G
uido Pagliuca, da calciatore dilettante ad allenatore di successo, ci racconta di un percorso costellato di sacrifici e passione.
L’allenatore della Juve Stabia, ha iniziato la sua carriera da tecnico nel 2007 sulla panchina del Cecina.
Queste sono state le sue parole a Cronache di Spogliatoio sintetizzate per voi lettori:
“La mia carriera da allenatore è iniziata in modo piuttosto inusuale. Ho appeso gli scarpini al chiodo a soli 28 anni, ancora immerso nel mondo del calcio dilettantistico. E proprio in quel contesto, nel mio paese natale, Cecina, ho ricevuto la prima chiamata. Avevo appena 31 anni quando mi sono trovato a guidare la prima squadra. Ricordo quei primi anni come un continuo apprendistato: cercavo di mettere in pratica tutto ciò che avevo assorbito negli anni precedenti, osservando da vicino i miei allenatori e studiando i manuali di tattica. Era un po’ come un puzzle che cercavo di comporre, senza avere un quadro completo.
Il calcio è un mondo in continua evoluzione. Per questo motivo, ritengo fondamentale non fermarsi mai, ma continuare a studiare e a aggiornarsi. Ancora oggi, mi piace seguire le partite, analizzare le scelte dei colleghi e cercare di capire quali sono le ultime tendenze tattiche. Vedere da vicino gli altri tecnici è un po’ come frequentare una scuola di calcio permanente, dove ogni allenatore ha qualcosa di nuovo da insegnare.
La necessità di lavorare per sbarcare il lunario
“Non essendo stato un calciatore di Serie A, non potevo permettermi il lusso di vivere solo di calcio ai livelli più bassi. Allenare in Serie D e sperare che quello fosse il mio unico stipendio era un lusso che non potevo concedermi, soprattutto con una famiglia da mantenere. Così ho deciso di conciliare la mia passione con la necessità di avere una fonte di reddito stabile.
Mi alzavo alle cinque del mattino per studiare le partite e preparare le mie squadre. Poi andavo a lavorare al supermercato, alla Conad di Cecina. Nel pomeriggio, mi recavo in cantiere con mio padre, nell’azienda di famiglia. La sera, finalmente, ero al campo. E la domenica, partita. Era un ritmo estenuante, ma era quello che mi permetteva di inseguire il mio sogno.
Nei dilettanti, lo stipendio è spesso una variabile incognita. Non puoi permetterti di fare voli pindarici, devi essere pragmatico. Ma è proprio questa realtà che ti tempra, che ti insegna a lottare per ogni obiettivo.
La mia famiglia è stata la mia roccia. Mi ha sempre sostenuto, anche nei momenti più bui. Perché sì, nel mio percorso ci sono stati momenti bellissimi, ma anche tanti momenti difficili. E sono proprio questi ultimi che mi hanno fatto crescere, che mi hanno reso più forte.”
La passione per il calcio e i ringraziamenti a Marco Baroni
All’inizio era solo una passione, poi mi sono appassionato sempre di più, studiando e confrontandomi con altri allenatori. Non c’è stato un momento preciso in cui ho capito che sarebbe diventato il mio lavoro, è stato un percorso graduale. La svolta è arrivata con Marco Baroni che nel 2019-2020 mi chiamò come secondo sulla panchina. E’ stato un mentore che mi ha trasmesso la sua esperienza e mi ha dato la spinta definitiva per dedicarmi completamente al calcio. È stata una scelta coraggiosa, lasciare un lavoro sicuro per inseguire un sogno, ma non ho mai guardato indietro.
Il calcio dilettantistico
Il calcio dilettantistico è un mondo a sé. È un mondo fatto di sacrifici, di ore passate a studiare moduli tattici e a cercare di mettere in pratica nuove idee. Ricordo tante sere passate a disegnare schemi su un quaderno, cercando di trovare la soluzione giusta per la partita successiva. E poi, il giorno della gara, ti trovi di fronte a condizioni climatiche proibitive: pioggia battente, terreno impraticabile. In quei momenti, è la passione che ti spinge a dare il massimo, a superare ogni ostacolo. Finisci la partita completamente distrutto, ma con un senso di soddisfazione impagabile. È proprio questo il bello del calcio: ti mette alla prova, ti fa sentire vivo.
