pochi genieri. L’appoggio di armi pesanti è rappresentato da due semoventi e dalle batterie lanciarazzi tedesche e da sei cannoncini di calibro modesto.
Sono sette ore di battaglia intensa e più volte gli Alpini stanno per cedere alla preponderante massa di fuoco nemico. Gli episodi di valore sono tanti e per lo più rimasti sconosciuti. Più volte i miti Alpini devono ricorrere all’assalto con bombe a mano o a feroci corpo a corpo con ricorso alla baionetta. Nel momento in cui tutto sta per crollare, i reduci di Arnautowo, si presentano per dare una mano a coloro che sono alla periferia del paese e non riescono a compiere il salto finale. Si riorganizzano i superstiti e giunge anche l’Edolo, rimasto bloccato dalla colonna degli sbandati. L’Edolo parte di slancio e prendono a sparare anche i pezzi dei corazzati tedeschi tenutisi in disparte. Confuso con gli altri, il Capo di Stato Maggiore della Tridentina, il gen. Giulio Martinat che, alpino fra gli alpini, va all’assalto sparando con un fucile raccolto a terra gridando: “Oltre il sottopassaggio c’è l’Italia”. Ha iniziato la carriera nell’Edolo e col battaglione della sua gioventù ritrova lo slancio dei vent’anni. Cadrà, colpito mortalmente, nel Reparto che lo aveva visto “nascere” Alpino. Sarà decorato di M.O. al V.M.
Intorno alle 15,30 la situazione conti nua ad essere incerta e il gen. Reverberi, comandante della Tridentina, è preoccupato perché col buio della sera non sarebbe più possibile prendere la città. Ha uno scatto d’impeto: sale su un blindato tedesco e, sporgendosi dalla torretta, indicando la direzione col braccio alzato, grida “avanti Tridentina” alla maniera degli antichi condottieri. Al seguito del generale un’enorme massa di soldati di ogni grado e appartenenza si catapulta verso il vivo della battaglia. È la scintilla che accende gli animi anche di quanti assistono dall’alto del costone alla carneficina che si sta compiendo alle porte di Nikolajewka. Superstiti della Cuneense, della Julia, del battaglione sciatori Monte Cervino, Fanti della Vicenza, Cavalleggeri del Savoia e Lancieri del Novara, ormai appiedati, gli Artiglieri del reggimento ippotrainato Voloire, Genieri, Carabinieri, tutti ormai non più appartenenti a reparti organici, partono lungo il costone e chi non ha le armi si ferma a raccogliere quelle dei caduti. Si vedrà persino un ufficiale alpino del Gemona montato su un cavallo gridare “avanti Gemona” infilarsi nel vivo della battaglia. I Sovietici sono messi in fuga. La battaglia di Nikolajewka è vinta, prima dal sacrificio dei reparti organici, e poi dall’impeto tumultuoso di gente che ha capito che sfondare significa aprire l’ultima porta alla via della speranza, della salvezza. Non è certo una battaglia da studiare nelle tecniche di strategia perché è la battaglia della disperazione, dell’impeto “garibaldino” ma è, certamente, una grande vittoria. È la vittoria della Tridentina e di tutto il Corpo d’Armata Alpino perché Nikolajewka è la conclusione di quell’ avanzata all’indietro che non può prescindere, però, dai sacrifici compiuti dalla Julia e dalla Cuneense sia nei compiti di copertura sia nel corso della lunga marcia. Senza le altre due Divisioni Alpine, la Tridentina non sarebbe arrivata a Nikolajewka pressoché compatta ed integra.
