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Home » Gli inediti appelli del Magistrato Borsellino. I presidenti delle Commissioni Antimafia di allora

Gli inediti appelli del Magistrato Borsellino. I presidenti delle Commissioni Antimafia di allora

di Sebastiano Adduso
17 Luglio 2019
in Cronaca, Cronaca Sicilia
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PUBBLICITA

Dal 1984 il Magistrato Borsellino chiedeva alla Politica nazionale i supporti e le tutele indispensabili per la lotta alla mafia.

Nicola Morra senatore dei 5stelle e attuale Presidente della Commissione Nazionale Antimafia, ha disposto la desecretazione di tutti gli archivi della predetta Commissione dal 1962 al 2001. A cominciare dalle allora audizioni del Giudice Borsellino ucciso in via d’Amelio nel 1992 e del quale ricorre la commemorazione il 19 tra due giorni.

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Si tratta di centinaia di documenti, atti, audizioni, prove e rivelazioni. In una frase: la storia nascosta della Repubblica italiana. E come tale rigorosamente top secret. Si è cominciato martedì 16 luglio, alle ore 14 con la pubblicazione delle audizioni del giudice Paolo Borsellino davanti alla allora Commissione di Palazzo San Macuto. Documenti inediti e finora mai resi pubblici: materiali preziosi alla vigilia del 27esimo anniversario della strage di via d’Amelio. Sul sito della Commissione parlamentare bicamerale verranno sono stati pubblicati anche gli audio del giudice palermitano ascoltato dall’Antimafia tra il 1984 e il 1991.

“È materiale di grande valenza storica. Un lavoro importante reso possibile dalla dedizione di tutta la Commissione, i suoi funzionari e gli archivisti”, dice Nicola Morra, presidente di palazzo San Macuto, nella convocata conferenza stampa per fare il punto sui lavori di desecretazione e pubblicazione degli atti.

“Presenteremo il nuovo sito istituzionale della Commissione Antimafia che finalmente riunisce insieme tutti i documenti già pubblici, li riordina ma soprattutto abbiamo creato un motore di ricerca che permetterà ai cittadini, studiosi e giornalisti di potersi documentare liberamente. Un lavoro che riunisce la documentazione dalla prima commissione Antimafia”, spiega il senatore del M5s.

Fondamentale per il lavoro della Commissione è stata e sarà in futuro la consulenza del Magistrato Roberto Tartaglia, già Pm a Palermo, dove ha rappresentato l’accusa nel processo sulla cosiddetta Trattativa tra pezzi dello Stato e Cosa nostra. Tartaglia è un esperto nelle analisi dei documenti storici a livello investigativo: si è occupato di estremismo nero negli anni ’70, dell’omicidio di Piersanti Mattarella, ex presidente della Sicilia e fratello dell’attuale capo dello Stato, di quello del poliziotto Nino Agostino, ucciso in circostanze mai chiarite insieme alla moglie e della cui tragedia ci siamo occupati in un articolo  “Strage di Bologna : «Le mele marce dello Stato» e lo struggente racconto dei coniugi Agostino”.

Tra gli atti pubblicati hanno immediatamente attirato l’attenzione le audizioni del Magistrato Paolo Borsellino ucciso il 19 luglio 1992 insieme alla sua scorta “26 anni fa in Via D’Amelio a Palermo, la mafia uccideva Paolo Borsellino”, dramma su cui ci sono ancora dopo 27 anni più ombre che luci e soprattutto evidenti depistaggi “Fiammetta Borsellino “Abbiamo avuto indagini e processi fatti male”.

Si apprende da queste audizioni che nel corso della seduta dell’8 maggio 1984, Paolo Borsellino fu sentito dalla Commissione parlamentare antimafia (IX legislatura). Alla data dell’audizione, il dottor Borsellino svolgeva le funzioni di Giudice istruttore a Palermo già da nove anni ed era pienamente operativo il cosiddetto “pool antimafia”, istituito dal Consigliere Rocco Chinnici (ucciso dalla mafia il 29 luglio 1983).

