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Comunicazione e immagine: la nuova frontiera degli studi professionali

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In un mondo dove tutti siamo un po’ editori, le tematiche della comunicazione interessano oramai da vicino anche gli studi professionali.

I

n una realtà di servizi professionali la comunicazione non coincide con l’advertising classica. Non esiste un prodotto con caratteristiche oggettive da poter osannare. Si comunica costantemente il proprio stile attraverso parole, atteggiamenti, scelte strategiche e, perché no, anche attraverso l’arredamento e le soluzioni tecnologiche degli uffici in cui si lavora. La comunicazione diventa “relazione”.

Oggi più che mai è chiaro che bisogna approcciarsi con molta attenzione e mai sottovalutare il valore della comunicazione. Le tradizionali attività di PR, o la presenza stampa con articoli a firma o citazioni, purché importanti e nodali, non bastano più da soli ad affermare il valore della professionalità e dell’esperienza. E non bisognerebbe mai sottovalutare le opportunità che arrivano dai social.

George Bernard Shaw sosteneva: “Con il tono giusto si può dire tutto, con quello sbagliato nulla, l’unica difficoltà è trovare quello giusto”.

Un piano di comunicazione ragionato, valido e coerente può contribuire in modo determinante al successo di un’iniziativa.

Lo scenario attuale, sia nel privato sia in ambito lavorativo, ci impone di non trascurare mai la promozione di noi stessi. Anche nel mondo degli affari è sempre la comunicazione a cui ci si affida per creare da zero o rendere più solida l’immagine di un’organizzazione con tutti gli interlocutori interni ed esterni. “Reputation” direbbero i più esperti. Per qualsiasi realtà lavorativa moderna, l’immagine è in continua metamorfosi e quindi ricca di potenzialità ma anche profondamente fragile. Per gli studi professionali questa fragilità è ancor più amplificata dalla sostanziale difformità degli interlocutori e delle loro diverse esigenze.

Non esiste un approccio univoco e vincente. C’è chi nelle relazioni si mostra crudo e brusco, e chi più cortese ed empatico, ma entrambi possono essere apprezzati da interlocutori differenti.

Ed è a questo punto che entra in campo il concetto di “immagine riflessa”. E’ quasi sempre migliore di quella dell’immagine reale, in funzione di una inevitabile differenza di valutazione che le parti identificano. L’immagine da rilasciare deve essere di stretta competenza dei vertici dell’organizzazione e dovrebbe essere condivisa da tutti i collaboratori, professionisti e persone dello staff.

Il professionista della comunicazione deve essere in grado di sincronizzare le scelte strategiche con le scelte di comunicazione affinché non vi siano “diverse immagini”, che possono risultare addirittura conflittuali o multi-direzionali. L’ufficio comunicazione può, attraverso un lavoro di ascolto e messa in atto di una strategia, evitare di generare confusione negli interlocutori per salvaguardare l’integrità comunicativa dell’organizzazione stessa.

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