La colonna, dopo una marcia di 400 km circa, aprendosi la strada tra mille insidie e continui combattimenti, è salva. I resti dell’Armata saranno rimpatriati fra il 6 e il 15 marzo formando 17 convogli mentre otto mesi prima ce n’erano voluti 200! I morti, dall’estate del ’41 all’inverno del ’43, saranno oltre 104mila, nel solo mese e mezzo di ritirata 29mila. Le perdite dei 57mila del Corpo Alpino sono particolarmente gravose: 13.500 della Cuneense, 9.800 della Julia, 7.750 della Tridentina oltre a 3.200 dei Comandi e servizi del Quartier Generale. La Divisione Vicenza, destinata a compiti territoriali ed equipaggiata in modo approssimativo, chiamata ironicamente la Divisione Brambilla, pagherà un tributo di sangue di 9.000 uomini ma, alla bisogna, seppe combattere e sacrificarsi. Con gli Alpini vanno ricordati i circa 500 Granatieri tedeschi che con 4 semoventi e 3 batterie lanciarazzi hanno consentito una massa di fuoco che, se pur limitata, si rivelerà risolutiva in molti casi, unica contrapposizione ai carri armati e all’artiglieria pesante sovietica.
Gravi le carenze organizzative e logistiche: l’equipaggiamento assolutamente inefficiente, i collegamenti radio difficoltosi se non inesistenti, armamento inadeguato alle basse temperature che blocca i congegni.
Gli Alpini costretti a trasformarsi in cacciatori di carri con mine e bottiglie “Molotov” per l’inadeguatezza delle munizioni controcarro che rimbalzano sulle spesse corazze dei carri sovietici: l’effetto penetrazione dei proiettili “E/P” verrà definito, ferme restando le iniziali, “effetto pernacchia”. Il nostro vecchio fucile ’91 (6 colpi al minuto) contro i parabellum russi (75 colpi al minuto); i nostri carri da 3 tonnellate contro quelli sovietici da 38 e 50!
Certo Mussolini sbagliò i conti e di molto sul numero dei morti da gettare sul tavolo della pace, e non comprese che la guerra moderna era ben altra cosa che affrontarla con le otto milioni di baionette da lui propagandate, con i fucili modello ‘91 e con soldati equipaggiati ancora con le fasce mollettiere nella neve. Eppure si affrettò a dichiarare guerra e non certo per difendere il Paese! Da qui la responsabilità morale, politica e militare di chi, pur conoscendo le forti carenze delle nostre Forze Armate, l’impreparazione e le difficoltà logistiche, volle un’avventura senza ritorno gettando il Paese nella disperazione e nella tragedia. Si accorse tardi che l’esercito sovietico era ben altra cosa dell’esercito etiopico!
Gli Alpini in Russia, unico Corpo rimasto imbattuto, dimostreranno forte resistenza ai disagi ed alto senso del dovere. Meritano riconoscenza, rispetto, ammirazione e gratitudine. Con loro vanno ricordate tutte le Unità dell’8^ Armata, anch’esse votate al sacrificio, operando con disciplina ed abnegazione.
Il modo migliore per ricordare quegli Alpini, quanti caddero nell’adempimento del dovere, nei campi di prigionia, negli ospedali, e quanti, baciati dalla fortuna, ritornarono, è ripensarli coi nomi dei loro Battaglioni: Tolmezzo, Gemona, Cividale, Vicenza, L’Aquila e Val Cismon e Gruppi Artiglieria Conegliano, Udine e Val Piave (Julia); Ceva, Pieve di Teco, Mondovì, Borgo San Dalmazzo, Dronero e Saluzzo e Gruppi Artiglieria Pinerolo, Val Po e Mondovì (Cuneense); Morbegno, Tirano, Edolo, Vestone, Val Chiese e Verona e Gruppi Artiglieria Bergamo, Vicenza e Val Camonica (Tridentina) e Battaglione sciatori Monte Cervino. Per la battaglia risolutiva di Nikolajewka una citazione particolare va però all’Edolo che dimostrò un coraggio ed un’efficienza operativa non comuni.
A fine gennaio 1944, con la resa della 6^ Armata tedesca a Stalingrado, c’è la definitiva svolta della guerra anche nello scacchiere orientale.