Pagliuca sottolinea l’importanza del calcio nella sua vita
“La mia famiglia mi ha sempre sostenuto in questo percorso, anche nei momenti più difficili. Il calcio è una passione totalizzante, ti assorbe completamente. Penso al calcio quando sono in macchina, quando sono al lavoro, quando sono a casa. È un pensiero fisso che mi accompagna ogni giorno. Ma è proprio questo che mi rende felice. Vedere i miei ragazzi crescere e migliorare, raggiungere obiettivi importanti, è una soddisfazione indescrivibile. È per questo che continuo a studiare, a aggiornarmi, a cercare di migliorarmi sempre di più”.
L’allenatore toscano ha poi espresso la sua profonda gratitudine nei confronti dei calciatori che ha avuto la fortuna di allenare: “Sono orgoglioso di aver contribuito alla crescita di tanti ragazzi. Vederli arrivare in Serie A o in Serie B è un motivo di grande orgoglio. È la dimostrazione che il lavoro che facciamo ogni giorno, anche nelle categorie inferiori, ha un senso. È un lavoro fatto di dedizione, di sacrificio, ma anche di grande passione.
Quest’estate ho fatto una scelta che mi ha arricchito tantissimo: ho deciso di seguire da vicino i corsi tenuti da colleghi che ho affrontato in passato da avversario. Persone che stimo profondamente, pur con visioni del gioco differenti dalla mia. Ho assistito alle lezioni di Possanzini, un allenatore che propone un calcio che mi piace molto, e di Castori, il cui approccio è completamente diverso. In entrambi i casi, ho cercato di carpire elementi preziosi, di assorbire come una spugna le loro idee e le loro esperienze. Credo fermamente che ogni allenatore abbia qualcosa da insegnare, e sono convinto che l’umiltà di mettersi in gioco e di confrontarsi con altri sia fondamentale per crescere professionalmente.
Le difficoltà della serie B
Quest’anno la Serie B si presenta come un campionato estremamente competitivo, dove gli allenatori sono preparati e i giocatori sono dotati di una grande intelligenza tattica. Per affrontare al meglio questa sfida, è necessario dedicare tantissimo tempo allo studio, all’analisi delle partite e alla pianificazione degli allenamenti. Non basta più limitarsi a qualche ora davanti al computer. Il calcio è diventato un lavoro a tempo pieno, che richiede un impegno costante e una grande passione. Ovviamente, tutto questo senza mai trascurare la famiglia, che rappresenta il mio punto di riferimento e la mia fonte di energia.
Negli anni ho capito che il calcio è una scalata costante, un mattone dopo l’altro. Ogni allenamento, ogni partita era un gradino da superare. Ma c’è stato un momento in cui ho sentito il bisogno di un supporto diverso, qualcosa che andasse oltre la preparazione atletica e tattica.
È in questo contesto che entra in scena Fabio Cioffini
“Mi ha aperto gli occhi su un mondo che non conoscevo. Mi ha insegnato a gestire l’ansia da prestazione, a trovare un equilibrio tra la vita privata e quella professionale, a vedere il calcio non solo come un obiettivo da raggiungere, ma anche come un mezzo per crescere come persona. Prima ero ossessionato dai risultati. Vedevo il calcio come un campo di battaglia, dove l’unica cosa che contava era vincere. Ma Fabio mi ha fatto capire che il calcio è molto di più: è un gioco, sì, ma anche un’opportunità per costruire relazioni, per crescere come squadra e come individuo.
