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La laurea non fa il genio. E neppure i politici  “se nel candidato/a manca l’amore verso i propri concittadini la laurea sarà una competenza per signoreggiare”

Qualche tempo addietro in un piccolo negozietto di originalità, ho visto una sbiadita locandina con riportate le immagini di noti personaggi anche storici, quali: Paul Cèzanne, Enzo Ferrari, Benedetto Croce, Guglielmo Marconi e Gerge Braque. Ma soprattutto in testa alla stessa era scritto: “LA LAUREA NON FA IL GENIO”. La copertina di questo articolo è appunto uno stralcio di quel manifesto.

L’insegnamento che ho pertanto ritenuto potesse venirci da quella vecchia locandina, è stato che non è scontato, allorquando si occupano posti di governo, amministrazione, rappresentanza, nomina, delega, ecc. che l’essere laureati, competenti, luminari, economisti, giuristi, professori universitari, avvocati, magistrati, manager, ecc. si traduca necessariamente in un bene per il raggiungimento di fini ed interessi comuni dentro una società.

Se infatti l’esperto essere umano che si trova al posto giusto (e al momento idoneo) non ha poi alcuna emaptia verso la propria gente, bensì è uno sprezzante, egocentrico, ipocrita, narcisista, squilibrato, sociopatico, accidioso, saltimbanco, oltre che familista, nepotista, corporativista, ecc. o ancora peggio ha una visione da redivivo imperialista e misantropo, quindi anche nazista o stalinista, chiaramente avrà solo una colta attenzione per se stesso e i rispettivi codazzi di cortigiani, militanti, leccapiatti, telegenici, prostituti, prezzolati, lucciole, mercanti di concittadini, ecc.

Nella migliore ipotesi sarà un indolente, menefreghista, mantenuto, ingordo, arraffone, cantastorie, gonfiato, estorsore fiscale, vessatore giuridico, mentre nella peggiore un forzoso oppressore se non anche un boia dei propri concittadini.

Alle prossime votazioni di marzo, pertanto, cerchiamo di osservare, anzi analizzare, possibilmente senza pregiudizi, stizzosità, assilli, ideologie e misticismi, se nel candidato/a e soprattutto leader, ma anche partito che c’interessa, ci sia non solo un po’ di generale competenza, ma anche e soprattutto il senso dell’amore, di condivisione e redistribuzione verso i concittadini.

Distinguendo quindi la retorica propaganda, seppure raffinata, sociale, tollerante, buonista, ammaliante, aitante, piazzista e per questo più gradevole, dalla sincerità in ciò che ci viene detto e se realmente la persona crede in quello che ci propone.

Lo so che è difficile per un popolo come noi fare queste distinzioni, veicolati e abituati in modo mediatico (e scolastico) a pensare da decenni a parrocchetto, oppure a rispondere con battute ironiche da sfigati, se non a volte anche a scrivere con la chiarezza di primati.

Ma se non cominciamo a fare questo sforzo mentale, già semplicemente quando dibattiamo con i nostri conoscenti (o amici), giusto per provare anche ad allenarci per ascoltare, comprendere, capire e discernere, così da farci un sereno concetto prima di andare al voto, continueremo ad eleggere, anche a marzo 2018, con le viscere (o per il “favore”), non mutando mai nulla in questa stantia Penisola.

Di conseguenza, chi c’era prima, magari si cambierà semplicemente d’abito elettorale e continuerà ad essere votato/a, anche presentandosi con un altro partito o ancora interponendo un suo “delfino, figlio, nipote, cocca, ecc. mentre noi cittadini persisteremo, da buon parco buoi dell’annoso sistema, a muggire e fornire latte carni e pelli.

Ps: L’articolo punta il dito sulla ormai necessaria attenzione da parte del cittadino ed elettore, di valutare innanzitutto l’onestà interiore e di fatto, di chi ci governa, amministra, si candida, si propone, ecc.


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