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Castellammare di Stabia

I villain più memorabili della letteratura

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span style="font-weight: 400">Alcuni personaggi non hanno bisogno di redenzione per rimanere impressi.I cattivi letterari camminano tra le pagine con un’ombra che si allunga nel tempo.

Non sono soltanto ostacoli per gli eroi ma incarnazioni vive di desideri oscuri debolezze nascoste e ambizioni sfrenate.Chi li incontra difficilmente li dimentica.

Nel corso dei secoli i lettori hanno trovato nei villain una forza narrativa potente.

Insieme Z library, Open Library e Project Gutenberg plasmano una cultura di lettura indipendente che permette a chiunque di riscoprire questi antagonisti immortali in nuove edizioni gratuite e accessibili.Ogni epoca li legge con occhi diversi ma il loro potere resta intatto.

Il fascino della malvagità senza freni

C’è qualcosa di stranamente magnetico nei personaggi che non chiedono scusa.

Prendiamo Iago da “Otello” che tesse le sue trame senza un motivo chiaro solo per il gusto di distruggere.Il suo silenzio finale è un pugno nello stomaco e non concede appigli morali.

La sua intelligenza tagliente non è al servizio del bene ma del caos.Eppure ogni parola ogni gesto sembra scolpito con precisione chirurgica.

Anche Heathcliff di “Cime tempestose” incarna una rabbia cieca che si trasforma in vendetta pura.

Cresciuto tra umiliazioni e silenzi torna a reclamare il suo spazio con una crudeltà fredda.Non chiede comprensione agisce come un uragano che travolge tutto.

Questi personaggi non vogliono essere compresi, vogliono essere ricordati.

Quando il male ha un volto affascinante

Il volto del male non sempre è mostruoso.A volte indossa un sorriso o una maschera cortese.

Pensiamo ad Hannibal Lecter in “Il silenzio degli innocenti”.Colto raffinato e brillante incarna un paradosso inquietante: un uomo capace di apprezzare la musica classica e allo stesso tempo commettere atrocità con metodo quasi estetico.

La sua voce calma lascia un’eco che inquieta più di qualsiasi grido.

Anche Tom Ripley in “Il talento di Mr Ripley” non alza mai la voce.Muove i fili della sua ascesa con discrezione e calcolo.

Il lettore lo segue con disagio crescente diviso tra ripugnanza e fascinazione.La sua ambiguità morale rende difficile tracciarne i confini.

E nel momento in cui si crede di averlo capito cambia di nuovo pelle.

Ecco tre esempi che mostrano come la cattiveria possa assumere sfumature diverse e restare nella memoria per ragioni molto umane:

  • Regina cattiva in “Biancaneve”

Dietro lo specchio magico si nasconde l’ossessione per l’apparenza.La regina non accetta il passare del tempo né il confronto con l’innocenza.

Non è solo gelosa è terrorizzata dalla perdita di potere.Il veleno che offre non è un atto impulsivo è l’esito di una lunga riflessione contorta.

Ogni sua azione nasce da una ferita antica.E il fatto che venga dal mondo delle fiabe non la rende meno spaventosa.

La sua crudeltà vive nel silenzio degli specchi che chiedono conferme.

  • Long John Silver in “L’isola del tesoro”

Pirata affabile e spietato amico e traditore Long John Silver si muove tra i ruoli come su una scacchiera.Non è un semplice cattivo ma un sopravvissuto che sa adattarsi. È pronto a usare il coraggio come maschera e l’amicizia come leva.

Il suo fascino sta proprio nella sua imprevedibilità.Non è mai chiaro da che parte stia.

E quando sembra offrire un gesto di umanità non si capisce se sia calcolo o reale affetto.Una figura che confonde e affascina.

  • Madame Defarge in “Le due città”

Nel suo silenzio si intreccia la rabbia di un popolo.

Madame Defarge non parla spesso ma tesse.Ogni punto del suo lavoro a maglia è un nome un destino segnato.

La sua vendetta è lenta, inesorabile quasi sacra.Non cerca giustizia cerca compensazione.

Il suo odio non è folle ma lucidissimo.E proprio questa freddezza la rende così potente.

Non ha bisogno di alzare la voce per far tremare.

Anche se appartengono a epoche e stili diversi questi personaggi condividono qualcosa: un nucleo emotivo che non si lascia dimenticare.Dopo aver incontrato questi volti oscuri nelle pagine non si guarda più il mondo allo stesso modo.

L’ombra che rivela la luce

I grandi villain costringono i protagonisti a mettersi alla prova.

Sono la pietra d’inciampo che spinge l’eroe a crescere.Senza Lord Voldemort Harry Potter non sarebbe diventato ciò che è.

Senza la crudeltà del sistema Jean Valjean non avrebbe mai incontrato il proprio senso di giustizia.Il male letterario serve a definire il bene.

Ma lo fa con sfumature.Spesso si insinua nelle pieghe del dubbio e costringe a ripensare certezze.

E poi ci sono quelli che mettono in crisi la distinzione stessa tra bene e male.

Humbert Humbert in “Lolita” scrive con una voce suadente che nasconde l’abisso.Il suo modo di raccontare disorienta sfida il lettore a riconoscere la verità sotto la bellezza della forma.

Il villain moderno non sempre è condannato apertamente.A volte è il racconto stesso a lasciarlo ambiguo.

Dove finiscono i cattivi

La memoria letteraria è affollata di figure che non chiedono perdono.

Non vogliono essere salvate.Preferiscono essere temute comprese o respinte.

Ma rimangono lì tra le righe a sfidare chi legge.Il loro valore non si misura in moralità ma in profondità narrativa.

Anche dopo l’ultima pagina restano nella mente come cicatrici o sogni interrotti.E spesso sono proprio loro a dare forma a una storia indimenticabile.

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