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Adnkronos) – Il re è nudo: il passo indietro di Washington nel cyberspazio svela la debolezza europea nella difesa digitale. Ne è convinto l'esperto di Cybersecurity, Pierguido Iezzi, che, in una intervista all'Adnkronos, invita l'Unione europea "a difendersi per non rimanere ostaggio della guerra per procura orchestrata dal Cremlino", a pena "della nostra libertà ". Che conseguenze ha sul piano digitale il drammatico scontro Trump-Zelensky alla Casa Bianca? "Il re è nudo: questa la drammatica conseguenza, anche sul piano digitale, degli esiti del turbolento confronto nello Studio Ovale della Casa Bianca di venerdì scorso tra Donald Trump, James D. Vance e Volodimir Zelensky. La decisione della presidenza Usa, presa al termine del colloquio, di ordinare al Cyber Command statunitense di cessare con effetto immediato ogni azione offensiva verso la Federazione Russa sta già determinando effetti concreti, con la moltiplicazione esponenziale degli attacchi informatici verso i paesi europei che, all’indomani dell’incontro, hanno preso con decisione la difesa di Kiev. Questo sta già ̀ avvenendo in queste ore, con un crescendo di attacchi ai siti di molti enti locali italiani – Regioni e Comuni – e di amministrazioni centrali, di realtà del settore finanziario e dei trasporti". I cyberattacchi che ruolo hanno nella guerra in corso? "Se da un lato il passo indietro di Washington nel cyberspazio può esser letto come un gesto voluto per allentare la tensione con Mosca, dall’altro lato ciò consente al Cremlino di aumentare la pressione sugli Stati che continuano convintamente a sostenere Kiev tramite strumenti di guerra ibrida, quali le cyber offensive con attacchi DdoS mirati a colpire infrastrutture critiche e generare caos mediatico, ad esso non direttamente riconducibili. I gruppi come 'Noname057', infatti, possono immediatamente essere disconosciuti da Mosca qualora ve ne fosse la necessità , come già avvenuto ai primordi del conflitto con l’Ucraina, trasformando il cyberspazio in un’arena di 'guerra per procura'. Ma gli strumenti a disposizione dei guerriglieri informatici al soldo di Mosca sono molteplici e possono far scivolare in fretta lo stato di tensione in un conflitto aperto. Ai relativamente innocui Ddos, che si limitano a rendere non operativo un sito web per qualche ora, si affiancano infatti: gli attacchi ransomware, condotti da gruppi di criminal hacker prossimi al Cremlino e capaci di colpire settori economici strategici per indebolire il tessuto produttivo europeo; i temibili wiper, in grado di distruggere i database dei sistemi colpiti; la ‘disinformazja’ digitale, in grado di manipolare l’opinione pubblica e minare la stabilità dei governi; le operazioni di spionaggio avanzato condotte dalle Apt, per anni latenti nei sistemi informatici governativi per sottrarre informazioni classificate e compromettere dall’interno la sicurezza europea; il reclutamento di quinte colonne digitali attraverso le piattaforme simili a Ddosia utilizzata da Noname057(016), in cui imbrigliare hacktivisti, mercenari, avventurieri e narcisisti digitali da utilizzare nel conflitto informatico". Quale deve essere la strategia europea sul fronte della difesa cyber? "Se il precipitare degli eventi obbliga i partner europei a considerare concretamente un esercito unico europeo, da costituire il più in fretta possibile per essere un deterrente efficace alle mire espansionistiche del Cremlino, la quinta dimensione del cyberspazio non può essere trascurata: ai fanti, avieri, carristi e marinai europei devono affiancarsi fin da subito, se non addirittura prima, dei cyber soldier capaci di arginare l’azione pervasiva dei russi nel digitale. La proposta del Ministro della Difesa italiano Guido Crosetto di creare una Forza Armata Cyber diventa quindi una necessità urgente, perché solo così si potrà garantire una risposta rapida e coordinata contro attacchi cibernetici statali e non statali. Ciò potrà aumentare la deterrenza europea, dimostrando la capacità di risposta contro operazioni ostili senza ricorrere a un’escalation militare convenzionale. Per essere davvero efficace, questa iniziativa deve essere accompagnata da una revisione delle normative europee sulla condivisione delle informazioni di sicurezza. Gli attuali articoli dell’Ue che considerano la sicurezza nazionale come competenza esclusiva dei singoli stati impediscono una reale integrazione delle difese cibernetiche. Per costruire una difesa cyber efficace, l’Europa deve superare questi limiti e promuovere una vera intelligence condivisa a livello comunitario". Di fronte a quello che sembra un disimpegno Usa che strada deve percorrere l'Europa? "Ancora una volta, come ormai abitudine dai tempi del covid, gli eventi costringono l’Europa a divenire sempre di più un soggetto federale, in cui le istanze centrifughe dei singoli Stati devono essere superate per affrontare emergenze fino a qualche anno fa inimmaginabili. Se nel 2020 ciò è avvenuto per effetto della pandemia, oggi avviene per l’imprevisto e imprevedibile disimpiego dell’alleato e – per molti versi egemone – Usa dallo scenario atlantico. Ogni crisi è sempre un’opportunità : se ieri si trattava di non morire per un male oscuro, oggi la necessità è difendersi per non rimanere ostaggio della guerra per procura orchestrata dal Cremlino. Ne va della nostra libertà ". —cronacawebinfo@adnkronos.com (Web Info)
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