Quando mi hanno esonerato dopo 15 giornate in Serie C, non capivo. Ero concentrato solo sull’aspetto tecnico-tattico, ma non avevo considerato tutti gli altri fattori che entrano in gioco in una squadra. Grazie a Fabio ho capito che un allenatore deve essere un leader, un motivatore, un punto di riferimento per i suoi giocatori”
Oggi, Pagliuca definisce il calcio un gioco organizzato e responsabile.
“Un gioco, perché deve esserci il divertimento, la passione, la voglia di mettersi in gioco. Organizzato, perché richiede una preparazione meticolosa, una strategia ben definita, una capacità di adattamento alle diverse situazioni. E responsabile, perché un allenatore ha un ruolo fondamentale nella formazione dei giovani calciatori e nel rappresentare i valori di una società.”
Il percorso di primo allenatore
“Dopo l’esperienza affianco a Baroni a Cremona nel 2019, ho sentito un forte desiderio di tornare a vivere l’emozione di guidare una squadra in prima persona. La pausa forzata dovuta al Covid mi ha offerto l’opportunità di approfondire gli studi e di maturare ulteriormente le mie idee sul gioco del calcio. Sono così tornato ad allenare in una società dilettantistica, consapevole che avrei dovuto fare delle rinunce economiche per poter mettere in pratica le mie convinzioni. Ma non ho esitato un attimo, perché avevo la necessità di esprimere al meglio il mio potenziale e di trasmettere ai miei giocatori tutto ciò che avevo appreso nel corso della mia carriera”.
Pagliuca ha sempre avuto una visione chiara del gioco
“Ho sempre creduto in un calcio umile, ma propositivo, con la costruzione del gioco che parte dal basso. Tuttavia, ho presto compreso che la realtà dei dilettanti è spesso molto diversa da quella che si immagina. Dopo la prima partita di campionato, la società mi ha chiaramente espresso la volontà di adottare un approccio più diretto e pragmatico. È stata una doccia fredda, ma allo stesso tempo mi ha fatto riflettere sulla complessità di questo mondo. Nei dilettanti, le difficoltà sono all’ordine del giorno e spesso si scontrano con visioni diverse del gioco. Ma è proprio questa diversità che rende questo ambiente così affascinante e formativo”.
L’allenatore toscano non ha paura di ammettere gli errori commessi
“Sono consapevole di aver sbagliato molte volte nel corso della mia carriera, ma credo che gli errori siano parte integrante del processo di crescita. Ognuna di queste esperienze mi ha permesso di imparare qualcosa di nuovo e di diventare un allenatore migliore. Sono felice di aver avuto la possibilità di confrontarmi con realtà così diverse e di aver maturato una grande umiltà”.
L’esperienza alla Juve Stabia
“A Castellammare ho trovato un’oasi di serenità. Un presidente lungimirante, un direttore sportivo competente e un gruppo di ragazzi straordinari sia dal punto di vista tecnico che umano. La loro ambizione mi ha contagiato fin da subito. Sono giovani, affamati di vittorie e con una voglia matta di migliorarsi. La società ha saputo costruire una squadra competitiva, aggiungendo elementi di qualità a un gruppo già solido. È stata una scelta coraggiosa, ma allo stesso tempo lungimirante.
Siamo consapevoli che la Serie B è un campionato difficile e competitivo. Abbiamo una rosa giovane, con poca esperienza nei campionati professionistici. All’inizio c’era tanta curiosità, ma anche un po’ di timore reverenziale. Tuttavia, i ragazzi si sono integrati alla perfezione e stanno dimostrando di avere le carte in regola per ben figurare.
Pagliuca, con la sua semplicità e la sua umiltà, ha saputo conquistare il cuore dei tifosi stabiesi. Un tecnico che crede fermamente nel valore del gruppo, nell’importanza del lavoro quotidiano e nella necessità di creare un ambiente sereno e coeso. Un allenatore che, con la sua passione e la sua determinazione, è pronto a scrivere nuove pagine indimenticabili nella storia della Juve Stabia.