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Sufiti: faccia opposta dei jihadisti e per questo odiati

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Il ramo mistico dell’Islam, i Sufiti*, colpito dall’attentato alla moschea egiziana di Rawdah

Chi sono i sufi e perché i jihadisti li odiano

Non è una moschea qualunque quella che gli estremisti hanno scelto per compiere uno degli attentati più sanguinari della storia recente dell’Egitto, provocando almeno 235 morti e oltre 130 feriti. Si tratta di una moschea a Rawdah, un villaggio di 2.500 anime a 20 chilometri dalla città di Al Arish, nel nord del Sinai egiziano. È considerata una Zawia, un luogo di rifugio per i fedeli sufi, il ramo più spirituale della fede islamica considerato eretico dagli estremisti islamici e che, sebbene non abbia una diretta influenza politica, in Egitto – spiega Jonathan Brown della Carnegie Endowment for international peace si è spesso schierato con i partiti liberali e moderati.

L’attentato di ieri è avvenuto nel venerdì della settimana di nascita del profeta Maometto: giovedì prossimo si celebrerà l’anniversario, una ricorrenza molto sentita dai sufi e respinta dai radicali perché considerata un’innovazione e non ritenuta quindi una festa islamica. Non è la prima volta che i gruppi armati mettono nel mirino i sufi, soprattutto nel Sinai egiziano. In particolare lo Stato islamico, nel 2013, aveva rivendicato gli attacchi ai santuari del Sheikh Abu Jarir nel villaggio Al Mazar e del Sheikh Hamid nel centro del Sinai, tra i luoghi simbolo della dottrina sufi.

N

ell’ottobre del 2016 l’Isis ha emesso un comunicato con cui ha inserito gli appartenenti alla scuola sufi nella lista delle persone da uccidere per non seguivano i suoi decreti, tra cui il divieto di festeggiare la ricorrenza della nascita del profeta. La rivista del sedicente Stato islamico aveva diffuso l’annuncio di uno dei suoi comandanti in cui minacciava i sufi: “Diciamo a tutti i santuari sufi, sceicchi e i seguaci all’interno e all’esterno dell’Egitto, che non consentiremo l’esistenza di rotte sufi nel Sinai, specialmente in Egitto in generale”. Pochi giorni dopo, l’organizzazione terroristica annunciò il rapimento e la decapitazione del maestro sufi Suleiman Abu Heraz (aveva 98 anni). Era il principale esponente della scuola sufi nel Sinai e fu accusato proprio di essere “eretico” e quindi condannato a morte.

Il sufismo* è agli antipodi del salafismo, protagonista, quest’ultimo, di diverse ondate terroristiche nei paesi arabi. Proprio l’esigenza di perfezionamento interiore dell’Islam li ha resi sgraditi a quelle correnti islamiste che vedono nell’ortodossia la strada per il ‘vero’ Islam. “L’origine della parola – spiega l’enciclopedia Treccani – viene spesso riferita al sostantivo f (“lana”), che alluderebbe al materiale del saio indossato dai primi asceti; ma il termine è stato anche fatto derivare da af’ (“purezza”) o da uffa (“portico”), con riferimento forse al portico adiacente alla casa di Maometto a Medina, sotto cui il profeta aveva ospitato alcuni pii personaggi. Sul finire dell’8 sec. si ha la prima attestazione conosciuta del termine.

* SUFISMO
Il sufismo o tasāwwuf (in arabo: تصوّف‎, taṣawwuf) è la forma di ricerca mistica (da mysticos, cioè “pertinente l’iniziazione”) tipica della cultura islamica. Da coloro che ne fanno parte, cioè i sufi, viene considerata la dimensione mistica dell’islam. Secondo il parere di alcuni studiosi, il sufismo in realtà sarebbe la continuazione di una preesistente e perenne filosofia dell’esistenza, nata prima dell’islam, la cui espressione circola all’interno di questa religione. Altri sostengono invece la natura prettamente islamica del sufismo; Titus Burckhardt, per esempio, respinge l’idea che il sufismo sia originato da fonti non-islamiche, facendo notare come non esistano elementi per ritenere che la catena di filiazione dei maestri sufi (silsila) non risalga direttamente a Maometto; e che, se il sufismo non fosse originato dall’Islam, non ci sarebbe modo per i suoi appartenenti di appoggiarsi al simbolismo coranico durante la ricerca spirituale ed esoterica. Sebbene non neghi del tutto influenze di elementi preislamici – che comunque non potevano essere, per una semplice questione di coerenza interna, estranei alla natura teologica dell’Islam – ridimensiona la portata che questi ebbero sul sufismo. In definitiva, per Burckhardt il sufismo si è generato dagli insegnamenti tramandati dal Profeta.

È discussa la possibilità che l’essenza del Sufismo si sia espressa anche attraverso altre religioni e fenomeni metareligiosi; chi vi si oppone ritiene che la sua essenza sia particolarmente legata agli insegnamenti di Maometto e successivamente Ali; oltre che alla concezione islamica di Allah e della spiritualità in generale. I sufi appartengono a diversi “Ordini” – comunità formatesi attorno ad un maestro – i quali si riuniscono per sessioni spirituali (majālis) in luoghi d’incontro detti zawiya, khanqa o tekke.

La tradizione sufi afferma che il movimento nacque da fedeli musulmani e compagni del Profeta (detti ahl al-ṣuffa, cioè “quelli della panca”, in quanto spesso disoccupati e occupanti la panca cui gli imprenditori di Medina attingevano la manovalanza) che si riunivano per recitare il dhikr davanti alla stanza di Aisha nella moschea del Profeta a Medina. Tutti gli ordini sufi ricollegano molti dei propri precetti agli insegnamenti di Maometto così come tramandati da ʿAlī b. Abī Ṭālib, suo cugino e genero, tranne i Naqshbandi, che si ispirano ad Abū Bakr. Tuttavia i musulmani aleviti e Bektashi (e alcuni sciiti) affermano che ogni ordine sufi deriva dal lignaggio spirituale (silsila) dei dodici imam, le guide spirituali islamiche previste nel ʾaḥādīth dei dodici successori, ed erano tutti discendenti di Maometto tramite Fāṭima e ʿAlī. Perciò ʿAlī viene considerato il “padre del sufismo”.

In ogni caso il sufismo è un movimento trasversale ed esiste un sufismo sunnita, uno sciita ed uno ibadita, come esistono sunniti, sciiti ed ibaditi che si riferiscono solo alla moschea e non anche ad un maestro sufi. (wikipedia)

/agi

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