Ai raduni nazionali degli Alpini in congedo, svolti sempre all’insegna dell’allegria e dell’amicizia, il corteo è preceduto da uno striscione sul quale è scritto “Ci precedono … penne mozze” (con l’indicazione della cifra): è l’ideale presenza degli Alpini caduti per la Patria. È un atto di alta sensibilità e di rispetto, di solidarietà per il commilitone caduto, disperso, che forse non è stato possibile salvare o che ha consentito agli altri di salvarsi. E in terra di Russia gli episodi sono tanti così come già in Albania, in Grecia, e ancor prima sull’Adamello, sul Grappa, ovunque. Le penne mozze sono presenti, davanti a tutti, e dopo aver idealmente partecipato ritornano, sereni ed orgogliosi, a riposare nel Paradiso degli Eroi, sempre presenti nel cuore di tutti.
Giuseppe Vollono
Sconcerti: “Il Napoli gioca bene, ma non è la più forte: c’è l’Inter che sorprende!”
Il suo pensiero
Mario Sconcerti nel suo editoriale per il Corriere della Sera: “Può succedere che l’Inter vinca il campionato. Non ha una struttura esatta, ma è guidata bene e ha grandi giocatori. Stavolta ha trovato anche un ottimo avversario, un po’ confuso, un buon Milan atletico e deciso, come quando i più deboli giocano contro avversari più forti ma dal nome seccante. L’aria del derby è stata la cosa che ha tenuto in equilibrio la partita. Non credo che normalmente l’Inter si faccia recuperare due volte. Ma stavolta ha giocato di pancia come raramente le accade, ha rispettato non l’avversario ma l’evento, si è fatta trascinare nel disordine. Alla fine è arrivato un successo formidabile per le conseguenze sulla stagione. L’Inter è l’unica a rimanere nella scia del Napoli, è seconda in classifica quasi senza aver ancora cominciato a giocare. Non c’è stata ancora una sola grande partita dell’Inter, ma la sua presenza nel campionato è stata continua, fastidiosa, insistente, e oggi è diventata potente. Il Napoli gioca meglio, ma nessuno può seriamente dire che sia più forte, perché non conosciamo l’Inter, naviga a mezzi bocconi, quasi con egoismo. Diverso il Milan. La sconfitta pesa troppo ma è arrivata quasi naturale. In otto partite Montella ha già bruciato le idee di una stagione intera, non ha più sorprese. E se non trovi idee, contro le squadre più forti perdi sempre. Quattro partite perse su otto sono un limite molto chiaro. Le squadre si costituiscono in meno di due mesi. Nel tempo si migliorano, ma il centro del lavoro deve già essere evidente. Il Milan del derby è stato insistente e generoso, classico come spesso lo diventano i perdenti. Temo ci sia un equivoco tecnico, sopravvalutazioni importanti. Sono sicuro che il Milan diventerà una squadra forte, ma non oggi, non con questo tipo di giocatori. Il tipo di partita tenderebbe a salvare Montella, ma non sono più sicuro di niente. La caduta è grande e rumorosa, solo una società in grado di gestire già il proprio pubblico può essere in grado di decidere da sola. Ma Montella deve smettere di giocare col Milan alla Playstation. È tempo di trovare uno schema e una squadra, fare da adesso una lista di arrivi e partenze. Deve esserci una fiducia totale tra lui e Fassone. Se manca qualcosa, è meglio che manchi subito tutto”.
Fiorentina, Mencucci attacca De Laurentiis: “Pensi ai problemi suoi invece di venir a far lezioni qui”
Il presidente della Fiorentina Woman’s, Sandro Mencucci, secondo quanto riporta il sito FirenzeViola, ha parlato anche della squadra maschile attaccando, il presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis. Ecco un estratto delle sue dichiarazioni contro il patron azzurro: “I viola sono una squadra giovane che deve crescere, da tifoso sarei più contento di una situazione così rispetto a leggere il grande nome e strapagarlo. De Laurentiis? Pensi ai suoi problemi, invece che venire a far lezioni a Firenze. Chiesa? Mandi pure una raccomandata con ricevuta di ritorno, qualcuno gli risponderà (ride, ndr)”.
