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Le mosse di Renzi per il ritorno

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enzi interviene all’assemblea del Pd, fa autocritica, rinuncia all’idea di anticipare il congresso e propone il ritorno alla vecchia legge elettorale in vigore tra il 1993 e il 2005, il “Mattarellum”. Per provare a rilanciarsi l’ex premier archivia il “renzismo” e ora nei suoi piani ci sono alcuni viaggi all’estero. Come scrive Giovanni Sabbatucci la proposta di tornare al “Mattarellum” è una mossa che spariglia i giochi e riapre la partita.

Renzi in contropiede: no al congresso anticipato e ritorno al Mattarellum

Il segretario: «Abbiamo straperso tra i giovani, sul web e al Sud». E Grillo lo attacca: «Bugiardo, avevi promesso di lasciare»

ROMA – Un tentativo di autocritica, niente congresso anticipato e proposta di tornare al sistema elettorale chiamato Mattarellum. Chi si aspettava plateali rese dei conti all’Assemblea nazionale del Pd di ieri sarà rimasto deluso dalla nuova «fase zen» esibita da Matteo Renzi. A due settimane dal referendum «non perso, straperso» che gli è costato la poltrona da premier, ieri la sua relazione, nella grande sala sotterranea dell’albergo romano colonizzato dai delegati dem, mette tutti d’accordo: 481 voti a favore, 10 astenuti e due contrari. La minoranza non vota: altrimenti, pur critica con l’analisi della sconfitta, avrebbero dovuto dire sì al Mattarellum.

«Eravamo a un passo dalla Terza repubblica: sembra di essere tornati alla Prima», e proprio con il brano «La Prima repubblica» di Checco Zalone si è aperto l’appuntamento. «Non è facile lasciare», ha avuto voglia di mollare tutto, giura il segretario, mentre elenca le ragioni della sconfitta: il web «lasciato nelle mani di chi è sotto gli occhi del mondo come diffusore di notizie false», lo scollamento con il Sud, con le periferie, con i 30-40enni (e per chi ne ha 41 «è come perdere in casa»).

Alla sua destra nel tavolo della presidenza il premier Paolo Gentiloni: un abbraccio dopo l’inno, una breve citazione. Lancia qualche frecciata alla minoranza, si dice «ferito» da chi ha festeggiato le sue dimissioni, risponde a D’Alema che ha parlato della «puzza» delle sue riforme: «Non puzzano, segnano la grandezza del Pd». Ma non è questo il momento delle polemiche sanguinose, e allora manco cita il contestato Jobs Act. Il clima è disteso, gli attacchi moderati: ci pensa solo il renziano Roberto Giachetti a svegliare la platea, attaccando la minoranza a suon di «avete la faccia come il c…». Le bordate di Renzi sono più per il M5S: «Smettete di dire bugie su di noi, e noi smettiamo di dire la verità su di voi, cioè che siete un’azienda privata che firma contratti con gli amministratori». Sulla corruzione, infilza sul caso Marra: più dire no alle Olimpiadi «bisognerebbe scegliere meglio i collaboratori».

Promette un nuovo corso nel Pd: campagna di ascolto, «più noi e meno io», niente tour in camper per il Paese perché «voglio essere allenatore più che giocatore, fare da talent scout», segreteria da rinnovare e scadenze varie (21 gennaio mobilitazione dei circoli, 4 febbraio evento sull’Europa). Senza riuscire a convincere molti del suo cambiamento, ma tant’è: «Ho accettato il consiglio di non fare del congresso il terreno di scontro sulla pelle del Paese», e quindi la conta interna è rinviata di un anno. E le elezioni quando saranno? «Stiamo andando al voto, non sappiamo quando ma come», evita di dare una data di scadenza al governo, anche se sul discorso scritto che ha sotto mano si era appuntato «per noi prima possibile», e la stessa frase la pronuncia il ministro Graziano Delrio.

La proposta del Pd è arrivarci col Mattarellum: «Andiamo a vedere, gli altri ci dicano cos’hanno in testa». Lega e Fratelli d’Italia hanno detto sì; Fi con Gasparri no; il M5S con un post di Grillo lo attacca, «tu che hai un partito che è una banca», e lo invita a farsi da parte: «Lo avevi promesso, sei bugiardo.». Il segretario zen ha lanciato la proposta. «Non sottovalutino i signori del no che quel 41% è politico». Quella per lui è la percentuale da cui ripartire. Tutti insieme: resa dei conti rinviata.

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lastampa/Renzi in contropiede: no al congresso anticipato e ritorno al Mattarellum FRANCESCA SCHIANCHI


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