Il momento storico era particolarmente delicato: Tommaso Buscetta era stato da poco arrestato in Brasile (ottobre 1983), ma ancora non era stato estradato; inoltre, dopo gli omicidi, tra gli altri, del dirigente della Squadra Mobile di Palermo Boris Giuliano (21 luglio 1979) e del Consigliere Chinnici, il problema della sicurezza e della protezione dei magistrati e degli operatori della Polizia giudiziaria era drammaticamente avvertito. Non a caso, nell’audizione oggetto di pubblicazione il dottor Borsellino affronta anche il tema della sicurezza personale e della gestione dei dispositivi di scorta, evidenziando al riguardo alcune importanti criticità.

In una di queste audizioni, quella più forse più impressionante, Paolo Borsellino denunciò le criticità lavorative del pool antimafia nell’affrontare.

“Il computer è arrivato ma è rotto” – Durante quella stessa audizione, Paolo Borsellino parla anche delle tecnologie a disposizione del pool antimafia – “Il computer è finalmente arrivato, ma purtroppo non sarà operativo se non fra qualche tempo” dice il giudice ai commissari parlamentari sottolineando “la gravità dei problemi, soprattutto di natura pratica, che noi dobbiamo continuare ogni giorno ad affrontare, soprattutto con il fenomeno che stiamo in questo momento vivendo, cioè della gestione dei processi di mole incredibile, perché un solo processo è composto da centinaia di volumi e riempie intere stanze”. Borsellino sottolinea quanto fosse indispensabile l’utilizzo dei computer, ma nonostante tutto non era utilizzabile “Sembra che i problemi di installazione siano estremamente gravi. È stato messo in un camerino e stiamo aspettando. È diventato indispensabile nella gestione perché la mole dei dati contenuti anche in un solo processo, questo che attualmente impegna quattro magistrati, è tale che non è più possibile continuare a usare i sistemi tradizionali delle rubrichette artigianali”.

Nel 1984 inoltre, a Palermo c’era una sola auto blindata che poteva accompagnare i Giudici al Tribunale. Paradossalmente e guarda caso, in una città in mano a Cosa nostra, lo Stato non riusciva a proteggere i suoi esponenti principali quali sono i Magistrati che infatti venivano negli anni regolarmente uccisi insieme ai rappresentanti delle forze dell’ordine di ogni livello nonché i i civili cittadini che cercassero di ribellarsi alla mafia. Davanti alla Commissione Borsellino, mise in discussione anche l’utilizzo delle scorte.

“Blindate solo di mattina. Così di sera possiamo morire” diceva Paolo Borsellino all’audizione innanzi alla Commissione nazionale Antimafia del 1984.

“Buona parte di noi non può essere accompagnata in ufficio di pomeriggio da macchine blindate, come avviene la mattina, perché il pomeriggio è disponibile solo una blindata, che evidentemente non può andare a raccogliere quattro colleghi – diceva Borsellino – Pertanto io, sistematicamente, il pomeriggio mi reco in ufficio con la mia automobile e ritorno a casa alle 21 o alle 22. Magari con ciò riacquisto la mia libertà, però non capisco che senso abbia farmi perdere la libertà la mattina per essere poi, libero di essere ucciso la sera“.

Borsellino parlò davanti alla Commissione Antimafia anche nelle vesti di Procuratore di Marsala. In quel tempo si era fatto un’idea sulla mafia di Castelvetrano, di cui riferisce durante un’audizione “Questa è terra di grandi latitanti: Provenzano, Riina e altri nomi storici. Vi sono grandi proprietà di mafia, che ora stanno vendendo e sto facendo delle indagini per capire a chi. Proprietà di Saveria Benedetta Palazzolo, la moglie di Bernardo Provenzano, ma anche di Badalamenti e di Bontate, cioè delle famiglie cosiddette perdenti”.

Siamo anche nel momento storico era tra i più tesi. Tommaso Buscetta era stato da poco arrestato in Brasile (ottobre 1983), ma ancora non era stato estradato. E poi, dopo gli omicidi del Commissario Boris Giuliano (21 luglio 1979), del giudice Chinnici, si era aperto un grosso problema. Cosa nostra aveva alzato il tiro, uccidendo gli esponenti dello Stato che davano la caccia a boss e killer.

