Strano destino per Berlusconi, araba fenice della politica nazionale

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Quando era il leader indiscusso era considerato «unfit» a governare, ora che non si può nemmeno candidare è visto come l’àncora del sistema: strano destino per Berlusconi, araba fenice della politica nazionale. 

Forza Italia e le liste, la linea dell’attesa: «Evitiamo risse»

Dato per «spacciato» non si sa più quante volte, gestisce il vento di poppa sapendo di non avere le stesse vele del ‘94: nonostante Arcore sia tornato ad essere un santuario laico, meta di continue processioni, nonostante i millequattrocento curricula impilati sulla sua scrivania, il Cavaliere sa di non avere la forza per imporsi come in passato ma può ancora imporre le sue condizioni. Solo la tattica negli anni non è cambiata, e se continua a prender tempo, se a poco più di due settimane dalla presentazione delle coalizioni non ha formalizzato la data del vertice con gli alleati, non è solo perché attende il sondaggio che verrà adottato come una bibbia per la distribuzione dei seggi con Salvini e la Meloni.

I nodi politici che il centrodestra ha preferito non sciogliere in questi anni, scegliendo la convenienza del Rosatellum, rendono ingarbugliata la vigilia dell’incontro che sarà a tre o forse a quattro, se anche i rappresentanti di «Noi con l’Italia» verranno invitati all’appuntamento. In ogni caso Berlusconi vuole sfuggire alla messa in scena di contrasti, «non dobbiamo offrire l’immagine di un’alleanza rissosa. I nostri avversari stanno facendo tutto da soli, perciò lasciamoli fare. Tanto con Salvini i conti li regoleremo dopo le elezioni». In questa fase ogni elemento di frizione va accantonato, non a caso è scomparso dal dibattito il tema della leadership: «Discuterne ora – spiega il Cavaliere – non serve a nulla».
Ma servirà chiarirsi sulla spartizione dei collegi, con una serie di complicate avvertenze tecniche. Alcune sfuggono a Berlusconi, che sconta l’assenza di un Verdini al tavolo delle trattative. Altre invece gli sono presenti: stavolta i nomi dei candidati saranno stampati sulla scheda elettorale, per esempio, e scelte sbagliate potrebbero danneggiare le percentuali del partito. E poi il Cavaliere deve individuare «persone fidate che rispondano direttamente a te», per dirla con Gianni Letta. Memore di quanto è accaduto nell’ultima legislatura, sta cercando un modo per evitare che nelle sue liste si formino cordate riconducibili ai vari caporioni azzurri. Non sarà facile: un sistema di voto nuovo nasconde sempre insidie, e infatti nel conto è messa l’elezione di una trentina di «parlamentari per caso».

Se ad Atene regna la confusione – se in Forza Italia cioè si parla di Gasparri candidato governatore in Lazio senza che il diretto interessato ne sappia nulla – non è che a Sparta sia tutto sotto controllo, visto che Salvini è costretto a informarsi dagli alleati per sapere cos’ha deciso di fare Maroni in Lombardia. Ma è tale lo sconquasso nel Pd che le fratture nel centrodestra passano inosservate. Perciò Berlusconi vuole sfruttare il vento, convinto che la campagna elettorale non sia da sottovalutare, timoroso del fatto che «i voti persi da Renzi non andranno ai comunisti ma ai grillini», capaci – secondo gli amatissimi sondaggi – di avere «grande presa» sul territorio «nonostante i disastri dei loro amministratori comunali».
Allora meglio prender tempo pur di non mostrarsi rissosi, magari per i collegi da assegnare alla quarta gamba: i «nuovi» alleati ne vorrebbero trenta a fronte di un’offerta non superiore alla dozzina. Quanto al programma, dopo un ventennio di promesse, non c’è nulla da inventare: Berlusconi terrà piuttosto un occhio di riguardo all’elettorato anziano, dodici milioni sopra i sessantacinque anni. Per sciogliere i nodi politici, invece – come dice La Russa -, «non ci resta che vincere». Nessuno nel centrodestra ci scommette davvero. Come nessuno scommetteva più sul Cavaliere…

Francesco Verderami

vivicentro.it/editoriale
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