Torre Annunziata, dopo 48 ore di agonia muore il 26enne vittima di un incidente stradale
Non ce l’ha fatta Giulio Coppola, il ragazzo di 26 anni originario di Torre Annunziata, che nella notte tra venerdì e sabato è stato coinvolto in un incidente stradale avvenuto a Torre del Greco.
Troppo gravi le ferite riportate dopo la perdita di controllo dell’automobile in via Campanariello, che sarebbe poi uscita fuori strada.
I sanitari dell’ospedale di Caserta, dove poi il giovane è stato trasferito, hanno fatto più del possibile per salvargli la vita ma le sue condizioni erano apparse subito critiche.
Altri due amici di Giulio sono ricoverati in ospedale. Ancora si indaga per ricostruire la dinamica esatta dell’incidente e le sue cause.
Furto rame in ex base Nato, in mantette un 27enne
Un cittadino albanese di 27 anni, è stato bloccato in flagranza di reato dai carabinieri accusato di furto aggravato ed introduzione clandestina in luogo militare. L’uomo è stato fermato dai militari dell’Arma dopo essere entrato, forzando la rete di recinzione, all’interno del sito militare Nato dismesso di Baia Verde. E’ sato arrestato mentre era intento a rubare circa 14 kg di componenti elettrici in rame dal sistema di refrigerazione di un bunker. La refurtiva recuperata è stata riconsegnata. Il criminale è stato sottoposto agli arresti domiciliari in attesa di essere giudicato con rito direttissimo.
Insigne e Immobile due figli di Napoli, protagonisti in campionato, ma perchè in Nazionale non rendono?
Il giornalista Antonio Corbo scrive nel suo editoriale per La Repubblica: “Il calcio è miope, non parla, ma lancia messaggi chiari per chi sa leggerli. La classifica si è sgranata sabato in 2 sole partite, decise dai gol di due vecchi monelli della provincia di Napoli con destini paralleli. Ciro Immobile di Torre Annunziata e Lorenzo Insigne di Frattamaggiore. Si incontrano a Pescara in serie B, 2011-2012, allenatore Zeman, uno dei rari istruttori di calcio. In 37 partite, segnano uno 28 reti l’altro 18. Hanno talento e futuro, ci vuole tanto per capirlo? Immobile è pescato dalla Juve a Sorrento, ma subito scartato e spedito a Siena, poi a Grosseto. Rilanciato dal Pescara, deve ancora girare: Genoa, Torino, Siviglia, Borussia. Insigne è invece segnalato a De Laurentiis, dicono che non capisca di calcio, ma il presidente lo impone spesso a Mazzarri che non smette di chiamarlo “il ragazzo” e preferirgli Pandev. E dire che nel suo staff c’è Giuseppe Santoro, uno che lo vede bene. Oggi Immobile e Insigne trascinano Lazio e Napoli, facendo arrossire i club che caricano a bordo troppi stranieri: sabato schierati 43 su 56. Ma i due bomber sono gli stessi che affondano nel grigiore della Nazionale. È un caso se brillano nei congegni tattici di Inzaghi e Sarri? E non dice nulla alla Federcalcio che questi italiani si smarriscono nella Babele di Ventura? Con loro vi è stato un sussulto di vitalità del calcio italiano in Juve-Lazio e Roma-Napoli. Ma è inquietante: soffocano in Nazionale, dove c’è un allenatore che dice di avere un suo gioco, ma nei fatti barcolla tra il 4-2-4 ed un indefinito 3-4-1-2. Ventura perché non segue Napoli e Lazio? Problemi di Tavecchio e del Ct. Ma è stridente il contrasto tra la Nazionale e questo Napoli che corre con il primato in pugno, 8 vittorie su 8, 200 reti in 84 panchine di Sarri, i 100 di Insigne. È una fortuna che non tutti prendano sul serio la squadra e il suo comandante. Un bieco scetticismo prevale