Fermarsi e Lasciare: quando il momento? Come? Perché?

Fermarsi e Lasciare in modo sereno sembra diventare ogni giorno sempre più difficile: quando il...

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Fermarsi e Lasciare in modo sereno sembra diventare ogni giorno sempre più difficile: quando il momento? Come? Perché? Secondo me, il momento giusto è prima che la propria condizione fisica, e con essa i nostri rapporti umani, si rovinino. Alla fin fine, è inutile negarlo, è anche l’aspetto fisico, quindi l’apparenza, che crea l’immagine di noi. Quell’immagine che noi stessi abbiamo formato e che gli altri vedono ed identificano come “noi” e questa, con l’impietosa età che avanza e mai si ferma, cambia. Ed allora è proprio quella l’ora che anche il nostro “essere” cambi, faccia altre scelte e prenda altre strade. Strade che magari non uccidano il ricordo di quanto si è stati, ma altro. Altro che non offuschi ne cancelli la memoria del passato ma lo mantenga sempre vivo, sempre oggi, ma vissuto diversamente.

E’ questo l’argomento trattato oggi anche da Malagutti su la Stampa prendendo a spunto alcuni “importanti” addii di questi giorni. Leggiamo cosa scrive:

Da Phelps ai potenti, la difficile arte di fermarsi ANDREA MALAGUTI

Qual è il momento giusto per dire basta? Adesso, secondo Michael Phelps, padrone incontrastato di tutte le acque planetarie. Ha preso il suo metro e novantatré e le sue orecchie a sventola da Cucciolo di Biancaneve e le ha messe di fronte a una telecamera per postare su Facebook il casalingo video dell’addio. Molto triste, molto contemporaneo. «Mi ero già ritirato dopo Londra, ma questa volta è vero». Tanti baci da Baltimora. Thank you and good bye. C’è da credergli?

Stavolta sì, anche se con i fenomeni, e più in generale con chi è arrivato in vetta, non si sa mai, perché quando dicono «Vi ringrazio, è stato bellissimo» le parole decisive sono «è stato».

All’improvviso sei solo una ex divinità. Declassato, sceso di un gradino, umanizzato, pronto per le interviste sul come eravamo e per tre minuti di gran classe con Alex Zanardi che parla di te su «Sfide» o per i suoi omologhi in giro per il globo. Straziante e bellissimo. Poco conta se fino a un nanosecondo prima eri il punto di riferimento, l’uomo da battere, la stella cometa. Dalla piscina passi al divano. Ti scrolli una montagna dalle spalle, ma era esattamente quella montagna a restituire il senso di te. E non solo agli altri.

L’Uomo D’Acqua parte per una nuova vita, che così, vista da lontano, sembra piuttosto allettante. Un sacco di soldi e il matrimonio con miss California. Niente male, ma niente più come prima. Ed è stato proprio quel vuoto che lo ha fatto tornare indietro una volta, ricalcando le orme del suo mito di sempre, quel Michael Jordan che, mollato il basket, aveva pensato di ripartire col baseball. Sogni di cartone. Quando stacchi la spina meglio che ti rassegni alla normalità. Phelps non si è rassegnato e ci ha provato con il poker e con il golf prima di rendersi conto di non avere alternative alla piscina, un rettangolo che considera da sempre il suo fratello interiore, il suo compagno di solitudine. Si è tuffato di nuovo, ha vinto di nuovo, ha smesso di nuovo, perché sa che i prossimi quattro anni non avrebbero pietà neppure del suo corpo senza pari, mentre le nuove generazioni pressano, sono lì, un giorno li vedi nelle foto di fianco a te a chiederti un autografo – al mio caro amico e fan Joseph Scooling, vai pure piccolino – e il giorno successivo te li ritrovi sul podio con l’oro al collo. Ci vuole coraggio a mollare. Quella sì che è una gara. Sei stato grande Michael. Sei stato.

Anche Tania Cagnotto si ritira. Quando lo ha detto a tutti sembrava che si sentisse a disagio come se stesse indossando una camicia sporca. Invece era inevitabile. Si è presa un pezzo di Olimpiade e poi si è lanciata nell’ultimo tuffo. Ieri. Grazie farfalla del nord. Sei indimenticabile. Ma oggi è il primo giorno di «sono in grado di vivere come tutti gli altri?». La risposta è sempre sì, ma alla tua testa lo devi spiegare con argomenti convincenti, altrimenti si ribella. Eri l’ombelico del mondo, ora non lo sei più.

Meglio comunque andarsene lasciando un buon profumo nell’aria. Per questo la Pellegrini ci prova ancora. E presumibilmente sbaglia. È sempre odioso uscire tra i buh. Buona fortuna, comunque. Ne ha diritto. Lei come Totti, Valentino Rossi o pochi altri, ma non è che il dramma dell’addio si presenti solo agli sportivi. Sono tanti quelli che faticano a spostarsi dal centro della scena. E i politici sono i peggiori. Essendo stati sull’attico del potere in genere la gente li detesta, una differenza piuttosto netta con gli atleti. Pochi lasciano davvero, molti lo annunciano.

Donald Trump l’ultimo della serie. Si rifiuta di raccontare quali sono i suoi redditi – e non è chiaro se sia perché sono troppo alti o inaspettatamente bassi – ma non di sbandierare il suo ego: «se perdo mi ritiro». O la presidenza o niente. Fateli voi gli umili servitori del Paese. Che nessuno gli abbia chiesto eventualmente di rimanere gli pare solo un dettaglio. Ha sentito l’ebbrezza della popolarità planetaria e ora parla della ritirata come se fosse un problema del mondo e non suo. Incerto anche il ritiro di Nigel Farage, nazionalista leader dello Ukip britannico, che ripresentandosi in tv con dei mustacchi cosaccheschi ha minacciato: «Se non usciamo subito dall’Europa ritorno in pista». Il successo lo aveva spaventato ma ora gli manca. Eppure l’alternativa è possibile. Blair si lanciò nella nuova vita senza fare un plissé e Clinton come lui, convegni, congressi, e soldi da contare. Altra stoffa, altra credibilità, anche quella presa quando devi allontanarti dal sole. Chiedere a Renzi per credere. Se perdo il referendum mi dimetto. Davvero? Lo diceva, non lo dice più. Neanche Silvio Berlusconi, il re degli irriducibili, riesce a pronunciare la parola «ritiro», una forma di fonzite che non cambia lo stato delle cose. Il Milan ai cinesi è solo l’ultimo tassello del lungo domino dell’addio. Chi sono adesso? La domanda è da psichiatra. Da Phelps a Berlusconi. Si può sentire un senso di piacere quando si varca un confine all’interno di se stessi o resta solo un senso di morte? Dipende da chi sei stato, ma soprattutto dipende da chi sei.

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