Insomma è evidente, come d’altronde è stato sempre risaputo, pure denunciato ed è anche emerso dai processi di questi ultimi decenni, ma come tutt’ora, tranne per chi non può o non vuole vedere, che una parte dello Stato (anche nelle Regioni e Comuni) ovverosia certa trasversale Politica, da destra, al centro fino a sinistra, nonché certa cosiddetta varia società professionale e civile, se non erano e sono contigui alla mafia, tuttavia erano e sono di tutta evidenza avversi a chi lottava e combatte la criminalità, specialmente quella organizzata, pertanto, si era e si è ancora, anche solo interiormente, per interessi personali o di appartenenza, nonché cultura, ideologia, ambiente, credenza ed estrazione, contro coloro che vogliono solo fare emergere la verità e debellare ogni forma di corruzione e delinquenza. L’aspetto oltremodo innquietante è che molti di questi trasversali contrari si ricoprono di titoli, retorica, ipocrisia e teatrino mediatico di cortigiani sistemi informativi, televisivi e social.

Le Commissioni Nazionali Antimafia dal 1962 al 1992.

La Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della mafia in Sicilia fu istituita per la prima volta dalla legge 20 dicembre 1962, n. 1720, nel corso della III legislatura, con Presidente l’onorevole Paolo ROSSI, anche Presidente della Corte Costituzionale, Vicepresidente della Camera dei Deputati, Ministro della Pubblica Amministrazione, del Partito Socialista italiano.

Successivamente, nella IV legislatura essa fu presieduta dal senatore Donato PAFUNDI del partito della Democrazia Cristiana.

Nella V legislatura dall’onorevole Francesco CATTANEI, avvocato, Sottosegretario di Stato agli Esteri, Sottosegretario alla Giustizia, Deputato e poi Senatore, della Democrazia Cristiana.

Ancora dopo nella sesta legislatura dal senatore Luigi CARRARO della Democrazia Cristiana.

I lavori terminarono nel 1976, al termine della VI legislatura.

La seconda Commissione antimafia fu istituita, per la durata di tre anni, dalla legge Rognoni-La Torre (legge 13 settembre 1982, n. 646), con Presidenti il senatore Nicola LAPENTA, avvocato, deputato, poi senatore, della Democrazia Cristiana.

Seguì poi l’onorevole Abdon ALINOVI, deputato del Partito Comunista italiano.

Essa non aveva poteri d’inchiesta e fu istituita solo allo scopo di verificare l’attuazione delle leggi dello Stato in riferimento al fenomeno mafioso e alle sue connessioni. I suoi lavori terminarono nel 1987, al termine della IX legislatura, per effetto della proroga disposta dalla legge 31 gennaio 1986, n. 12.

La terza Commissione antimafia fu istituita, nel marzo 1988 (legge 23 marzo 1988, n. 94), per la durata di tre anni, con Presidente il senatore Gerardo CHIAROMONTE del Partito Comunista Italiano.

Aveva poteri d’inchiesta e terminò i suoi lavori, dopo la proroga disposta dalla legge 27 luglio 1991, n. 229, con la fine della X legislatura, nel 1992.

La quarta Commissione antimafia fu istituita nell’agosto 1992, con poteri d’inchiesta (decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356), con Presidente da 28 giugno 1992 al 10 maggio 1994, l’onorevole Luciano VIOLANTE, professore universitario di Diritto, anche Presidente della Camera, Presidente della 1ª Commissione Affari Costituzionali, dei Democratici di Sinistra. Tale Commissione ha svolto l’inchiesta parlamentare per la durata della XI legislatura.

Nell’immagine di copertina, il Magistrato Paolo Borsellino e gli uomini e donne della sua scorta, Emanuela Loi, Claudio Traina, Vincenzo Fabio Li Muli, Walter Eddie Cusina, Agostino Catalano, uccisi tutti dalla mafia a Palermo il 19 luglio 1992 in via Mariano d’Amelio.

Adduso Sebastiano



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