sull’ammirazione, è un vantaggio. Non basta neanche l’analisi dell’ultima vittoria. Il Napoli è stato superiore alla Roma al punto da determinarne una reazione. Infuriata perché non poteva costruire gioco, si è affidata all’ira piuttosto che ad un metodo. Di Francesco non ha mai chiuso quel varco lasciato aperto a destra, da Bruno Peres e Florenzi, un semaforo verde per Insigne e Ghoulam, straordinari. Guardandosi intorno, il Napoli per lo scudetto può non temere la Roma, che cerca ancora equilibri. Deve tuttavia osservare la Juve, può reagire prima o poi allo choc di Cardiff e allo sconcerto per gli effetti del suo mercato. Higuain non restituisce dal campo i 94 milioni del bonifico al Napoli e Dybala, fantasista di assoluta qualità, troppo presto accostato a Messi, è disorientato. Chi deve temere il Napoli? Più che gli avversari, deve gestire le sue grandi risorse e qualche rimorso. Non c’è squadra in Italia di pari efficienza. Ha palleggio e personalità, sa imporre i ritmi e occupare la metà campo dei rivali, può contare sul recuperato Reina. Ma a 7 mesi dalla fine, Sarri non deve trascurare 3 insidie. 1) Il fattore simpatia. Non ci si eclissa in un sabato memorabile. La favola dell’orso che tace non giova. 2) I pochi ricambi. Callejon non si è visto a Roma, Hamsik dopo un’ora è una candela nel vento. Per Callejon c’è finalmente Rog, Per il capitano, Zielinski è ricambio incerto. 3) Niente tensioni. Il possibile addio di Sarri grazie a una originale clausola ( penale di 8 milioni) va affrontato e risolto subito con una clamorosa conferma o accantonato fino alle soste invernali. La società intanto non si innamori più delle clausole, faccia tacere i suoi creativi giuristi, e lasci vincere in serenità lo scudetto ai tifosi, alla squadra, a Sarri”.
Manchester City – Napoli, ecco le probabili formazioni della sfida di Champions League
Si avvicina la sfida di Champions che vedrà il Napoli affrontare il Manchester City. Gli inglesi e i partenopei sono due delle squadre che giocano il miglior calcio d’Europa e proprio per questo ci si attende una bellissima partita. L’edizione odierna del quotidiano La Gazzetta dello Sport ha pubblicato quelle che potrebbero essere le scelte di Sarri e Guardiola, in vista di questo match in Champions League, il quale, in ottica di classifica potrebbe già risultare fondamentale. Il trainer spagnolo dovrebbe nuovamente affidaresi al 4-1-4-1 che tanto sta sorprendendo per velocità in Inghilterra. Tra i pali ci sarà spazio per Ederson. Davanti al portiere arrivato in questa sessione di mercato ci sarà spazio per Stones e Otamendi al centro della difesa con Delph e Walker ad agire sulle fasce. Davanti al quartetto difensivo ci sarà Fernandinho, il quale ha il compito di formare una diga. In avanti in virtù dell’ assenza del Kun Aguero ci sarà Gabriel Jesus con Sterling, De Bruyne, David Silva e Sanè alle sue spalle. Il Napoli, nonostante quale avvisaglia di turn over, dovrebbe schierare tutti i titolarissimi. Tra i pali ci sarà Reina, uno dei migliori in campo nella sfida dell’ Olimpico. Davanti a lui il roccioso Kalidou Koulibaly a fare reparto con Raul Albiol, con Elseid Hysaj e Faouzi Ghoulam a spingere sugli out. In mediana Jorginho avrà il compito di gestire la manovra offensiva dei partenopei con Allan e il capitano, Marek Hamsik a suo supporto. In avanti il trio delle meraviglie, che tanto sta facendo ammattire le difese avversarie, formato da Josè Maria Callejon, Lorenzo Insigne e Dries Mertens.
