Emma Bonino interviene al Senato e, rivolta al presidente del Consiglio uscente Giuseppe Conte, rimarca che: “le dissociazioni postume sono troppo comode”.
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a trascrizione del discorso della Senatrice Emma Bonino
Signor Presidente, onorevoli colleghi, signori del Governo, lei, signor Presidente del Consiglio, ha tenuto fede al suo dovere istituzionale di riferire in Parlamento. Ne prendo atto, e ne prendiamo atto, con piacere. Devo, però, anche dirle che tutta una parte della sua relazione, rispetto al fatto o all’avvenuto degli ultimi quindici mesi, è un po’ tardiva. Perché le dissociazione postume da un Ministro di cui si sono coperti, fino a ieri, ogni scelta, ogni atto, ogni decreto e ogni comportamento mi sembrano un po’ troppo comode.
Nella mia esperienza parlamentare difficilmente è esistito un Governo da cui io mi sia sentita così estranea. Le due forze che hanno espresso l’attuale Esecutivo, infatti, sono e sono state le manifestazioni della stessa ostilità alle regole della democrazia liberale e dello Stato di diritto. Può darsi che pensassero diversamente, ma hanno agito identicamente, in solido e in solidarietà. Per questo le dico che le dissociazioni postume non sono granché convincenti.
Per quello che possa contare, io penso che si debba continuare, tutti quanti, a battersi per affermare un’alternativa alle politiche perseguite fin qui in nome dei valori che avete calpestato: quelli dell’Unione europea, delle libertà economiche e civili, del multilateralismo, dell’integrazione internazionale e dell’Italia, della responsabilità fiscale, dell’equità intergenerazionale, della sostenibilità ambientale e del rispetto dei diritti umani fondamentali.
Anche la sua lettera sui migranti era tardiva e postuma. Peraltro qualcuno si deve preparare a farne un’altra, visto che è in arrivo un’altra nave con 356 disperati a bordo.
Dopo però quattrodici mesi di Governo solidale, non abbiamo un Paese né più ricco, né più sicuro, né più giusto, né più dinamico. Tutto al contrario. Abbiamo un Paese incattivito dalla frustrazione e dal senso di impotenza, che alcuni continuano ad esacerbare, accusando l’Unione, i mercati internazionali, i migranti e tutti quanti, a congiurare contro la prosperità dell’Italia.
Ora pare spetterà al Presidente della Repubblica verificare se sia possibile un nuovo Esecutivo. Se però tutti i Governi con una maggioranza parlamentare sono ugualmente legittimi, non sono per questo ugualmente accettabili. Mi sembra anche che questa improvvisa deferenza al presidente Mattarella nasconda qualcosa che, detto in parole povere, recita: abbiamo combinato in questi quindici mesi un gran pasticcio, in queste ultime settimane non ne parliamo; Presidente, non sappiamo come uscirne, ci aiuti lei. Questo è quello che, detto in parole povere, sta avvenendo.
Penso però che un nuovo Esecutivo che si fondasse sull’ennesimo tributo alla retorica antiparlamentare, compresa la definitiva approvazione del taglio dei parlamentari, fuori da qualunque disegno di riequilibrio costituzionale, non sia accettabile. Ne è accettabile un Governo che si proponesse di attuare la parte gialla del programma dell’ex maggioranza come se depurato dalle proposte leghiste, questo programma potesse diventare d’improvviso condivisibile anche da chi non lo ha mai condiviso.
Quello che è certo è che il Governo della demagogia è arrivato al capolinea. Mi auguro che in questa legislatura non ne parta un altro della stessa natura e dello stesso segno che invece che dal Papeete, governerà da Bora Bora.
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