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Operai morti a Milano: la prima ipotesi fa pensare a una fuoriuscita di azoto

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Operai morti intossicati dentro un’azienda metalmeccanica di Milano . La prima ipotesi fa pensare a una fuoriuscita di azoto.

“I corpi degli operai morti erano riversi a terra senza mascherine, è inspiegabile” raccontano i testimoni.

“Erano riversi a terra senza mascherine. È inspiegabile, non siamo sprovveduti”

Le testimonianze dei colleghi delle vittime: “L’ambulanza è arrivata tardi”

MILANO – «Quando ho sentito i miei colleghi urlare che c’erano operai riversi a terra ho smesso di lavorare e sono corso subito», racconta concitato Pasquale Arcanone, operaio specializzato e delegato della Fiom, da 28 anni alla Lamina come addetto alla macchina che taglia le lamiere. Tra il suo reparto e il capannone con le campane del forno larghe 2 metri e alte non più di 4 dove è avvenuto l’incidente ci sono meno di 30 metri. «Ho visto due operai a terra. Non sono sicuro che avessero le mascherine ma adesso non so cosa possa essere successo», racconta quando in azienda ci sono ancora i tecnici che fanno i rilievi e il magistrato Tiziana Siciliano.

PROTEZIONE CHIMICA e DA GAS«Da quello che abbiamo capito due operai sono entrati nel forno per pulirlo. Quando non hanno visto uscire i colleghi altri 2 si sono affacciati. Ma davvero non riesco a immaginare perché non avessero le mascherine. Io a quel punto sono corso fuori ad aspettare l’ambulanza che ci ha messo una vita ad arrivare. Mi è sembrato che fosse passata più di mezz’ora anche se magari me lo sono immaginato perché quando succedono queste cose non capisci più nulla».

Gli operai morti e quelli intossicati non erano degli sprovveduti racconta l’operaio che prima ha sentito e poi ha visto tutto. «In 30 anni qua dentro non è mai successo niente. Per noi era l’azienda più sicura del mondo. Facevamo corsi su corsi. Antinfortunistica, primo soccorso. In reparto non potevi entrare se non avevi le scarpe con i rinforzi, i guanti, il casco e la mascherina. Se qualcuno non indossa le protezioni prende un euro di multa che i titolari danno poi in beneficenza», giura lui che davvero non si capacita di quello che può essere successo. Se un’imprudenza o la sottovalutazione del pericolo, due ipotesi altrettanto impensabili ai quali potranno dare una risposta i tecnici della procura.

In azienda si lavora con argo e metano, due gas tossici e altamente infiammabili che alimentano i forni dove viene trafilato il metallo. I primi soccorritori assicurano che dentro le campane non c’era più ossigeno. Cosa che deve aver fatto perdere la conoscenza ai primi operai che si erano infilati nelle campane e agli altri che sono entrati in loro soccorso. Toccherà ai tecnici stabilire se gli impianti erano a norma, se i sensori in caso di malfunzionamento o di esalazioni pericolose erano in regola e se sono entrati regolarmente in funzione. Il delegato della Fiom esclude che possa essersi trattato di un caso di incuria come avviene troppe volte in aziende grandi o piccole: «Un mese fa hanno fatto i controlli ai sensori ma oggi non è suonato alcun allarme. Lo avrei sentito anche se stavo in un capannone vicino. Invece ho sentito solo le grida dei miei compagni che urlavano che c’erano degli operai a terra nel capannone dei forni. Il nostro titolare è molto attento alla sicurezza. I miei colleghi sono preparati e non sono degli sprovveduti. Ma quando mi sono avvicinato e li ho visti a terra non avevano le mascherine e non so proprio perché».

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