Sarri ancora febbricitante, ma parlerà in conferenza stampa. Possibile turn-over per lui?
Si avvicina la sfida di Champions che vedrà il Napoli affrontare il Manchester City. Ecco cosa scrive l’edizione odierna del quotidiano Tutto Sport: “Sarà capace il Napoli di continuare con questo passo fino a fine stagione? E’ questo il grande dubbio: tra campionato, Champions League e Coppa Italia il Napoli scenderà in campo ogni 3 giorni e Sarri dovrà fare di necessità-virtù, anche quando la rosa, non ampia e competitiva come quella bianconera, gli impedirà di fare rotazione. Non c’è tempo per godersi la vetta della classifica, gli azzurri già domani dovranno provare a superarsi ancora, non con una squadra qualunque, ma con la capolista della Premier League, quel Manchester City che ha elogiato il gioco di Sarri (attraverso Pep Guardiola) e che sabato ha rifilato 7 gol allo Stoke City. Impossibile scegliere tra campionato e Champions League e allora l’unica cosa da fare è provare a fare del proprio meglio in ogni competizione. Oggi il Napoli partirà per l’Inghilterra, dopo la seduta di rifinitura a Castelvolturno e poi toccherà al tecnico, ancora febbricitante, presentare il match. Stavolta sarà presente a quella conferenza che ha dovuto saltare sabato sera per un forte attacco febbrile, e la sensazione è che possa annunciare un moderato turnover”.
300 kg di marijuana nascosti nel camper: arrestato il corriere
La Polizia di Stato di Ragusa ha sequestrato 300 chilogrammi di marijuana e ha arrestato un romeno. La droga era nascosta nel tetto di un camper con il quale il ‘corriere’ si stava spostando. Il romeno era stato controllato dall’equipaggio di una Volante durante accertamenti su strada a Ragusa perché il camper era trasportato da un carro attrezzi e sporgeva, creando problemi agli automobilisti.
Durante successivi accertamenti, personale della squadra mobile ha scoperto, nascosti nel tetto del camper, 300 chilogrammi di marijuana, che, secondo stime degli investigatori, avrebbero avuto un valore di mercato di 3 milioni di euro.
/ANSA
Sarri non si ferma mai! Giovedì mattina un drone supervisionerà i movimenti dei difensori
Dopo la vittoria di sabato sera all’ Olimpico contro la Roma, il Napoli si appresta alla sfida con il Manchester City in Champions League. Il tecnico degli Azzurri, Maurizio Sarri, come sempre preparerà la gara minuziosamente. Anche i difensori partenopei continueranno il loro allenamento personalizzato a migliorare la fase difensiva. Durante l’allenamento di giovedì mattina, come riporta l’edizione odierna del quotidiano Il Mattino, i movimenti della difesa saranno supervisionati da un drone che riprenderà tutti i loro movimenti per poi essere trasferiti al computer e guardati da Sarri e tutto il suo staff, per correggere ancora di più determinati movimenti e migliorare i sincronismi e i meccanismi della linea arretrata.
Avellino, incendio capannone industriale
Nella mattinata del 14 ottobre, i Vigili del fuoco del Comando, sono intervenuti nel comune di Frigento, per spegnere un incendio che ha colpito una parte di un capannone adibito a deposito e lavorazione del tabacco. Sul posto sono state inviate due squadre del distaccamento di Grottaminarda e un’autobotte dalla Sede centrale. Le operazioni di spegnimento sono state difficili a cause del rischio di cedimento strutturale del capannone. L’operazione di spegnimeto sono è durata circa cinque ore.
Spacciava eroina nel suo negozio, in manette il commerciante
Commerciante vendeva eroina nel suo negozio a Montecorvino Pugliano. Giuseppe Imperato, 47enne di Montecorvino Pugliano, è stato arrestato dai carabinieri di Bellizzi per spaccio e detenzione di sostanze stupefacenti.
