Il nostro editoriale sul Napoli non può che partire da una considerazione: “Chi nega il sostegno al Napoli, non gli vuol bene abbastanza. Il Maradona torni all’altezza della sua fama e della sua capolista”.
Minuto 86: Il punteggio già recita, impetuoso, 0-4 per il Milan, nell’economia di una gara che ormai non ha più nulla da raccontare. “De Laurentiis figlio di puttana”, una, due, tre, quattro volte di fila e a seguire.
Non è tanto il contenuto letterale del coro a far discutere, non solo quello, almeno.
A far inorridire è che quello sarà il primo ed unico momento, di tutta la partita, in cui le curve faranno sentire la propria voce.
Non ci fosse la classifica a ricordarci che il Napoli è capolista a dire poco, sembrerebbe una contestazione di una tifoseria rivolta a una squadra che sta per retrocedere.
E, salvo casi eccezionali, robe del genere non si vedono neanche in quei contesti. Vien difficile stasera parlare di calcio. In petto resta un dolore forte, perché alla disfatta sul campo, s’è aggiunta l’umiliazione dagli spalti.
Non se lo merita, questo Napoli, di non essere sostenuto.
Non se lo merita per la bellezza dominante che ha sfoderato su ogni campo d’Italia e d’Europa dallo scorso Agosto, spesso risultando vittorioso in lungo e in largo.
Non se lo merita questa città, che storicamente ha sempre sofferto assai più di quello che sarebbe stato giusto, nel calcio e non solo.
Non se lo merita questa gente di fede azzurra, umiliata nell’orgoglio dall’infame baratro della serie C e da tanti lustri di pochezze, miserie e patemi, ma sempre contraddistinti da tanta dignità a far da contraltare.
Non se lo merita questo stadio, che porta il nome del “barrilete cosmico”, di colui che, come recita una famosa canzone a lui dedicata, “regò de gloria este suelo”, quello di una città che prima del suo arrivo, contava nel pallone come il due di briscola.
Non se lo merita questo stadio perché, al di là del mito che ne ha ribattezzato il nome, io me lo ricordo bene, quando si chiamava ancora “San Paolo” e lo guardavo tinto di 60.000 cuori ribollenti mentre si giocava un Napoli – Cittadella di C ma dentro un catino da finale di Champion’s.
Anche per questo che sono diventato tifoso del Napoli.
Perché non riuscivo a spiegarmi cosa potesse motivare fiumane di persone ad urlare, fino a perdere la voce, per una squadra che dava loro più amarezze che soddisfazioni.
Quella curiosità mi ha fottuto ed è presto diventata una delle mie dipendenze più incurabili.
M’ha fatto male, da partenopeo e saltuario ma vivacissimo frequentatore dello stadio, vedere un “Maradona” silente, tombale, inquietantemente spettrale.
Magari con un clima diverso si sarebbe perso uguale, ma ho come il sentore che quantomeno non si sarebbe perso così.
A vederlo dal vivo, è come se il Napoli avesse assorbito la negatività che gli circondava attorno e si fosse adeguato all’ingiustificabile assenza dei suoi tifosi ( che, teoricamente, sarebbero dovuti essere i padroni di casa, ma nella pratica sono stati registi e protagonisti di un assurdo film muto).
Intendiamoci bene: non entro nel merito della polemica e sono più che sicuro che ogni parte in causa abbia le proprie ragioni, anche perché sennò, un simile atteggiamento, sarebbe veramente da ricovero immediato.
Il punto è un altro.
Il punto è che qui ci si sta giocando la vita calcistica. Uno scudetto che manca da 33 anni e che intere generazioni hanno visto col binocolo. Un campionato finora dominato che, per trovarne uno simile, la memoria del calcio italiano rischia di spremersi invano le meningi.
Una squadra brutale e accecante, che dalle parti del Vesuvio probabilmente non s’è vista manco nei fasti Maradoniani.
Un quarto di finale di Champion’s che è a tutti gli effetti, già ora, il più prestigioso risultato raggiunto da questa società nella massima competizione europea per club.
Qualcosa non mi torna, amici del tifo organizzato.
Ma non sono un pubblico ministero e non è mio compito fare le domande. Almeno voi, però, sforzatevi di darci delle risposte. Che siano credibili e che possano giustificare quest’assurdo ostracismo.
Perché se vince De Laurentiis, in questa fase storica, vince il Napoli e qualcuno sembra non volerselo proprio mettere in testa.
Il problema non è contestarlo, il problema è la sede.
E il Maradona non è il luogo opportuno per farlo. Tanto meno opportuna è la fase della stagione che avete scelto per perpetrare la protesta, quella decisiva, quella dell’ultima volata, gli ultimi 2 mesi di un’annata che è stata teatro di una cavalcata da sogno. Parlatevi, chiaritevi, capitevi.
E, se proprio non ci riuscirete, schifatevi pure. Ma il Napoli non c’entra niente in mezzo a queste “tarantelle” e non è giusto che paghi il dazio della lotta tra due fazioni ( a questo punto) inconciliabili.
Il Napoli lasciatelo fuori e soprattutto, fateci la cortesia, tornate ad incitarlo, o almeno abbiate la decenza di non impedire ad altri, che non la pensano come voi, di farlo.
Perché, se stasera non sapevo di trovarmi al Maradona e mi fossi limitato a chiudere gli occhi, mi sarebbe sembrato di stare in Curva Sud allo stadio San Siro, con i milanisti a farla da padroni e il tifo partenopeo semplicemente inesistente.
Che dolore, che peccato, che amarezza. Vien difficile stasera parlare di calcio, lo dicevo in apertura e lo ribadisco adesso.
Perché il campo, pari agli spalti, è stato fin troppo eloquente.
Sul risultato finale, nulla da dire e sinceri complimenti al Milan che ha pienamente legittimato la vittoria e i 4 goal di differenza, con una prestazione pragmatica, ordinata ma efficacissima. Niente calcio champagne, per intenderci, ma tanta compattezza e concentrazione. Quella che al Napoli è mancata del tutto, forse anche per via del clima che gli alitava attorno.
Sbadataggine e rilassamento per la Champion’s alle porte?
E’ una delle possibili chiavi di lettura, sicuramente mista all’ennesima e folle pausa per le Nazionali che ha contribuito a rendere tanto più allucinante un calendario di partite che rasenta e forse supera l’umanamente sostenibile.
Su questo, ci sentiamo di accodarci pienamente al Maurizio Sarri pensiero.
Alibi e possibili decodificazioni che comunque non possono giustificare un 4-0 patito in casa, senza mai dare l’impressione di essere mentalmente connessi al campo di gioco.
Che torni presto l’umiltà di chi sa che la storia è ancora tutta da scrivere, in Italia e in Europa.
E potrebbe essere bellissima per rovinare tutto con la supponenza e la superficialità di un Narciso qualsiasi.
No, nostro amato Napoli, tu non sei un Narciso tra tanti, tu sei un Adone incompreso che l’Italia ha inviso perché non ha eguali.
Che la tua bellezza non sia la tua culla e che il tuo popolo torni ad amarti.
Come quando, più che Achille, fosti Tersite ma la tua gente cantava per te.
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