I militari, nel corso di uno specifico servizio disposto dalla Compagnia di Battipaglia, e finalizzato a risalire ai luoghi di cessione degli stupefacenti attraverso il monitoraggio dei noti consumatori tossicodipendenti, hanno bloccato il pusher, all’interno del proprio negozio, subito dopo aver ceduto, dietro pagamento della somma di 15 euro, una dose di eroina ad un 39enne di Bellizzi.
La successiva perquisizione del locale ha permesso di rinvenire altre due dosi della predetta sostanza, nascosta in una stanza posta sul retro. Oltre allo stupefacente rinvenuto, è stato sottoposto a sequestro anche lo stesso esercizio commerciale. Espletate le formalità di rito, Giuseppe Imperato è stato sottoposto agli arresti domiciliari.
/il Mattino
Zola: “Questo Napoli è fortissimo, mi auguro sia l’anno giusto. E su Mertens dico…”
L’ex attaccante del Napoli Gianfranco Zola ha rilasciato un’intervista all’edizione odierna del quotidiano Il Mattino: Era il 1990, lei aveva 24 anni e Maradona stava per chiudere la carriera a Napoli per ragioni non calcistiche: ultima partita di Diego in Coppa dei Campioni sul campo dello Spartak Mosca. «La ricordo benissimo. Giocammo sotto la neve, a un certo punto in campo non riuscivi piu’ a vedere. Diego era arrivato il giorno dopo a Mosca e parti’ dalla panchina». Si era rifiutato di volare con i compagni, chiuso in casa dopo una notte di eccessi. «Conoscevamo benissimo la sua situazione. A distanza di anni, faccio una riflessione esclusivamente calcistica: se Diego avesse giocato dall’inizio, forse sarebbe andata diversamente. Ma e’ passato tanto di quel tempo…». Napoli in testa alla classifica, con cinque punti di vantaggio sulla Juve. E domani c’e’ la sfida a Manchester contro il City, capolista in Premier League. «Quello che sostiene Guardiola a proposito del Napoli io da tempo lo dico in Inghilterra a coloro che mi chiedono degli azzurri: dallo scorso anno questa e’ la squadra che gioca in assoluto il migliore calcio. Merita tutti i punti che ha, li ha conquistati con il sacrificio e il gioco che e’ molto efficace, non solo bello da vedere». Da allenatore, cosa la colpisce della devastante macchina azzurra? «Ho studiato a fondo il gioco del Napoli. Mi piacciono le squadre che propongono un calcio piacevole e questo gli uomini di Sarri riescono a farlo perche’ hanno una grande capacita’ di uscire e di fare il massimo nella gestione del pallone, in qualsiasi situazione si trovino. Osservateli: non buttano mai via la palla e hanno una capacita’ unica di muoverla in spazi stretti. Sanno controllare la partita con fraseggi corti, sono bravissimi ad attaccare gli spazi. Le cifre sono significative: 12 gol in casa e 14 in trasferta, numeri che dimostrano la grande forza del Napoli, l’autorevolezza con cui gioca anche lontano dal San Paolo. Per gli avversari e’ complicato affrontare una squadra cosi’». A ventisette anni dal secondo scudetto, il vostro scudetto, questa parola non è più tabù ma si rincorre per la città, dagli impenetrabili spogliatoi di Castel Volturno alle caldissime piazze del tifo: c’è un sentimento, una convinzione, comune. «Mi auguro che sia l’anno giusto – dichiara Zola- . Per il Napoli e anche per il campionato perche’ negli ultimi sei anni c’e’ stato un assoluto dominio della Juve. Ecco, la vittoria del Napoli sarebbe una boccata di ossigeno per il campionato, oltre che un premio per il lavoro della squadra e la passione della citta’». Parlava dei quattordici gol fuori casa, l’ultimo lo ha segnato Insigne. Che gioca con la 24, ma meriterebbe di indossare quella 10 che venne ritirata diciassette anni fa in omaggio a Maradona. «Sono contento per Lorenzo, cresciuto notevolmente in questi anni. Ha saputo conquistare lo status di grande calciatore attraverso il lavoro, il gioco, i risultati, i gol importanti come quello alla Roma: tutto questo gli ha conferito autorita’. La regola vale oggi come ieri: un grande campione non nasce da un giorno all’altro, si costruisce nel tempo e Insigne si è conquistato tutto meritatamente in un contesto che lo valorizza. La 10? Parlo della mia esperienza personale. Il Chelsea volle ritirare la 25, il numero della mia maglia. Un grande gesto di attenzione, pero’ io sarei contento se il club volesse riassegnarla e lo dico sulla base dell’esperienza che feci a Napoli quando indossai la 10 di Maradona. Fu un onore e una responsabilita’, pero’ mi diede tanto sotto l’aspetto energetico. Uno stimolo in piu’. Potrebbe avere lo stesso effetto su Insigne, pero’ io non sono Diego, non tocca a me decidere. Maradona ha fatto qualcosa per la citta’ e la squadra, e ovviamente anche per il sottoscritto, da meritare eterna riconoscenza». A proposito di campioni che indossano altri numeri, Mertens porta la 14 ma gioca da 9. «E con ottimi risultati. Mi piace il suo modo di interpretare il ruolo di centravanti. L’ho fatto anche io nel Cagliari, quando avevo ai lati Esposito e Suazo. Mertens e’ un punto di forza di questo grande Napoli perche’ non e’ facile per un avversario adattarsi a quel particolare tipo di prima punta: il difensore ha bisogno di un punto di riferimento e, se di fronte hai il belga, questo punto di riferimento non c’e’. Sarri ha avuto un’idea geniale, pero’ questo ragazzo ci sta mettendo tanto del suo». Dalla Roma al City, due supersfide in quattro giorni. Si possono gestire il campionato, anzi il primato, e la Champions League senza pagare dazio? «E’ questo il nocciolo della questione. Non e’ una gestione semplice. La Champions toglie tanto a una squadra sotto l’aspetto delle energie e puoi avere problemi se non sei abituato a gestire le risorse. Questa e’ la chiave della stagione del Napoli. La Juve ha il vantaggio della rosa piu’ ampia, ad esempio». E domani c’è la Champions con questa elettrizzante sfida tra Guardiola e Sarri. «Due squadre che hanno un’identità definita, con punti di contatto e anche differenze tra un sistema e l’altro: Pep cerca di sfruttare di piu’ il gioco in ampiezza, Maurizio gioca sul breve. Il punto di contatto e’ il grande lavoro che fanno sull’espressione del gioco. Sara’ una gara bellissima. Il City ha un grande spessore tecnico ed e’ cresciuto in questa stagione, ma il risultato non e’ scontato perche’ dalla parte del Napoli ci sono ottimi giocatori, il lavoro e l’abnegazione. Il City parte con un leggero vantaggio, pero’ fossi in Guardiola starei attento».
Ghoulam – rinnovo: giovedì nuovo incontro tra Giuntoli e il fratello procuratore
Tiene sempre banco in casa Napoli il rinnovo di Ghoulam: giovedì e’ in programma un altro incontro tra il ds Giuntoli e il suo fratello manager per risolvere i nodi della trattativa. C’e’ ancora da raggiungere piena intesa sull’entità della clausola rescissoria sul nuovo contratto del terzino algerino che e’ a scadenza. Il discorso e’ entrato più che mai nella fase decisiva, come riporta l’edizione odierna de Il Mattino. Per quanto riguarda la clausola rescissoria si starebbe spingendo per i 40 milioni per i top club, e 27 per il resto delle società, idea che soddisferebbe tutte le parti in causa. Ghoulam aveva un accordo per i 2.2 milioni di euro di ingaggio, ma la proposta dei 4.5 milioni del Manchester City di Guardiola potrebbero far vacillare le sue sicurezze.



